Ruba due salami dal supermercato: non è punibile

Viene riconosciuta l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. in un caso in cui l’imputato ha rubato due salami da un supermercato.

In questo senso la S.C. con la sentenza n. 44092/16 del 18 ottobre. Il caso. L’odierno ricorrente chiede l’annullamento della sentenza con cui la Corte d’appello, confermando la sentenza del Tribunale, lo condannava alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 624 c.p Fra i motivi addotti a sostegno del ricorso, l’imputato deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’affermazione della sua responsabilità per esser stato ritenuto colpevole del furto di due salami, consumato all’interno di un supermercato, solo sulla base del rinvenimento all’interno della sua autovettura di due salami, non essendovi certezza che essi potessero essere gli stessi salami sottratti dai banchi di vendita. Inoltre, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla dedotta mancanza di valida querela, proposta da soggetto non dotato di potere di proporre querela, non essendo costui il legale rappresentante del supermercato in questione. Infine denuncia la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131- bis c.p Il furto di due salami. L’affermazione di responsabilità del ricorrente trova fondamento nella duplice circostanza di fatto che egli, una volta fermato dalla forze dell’ordine, venne ritrovato in possesso di due pezzi di salame confezionati, conservanti ancora una bassa temperatura sintomo della loro provenienza da una sede fredda, riconosciuti poi dal responsabile del supermercato senza ombra di dubbio come beni alimentari in vendita presso il nostro banco frigo . Inoltre, come già evidenziato dalla Corte territoriale, la querela risulta correttamente presentata dal responsabile del supermercato in quanto tale titolare del possesso dei beni in esso venduti, non rilevando il fatto che il legale rappresentante della società di supermercati sia una persona diversa. La particolare tenuità del fatto. Bisogna però riconoscere che, per ciò che concerne il terzo motivo di ricorso, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ex art. 133, comma 1, c.p. delle modalità della condotta, del grado della colpevolezza da essa desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. Da ciò consegue che non si può non riconoscere la particolare tenuità del fatto commesso dal ricorrente, non ostando all’applicazione dell’art. 131- bis c.p. il fatto che la sentenza sia stata pronunciata ex artt. 444 e ss. c.p.p., per il reato di furto tentato, passata in giudicato, in quanto si evince l’intervenuta riabilitazione del ricorrente che non consente di far derivare alcuna conseguenza penale dalla suddetta sentenza di patteggiamento. Ciò a prescindere dalla circostanza che, in ogni caso, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità in esame, il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre a quello in esame. La sentenza viene annullata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 maggio – 18 ottobre 2016, n. 44092 Presidente Bruno – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava la sentenza con cui il tribunale di Taranto, in data 28.2.2013, aveva condannato B.A. alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato di cui all’art. 624, c.p., escludendo la contestata circostanza aggravante, di cui all’art. 625, co. 1, n. 7, c.p 2. Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, avv. Michele Rossetti, del Foro di Taranto, deducendo 1 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità del B. , che è stato ritenuto colpevole del furto di due salami, consumato all’interno di un supermercato , solo sulla base del rinvenimento all’interno della sua autovettura di due salami, non essendovi certezza che si trattasse degli stessi salami sottratti dai banchi di vendita del supermercato, in quanto non è possibile utilizzare al riguardo le dichiarazioni rese dall’imputato nell’immediatezza dei fatti in assenza del difensore, posto che il consenso dato dalla difesa all’acquisizione del verbale di sommaria ricostruzione del fatto non ricomprendeva, espressamente, anche le suddette dichiarazioni 2 violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla dedotta mancanza di valida querela, che, nel caso in esame, è stata proposta da S.M. , il quale, come ammesso dalla stessa corte territoriale, sulla base della documentazione prodotta in appello, non era il legale rappresentante del supermercato di e, quindi, non era dotato del potere di proporre querela, senza tacere che non risulta in alcun modo dimostrato che il S. fosse dotato di un qualche potere all’interno del supermercato 3 la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p 3. Il ricorso è fondato con riferimento all’ultimo motivo di impugnazione, apparendo, invece, infondate le altre censure. Da un lato, infatti, l’affermazione di responsabilità del B. prescinde dalla utilizzazione delle dichiarazioni rese dall’imputato nell’immediatezza dei fatti, in assenza di difensore, trovando sufficiente fondamento, piuttosto, nella duplice circostanza di fatto non censurata dall’imputato che il B. , quando venne fermato dalle forze dell’ordine, venne trovato in possesso di due pezzi di salame confezionati, che, al tatto, conservavano ancora una bassa temperatura, sintomo inequivocabile della recente provenienza di essi da una sede fredda, riconosciuti, appena un’ora dopo il fermo del ricorrente, dal responsabile del supermercato di , senza ombra di dubbio come beni alimentari in vendita presso il nostro banco frigo dall’altro, come correttamente evidenziato dalla corte di appello, la querela risulta legittimamente presentata dal responsabile del suddetto supermercato sig. S. , in quanto tale titolare del possesso dei beni in esso venduti, per cui non rileva che il legale rappresentante della società cui la sede di fa capo, sia persona diversa cfr. Cass., sez. un., 18/07/2013, n. 40354 . 4. Fondato appare l’ultimo motivo di ricorso. A tale proposito va preliminarmente osservato che, come affermato da un recente e condivisibile arresto della Suprema Corte nella sua composizione più autorevole, in tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131 bis, c.p., quando la sentenza impugnata è, come nel caso in esame, anteriore alla entrata in vigore del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, l’applicazione dell’istituto nel giudizio di legittimità va ritenuta o esclusa senza rinvio del processo nella sede di merito e se la Corte di cassazione, sulla base del fatto accertato e valutato nella decisione, riconosce la sussistenza della causa di non punibilità, la dichiara d’ufficio, ex art. 129 cod. proc. pen., annullando senza rinvio la sentenza impugnata, a norma dell’art. 620, comma primo lett. l , c.p.p Si è altresì precisato che il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, c.p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo cfr. Cass., sez. U., 25.2.2016, n. 13681, rv. 266590-266594 . Orbene, applicando tali principi alla fattispecie concreta in esame, non può non riconoscersi la particolare tenuità del fatto commesso dal B. . Ciò in considerazione del modesto valore economico della merce sottratta 16,00 Euro, come dichiarato dal S. in querela delle modalità della condotta, di ridotto allarme sociale, anche in considerazione della mancata configurabilità di qualsiasi circostanza aggravante, che connoti in termini di maggiore gravità la condotta del reo del grado dell’elemento soggettivo del reato, di non rilevante intensità, essendo evidente come la condotta dell’imputato sia stata sorretta dal dolo appena sufficiente ad indirizzare il B. verso l’impossessamento degli alimenti sottratti, nella consapevolezza della loro appartenenza ad altri. Né costituisce ostacolo all’applicazione della menzionata causa di non punibilità la circostanza che, come si ricava dal certificato del casellario giudiziale in atti, nei confronti dell’imputato sia stata pronunciata sentenza di applicazione di pena ex artt. 444 e ss., c.p.p., per il reato di furto tentato, passata in giudicato il 25.3.1999, in quanto, sempre dallo stesso certificato, si evince l’intervenuta riabilitazione del B. , disposta con ordinanza del tribunale di sorveglianza di Taranto del 2.7.2008, che non consente di far derivare alcuna conseguenza penale dalla suddetta sentenza di patteggiamento. E ciò a prescindere dalla circostanza che, come chiarito dall’arresto del Supremo Collegio più volte richiamato in precedenza, in ogni caso, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis, c.p., il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame cfr. Cass., sez. U., 25.2.2016, n. 13681, rv. 266593 . La sentenza impugnata va, pertanto, annullata, senza rinvio, per essere l’imputato non punibile, ai sensi dell’art. 131 bis, c.p P.Q.M. annulla la sentenza impugnata senza rinvio, perché l’imputato non è punibile ai sensi dell’art. 131 bis, c.p