La tenuità del fatto dinanzi al Giudice di Pace

L’art. 131-bis c.p., che esclude la punibilità per i fatti di particolare tenuità, non può trovare applicazione nell’ambito dei giudizi di competenza del Giudice di Pace, dinanzi al quale il medesimo istituto è disciplinato dall’art. 34 d.lgs. n. 274/2000.

Così si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 37551/16, depositata il 9 settembre. Il caso. Il Procuratore Generale della Repubblica di Campobasso presenta ricorso per la cassazione della sentenza con cui il locale Giudice di Pace dichiarava non doversi procedere nei confronti di quattro cittadini afgani imputati del reato di immigrazione clandestina. La decisione si fondava sull’applicazione dell’art. 131- bis c.p. in quanto, secondo il giudice di merito, gli imputati non risultavano aver commesso reati in Italia e la loro condotta era inquadrabile in un fenomeno globale di immigrazione che provocava un danno di scarsa rilevanza per lo Stato. Procedimento ordinario e Giudice di Pace. Il Collegio ritiene fondato il ricorso e ribadisce che il procedimento penale presso il giudice di pace ed il procedimento penale ordinario sono legati da un rapporto di specialità reciproca, in quanto, oltre ad un nucleo normativo comune, sono caratterizzati da istituti e riti diversi, come si evince dal disposto di cui all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 274/2000. In tale contesto, l’istituto del fatto di particolare tenuità, come applicabile dal Giudice di Pace ex art. 34, d.lgs. n. 274/2000, presenta alcune peculiarità rispetto alla disposizione prevista dall’art. 131- bis c.p. per i procedimenti ordinari. Il fatto di particolare tenuità sussiste dunque laddove, rispetto all’interesse tutelato, l’esiguità del danno o del pericolo conseguente, oltre alla sua occasionalità e al grado di colpevolezza, non giustificano l’esercizio dell’azione penale, tenuto conto del potenziale pregiudizio che il proseguimento del procedimento può cagionare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’imputato. Ed è proprio quest’ultimo elemento che costituisce la peculiarità del fatto di particolare tenuità” nei procedimenti dinanzi al Giudice di Pace e che è estraneo all’art. 131- bis c.p. La voluntas legis. La Suprema Corte argomenta inoltre sulla base della volontà del legislatore che, nella stesura dell’art. 131- bis c.p., abbia volontariamente mantenuto una diversa impostazione del medesimo istituto che, seppur collocabile nella categoria giuridica del proscioglimento, risponde a due diversi modelli subordinati, nel caso della norma penale, alla non abitualità del comportamento e, nel caso dell’art. 34 d.lgs. n. 274/2000, all’occasionalità impostazione condivisa anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 25/2015 . In conclusione, la S.C. nega l’applicabilità dell’art. 131- bis c.p. nell’ambito del procedimento per i reati di competenza del Giudice di Pace, il quale deve fare riferimento all’art. 34 d.lgs. n. 274/2000, ed annulla con rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 luglio – 9 settembre 2016, n. 37551 Presidente Cortese – Relatore Minchella Rilevato in fatto Con sentenza in data 22.06.2015 il Giudice di Pace di Larino dichiarava non doversi procedere nei confronti di M.A., M.S., A.Z. e N.R. il reato di cui all'art 10 bis dei D.L.vo n° 286/1998 per essersi essi trattenuti illegalmente nel territorio dello Stato. Osservava il giudice che si trattava di un reato minore, che gli imputati erano di nazionalità afgana e non risultavano avere commesso reati in Italia, che il fatto si inquadrava in un fenomeno globale di immigrazione e che il danno procurato allo Stato era di scarsa rilevanza pertanto applicava l'art. 131 bis cod.pen. Avverso detta sentenza propone ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Campobasso, deducendo erronea applicazione di legge si sostiene che il Giudice di Pace aveva motivato sulla tenuità dei fatto, ma non aveva considerato che la non punibilità applicata richiede una particolare tenuità dei fatto e cioè deve possedere un quid p/uris rispetto alla mera tenuità nella fattispecie, gli imputati si erano trattenuti nel territorio italiano, per cui la loro condotta si era reiterata nel tempo inoltre, l'interpretazione applicata della norma da parte dei giudice avrebbe di fatto depenalizzato una disposizione che il Legislatore aveva invece voluto mantenere ferma. Considerato in diritto La sentenza impugnata deve essere annullata, poiché il ricorso è fondato. Nella parte precedente sono già stati sintetizzati gli estremi della vicenda, per cui appare pleonastico attardarsi in inutili ripetizioni ad ogni modo, in sintesi massima, il giudice ha ritenuto di non doversi procedere a carico degli imputati sopra indicati, facendo applicazione dell'art. 131 bis cod.pen. in relazione alla fattispecie contestata ha ritenuto il giudicante che la condotta di trattenimento sul territorio nazionale da parte degli imputati non avesse sostanziato alcun reale danno allo Stato-persona offesa giacchè la condotta medesima andava inquadrata in un fenomeno globale di migrazione di persone. II ricorso del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Campobasso censura la sostanziale mancanza di motivazione in relazione alla considerazione di particolare tenuità dei fatto. Vanno distinti alcuni profili. § 1. L'art. 131 bis cod. pen. è una disposizione introdotta dal D.Lvo 16 marzo 2015, n. 28, recante Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera m , della legge 28 aprile 2014, n. 67 , pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 marzo 2015 e in vigore dal 2 aprile 2015. Di detta norma è stata fatta applicazione nei procedimento ora in esame, celebratosi dinanzi ad un Giudice di Pace. Le analogie e le differenze esistenti tra il procedimento penale presso il giudice di pace ed il procedimento penale ordinario portano invece a ritenere che tra di essi esiste un rapporto di specialità reciproca perché, intorno ad un nucleo fondamentale comune, ruotano una serie di istituti e riti speciali, funzionali alle esigenze proprie di ciascun procedimento. L'art. 2, comma 1, del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, rubricato principi generali del procedimento davanti al giudice di pace costituisce la base normativa che conferma tale approdo perché, da un lato, disciplina il procedimento attraverso il rinvio alle disposizioni, in quanto applicabili, contenute nel codice di rito e nelle disposizioni di attuazione e, dall'altro, introduce una serie di eccezioni quanto ad istituti e procedimenti speciali ad esso espressamente dichiarati non applicabili. L'art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 disciplina proprio l'istituto del fatto di particolare tenuità nei procedimenti presso il Giudice di pace e gli elementi costitutivi della fattispecie non sono del tutto sovrapponibili rispetto a quelli che caratterizzano la disposizione introdotta nel codice penale, che non contiene e né assorbe la prima, registrandosi anzi un considerevole scollamento tra le stesse, con la inevitabile conseguenza che la disposizione ex art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, in considerazione della sedes materiae nella quale è collocata, si caratterizza per essere una disposizione speciale rispetto a quella generale codicistica, sia pure ratione temporis successiva, ex art. 131 bis cod. pen. A norma dell'art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all'interesse tutelato, l'esiguità dei danno o dei pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l'esercizio dell'azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato. Il pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento può recare alle particolari esigenze dell'imputato costituisce elemento estraneo rispetto all'ambito di operatività della disposizione ex art. 131 bis cod. pen., per la quale non hanno alcun rilievo, contrariamente all'art. 34 d.lgs. n. 274 dei 2000, l'interesse della persona offesa alla prosecuzione dei procedimento solo in assenza dei quale, nel corso delle indagini preliminari, il giudice di pace può dichiarare con decreto d'archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto o il diritto di veto della persona offesa e neppure il diritto potestativo dell'imputato a non avvalersi dell'istituto laddove, nei procedimenti per reati di competenza dei giudice di pace, se è stata esercitata l'azione penale, la particolare tenuità dei fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato e la persona offesa non si oppongono . A norma dell'art. 131 bis cod. pen. la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o dei pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma con parametri valutativi quindi ulteriori rispetto all'elemento costituito, ai sensi dell'art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, dal solo grado della colpevolezza , l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale anziché occasionale ex art. 34 cit. . Oltre al dato normativo, già di per sé significativo al riguardo, la conferma dell'inapplicabilità dell'art. 131 bis cod. pen. nei procedimenti per i reati di competenza dei Giudice di pace si ricava da due ulteriori considerazioni. Sotto un primo profilo, occorre tenere presente come il Legislatore delegato non abbia seguito l'invito rivolto dalla Commissione Giustizia della Camera a valutare l'opportunità di coordinare la disciplina della particolare tenuità del fatto prevista dell'art. 34 del d.lgs. 28 ottobre 2000, n. 274, in riferimento ai reati del giudice di pace, con la disciplina prevista dal provvedimento in esame [introduzione nel codice penale dell'art. 131-bis appunto] . L'esortazione non è stata raccolta dal Legislatore delegato sul rilievo, dei tutto corretto, che la legge delega non conferiva tale potere ma, durante la fase di progettazione dell'art. 131-bis cod. pen., è apparso ben chiaro, essendo stato anche disatteso il suggerimento avanzato da talune precedenti Commissioni ministeriali di abrogare espressamente l'art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 abrogazione che, tuttavia, non è stata prevista dal decreto legislativo n. 28 del 2015 e, come si è detto, neppure dalla legge delega 28 aprile 2014 n. 67 , come il risultato dell'inerzia si sarebbe risolto nel tollerare la coesistenza di due modelli invero tre modelli, se si ha riguardo anche alla disposizione ex art. 27 dettata per il procedimento penale minorile, che qui ovviamente non rileva profondamente diversi di irrilevanza penale per tenuità del fatto entrambi sistematicamente collocabili, almeno con riferimento alla fase dei giudizio, all'interno della categoria giuridica del proscioglimento il primo art. 131-bis cod. pen. subordinato alla non abitualità dei comportamento, il secondo art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 alla sua occasionalità l'uno attento al possibile pregiudizio per le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta a indagine o dell'imputato, l'altro del tutto svincolato da tale parametro l'uno inteso a favorire l'instaurazione dei contradditorio tra indagato e persona offesa nella procedura decisionale, l'altro fondato su una serie di preclusioni collegate all'interesse o alla volontà delle parti. Sotto un secondo profilo, va pure ricordato che la Corte costituzionale sentenza n. 25 dei 28/01/2015 - nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 529 cod.proc.pen., sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 111 della Costituzione nella parte in cui non prevede una formula di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto , simmetrica ed analoga a quella prevista, per i soli procedimenti penali di competenza del giudice di pace, dall'art. 34 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 - ha precisato, proprio tenendo presente in parte qua il testo della legge delega n. 67 del 2014, che il Legislatore ben può introdurre una causa di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto strutturata diversamente e senza richiedere tutte le condizioni previste dall'art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000, con ciò confermando che nulla impedisce a due diverse fattispecie di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto di coesistere nel medesimo ordinamento. Per tutte le ragioni sopra esposte, consegue che l'art. 131-bis cod. pen. non può essere applicato nell'ambito del procedimento per reati di competenza del Giudice di pace, nei quali prevale la disciplina speciale della tenuità prevista dall'art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, essendo il procedimento dinanzi al giudice di pace disciplinato secondo criteri di ius singu/are rispetto al procedimento ordinario Sez. F, n° 38876 del 20.08.2015, Rv 264700 . § 2. È doveroso precisare che la motivazione della sentenza impugnata, più che delineare una particolare tenuità con esame quindi delle condizioni che, nella fattispecie concreta, si sarebbero differenziate - per una estrema esiguità del profilo della condotta - dalla previsione generale ed astratta della norma , sembra adombrare una irrilevanza della condotta degli imputati sotto il profilo del rilievo penale dei comportamenti. Ciò non appare corretto. Va ricordato che la norma che incrimina le condotte di ingresso e permanenza illegale nel territorio dello Stato - D.Lvo n° 286/1998, art. 10 bis - non punisce una condizione personale e sociale - quella, cioè, di straniero clandestino o, più propriamente, irregolare - e non criminalizza un modo di essere della persona. Essa, invece, punisce uno specifico comportamento, costituito dal fare ingresso e dal trattenersi nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni di legge. Si è quindi di fronte, rispettivamente, ad una condotta attiva istantanea il varcare illegalmente i confini nazionali e ad una a carattere permanente di natura omissiva, consistente nel non lasciare il territorio nazionale. La condizione di clandestinità è, in questi termini, la conseguenza della condotta penalmente illecita e non già un dato preesistente ed estraneo al fatto, e la rilevanza penale si correla alla lesione del bene giuridico individuabile nell'interesse dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori, secondo un determinato assetto normativo si tratta di un bene strumentale , per mezzo della cui tutela si accorda protezione a beni pubblici finali di sicuro rilievo costituzionale. Per queste ragioni non è stata una scelta arbitraria la predisposizione di una tutela penale di siffatto interesse, che si atteggia a bene giuridico di categoria , capace di accomunare buona parte delle norme incriminatrici presenti nel testo unico del 1998. Sulla base di questo nucleo argomentativo la Corte Costituzionale ha sancito la compatibilità della norma qui in rilievo con alcuni principi della Carta fondamentale, specificamente e principalmente con quelli desumibili dagli artt. 2 e 3 sentenza n° 250/2010 . § 3. Considerato dunque che le ragioni sopra evidenziate impongono l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, va ulteriormente precisato che il giudice di rinvio dovrà esaminare la contestazione degli addebiti alla luce dei principi sopra esplicitati e verificare se - sul profilo della prescrizione dei reato evocato dalla conclusione del P.G. – la permanenza del reato contestato sia eventualmente cessata e quale sia stata l'eventuale epoca della cessazione. Infatti, la norma prevista dal D.Lvo n. 286/1998, art. 10 bis, che incrimina la condotta dello straniero che si trattiene illegalmente nel territorio nazionale, descrive all'evidenza un reato di natura permanente in cui la protrazione della situazione antigiuridica dipende dalla volontà dell'agente ne consegue che la condotta illecita non si esaurisce con l'ingresso illegale, ma perdura per tutto il tempo in cui l'agente permane illegalmente nel territorio dello Stato Sez. 1 n° 43472 del 19.09.2013, Rv 257397 . Soltanto da tale data decorrerebbe il termine prescrizionale, ai sensi dell'art. 158 cod.pen. La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio al Giudice di pace perché proceda a nuovo giudizio uniformandosi anche al principio che la condotta di trattenimento illegale nel territorio dello Stato descritta dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis integra un reato di natura permanente. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di Pace di Larino.