Applicabile anche alla confisca penale la disciplina per la tutela del terzo creditore prevista in tema di confisca di prevenzione

In ipotesi di confisca penale disposta ai sensi degli artt. 240, 416-bis comma 7 c.p. le ragioni del creditore, non solo se assistito da garanzie reali, trovano tutela nelle norme dettate in tema di confisca di prevenzione di cui all’art. 52 d.lgs. n. 159/11, dunque in caso di riconoscimento della buona fede del creditore medesimo, e la domanda di ammissione al pagamento va rivolta al giudice dell’esecuzione, trattata con la procedura partecipata di cui all’art. 666 c.p.p In caso di ammissione al pagamento il giudice dell’esecuzione dovrà comunicare il provvedimento alla Agenzia Nazionale cui spetta il potere-dovere di segnalare la concorrenza di ulteriori posizioni creditorie al fine di realizzare, in sede esecutiva, la graduazione di cui all’art. 61 d.lgs. n. 159/11.

La Cassazione riafferma questi importanti principi a tutela del terzo creditore in caso di confisca penale con la sentenza n. 34568/17, depositata il 14 luglio 2017. L’esigenza di tutela dei terzi creditori. Si è già avuto occasione di osservare che nella materia, sempre più attuale, delle misure di prevenzione la questione della tutela dei terzi creditori del proposto rappresenta una delle problematiche più delicate. Invero, la questione non è di minore incidenza nei casi in cui venga disposta la confisca penale di beni ai sensi dell’art. 240 c.p. ovvero ai sensi dell’art. 12- sexies l. n. 356/91. Anzi, se in tema di misure di prevenzione il tessuto normativo del d.lgs. n. 159/11 esplicitamente detta una disciplina a tutela dei diritti dei terzi creditori nei confronti delle misure di prevenzione, in ipotesi di confisca penale, sia essa disposta ai sensi dell’art. 240 c.p. che dell’art. 12- sexies della l. n. 356/91, difetta invece completamente una disciplina normativa. Ne consegue che, da tempo, ci si interroga se fino a che punto e se in via diretta ovvero in via analogica sia applicabile, a favore del terzo che vanti diritto di credito nei confronti di beni o soggetti colpiti dalla confisca penale, la normativa vigente in tema di misure di prevenzione. Il caso di specie. La vicenda concreta oggetto della decisione in commento è paradigmatica rispetto alla questione appena sopra illustrata. Il ricorrente titolare di una società si era visto rigettare dalla Corte d’Appello, adita dal medesimo quale giudice dell’esecuzione, istanza volta ad ottenere l’accertamento della sussistenza di un proprio diritto di credito nei confronti di una società, il cui titolare, in conseguenza di condanna per una lunga serie di reati fra cui l’associazione di stampo mafioso, aveva subito la confisca ai sensi dell’art. 240 c.p. e 416- bis, comma 7, c.p. di tutti i propri beni e dei beni della società. La Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile l’istanza del creditore evidenziando come la confisca disposta avesse natura di misura di sicurezza reale trattandosi di confisca obbligatoria non vi sarebbe spazio neppure per la salvaguardia della proprietà o di diritti reali dei terzi sulla società o sui beni oggetto della misura di sicurezza. Nel caso di specie, aveva concluso la Corte, nessuno spazio davvero poteva esservi per la tutela dei diritti del terzo, che accampava un mero diritto di credito, peraltro non assistito da garanzie reali, derivante da un contratto assicurativo. L’istanza era stata dunque dichiarata inammissibile. Le ragioni del ricorrente. Avverso l’ordinanza presentava ricorso il ricorrente dolendosi in procedura del fatto che alla decisione impugnata si fosse pervenuti con procedimento ex art. 676 c.p.p. anziché che con quello ex art. 666 c.p.p., che la decisione avrebbe dovuto essere adottata con decreto e non, come era avvenuto, con ordinanza e della conseguente notifica della decisione dopo 82 giorni, anziché nel termine di 5 giorni dal deposito del decreto. Sotto il profilo sostanziale si doleva il ricorrente della mancata applicazione analogica dell’art. 52 d.lgs. n. 159/11, precisando che, qualora si ritenesse non percorribile detta applicazione analogica, dovrebbe sollevarsi questione di legittimità costituzionale di detta norma laddove non è prevista la sua applicabilità alla confisca penale definitiva, stante il palese pregiudizio che deriverebbe ai diritti dei terzi creditori e la disparità di trattamento nei confronti dei creditori verso soggetti che abbiano subito l’applicazione di misure di prevenzione. La decisione degli Ermellini. Ricorda la Cassazione che la principale questione sostanziale rimessa alla sua interpretazione è, invero, già stata oggetto di recente pronuncia della medesima Corte e Sezione Cass. Sez. I, n. 12362/16 del 15 febbraio , pronuncia dalla quale, osservano i giudici, non vi è ragione alcuna di discostarsi. Ricordano, infatti, gli Ermellini che già in proprie precedenti pronunce si è evidenziato come la posizione del terzo che abbia agito in buona fede e sia estraneo all’agire contra legem del soggetto titolare del patrimonio assoggettato a confisca non presenta, per logica comune, ancor prima che per logica giuridica, alcun carattere differenziale rispetto all’ipotesi in cui il patrimonio sia assoggettato a misura di prevenzione e, dunque, a confisca di prevenzione. Nessun dubbio quindi che le norme dettate a tutela del terzo estraneo e di buona fede contenute nel d.lgs. n. 152/99 siano norme pienamente e direttamente applicabili anche a tutela del terzo, egualmente estraneo e di buona fede, in ipotesi di confisca penale. Alla assimilazione sotto il profilo sostanziale consegue anche quella sotto il profilo procedurale, con la conseguenza che sulle istanze di riconoscimento del diritto di credito del terzo è chiamato a decidere il giudice dell’esecuzione con la procedura partecipata di cui all’art. 666 c.p.p Infine, osserva la Cassazione, laddove si ponga il problema della emergenza di ulteriori posizione creditorie, sarà compito della Agenzia Nazionale, cui il provvedimento del giudice dell’esecuzione va notificato, realizzare in sede esecutiva la dovuta graduazione di cui all’art. 61 d.lgs. n. 159/11. Alla luce dei suddetti principi di diritto, tutti disattesi dalla impugnata ordinanza, la stessa viene annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello, affinché il giudice a quo si uniformi ai medesimi dettami.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 24 maggio – 14 luglio, numero 34568 Presidente Cortese – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 10 marzo 2015 la Corte di appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta da V.V. , in proprio e nella qualità di legale rappresentante della V. Assicurazioni s.a.s., di accertamento del credito di Euro 37.825,54 nei confronti della Italcantieri Costruzioni Generali fondato su assegni rimasti insoluti e fogli contabili relativi a polizze assicurative rilasciate in favore della stessa, e di conseguente ammissione del medesimo credito al pagamento a carico dell’Amministrazione finanziaria dello Stato o comunque al pagamento con imputazione sull’attivo ricavabile dalla liquidazione dei beni mobili e immobili oggetto di confisca. 1.1. La Corte premetteva che - nell’ambito della esecuzione penale a carico di T.A. e T.F. , detenuti in espiazione di pena in esecuzione della condanna loro inflitta, con sentenza del 27 marzo 2012 della stessa Corte, per i reati di cui agli artt. 416-bis cod. penumero capo A , 356, 355 cod. penumero e 7 legge numero 203/91 capo Z-ter e 640, comma secondo, 61 numero 7 e 9 cod. penumero e 7 legge numero 203/91 capo Z-quater , era stata disposta la confisca del compendio patrimoniale mobiliare e immobiliare della impresa individuale T.A. e della Italcantieri Costruzioni Generali s.r.l. - in data 26 giugno 2013, a seguito del rigetto dei ricorsi per cassazione interposti dai predetti T. avverso la indicata sentenza, era divenuta irrevocabile anche la disposta confisca. 1.2. Tanto premesso la Corte rilevava, a ragione della decisione, che - la confisca penale della società Italcantieri era stata disposta ai sensi degli artt. 240 e 416-bis, comma settimo, cod. pen, in ragione della sua evidente strumentalità rispetto alla commissione del delitto di partecipazione ad associazione mafiosa - gli ambiti specifici di ammissibilità delle questioni proponibili, nelle forme dell’incidente di esecuzione, da soggetti terzi rispetto al giudizio di cognizione, nel quale era stata definitivamente disposta la misura di sicurezza reale, erano pertanto quelli ristretti di cui al combinato disposto degli artt. 240 cod. penumero e 676 e 263, comma 3, cod. proc. penumero , concernenti la proprietà dei beni confiscati e più genericamente i diritti reali sui medesimi - nella specie, peraltro, essendo la confisca obbligatoria, non vi sarebbe stato neppure spazio per la salvaguardia della proprietà e dei diritti reali dei terzi sulla società e sui beni, mobili e/o immobili, che ne costituivano il compendio aziendale - l’istante neppure, inoltre, aveva allegato di essere titolare di diritto reale, anche solo di garanzia, sui beni del compendio aziendale della società oggetto di confisca definitiva, solo invocando la tutela di un diritto di credito verso la società avente causa in un contratto assicurativo - la richiesta esulava, pertanto, ampiamente dai richiamati ambiti di tutela e di ammissibilità della richiesta - l’istante, consapevole di tali limiti, aveva inteso fondare la richiesta sulla invocata applicazione analogica alla confisca penale della disciplina prevista dagli artt. 52 e segg. d.lgs. numero 159/2011 per la confisca di prevenzione, cui ostavano tuttavia la carenza di identità di ratio, ovvero di natura e finalità, tra le due confische e la mancanza di una espressa estensione alla confisca penale delle procedure di riconoscimento dei crediti sancite dalla normativa in materia di misure di prevenzione antimafia, nonostante l’occasione offerta al legislatore dalla legge di stabilità 2013 legge 24 dicembre 2012, numero 228 , che all’art. 1, commi da 189 a 205, si era specificamente occupata dei rapporti e dei conflitti tra lo Stato confiscante e i creditori garantiti da ipoteca iscritta sui beni confiscati, i creditori pignoranti e i creditori intervenuti nel giudizio di esecuzione forzata - la questione di legittimità costituzionale della disciplina prevista dall’art. 240 cod. penumero era irrilevante e manifestamente infondata, non essendo affatto irragionevole la sussistente diversità di disciplina tra confisca penale e di prevenzione, che anzi rispondeva, sì come illustrato, a precise e fondanti differenze di natura e scopi delle due diverse misure ablative - le ragioni del creditore dell’impresa definitivamente confiscata non potevano trovare, quindi, alcuna tutela in sede esecutiva penale - tali rilievi esimevano dal considerare la inammissibilità dell’istanza anche per le ragioni espressamente evidenziate, nella nota difensiva in atti, dall’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati, riferite alla rituale pubblicazione, dopo la irrevocabilità della confisca, dell’avviso di cui all’art. 1, comma 206, legge numero 228/2012, alla mancata presentazione della domanda entro il 23 dicembre 2013 e, quindi, entro centottanta giorni dalla sopravvenuta definitività della confisca , e al non essere il credito vantato garantito da ipoteca o pignoramento iscritto su beni oggetto di confisca. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore avv. Antonio Marando, V.V. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della V. Assicurazioni s.a.s., chiedendone l’annullamento sulla base di quattro motivi e denunciando, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b cod. proc. penumero , inosservanza o erronea applicazione della legge penale - con il primo motivo, per avere il Giudice dell’esecuzione erroneamente proceduto ex art. 676 cod. proc. penumero , invece che ai sensi dell’art. 666 cod. proc. penumero - con il secondo motivo, per avere il giudice dell’esecuzione erroneamente dichiarato la inammissibilità dell’istanza con ordinanza invece che con decreto, come previsto dall’art. 666, comma 2, cod. proc. penumero - con il terzo motivo, perché il decreto doveva comunque essere notificato entro cinque giorni dal suo deposito, e non dopo ottantadue giorni come è avvenuto - con il quarto motivo, in relazione all’art. 52 d.lgs. numero 159/2011 e in rapporto all’art. 240, comma secondo, cod. penumero nella parte in cui disciplina l’applicazione della confisca obbligatoria, per avere il giudice dell’esecuzione erroneamente ritenuto inammissibile l’istanza per la impossibilità di applicazione analogica della disciplina del codice antimafia, invece già ritenuta da questa Corte, senza considerare che l’indicato art. 52 non specifica in alcun modo se la confisca, cui si riferisce, sia di prevenzione o penale, mentre il credito vantato soddisfa tutti i parametri dalla stessa previsti data certa del credito vantato, non strumentalità dello stesso all’attività illecita, buona fede del creditore . Ove il motivo sia ritenuto infondato, si dovrebbe sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 52 nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disposizione alla confisca penale definitiva, obbligatoria o facoltativa, stante il palese pregiudizio dei diritti del terzo creditore intervenuto a seguito del passaggio in giudicato della sentenza penale che ha disposto la confisca. 3. Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso, stante la mancanza dei requisiti di ammissibilità del credito istanza tardiva e credito non garantito , rilevata dalla ordinanza, pur non avendo la stessa condiviso l’orientamento interpretativo secondo il quale le norme di tutela dei creditori in buona fede si applicano anche alla confisca penale. Considerato in diritto 1. Il ricorso va accolto. 2. Premesso, in rito, che l’ordinanza impugnata è stata emessa previa instaurazione del contraddittorio camerale, come emerge dall’esame degli atti cui questa Corte può accedere quando è dedotto un error in procedendo, si rileva che, nell’ambito della stessa procedura pertinente alla confisca della Italcantieri Costruzioni Generali s.r.l., divenuta definitiva a seguito della irrevocabilità della sentenza di condanna di T.A. e di T.F. per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. penumero e altro, la questione oggetto del dibattito giudiziario ha già formato oggetto di decisione da parte di questa Corte Sez. 1, numero 12362 del 15/02/2016, Edil Merici s.r.l. . Da tale precedente, alla stregua della cui massimazione In tema di confisca, le norme dettate dagli artt. 52 ss. del d.lgs. numero 159 del 2011, a tutela dei diritti vantati dai terzi creditori in buona fede sui beni sottoposti a confisca di prevenzione, si applicano anche alle ipotesi di confisca emesse in sede penale nell’ambito dei procedimenti relativi ai delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero Rv. 266045 , questo Collegio, che prende anche atto della attinenza della questione a non dissimile presupposto fattuale, non può, pertanto, discostarsi. 3. Con tale qui richiamata decisione si è, in particolare, affermato, quanto alla procedura da seguirsi, che la domanda di tutela del credito o istanza di ammissione al pagamento pur dovendo essere rivolta al giudice della esecuzione non può ritenersi assimilabile alla istanza di rivalutazione dei presupposti della confisca regolamentata dall’art. 676 cod. proc. penumero norma che richiede l’adozione del procedimento de plano di cui all’art. 667 cod. proc. penumero . Con detta ultima norma l’art. 676 si attribuisce al giudice della esecuzione la competenza funzionale in rapporto alla sorte dei beni sequestrati o confiscati, nel senso che il giudice della esecuzione può, in determinati casi, revocare la confisca già disposta in sentenza disponendo la restituzione dei beni all’avente diritto o disporla in sede esecutiva, lì dove la legge lo consenta Sez. U. 2011 ric. Derouach . La domanda di tutela della posizione creditoria è argomento diverso, nel senso che pur presupponendo - per logica - una statuizione di confisca non è domanda finalizzata ad ottenerne la revoca totale o parziale quanto il riconoscimento di un diritto incidente, in tesi, sul valore economico della confisca medesima, che in ogni caso resta intangibile. le domande di riconoscimento della posizione creditoria tutelabile devono ritenersi scorporate dalla previsione specifica di cui all’art. 676 cod. proc. penumero e vanno trattate - come del resto è avvenuto nel caso in esame - tramite l’ordinaria procedura partecipata di cui all’art. 666 cod. proc. penumero , con ricorribilità per cassazione del provvedimento conclusivo . 3.1. Secondo il ripercorso arresto si è, poi, affermato, quanto alla ritenuta non condivisibilità della ratio decidendi principale, espressa nel provvedimento in quella sede impugnato, e confermata in quello qui impugnato, che la Corte di appello non aveva tenuto conto dell’approdo interpretativo e ricognitivo delle norme coinvolte nella operazione ermeneutica che questa Corte di legittimità ha espresso da tempo, a partire da Sez. I numero 26527 del 20.5.2014, rv. 259331 , con la quale si è ritenuto che la normativa prevista per i sequestri e le confische di prevenzione dal titolo IV del d.lgs. numero 159 del 2011 cosiddetto codice antimafia in tema di tutela dei terzi e di rapporti con le procedure concorsuali, si applica anche ai sequestri e alle confische penali ex art. 12 sexies del d.l. numero 306 del 1992, che siano state disposte a far data dall’entrata in vigore dell’art. 1, comma centonovantesimo, della legge numero 228 del 2012 così la massima ufficiale rv. 261712 , e si è ritenuto che già tale primo gradino della operazione interpretativa consente di escludere la fondatezza teorica di una distinzione rispetto alla posizione dei terzi creditori - tra le diverse tipologie di confisca emesse in sede penale o di prevenzione . L’operare del soggetto terzo, lì dove venga in rilievo la condizione di buona fede e di estraneità ai propositi delittuosi o all’agire contra legem del soggetto titolare del patrimonio poi assoggettato a confisca , non presenta, per logica comune prima che giuridica, caratteri differenziali tali da giustificare in un caso confisca penale la perdita irreversibile del diritto e nell’altro confisca di prevenzione la facoltà di recupero almeno di una quota dell’originario diritto di credito . 3.2. La sentenza, recuperato il contenuto della citata decisione sent. numero 26527 del 20.5.2014 e della correlata operazione interpretativa, peraltro non di natura analogica ma di natura diretta , ha, quindi, ripercorso la disciplina introdotta con il d.lgs. numero 159/2011 in punto di tutela dei diritti dei terzi creditori, e la novellazione apportata all’art. 12-sexies legge numero 356/1992 e successive modifiche ai sensi dell’art. 1, comma 190, legge numero 228/2012 legge di stabilità , pervenendo, previo esame della previsione di legge contenuta nella detta norma e della ricostruzione di tutte le ricadute, all’affermazione che le norme dettate dal legislatore nel d.lgs. 159 del 2011 in punto di tutela dei diritti dei terzi creditori vanno ritenute - in quanto tali - applicabili anche all’ipotesi di confisca emessa ai sensi dell’art. 12 sexies in un procedimento penale, quantomeno a far data dalla entrata in vigore dell’art. 1 comma 190 della legge numero 228 del 2012, da ritenersi norma regolatrice della fattispecie in linea con la progressiva assimilazione delle discipline funzionali, ferma restando la diversità dei contenitori procedimentali. Il giudice dell’esecuzione penale, pertanto, è tenuto quantomeno a compiere - lì dove non sia stata già esclusa con provvedimento precedente sul medesimo oggetto, come segnalato in via generale da Sez. U. civili del 2013 - la verifica circa la ricorrenza dei presupposti previsti espressamente dall’art. 52 del d.lgs. numero 159 del 2011, con trasmissione degli esiti di tale verifica all’Agenzia Nazionale, cui spettano le successive determinazioni sul piano amministrativo . 3.3. Passando alle ricadute ulteriori di tale assetto interpretativo , questa Corte ha, quindi, affermato che è la medesima norma regolatrice - ossia il comma 190 della legge di stabilità numero 228 del 2012 - che consente di risolvere in senso positivo il quesito circa l’applicabilità delle norme in tema di tutela delle posizioni creditorie di cui agli artt. 52 e ss. del d.lgs. numero 159 del 2011, alle confische penali regolamentate non solo dall’art. 12 sexies come sin qui constatato ma anche alle ulteriori ipotesi di decisioni di confisca di beni che siano state adottate nei procedimenti relativi ai delitti di cui all’articolo 51 comma 3 bis del codice di procedura penale. Ciò perché è la stessa norma a prevedere, testualmente, detta estensione di disciplina, al termine del primo periodo . La tecnica e la finalità utilizzata dal legislatore è del tutto inequivoca, posto che - in tutta evidenza - si è ritenuto di parificare la disciplina della gestione e destinazione dei beni e dunque anche della tutela dei terzi in casi che, in riferimento alle caratteristiche funzionali dell’intervento ablativo, appaiono tra loro assimilabili, al di là della differente etichetta giuridico-formale del provvedimento in questione . 3.4. Sul tema della verifica della ricorrenza o meno delle condizioni di legge di cui agli artt. 52 e ss. d.lgs. numero 159/2011, con riguardo alla domanda di tutela della posizione creditoria del terzo nel caso di confisca emessa nell’ambito di procedimenti relativi ai reati indicati nell’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero , l’indicata decisione ha annotato che la legge di stabilità del 2012 numero 228 da un lato contiene la disposizione normativa comma 190 che impone di estendere lo statuto normativo di tutela delle posizioni creditorie alle confische emesse in sede penale nei limiti evidenziati , dall’altro contiene, ai commi successivi, norme transitorie applicabili nella sola sede procedimentale delle misure di prevenzione, attesa la necessità di porre rimedio alla infelice formulazione dell’art. 117 co.1 del medesimo codice antimafia norma transitoria che prevede l’applicazione di tutte le nuove norme introdotte dal legislatore del 2011 in esclusivo rapporto alle proposte applicative successive alla entrata in vigore della legge, senza operare distinzione alcuna . Da ciò deriva, come si è già precisato nella decisione più volte citata numero 26527 del 2014 , che in caso di confisca disposta in sede penale non possono dirsi applicabili le disposizioni in questione commi da 194 a 206 della legge del 2012 ma vanno applicate in via diretta le previsioni di legge di cui agli articoli 52 e seguenti del d.lgs. numero 159 del 2011, sia pure con gli adattamenti interpretativi che sí rendono obiettivamente necessari . Si è, in particolare, puntualizzato, richiamando e condividendo quanto rappresentato nella sentenza numero 26527 del 2014, che la questione è tutta interna alla materia della prevenzione per l’essenziale ragione rappresentata dalle modalità di formulazione della specifica disciplina transitoria del d.lgs. numero 159 del 2011 l’art. 117, in forza del quale l’intero contenuto del libro I in tema di misure di prevenzione trova applicazione solo dove la proposta applicativa sia stata depositata dopo il 13 ottobre 2011 . Per tale fondamentale ragione il legislatore del 2012 ha ritenuto necessaria l’emanazione - qui esclusivamente per il settore della prevenzione - di una sorta di disciplina transitoria avversa, tesa a rendere applicabili - nei modi regolamentati dai commi 194 e seguenti - le nuove norme in tema di tutela dei terzi ai procedimenti di prevenzione già definiti o che proseguono - in virtù del contenuto dell’art. 117 - con le regole anteriormente vigenti legge numero 575 del 1965 e legge numero 1423 del 1956 . Ma tale disciplina transitoria speciale non viene richiamata a proposito dei procedimenti penali con confisca disposta ex art. 12 sexies in quanto non necessaria, proprio in forza delle modalità del rinvio contenuto nel comma 190 del medesimo art. 1 legge numero 228 del 2012. Le disposizioni in tema di amministrazione e destinazione contenute nel d.lgs. numero 159 del 2011 sono infatti richiamate in quanto tali e non in quanto applicabili e la norma contenuta in detto comma 190 è destinata a calarsi non già nel procedimento di prevenzione nel cui ambito sarebbe vigente il limite dell’art. 117 ma nel procedimento penale, ove nessuna norma transitoria espressa risulta prevista. Pertanto tali disposizioni art. 52 e ss. d.lgs. numero 159 risultano immediatamente applicabili, nel procedimento penale interessato, secondo gli ordinari criteri di successione delle leggi nel tempo . 3.5. Venendo in rilievo nel procedimento penale l’ipotesi di tutela del terzo creditore esclusivamente in sede esecutiva, e quindi a procedimento definito, e non potendo il giudice dell’esecuzione esimersi dal compiere la verifica del presupposto della buona fede dell’istante, oggi espressamente tipizzato nell’art. 52 e ss. d.lgs. numero 159 del 2011 e ai fini di cui all’art. 53 dello stesso , ha ancora rilevato questa Corte con ulteriore richiamo al predetto precedente sentenza numero 26527 del 2014 , l’unico reale aspetto problematico, in punto di coordinamento della disciplina, sta nel fatto che, procedendo per conformazione normativa ad istanza di parte art. 666 co.1 cod. proc. penumero il giudice dell’esecuzione penale risulta organo inidoneo a realizzare, a fronte di una singola istanza, l’apertura della verifica complessiva ove non compiuta in precedenza in tema di sussistenza di altre posizioni creditorie insoddisfatte ai sensi degli artt. 57 e 59 d.lgs. numero 159 del 2011. Ma tale effetto, unitamente agli altri previsti dalla legge di riferimento, è da ritenersi - lì dove emerga l’esistenza di dette posizioni dalle relazioni dell’amministratore giudiziario - realizzabile previa nuova sollecitazione dei poteri di verifica giurisdizionale ex art. 666 cod. proc. penumero da parte dell’Agenzia Nazionale, organo amministrativo tenuto a realizzare la destinazione dei beni confiscati conformemente alle previsioni di legge sia per quanto riguarda il settore della prevenzione che in relazione a beni confiscati nell’ambito dei procedimenti penali . 3.6. La diretta applicazione - in sede esecutiva penale - della disciplina contenuta negli articoli 52 e ss. del d.lgs. numero 159 del 2011 comporta , nello sviluppo argomentativo della decisione ripercorsa, la necessità di conformare i contenuti delle singole disposizioni alla fase della esecuzione penale secondo criteri di compatibilità e, al contempo, di rispetto della finalità di garanzia insita in detto intervento legislativo garanzia sia del singolo creditore in buona fede che delle altre posizioni creditorie potenzialmente incise dalla confisca , in tal senso conclusivamente precisandosi che a il sistema di tutela descritto nelle norme in questione offre possibilità di riconoscimento della buona fede a tutti i portatori di un diritto di credito e non soltanto ai titolari di crediti assistiti da garanzie reali art. 52 co.1 b la concreta graduazione della possibilità di soddisfacimento delle posizioni creditorie una volta riconosciuta la tutelabilità in rapporto alle previsioni di legge è invece rapportata alle caratteristiche particolari del credito, secondo il modello descritto dagli articoli 54 per i crediti prededucibili e 61 co.2 ordine delle posizioni creditorie del medesimo d.lgs. 159 del 2011 c la norma applicabile in sede esecutiva penale, quanto alla Individuazione del giudice della esecuzione competente a decidere sulle domande di ammissione del credito successive a confisca definitiva , è da identificarsi nella disposizione di cui all’art. 59 co.10 d.lgs. numero 159 del 2011, il che comporta l’obbligo di adottare il modello procedimentale corrispondente, di cui all’art. 666 cod. proc. penumero d in mancanza di una espressa disciplina transitoria in sede penale atteso che, come si è detto, i commi da 194 a 206 della legge del 2012 appaiono dettati solo per le confische emesse in sede di prevenzione la domanda del creditore è assoggettata al termine di decadenza di cui all’art. 58 comma 5 del d.lgs. numero 159 del 2011. Ove non sia stato assegnato alcun termine per la presentazione delle istanze nel corso del procedimento, il termine va dunque identificato in quello massimo di un anno dalla definitività della sentenza contenente la statuizione di confisca, salvo che il creditore provi di non aver potuto presentare la domanda tempestivamente per causa a lui non imputabile . 3.7. È coerente con le illustrate considerazioni il rilievo, sviluppato in sentenza, che è del tutto evidente che l’incidente di esecuzione proposto dal singolo creditore, come nel caso in esame, va considerato come il primo segmento di un potenziale subprocedimento di verifica più ampio, che richiede la collaborazione dell’Agenzia Nazionale in riferimento ai compiti alla stessa assegnati dalla legge. Lì dove il giudice della esecuzione penale ritenga ammissibile e fondata la domanda di tutela del credito, con ammissione teorica al pagamento, dovrà, in particolare, essere l’Agenzia Nazionale a segnalare al giudice della esecuzione l’esistenza o meno di altre posizioni creditorie concorrenti in rapporto al medesimo compendio oggetto di confisca, al fine di realizzare - nella medesima sede esecutiva - la necessaria graduazione delle posizioni concorrenti secondo il modello descritto dal legislatore all’art. 61 d.lgs. numero 159 del 2011 . 4. Allineandosi a tali precisazioni e considerazioni questo Collegio adotta anche l’epilogo decisorio, intervenuto nella medesima procedura, giudicando esaminabile la domanda proposta da V.V. , in proprio e nella qualità di legale rappresentante della V. Assicurazioni S.a.s., trattandosi di credito comune astrattamente tutelabile, né può dirsi sussistente la particolare ipotesi di decadenza 180 giorni dalla definitività della confisca prevista data la data della decisione definitiva dal comma 205 della legge numero 228 del 2012 . Al giudice di rinvio deve essere, per l’effetto, rimesso l’esame dei seguenti profili a verifica della diversa ipotesi di inammissibilità della domanda per effetto di quanto previsto dall’art. 58 comma 5 del d.lgs. numero 159 del 2011 b ove si ritenga ammissibile la domanda, verifica della ricorrenza o meno dei presupposti di cui all’art. 52 d.lgs. numero 159 del 2011. In caso di ammissione al pagamento, il giudice della esecuzione dovrà comunicare il provvedimento alla Agenzia Nazionale, cui spetta il potere-dovere di segnalare la concorrenza di ulteriori posizioni creditorie al fine di realizzare, in sede esecutiva, la graduazione di cui all’art. 61 d.lgs. numero 159 del 2011 . P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria.