Beni di provenienza ingiustificata: la confisca colpisce il patrimonio acquisito prima e durante il reato

La Corte di Cassazione è chiamata a valutare un provvedimento con il quale il Giudice dell’esecuzione ha respinto le opposizioni presentate da un condannato in via definitiva contro l’ordinanza di confisca ex art. 12- sexies , comma 1, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 1992, n. 356 con riferimento all’acquisto di 3 immobili.

Così la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 51/17 depositata il 2 gennaio 2017. Esiste un nesso tra sentenza di condanna e provvedimento di confisca. Dalla sentenza divenuta irrevocabile emerge che il condannato ha percepito somme di denaro in relazione ai reati contestati, vale a dire il delitto di usura continuata in concorso e il delitto di tentata estorsione aggravata in concorso. Secondo il Collegio, esiste un nesso tra la sentenza di condanna e il provvedimento di confisca. Inoltre gli accertamenti di natura tributaria posti a fondamento dell’ordinanza di confisca non sono confutati dal condannato in sede di ricorso a ciò si aggiunga che il contribuente non ha presentato alcuna dichiarazione dei redditi nel periodo intercorrente tra il gennaio 2002 e il dicembre 2011. Sono necessarie la sproporzione tra beni e reddito e la mancata giustificazione della loro lecita provenienza. La Suprema Corte ricorda che nella confisca de qua non assume rilievo la correlazione tra un determinato bene e un certo reato, come nel caso della confisca ordinaria, ma viene in considerazione il diverso nesso che si stabilisce tra un patrimonio ingiustificato e una persona nei cui confronti sia stata pronunciata condanna o applicata la pena patteggiata per uno dei reati indicati nell’articolo citato. Ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ex art. 12- sexies , comma 1, d.l. n. 306 del 1992, è quindi necessario accertare, quanto al fumus commissi delicti , l’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato, di uno dei reati in esso indicati e, quanto al periculum in mora , la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi così Cass., sez. VI pen., 25 giugno 2015, n. 26832, in CED Cass., Rv. 263931 . Infatti dalla accertata sproporzione tra guadagni – desumibili dal reddito dichiarato ai fini delle imposte – e patrimonio scatta una presunzione iuris tantum di illecita accumulazione patrimoniale, che può essere superata dall’interessato sulla base di specifiche e verificate allegazioni, dalle quali si possa desumere la legittima provenienza del bene sequestrato in quanto acquistato con proventi proporzionati alla propria capacità reddituale lecita e, quindi, anche attingendo al patrimonio legittimamente accumulato Cass., sez. II pen., 10 luglio 2015, n. 29554, in CED Cass., Rv. 264147 . Come hanno affermato anche le Sezioni Unite Cass., sez. unite pen., 19 gennaio 2014, n. 920, in CED Cass., Rv. 226490 , la condanna per uno dei reati indicati nell’art. 12- sexies , commi 1 e 2, d.l. n. 306 del 1992 comporta la confisca dei beni nella disponibilità del condannato allorché, da un lato, sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica e il valore economico di detti beni e, dall’altro, non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi. Data dell’acquisto e data di irrevocabilità della sentenza di condanna. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno altresì statuito che, essendo irrilevante il requisito della pertinenzialità del bene rispetto al reato per cui si è proceduto, la confisca dei singoli beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna o che il loro valore superi il provento del medesimo reato. Nella sentenza in rassegna il Collegio individuano due elementi che differenziano il caso sub iudice da quello in relazione al quale è stato formulato il principio di diritto supra riportato, vale a dire 1 la decisione delle Sezioni Unite è stata assunta in sede cautelare ed è quindi assente qualsiasi riferimento alla circostanza che gli acquisti fossero stati effettuati in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna 2 una parte dei beni colpita da confisca era stata acquistata in un periodo di tempo in cui erano stati posti in essere alcuni episodi delittuosi di usura. La Prima Sezione Penale esclude quindi che la sentenza del Supremo Consesso possa consentire di affermare l’irrilevanza della data di acquisto dei beni rispetto alla data di commissione del reato e che, al contrario, è necessario indagare la rilevanza del tempo con riguardo alla persistenza del sospetto di illecita accumulazione, essendo illogico escludere detto sospetto per i beni acquistati nell’arco temporale in cui il delitto è stato commesso”. Rilevano gli acquisti dalla data di consumazione del reato alla data di irrevocabilità della sentenza di condanna. Come già statuito dalla giurisprudenza di legittimità, la confisca prevista dall’art. 12- sexies d.l. n. 306 del 1992 non può essere disposta in relazione a beni acquistati dal condannato dopo la sentenza di condanna, giacché da un lato si vanificherebbe ogni distinzione della disciplina di tale tipo di confisca con quella delle misure di prevenzione e, dall’altro, si attribuirebbero al giudice dell’esecuzione compiti di accertamento tipici del giudizio di cognizione cfr. Cass., sez. I pen., 23 marzo 2015, n. 12047, in CED Cass., Rv. 263096 . Resta ovviamente esclusa l’ipotesi in cui il bene sia stato acquistato successivamente alla sentenza, ma con denaro che risulti essere stato in possesso del condannato prima della sentenza Cass., sez. II pen., 28 novembre 2012, n. 46291, in CED Cass., Rv. 255239 . Nella pronuncia in commento il Collegio precisa che deve aversi riguardo non tanto alla data di pronuncia della sentenza, quanto piuttosto alla data di irrevocabilità della sentenza, vale a dire al momento in cui si colloca l’epilogo della vicenda processuale. È assoggettabile il patrimonio acquisito prima e durante il reato, con il limite della ragionevole distanza” da esso. Per quanto riguarda gli acquisti effettuati prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il Collegio conferma che è assoggettabile a confisca il patrimonio acquisito prima e durante il reato, con il limite della ragionevole distanza” da esso infatti la presunzione di illegittima acquisizione da parte dell’imputato deve essere circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale, dovendosi dar conto che i beni non siano ictu oculi estranei al reato perché acquistati in un periodo di tempo eccessivamente antecedente alla sua commissione Cass., sez. I pen., 3 ottobre 2014, n. 41100, in CED Cass., Rv. 260529 . L’applicazione dei principi de quibus al caso sub iudice. Il Collegio ritiene che il ricorso del condannato debba essere accolto con riferimento alla confisca di 2 immobili acquistati oltre 4 anni dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna e affida al giudice del rinvio il compito di verificare la provenienza delle risorse finanziarie utilizzate per tali acquisti, al fine di escludere che essere derivino dal reato di usura, come imposto dalla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi. Per quanto concerne l’immobile acquistato anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il Collegio valorizza la notevole distanza tra la data di acquisto 1985 e la data della sentenza di condanna passata in giudicato 2004 per imporre al giudice del rinvio di svolgere una adeguata attività di ricostruzione della capacità patrimoniale del condannato con riferimento alla data di acquisto dell’immobile anche alla luce dei forti indizi di simulazione per il trasferimento del bene effettuato a favore di una società di capitali nel 2002 con contestuale rientro dello stesso nella disponibilità del condannato. Alla luce di tali considerazioni la Prima Sezione Penale annulla con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 dicembre – 2 gennaio 2017, numero 51 Presidente Di Tomassi – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto le opposizioni presentate, a norma dell'art. 667, comma 4, c.p.p., dal ricorrente e dal terzo CPM s.r.l. avverso l'ordinanza di confisca di tre immobili e una autovettura emessa dal medesimo ufficio a norma dell'art. 12-sexies, comma 1, decreto-legge numero 306/1992, convertito in legge numero 356/1992, in relazione alla condanna divenuta definitiva per i delitti di usura continuata in concorso, commessi in epoca anteriore prossima al 31 marzo 2001 e in data anteriore prossima al 31 dicembre 2001 nonché in relazione al delitto di tentata estorsione aggravata in concorso commesso in data anteriore prossima al 31 dicembre 2001 e in data anteriore prossima al 1 gennaio 2002 . 2. Ricorre C.G. , a mezzo del difensore avv. Tiziana Bellani, che chiede l'annullamento del provvedimento impugnato formulando tre motivi di ricorso. 2.1. Osserva, con il primo motivo, che l'ordinanza è affetta da nullità per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , in relazione all'art. 12-sexies, DL numero 306/1992, sotto il profilo del nesso di derivazione dei beni confiscati rispetto al reato contestato. Lamenta, altresì, l'assenza di motivazione. 2.2. Osserva, con il secondo motivo, che l'ordinanza è affetta da nullità per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , in relazione all'art. 12-sexies, DL numero 306/1992, nonché da nullità per la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , con riferimento alla adempiuta dimostrazione della lecita provenienza dei beni oggetto di confisca con specifico riferimento agli immobili siti in omissis . 2.3. Osserva, con il terzo motivo, che l'ordinanza è affetta da nullità per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , in relazione all'art. 12-sexies, DL numero 306/1992, nonché da nullità per la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , con riguardo alla lecita disponibilità dell'immobile di via . Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato. 1.1. Va premesso che, per la natura propria del procedimento esecutivo all'esito del quale è stata assunta l'ordinanza impugnata, la stessa va letta unitamente all'ordinanza emessa de piano il 5 luglio 2013 con la quale è stata disposta la confisca dei beni in discorso. Dovendo analizzare le censure mosse nel ricorso si farà, dunque, riferimento all'apparato motivazionale contenuto nell'ordinanza de piano, nonché in quella assunta a seguito dell'opposizione proposta a norma dell'art. 667, comma 4, cod. proc. penumero . Preliminarmente, è opportuno rammentare che il ricorrente è stato condannato in via definitiva, tra l'altro, per più ipotesi di usura e che dall'esame della sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Milano il 3 marzo 2004 divenuta irrevocabile il 18.4.2004 , che conferma la sentenza del GUP del Tribunale di Milano del 28 febbraio 2003, emerge come lo stesso abbia, per tali reati, percepito somme di denaro. In conformità a tale premessa, il Pubblico ministero ha richiesto al giudice dell'esecuzione, a mente degli artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, cod. proc. penumero , l'applicazione della confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies, DL numero 306/1992 il giudice dell'esecuzione, con ordinanza emessa de piano in data 5 luglio 2013, ha ordinato la confisca di tre immobili e di una autovettura. È, quindi, indubbia l'esistenza di un nesso tra la sentenza di condanna per i delitti di usura e il provvedimento di confisca di cui oggi si discute. Parimenti è doveroso evidenziare che gli accertamenti di natura tributaria sui quali si fonda l'ordinanza impugnata non vengono confutati in sede di ricorso, tanto che può darsi per acquisito che il ricorrente non ha presentato alcuna dichiarazione dei redditi nel periodo intercorrente tra il gennaio 2002 il dicembre 2011. 1.2. In proposito, quindi, può essere richiamato il costante orientamento di legittimità secondo il quale la confisca prevista dall'art. 12 sexies del D.L. 8 giugno 1992 numero 306, convertito in legge 7 agosto 1992 numero 356, ha struttura e presupposti diversi da quella ordinaria, in quanto, mentre per quest'ultima assume rilievo la correlazione tra un determinato bene e un certo reato, nella prima viene in considerazione il diverso nesso che si stabilisce tra un patrimonio ingiustificato e una persona nei cui confronti sia stata pronunciata condanna o applicata la pena patteggiata per uno dei reati indicati nell'articolo citato. Ne consegue che, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ai sensi di tale articolo, è necessario accertare, quanto al fumus commissi delicti , l'astratta configurabilità, nel fatto attribuito all'indagato, di uno dei reati in esso indicati e, quanto al periculum in mora , la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi” Sez. 6, Sentenza numero 26832 del 24/03/2015, Simeoli, Rv. 263931 . Prima di esaminare dettagliatamente i motivi di ricorso, va evidenziato che il Collegio condivide il costante orientamento di legittimità secondo il quale in tema di sequestro preventivo di beni confiscabili a norma dell'art. 12-sexies, D.L. 8 giugno 1992 numero 306, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1992 numero 356, dalla accertata sproporzione tra guadagni desumibili dal reddito dichiarato ai fini delle imposte e patrimonio scatta una presunzione iuris tantum di illecita accumulazione patrimoniale, che può essere superata dall'interessato sulla base di specifiche e verificate allegazioni, dalle quali si possa desumere la legittima provenienza del bene sequestrato in quanto acquistato con proventi proporzionati alla propria capacità reddituale lecita e, quindi, anche attingendo al patrimonio legittimamente accumulato” Sez. 2, Sentenza numero 29554 del 17/06/2015, Fedele, Rv. 264147 . Con riferimento alla data di acquisizione dei beni suscettibili di confisca, deve essere rammentato, con le precisazioni che saranno fra poco esposte, l'orientamento di legittimità espresso da SU Montella secondo il quale la condanna per uno dei reati indicati nell'art. 12-sexies, commi 1 e 2, d.l. 8 giugno 1992 numero 306, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1992 numero 356 comporta la confisca dei beni nella disponibilità del condannato, allorché, da un lato, sia provata l'esistenza di una sproporzione tra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica e il valore economico di detti beni e, dall'altro, non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi. Di talché, essendo irrilevante il requisito della pertinenzialità del bene rispetto al reato per cui si è proceduto, la confisca dei singoli beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna o che il loro valore superi il provento del medesimo reato” Sez. U, Sentenza numero 920 del 17/12/2003 dep. 2004, Montella, Rv. 226490 . 1.2.1. Deve essere subito precisato che la massima sopra riportata, tratta dalla sentenza SU Montella, non dà conto di alcuni importanti elementi che si rivelano imprescindibili per determinarne l'esatta portata. Innanzitutto, la decisione è stata assunta in sede cautelare, tanto che risulta del tutto estraneo al caso deciso la massima è stata tratta da un passaggio della motivazione che non contiene, infatti, alcun riferimento alla sentenza di condanna qualsiasi riferimento alla circostanza che gli acquisti fossero stati effettuati in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna”. Nel caso oggetto della sentenza SU Montella, poi, una parte dei beni colpita da sequestro ex art. 12-sexies, DL numero 306/1992, era stata acquistata negli anni 1994 e 1995 e cioè in un periodo di tempo in cui erano stati posti in essere alcuni episodi delittuosi dell'usura per la quale si procedeva ed in relazione alla quale era stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, tanto che detti episodi di reato erano stati individuati nel periodo intercorrente tra il 1990 e il 1999, dunque in un ambito temporale che ricomprendeva gli acquisti sospetti. Così ricostruito il contenuto della sentenza SU Montella, deve concludersi che essa non consente di affermare l'irrilevanza della data di acquisto dei beni rispetto alla data di commissione del reato, dovendosi, piuttosto, indagare la rilevanza del tempo con riguardo alla persistenza del sospetto di illecita accumulazione, essendo illogico escludere detto sospetto per i beni acquistati nell'arco temporale in cui il delitto è stato commesso. Vanno, in proposito, tenuti distinti due diversi ambiti temporali uno relativo agli acquisti effettuati in data anteriore al reato e uno concernente gli acquisti effettuati in epoca successiva ad esso. 1.2.2. In ordine agli acquisti successivi alla data di consumazione del reato, il Collegio condivide l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale la confisca prevista dall'art. 12-sexies D.L. 8 giugno 1992 numero 306, non può essere disposta in relazione a beni acquistati dal condannato dopo la sentenza di condanna, giacché, da un lato si vanificherebbe ogni distinzione della disciplina di tale tipo di confisca con quella delle misure di prevenzione e, dall'altro, si attribuirebbero al giudice dell'esecuzione compiti di accertamento tipici del giudizio di cognizione” Sez. 1, Sentenza numero 12047 del 11/02/2015, Nikolla, Rv. 263096 . Rispetto a tale condivisibile principio, è utile precisare, tuttavia, che deve aversi riguardo non tanto alla data di pronuncia della sentenza, quanto piuttosto alla data di irrevocabilità della sentenza. Infatti, è del tutto ragionevole affermare che la presunzione d'illecita accumulazione, introdotta dall'art. 12-sexies, DL numero 306/1992, trova il proprio fondamento nell'accertamento, definitivo, della commissione di uno dei delitti indicati nel medesimo articolo, tanto che, in quest'ottica, assume carattere assorbente l'epilogo della vicenda processuale soltanto l'irrevocabilità della sentenza di condanna determina il momento fino al quale opera la presunzione. Deve, quindi, ritenersi che il giudice dell'esecuzione possa disporre la confisca prevista dall'art. 12-sexies, D.L. 8 giugno 1992, numero 306, dei beni acquistati o comunque entrati nella disponibilità del condannato fino alla data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna, giacché fino a tale momento opera la presunzione d'illecita accumulazione del patrimonio. Va, in ogni caso, ricordato che resta esclusa dall'operatività dell'indicato principio l'ipotesi in cui il bene sia stato acquistato successivamente alla sentenza ma con denaro che risulti essere stato in possesso del condannato prima della sentenza” così, in motivazione, Sez. 2, Sentenza numero 46291 del 06/11/2012, Polinti, Rv. 255239 . In questo caso il bene, acquistato in epoca successiva al passaggio in giudicato della sentenza, è assoggettabile a confisca, ma è richiesto uno specifico accertamento sulla circostanza che le risorse finanziarie impiegate per l'acquisto fossero nella disponibilità del condannato in epoca anteriore. 1.2.3. Per quanto riguarda, invece, gli acquisti effettuati prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, la giurisprudenza è incline a riconoscere l'assoggettabilità a confisca del patrimonio acquisito prima e durante il reato, con il limite della ragionevole distanza” da esso. In proposito, il Collegio condivide l'orientamento di legittimità secondo il quale in tema di sequestro preventivo ai sensi dell'art. 12-sexies D.L. numero 306 del 1992, convertito in legge numero 356 del 1992, la presunzione di illegittima acquisizione da parte dell'imputato deve essere circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale, dovendosi dar conto che i beni non siano ictu oculi estranei al reato perché acquistati in un periodo di tempo eccessivamente antecedente alla sua commissione” Sez. 1, Sentenza numero 41100 del 16/04/2014, Persichella, Rv. 260529 . Come si è visto al paragrafo numero 1.2.1., la sentenza Su Montella non costituisce ostacolo alla previsione di una tale limitazione, in termini di ragionevolezza, dell'ambito temporale entro cui opera il sospetto di illecita accumulazione. 2. Fatte le sopra riportate doverose premesse, possono, finalmente, essere esaminati i motivi di ricorso. 2.1. Il primo motivo di ricorso, relativo all'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , in relazione all'art. 12-sexies, DL numero 306/1992, sotto il profilo del nesso di derivazione dei beni confiscati rispetto al reato contestato, è fondato poiché viene censurata, seppure con argomentazione non sempre di facile lettura, l'interpretazione della norma di legge da parte del giudice dell'esecuzione il quale ha errato nell'ordinare la confisca di beni acquisiti in data successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Come si è visto al paragrafo numero 1.2.2., non ricadendo sotto la presunzione di illecita accumulazione i beni acquistati in data successiva al passaggio in giudicato della sentenza, il ricorso va accolto con riferimento agli immobili siti in omissis che sono stati acquistati nel corso dell'anno 2008, oltre quattro anni dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna per usura e che, quindi, non possono essere attinti dalla misura ablativa. In proposito, tuttavia, deve tenersi presente che la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi impone di verificare la provenienza delle risorse finanziarie utilizzate per detti acquisti, al fine di escludere che esse derivino dal reato. Va, quindi, disposto l'annullamento con rinvio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano che procederà a nuovo giudizio, con specifico riguardo alla verifica della provenienza delle risorse finanziarie utilizzate per l'acquisto dei beni situi omissis . 2.2. Il secondo motivo di ricorso, attinente i medesimi beni siti in omissis , resta, quindi, assorbito. 2.3. Anche il terzo motivo di ricorso, attinente i beni siti in omissis , è fondato. 2.3.1. La difesa premette che l'appartamento di via Chopin era stato acquistato dal ricorrente, unitamente alla prima moglie, nel dicembre dell'anno 1985 al prezzo di Lire 130.000.000, pagato per Lire 42.505.453 all'atto del rogito e per la restante parte mediante mutuo fondiario. L'appartamento in questione è stato poi venduto nel 2002 alla società CPM S.r.l. di cui è titolare B.M. , descritto quale fraterno amico del ricorrente, per il dichiarato prezzo di euro 128.000. La difesa afferma, ripetutamente, che si tratta di una vendita effettiva e non simulata. In relazione a tale negozio, peraltro, è emerso che del prezzo pattuito sono stati corrisposti soltanto euro 72.127,76, utilizzati per estinguere la quota residua del mutuo fondiario. A dire del ricorrente il pagamento del prezzo di vendita dell'immobile sarebbe stato effettuato in contanti per la restante parte del prezzo dovuto, pari a euro 55.872,24 . È, altresì, emerso - in maniera non contestata - che il ricorrente ha continuato a occupare l'appartamento e ha utilizzato anche un box sito nel medesimo edificio sempre di proprietà della indicata società, per asserite ragioni di amicizia, in mancanza di un valido titolo. A giudizio della difesa, quindi, sarebbe stata fornita ampia prova della legittima provenienza dei beni suddetti, nonché del reale ed effettivo trasferimento dell'appartamento alla società. 2.3.2. Il giudice dell'esecuzione ha motivato in ordine alla inattendibilità delle giustificazioni offerte circa la disponibilità dei beni sulla base della considerazione che - il ricorrente ha la disponibilità degli immobili senza alcun apparente valido titolo - il ricorrente ha esercitato alcuna senza soluzione di continuità il possesso dell'appartamento, del quale era proprietario, nonostante la modificazione della titolarità giuridica di esso a seguito della vendita alla società CPM S.r.l. - il ricorrente ha mantenuto la residenza nell'appartamento - non risulta provato il pagamento del prezzo dell'immobile perché, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, come si desume dalle argomentazioni svolte dalla società CPM S.r.l., il saldo prezzo sarebbe stato di fatto scomputato” a compensazione del mancato pagamento della occupazione dell'appartamento da parte del ricorrente, occupazione avvenuta in assenza di qualunque valido titolo giustificativo, elementi questi da cui è stata dedotta la effettiva disponibilità del bene in capo al ricorrente - il ricorrente appare formalmente privo di redditi pur avendo movimentato per contanti e assegni sul proprio conto la complessiva somma di Euro 1.142.631 - il ricorrente risulta titolare di fatto dell'immobile e dell'annesso box, anch'esso intestato alla medesima società e occupato dal veicolo nella disponibilità del ricorrente, veicolo pure oggetto di confisca, tanto che ha ivi mantenuto la residenza propria e della famiglia - il patente contrasto tra le versioni del ricorrente, che afferma di avere ricevuto il saldo in contanti in varie rate, e della società, che afferma si veda verbale udienza che il saldo non è stato corrisposto perché trattenuto a scomputo” della locazione”, dimostrano che il bene è nella completa disponibilità del ricorrente. 2.3.3. Tanto premesso, con riferimento a quanto si è visto al paragrafo numero 1.2.3., è corretta l'argomentazione difensiva che evidenzia la notevole distanza tra la data di acquisto dell'appartamento in via Chopin, avvenuto nel 1985, e la data del reato rectius della sentenza di condanna passata in giudicato . In proposito manca qualsiasi attività di ricostruzione della capacità patrimoniale, riferita alla data di acquisito, che consenta di affermare l'inesistenza di adeguati redditi o patrimoni. Tale lacuna andrà colmata in sede di rinvio, con adeguata estensione degli accertamenti patrimoniali, restando fortemente indiziato di simulazione il trasferimento del bene effettuato a favore della CPM S.r.l. nel 2002, con contestuale rientro dello stesso nella disponibilità del ricorrente. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al GIP del Tribunale di Milano.