La perizia psicologica sulla capacità a testimoniare del minore è sempre necessaria?

Il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacità a testimoniare del minore non rende per ciò stesso inattendibile la testimonianza della persona offesa, anch'essa minorenne. Tuttavia, quando la capacità a testimoniare non sia stata accertata mediante una perizia, la valutazione dovrà necessariamente fondarsi su altri oggettivi e sicuri elementi di prova o di riscontro e sarà onere del giudice dare di ciò adeguata e puntuale motivazione

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1752/17 depositata il 16 gennaio. Il caso. La Corte d’appello di Milano, pur parzialmente riformando con esclusivo riferimento all’entità della provvisionale stabilita in favore delle parti civili, confermava interamente nel merito la sentenza con cui il Tribunale di Monza aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 609- quater c.p. commesso ai danni di una minore di anni dieci. Avverso la statuizione de qua ricorreva per cassazione l’imputato deducendo, tra gli altri motivi di gravame, violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’art. 603, commi 1 e 5 c.p.p. per mancata assunzione di una prova decisiva in relazione all’art. 495, comma 2 c.p.p. in particolare, una perizia in contraddittorio in merito alla capacità a testimoniare della persona offesa e del teste – anch’egli minore di anni dieci all’epoca dei fatti –. La Terza Sezione Penale della Suprema Corte, valutando fondato il motivo di ricorso in argomento, ha annullato la sentenza impugnata, rinviando ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano per un nuovo esame. La perizia sulla capacità a testimoniare della p.o. minore come diritto alla prova contraria. Preliminarmente, precisano i Supremi Giudici, dal punto di vista specificamente processuale giova chiarire come nel caso di specie non viene in rilievo l’art. 603 c.p.p. – e, pertanto, il relativo principio secondo cui la rinnovazione in appello è evenienza eccezionale subordinata ad una valutazione di assoluta necessità della prova – riguardando questa disposizione solo l’ipotesi in cui una parte abbia chiesto in appello la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado ovvero l’assunzione di nuove prove. In effetti, nel caso in esame, l’imputato, con l’atto di appello, aveva eccepito la illegittimità della statuizione con cui il giudice di prime cure non aveva ammesso le prove ritualmente richieste dalla difesa, in particolare con riferimento alla perizia in contraddittorio relativa alla capacità a testimoniare della p.o. e del teste. Donde, il principio applicabile al caso è quello del diritto alla prova contraria ex art. 495, comma 2, c.p.p. che può essere denegato dal giudice, con adeguata motivazione, solo allorquando le prove richieste sono manifestamente superflue od irrilevanti conseguentemente, il giudice di seconde cure, a cui sia dedotta la violazione della norma codicistica de qua , dovrà decidere sull’ammissibilità della prova secondo i rigorosi parametri di cui all’art. 190 c.p.p. e non potrà avvalersi dei poteri meramente discrezionali riconosciutigli dall’art. 603 del codice di rito. L’importanza della perizia sul minore. La valutazione del contenuto della dichiarazione del minore parte offesa in materia di reati sessuali, afferma la Corte Regolatrice, in considerazione proprio delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, deve contenere un esame dell’attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto, e della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne. L’indagine psicologica, il cui uso è assolutamente proficuo secondo i Supremi Giudici, dovrà quindi concernere due aspetti fondamentali, ovvero l’attitudine del bambino a testimoniare, sotto il duplice profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilità il primo consiste nell’accertamento della sua capacità a reperire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle, di esprimerle il secondo è, invece, diretto ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda in maniere da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna. Il mancato espletamento della perizia e la necessità di riscontri esterni alla testimonianza. La Corte di legittimità ha già avuto modo di statuire come, in tema di reati sessuali su minori in tenera età, è illegittimo, per violazione del principio di formazione della prova in contraddittorio, il rifiuto del giudice di disporre una perizia psicologica in contraddittorio, al fine di accertare l’aderenza alla realtà o meno della narrazione dei fatti, in dipendenza di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell’età o della struttura psicologica del minore. Infatti, specifica la Corte di legittimità, se da un lato il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacità a testimoniare del minore non rende, sic et simpliciter , inattendibile la testimonianza della p.o., è pur vero, dall’altro lato, che quando la capacità a testimoniare non sia stata accertata mediante una perizia, in tal caso la valutazione deve necessariamente fondarsi su altri oggettivi e sicuri elementi di prova o di riscontro, ed è onere del giudice dare di ciò adeguata e puntuale motivazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 ottobre 2016 – 16 gennaio 2017, numero 1752 Presidente Rosi – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 15.7.2015, la Corte di Appello di Milano in parziale riforma della sentenza del 13.7.2012 del Tribunale di Monza, con la quale G.F. era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli art. 81 cpv e 609 quater, commi 1 e 5 cod.penumero perché nel tempo in cui i minori P.C. e P.S. gli erano affidati per ragioni di vigilanza e custodia ripetutamente compiva atti sessuali con P.S. , minore di anni dieci, portando la bambina in bagno dove le imponeva reciproci rapporti oro-genitali e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, era stato condannato alla pena di anni sei di reclusione ed al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili con liquidazione di una provvisionale, disponeva la riduzione della provvisionale e confermava nel resto. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione G.F. , per il tramite del difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. penumero . Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 178 comma 1 lett. b e 179 comma 1, 181 comma 1, 429 comma 1 lett. c e 603 commi 1 e 5 cod.proc.penumero per indeterminatezza della formulazione del capo di imputazione. Precisa che la doglianza e l’impugnativa investono sia l’ordinanza di rigetto del 19.5.2015 che la sentenza di appello. Argomenta che l’indeterminatezza del capo di imputazione si evinceva chiaramente nella menzione della dimensione temporale dei fatti, indicata genericamente con l’espressione a omissis dal omissis . L’imputazione, inoltre, non teneva conto della circostanza che il G. raggiungeva la maggiore età il 31.10.2006 e che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza aveva disposto in sede di emissione di ordinanza di rinvio a giudizio lo stralcio per i fatti relativi al periodo in cui il predetto era minorenne il Giudice per le indagini preliminari avrebbe, comunque, dovuto disporre il proscioglimento per i due episodi successivi alla maggiore età 9.2.2007 e 24.11.2007 , indicati nella denuncia sporta dalla madre prima e dal padre poi, mentre era evidente in atti che non vi era prova del compimento del reato contestato non trovando riscontro l’episodio del ed essendo emerso che in data omissis l’imputato era impegnato quale istruttore in un corso di nuoto . Il Tribunale, quindi, avrebbe dovuto dichiarare la nullità del decreto che disponeva il giudizio per insufficiente enunciazione del fatto oggetto di imputazione e disporre la regressione del procedimento all’udienza preliminare risultava, infatti, non solo la nullità relativa del decreto che disponeva il giudizio ma anche la nullità a regime intermedio della richiesta di rinvio a giudizio. La Corte di appello, invece, non riteneva fondata l’eccezione preliminare di nullità del decreto dispositivo del giudizio e della sentenza di primo grado ribadita con i motivi di appello, e, peraltro riportava in sentenza il capo di imputazione originario senza considerare lo stralcio disposto dal Giudice per le indagini preliminari per i fatti antecedenti al compimento della maggiore età da parte dell’imputato. Deduce, altresì, la violazione degli artt. 125 comma 3, 192 e 597 commi 1 e 3 cod.proc.penumero in ordine al rigetto immotivato della richiesta di osservare, nel contraddittorio delle parti ed in sede di discussione, la ripresa audio-video relativa allo svolgimento dell’incidente probatorio del 7.7.2009. Argomenta che l’art. 398 comma 5 bis cod.proc.penumero impone la documentazione integrale del minore con mezzi di produzione fonografica o audiovisiva e che la Corte avrebbe dovuto consentire alla difesa di avvalersi dello strumento audio-video per illustrare con metodo tecnico le ragioni in base alle quali l’ascolto del minore aveva portato ad un risultato viziato dell’atto istruttorio. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 134,482,140, cpp, 111 Cost., 6 CEDU e delle norme di cui al R.D. 30.1.1941 numero 12 nonché degli artt. 597 e 598 cod.proc.pen, per mancata verbalizzazione e correzione del verbale di udienza e della sentenza. Precisa che la doglianza e l’impugnativa investono sia l’ordinanza di non luogo a provvedere avverso l’istanza di correzione verbale di udienza del 7.8.2015 che la sentenza di appello e che l’omissione riguarda non un mero fatto da certificarsi ma l’attività propria delle parti in udienza richieste delle parti ed allegazioni al verbale di udienza nella forma della memoria . Aggiunge che tale vizio colpisce anche l’ordinanza resa dalla Corte di Appello in data 3.11.2015 che dichiarava inammissibile l’istanza di correzione di errore materiale di sentenza depositata in data 15.10.2015, laddove alla pag. 8 indicava, erroneamente, che la memoria sulla eccezione preliminare di nullità della sentenza di primo grado per effetto della indeterminatezza del capo di imputazione, depositata all’udienza del 19.5.2015, era stata depositata in data 20.5.2015, ossia fuori udienza. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di in relazione agli artt. 603, commi 1 e 5 cod.proc.penumero per mancata assunzione di prova decisiva in relazione all’art. 495 comma 2 cod.proc.penumero , disposizione di perizia in contraddittorio in merito alla capacità a testimoniare della persona offesa e del teste P.C. , precisando che tale richiesta era già avanzata in primo grado deduce, altresì, omessa decisione in riferimento alle eccezioni e questioni preliminari dedotte con l’atto di appello e con le memorie difensive depositate alla prima udienza del 19.5.2015 deduce, infine, la violazione delle norme di cui agli artt. 191 e 192 comma 3 cod.proc.penumero Argomenta specificamente che la Corte di appello non aveva immediatamente provveduto con ordinanza, come richiesto dall’art. 603 cod.proc.penumero né alcuna motivazione aveva offerto in sentenza in merito alla richiesta di rinnovazione del dibattimento con disposizione di perizia anche su base documentale in merito alla capacità a testimoniare dei minori e sulla attendibilità del dichiarato alla luce delle cartelle cliniche in atti conseguentemente, la Corte territoriale non aveva adempiuto l’obbligo motivazionale a suo carico, obbligo che doveva tradursi in una motivazione esplicita sulla richiesta ex art. 603 cod.proc.penumero avanzata. Aggiunge che la disposizione di perizia sulla capacità a testimoniare dei minori si imponeva, sia nella fase antecedente l’incidente probatorio che nella fase successiva, quanto meno documentale con riferimento al materiale acquisito in atti nel corso del dibattimento e non sottoposto, nei contenuti, ad un reale contraddittorio inoltre, la Corte territoriale aveva errato nel ritenere equipollente al vaglio peritale le dichiarazioni rese dalla neuropsichiatra e dalle due psicologhe del centro omissis , centro presso il quale, in ragione della complessità dei traumi relativi al periodo preadottivo, erano in carico i minori le due psicologhe, in particolare, avevano svolto nel processo più ruoli accompagnamento dei minori in sede di incidente probatorio, psicoterapeute, quello di ausilio alla preparazione all’incidente probatorio e, infine, quello di testimoni della pubblica accusa. Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata. In data 26.9.2016, la ricorrente ha depositato memoria contenenti motivi aggiunti, nei quali argomenta ulteriormente in ordine ai motivi proposti ed al fine di consentire il rilievo che le questioni di diritto proposte possono dar luogo ad un contrasto giurisprudenziale e la rimessione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 cod.proc.penumero . Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. 1.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte non sussiste alcuna incertezza sull’imputazione, quando questa contenga, con adeguata specificità, i tratti essenziali del fatto di reato contestato in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa Sez.2, numero 36438 deI21/07/2015, Rv.264772 Sez.3, numero 35964 del 04/11/2014, dep.04/09/2015, Rv.264877 Sez. 5, numero 6335 del 18/10/2013, dep. 2014, Rv. 258948 . Va, inoltre, richiamato l’orientamento secondo cui la contestazione non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l’imputato in condizione di conoscere in modo ampio l’addebito Sez. 5, numero 51248 del 05/11/2014, Rv. 261741 Sez. 2, numero 36438 del 21/07/2015, Rv. 264772 Sez.2, numero 2741 del 11/12/2015, dep.21/01/2016, Rv.265825 . Nella specie, non sussiste alcuna incertezza sull’imputazione, in quanto il fatto è stato contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa. Come rilevato dal Collegio di merito, il diritto di difesa del G. non risulta in alcun modo inciso, in quanto gli elementi essenziali del fatto e cioè, la tipologia degli atti sessuali imposti alla minore ripetuti rapporti oro-genitali , il relativo contesto ambientale nelle occasioni di affidamento a F. in custodia e vigilanza ed i riferimenti di luogo e di tempo dapprima in omissis , ove la famiglia P. si trasferì, dal omissis , con riferimento ai fatti occorsi dal omissis e, cioè a far data dal raggiungimento della maggiore età da parte dell’imputato, come precisato nell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del 15.7.2010 risultano compiutamente descritti pag. 9 della sentenza impugnata i Inoltre, come ulteriormente osservato dalla Corte territoriale, l’indicazione dei singoli episodi di abuso sessuale non costituisce un elemento descrittivo decisivo per l’esercizio delle prerogative difensive, essendo stato l’imputato ed il suo difensore posti in condizione di conoscere tali aspetti dell’addebito nella trasparenza degli atti inseriti nel fascicolo processuale. La Corte territoriale, pertanto, ha correttamente respinto l’eccezione di nullità in questione, con motivazione congrua ed in linea con i suesposti principi di diritto. Condivisibile è anche la valutazione che non assume rilievo la circostanza che la sentenza di primo grado e conseguentemente anche quella di appello riporti il capo di imputazione originario senza menzionare lo stralcio dei fatti relativi al periodo antecedente al compimento della maggiore età da parte dell’imputato. I Giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, infatti, hanno dato compiutamente atto nel corpo della motivazione che l’imputato veniva giudicato soltanto per gli abusi sessuali commessi dal omissis alla fine del e, conseguentemente, affermato la responsabilità dello stesso solo per tali fatti cfr pag 9 della sentenza impugnata e pag 46 della sentenza di primo grado . Va richiamato, sul punto, il principio di diritto affermato da questa Corte, in caso analogo, in base al quale non ricorre alcuna ipotesi di nullità della sentenza nell’ipotesi in cui la stessa riporti in apertura solo la parte originaria del capo d’imputazione, priva delle specificazioni contestate in udienza, allorquando queste ultime siano state comunque trascritte e trattate nel corpo della motivazione, nonché considerate nel dispositivo Sez.4, numero 15549 del 27/06/2007, dep.15/04/2008, Rv.239528 . Tale principio trova applicazione anche nel caso in esame, attesa l’omogeneità delle fattispecie considerate. 1.2. È, poi, infondata l’ulteriore doglianza con la quale si censura il diniego della Corte territoriale di disporre, nel contraddittorio delle parti ed in sede di discussione, la visione della ripresa audio-video relativa allo svolgimento dell’incidente probatorio del 7.7.2009. Va evidenziato che i Giudici di appello hanno rigettato l’istanza summenzionata ordinanza del 19.5.2015 ed hanno, poi, proceduto, in sede di decisione, alla visione dei filmati dell’incidente probatorio, come si evince dalla lettura della sentenza impugnata pag 22 . Tale decisione è corretta. Va richiamato, sul punto, il principio di diritto secondo il quale la visione da parte del giudice di documentazione audiovisiva non è qualificabile in termini di acquisizione o istruzione probatoria e non costituendo attività diretta alla formazione della prova, quindi, non deve aver luogo necessariamente in contraddittorio Sez 2, numero 22184 del 22/05/2007, Rv.237016 Sez 2 numero 36350 del 23/03/2015, Rv.265635 . Deve, infatti, distinguersi il piano dell’assunzione della prova, che deve avvenire nel contraddittorio delle parti, dal piano della valutazione della prova, che è, invece, atto del giudice che si basa sul principio del libero convincimento e che non deve avvenire in contraddittorio ma esternarsi con adeguata e logica motivazione. 2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per tardiva proposizione. L’impugnazione avverso i provvedimenti di rigetto delle istanze di correzione non ha, infatti, rispettato i termini ordinari di cui all’art. 585 comma 1 lett. A cod.proc.penumero e, cioè, quindici giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento, come disposto dall’art. 585 comma 2 lett. a cod.proc.penumero Il provvedimento di rigetto dell’istanza di correzione del verbale di udienza del 7.8.2015, reso all’esito della camera di consiglio del 7.9.2015, è stato comunicato in data 7.10.2015 ed il provvedimento del 3.11.2015, che dichiarava inammissibile l’istanza di correzione di errore materiale della sentenza depositata in data 15.10.2015, è stato comunicato in data 3.11.2015 il ricorso per cassazione è stato proposto tardivamente, solo in data 27.11.2015 cfr annotazione in calce alla sentenza impugnata . 3. Il terzo motivo di ricorso è fondato, sulla base delle considerazioni che seguono. 3.1. Va, innanzitutto, evidenziato che non integra alcuna nullità di ordine generale artt. 178 e 180 cod. proc. penumero l’omessa immediata pronuncia da parte della Corte di appello in ordine all’istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, come richiesto dall’art. 603 cod.proc.penumero . In tema di giudizio d’appello, infatti, l’omessa pronuncia dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di rinnovazione del dibattimento non comporta alcuna menomazione dei diritti della difesa e, comunque, non integra alcuna nullità di ordine generale artt. 178 e 180 cod. proc. penumero sotto il profilo della mancata assistenza o rappresentanza dell’imputato preordinata ad assicurare il giusto processo di cui all’art. 111 Cost., posto che le ragioni della difesa sono salvaguardate ex ante dalla facoltà della difesa di articolare e illustrare le richieste di prova ed ex post , attraverso la possibilità di impugnare la sentenza come avvenuto nella specie Sez.4, numero 46193 del 05/07/2013, Rv.258088 Sez.5, numero 12443 del 20/01/2005,Rv.231682 . 3.2. Ciò posto, la difesa censura il mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’espletamento di una perizia ai sensi dell’art. 196 comma 2 cod.proc.penumero nei confronti della persona offesa, la minore P.S. la cui età all’epoca dei fatti era all’incirca di cinque anni e del teste P.C. la cui età all’epoca dei fatti era di circa di otto anni . Va evidenziato che la richiesta di perizia era stata avanzata dalla difesa dell’imputato già in sede di incidente probatorio, poi in sede di richieste istruttorie dinanzi al Tribunale e, quindi, riproposta nei motivi di appello. Orbene, è stato osservato da questa Corte, in caso analogo Sez.3, numero 1234 del 02/10/2012, dep.10/01/2013, Rv.254464 , che, nella specie, non viene in rilievo l’art. 603 cod.proc.penumero ed il principio che la rinnovazione in appello è evenienza eccezionale, subordinata ad una valutazione di assoluta necessità della prova. Questa disposizione riguarda soltanto l’ipotesi in cui una parte abbia richiesto in appello la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado ovvero l’assunzione di nuove prove. Nel caso in esame, invece, l’imputato con l’atto di appello aveva eccepito la illegittimità della statuizione con la quale il giudice di primo grado non aveva ammesso le prove tempestivamente e ritualmente richieste dalla difesa, in particolare con riferimento alla perizia in contraddittorio relativa alla capacità a testimoniare della persona offesa e del teste P.C. . Il principio applicabile al caso, pertanto, è quello ben diverso, secondo cui Il diritto alla prova contraria garantito all’imputato dall’art. 495 c.p.p., comma 2, in conformità all’art. 6, par. 3, lett. d della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e del Patto internazionale sui diritti civili e politici, e attualmente anche dall’art. 111 Cost., comma 3, può essere, con adeguata motivazione, denegato dal giudice solo quando le prove richieste sono manifestamente superflue o irrilevanti. Ne deriva che il giudice d’appello, cui sia dedotta la violazione dell’art. 495 c.p.p., comma 2, deve decidere sull’ammissibilità della prova secondo i parametri rigorosi previsti dall’art. 190 c.p.p. per il quale le prove sono ammesse a richiesta di parte , mentre non può avvalersi dei poteri meramente discrezionali riconosciutigli dall’art. 603 c.p.p., in ordine alla valutazione di ammissibilità delle prove non sopravvenute al giudizio di primo grado Sez. 5, 9.5.2004, numero 26885, Spinelli, Rv 229883 Sez. 6, 10.10.2006, numero 761/07, Randazzo, Rv 235598 Sez. 3, 18.7.2012, Cavotta Sez.6, numero 48645 del 06/11/2014, Rv.261256 . Ed è indubitabile che il diritto alla prova deve essere garantito anche con riferimento a quel particolare tipo di prova che è la prova scientifica. Ne consegue che, in questa ipotesi, fermo il potere dovere del giudice di verifica ex art. 190 comma 1 e 495 c.p.p.-, l’ammissione della prova è doverosa negli stessi termini di cui all’art. 495 comma 1, richiamato dall’art. 603 comma 2 cod.proc.penumero e comprende anche quello di ammettere la prova contraria secondo quanto previsto dall’art. 495, comma 2, stesso codice Sez.4, numero 3614 del 23/02/2000,Rv.215877 . L’obbligo di motivazione deve essere, dunque, adempiuto in maniera espressa e compiuta, in quanto trattasi di valutazione di originaria istanza istruttoria e non di istanza volta alla verifica successiva della completezza di un quadro probatorio già assunto o, comunque, già delineatosi in ordine agli elementi suscettibili di introduzione nel corso del giudizio di primo grado. 3.3. Nella specie, i Giudici di appello hanno disatteso la richiesta di istruttoria tecnica, argomentando in ordine alla capacità a testimoniare della minore P.S. , attraverso il mero richiamo al contributo conoscitivo offerto dalle psicologhe, psicoterapeute e neuropsichiatre escusse , operanti all’interno della struttura omissis ed al contenuto delle relative cartelle cliniche redatte dalla sezione di ricerca della predetta struttura nel periodo 2007-2010 con il solo rilievo che dalle stesse non emergevano patologie che legittimino un diverso avviso pag 14 e 15 della sentenza impugnata . Tale motivazione appare, ictu oculi, carente rispetto all’articolata censura mossa dal ricorrente e meramente assertiva nella parte in cui desume l’assenza di profili di dubbio circa la capacità a testimoniare dalla mera constatazione che dalla documentazione sanitaria non emergevano patologie legittimanti un diverso avviso. Alcuna esplicita argomentazione, poi, si rinviene in sentenza in merito alla capacità a testimoniare del teste minore P.C. , le cui dichiarazioni sono state valutate quale riscontro alle dichiarazioni della persona offesa, se non nel mero ed apodittico richiamo alla documentazione predetta operato a pag 15 della sentenza impugnata. 3.4. È opportuno ricordare che la valutazione circa l’attendibilità della persona offesa-teste, al pari di quella relativa all’ attendibilità del teste in genere, si connota quale giudizio di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene al modo di essere della persona escussa. La valutazione del contenuto della dichiarazione del minore parte offesa in materia di reati sessuali in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, deve contenere un esame dell’attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto, e della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne. Tale considerazione non può che estendersi anche alla valutazione delle dichiarazioni del minore che venga ascoltato quale teste e le cui dichiarazioni vengano valutate quale elemento di riscontro esterno. Questa Corte, in particolare, ha precisato che, a tal fine, è proficuo l’uso dell’indagine psicologica, che concerne due aspetti fondamentali l’attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilità. Il primo consiste nell’accertamento della sua capacità di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione all’età, alle condizioni emozionali, che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualità e natura dei rapporti familiari. Il secondo da tenere distinto dall’attendibilità della prova, che rientra nei compiti esclusivi del giudice è diretto ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna Sez. 3, 3.7.1997, numero 8962, Ruggeri, Rv 208447 . Si è, inoltre osservato che, la credibilità di un bambino deve essere esaminata in senso omnicomprensivo, valutando la posizione psicologica del dichiarante rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne, la sua attitudine a testimoniare che coinvolge la capacità di recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle -, le sue condizioni emozionali in riferimento alle relazioni con il mondo esterno ed alle dinamiche familiari, nonché i processi di rielaborazione cognitiva delle vicende vissute, processi tanto più limitati quanto più il bambino è in tenera età Sez. 3, 6.4.2004, numero 23278, Di Donna, numero 229421 in tema di reati contro la libertà sessuale, la valutazione del contenuto delle dichiarazioni della persona offesa minorenne deve contenere un esame sia dell’attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo esatto, ovvero di recepire le informazioni, raccordarle con altre e di esprimerle in una visione complessa, sia della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne che hanno regolato le sue relazioni con il mondo esterno Sez. 3, 10.4.2008, numero 20568, Gruden, m. 239879 in tema di reati sessuali su minori in tenera età, è illegittimo, per violazione del principio della formazione della prova in contraddittorio, il rifiuto del giudice di disporre una perizia psicologica in contraddittorio, al fine di accertare l’aderenza alla realtà o meno della narrazione dei fatti, in dipendenza di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell’età o della struttura personologica del minore Sez. 3, 23.2.2001, numero 26692, B., m. 250629 Sez.3,numero 26692 del 23/02/2011, Rv.250629 Sez.3,numero 40851 del 18/07/2012, Rv.253689 non si può escludere, alla luce del caso concreto, che l’accertamento peritale possa essere disposto, alle medesime condizioni, anche nei confronti di minori non in tenera età al momento del disvelamento rispetto a fatti accaduti quando erano in tenera età, e che, qualora vi sia stata richiesta l’integrazione probatoria, il giudice del merito, nel caso di rigetto, debba dar conto, con motivazione rafforzata delle ragioni del diniego Sez. 3, numero 43245 del 2016, non massimata in caso di disvelamento dei fatti a molti anni di distanza, il giudice sarà tenuto ad una motivazione rafforzata che dia conto della inidoneità del distacco temporale ad incidere sull’attendibilità delle dichiarazioni, in particolare precisando se non siano intervenuti fattori esterni di disturbo , o se questi, ove intervenuti, non si siano comunque dimostrati in grado di alterare il corretto ricordo dei fatti Sez 3, numero 30865 del 14/05/2015, M., Rv. 264248 . La tenera età delle persone offese, dunque, è circostanza che non può non portare a considerare, con particolare rilievo, la necessità di verificare con scrupolo le capacità di memorizzazione della stessa, allorquando rievochi i fatti occorsile. È un dato indubitabile quello secondo cui, tanto più è ridotta l’età del minore tanto più può essere difficile l’operazione, da parte dello stesso, di ricostruzione dei fatti che la testimonianza comporta. Non può, inoltre, non considerarsi che i bambini in tenera età presentano modalità relazionali orientate in senso imitativo ed adesivo e siano influenzabili da stimoli esterni potenzialmente suggestivi, con possibilità di non essere in grado di differenziare le proprie opinioni da quelle dell’interlocutore Sez. 3, numero 24248 del 13/05/2010, 0.J., Rv. 247285 . È stato, invero anche affermato che In tema di reati sessuali nei confronti di minori, il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacità a testimoniare non rende per ciò stesso inattendibile la testimonianza della persona offesa, giacché un tale accertamento, seppure utile laddove si tratti di minori di età assai ridotta, non è tuttavia un presupposto indispensabile per la valutazione dell’attendibilità, ove non emergano elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacità Sez.3, numero 38211 del 07/07/2011, Rv. 251381 Sez.3, numero 25800 del 01/07/2015, Rv.267323 . È stato, però precisato che, ciò significa solo che quando la capacità a testimoniare del minore non sia stata accertata attraverso una perizia, o quando questa non sia stata svolta col rispetto di protocolli generalmente riconosciuti e condivisi dalle relative comunità scientifiche, allora la valutazione deve necessariamente fondarsi su altri oggettivi e sicuri elementi di prova o di riscontro ed è onere del giudice dare di ciò adeguata e puntuale motivazione Sez.3, n 1234 del 02/10/2012, dep.10/01/2013, Rv.254464 . Sul punto va rimarcato che la valutazione di tipo psicologico compiuta dagli operatori di una struttura socio-assistenziale non può integrare un sicuro elemento di prova o di riscontro in merito alla capacità a testimoniale del minore. Questa Corte ha, infatti, affermato che la capacità a testimoniare del bambino in tenera età, vittima di abusi sessuali, deve essere accertata mediante perizia disposta dal giudice secondo i protocolli convalidati dalla comunità scientifica, le cui risultanze non possono essere sostituite dalle valutazioni psicologiche compiute informalmente dagli operatori in servizio presso la comunità in cui la vittima sia ospitata Sez.3, numero 1234 del 02/10/2012, dep.10/01/2013, rv. 254464 sez.3, numero 1235 del 02/10/2012, dep. 10/01/2013, rv.254414, cit. . 3.5. Nella specie, quindi, non poteva integrare un sicuro elemento di prova o di riscontro in merito alla capacità a testimoniale dei minori il contributo conoscitivo offerto dalle psicologhe, psicoterapeute e neuropsichiatre escusse , valorizzato nella sentenza impugnata. La Corte d’Appello, pertanto, avrebbe dovuto disporre per la valutazione della capacità a testimoniare dei minori una perizia in contraddittorio, la quale, nel caso di specie, poteva tenere conto anche della documentazione acquisita al processo al fine di verificare la correttezza delle valutazioni psicologiche informali acquisite agli atti, ovvero fornire adeguata motivazione in ordine alla sussistenza di ulteriori e diversi, oggettivi e sicuri elementi di prova o di riscontro. Va, quindi, affermato il seguente principio di diritto il diritto alla prova contraria garantito all’imputato dall’art. 495, comma 2, cod.proc.penumero , in conformità all’art. 6, par. 3, lett. d della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e del Patto internazionale sui diritti civili e politici, nonché dall’art. 111, comma 3, Cost e nel quale rientra anche il diritto alla prova scientifica può essere, con adeguata motivazione, denegato dal giudice solo quando le prove richieste siano manifestamente superflue o irrilevanti è illegittimo per violazione del principio della formazione della prova in contraddittorio il rifiuto del giudice di appello di disporre una perizia psicologica oggetto di richiesta dall’imputato già in sede di incidente probatorio e reiterata in sede di formulazione delle istanze istruttorie in primo grado al fine di accertare l’attitudine della persona offesa a testimoniare quando la condotta illecita offenda minori in tenera età e l’accertamento serva a valutare il rischio di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell’età o della struttura personologica del bambino, ove non venga espressa adeguata e puntuale motivazione della superfluità del mezzo di prova richiesto, alla luce di diversi, oggettivi e sicuri elementi di prova o di riscontro non assurgono a elementi oggettivi e sicuri elementi di prova o di riscontro le valutazione di tipo psicologico compiute informalmente dagli operatori di una struttura socio-assistenziale, in cui il minore sia ospitato o che frequenti. 4. La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano per nuovo esame del punto, che terrà conto dei rilievi suesposti e dei principi di diritto enunciati. 5. Va, infine, rimarcato che le parti civili non possono ottenere la rifusione delle spese processuali essendosi il giudizio di legittimità concluso con l’annullamento con rinvio, ma potranno far valere le proprie pretese nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito dovrà accertare la sussistenza, a carico dell’imputato, dell’obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base al principio della soccombenza, con riferimento all’esito del gravame Sez.5, numero 25469 del 23/04/2014, Rv.262561 . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.