Cambio di ‘Comunità’, ma la struttura non è regolare: revocato l’affidamento in prova

Accolta la richiesta di trasferimento. La nuova struttura, però, non è iscritta al ‘Registro degli enti ausiliari’. Ciò comporta la revoca dell’affidamento in prova terapeutico, originariamente concesso dal Tribunale di sorveglianza.

Concesso l’affidamento in prova terapeutico per provare a sconfiggere la tossicodipendenza. Ma il cambio di ‘Comunità’ si rivela un errore gravissimo il giovane è costretto a tornare in carcere. Decisiva la constatazione che la nuova struttura non è inserita nel ‘Registro degli enti ausiliari’ Corte di Cassazione, sentenza n. 32417/2016, sez. I Penale, depositata il 26 luglio . Trasferimento. Provvedimento inevitabile, quello assunto dal Tribunale di sorveglianza. L’uomo ha chiesto e ottenuto il trasferimento in una nuova ‘Comunità terapeutica’, ma essa, come certificato dal ‘Sert’, non risulta iscritta al ‘Registro degli enti ausiliari’ . Ciò comporta la cessazione dell’affidamento in prova terapeutico . Respinta la richiesta difensiva finalizzata a ottenere il rinvio del procedimento per consentire alla ‘Comunità’ di provvedere agli adempimenti per l’iscrizione al ‘Registro’ . Poco plausibile, poi, l’idea che l’uomo non fosse a conoscenza del mancato inserimento della struttura nel ‘Registro’. Anche perché egli, evidenziano i giudici, provvedeva al pagamento di una retta mensile , mentre le strutture autorizzate percepiscono contributi pubblici . Registro. E ora la valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza è condivisa dalla Cassazione. Legittima, quindi, la revoca dell’ affidamento in prova terapeutico . Nessun dubbio sul fatto, certificato dal ‘Sert’, che la ‘Comunità’ nuova destinazione dell’uomo non è iscritta nel ‘Registro degli enti ausiliari’ . Irrilevante invece, aggiungono i magistrati, l’ autorizzazione rilasciata dal Comune, autorizzazione che riguarda solo l’apertura e il funzionamento di una struttura residenziale, definita come ‘comunità alloggio’ per persone con problematiche psico-sociali, e in particolare ex detenuti e soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale . Esclusa, invece, l’ipotesi di realizzare attività specificamente terapeutiche, riabilitative e sanitarie per persone con disturbi mentali e per persone con abuso di stupefacenti o alcool .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 31 marzo – 26 luglio 2016, n. 32417 Presidente Bonito – Relatore Casa Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza resa in data 21.1.2015, il Tribunale di Sorveglianza di Roma dichiarava la cessazione dell'affidamento in prova terapeutico disposto, nei confronti di PACE Ivan con provvedimento del 16.1.2014. A ragione osservava il Tribunale che, in data 22.7.2014, il PACE aveva chiesto e ottenuto il trasferimento dalla Comunità Terapeutica Cusmano alla Comunità Terapeutica Alter Cooperativa Sociale Onlus detta ultima struttura, tuttavia, per quanto comunicato con nota in data 4.12.2014 dal SERT di Tivoli, non risultava iscritta al registro degli enti ausiliari. Venuto meno il presupposto per l'accesso a programma di tipo residenziale, si imponeva la cessazione della misura, né poteva accogliersi la richiesta difensiva di rinvio del procedimento per consentire alla Comunità di provvedere agli adempimenti per l'iscrizione al registro, attesa l'imprevedibilità dei tempi necessari per la procedura. Infine, mancavano i presupposti per l'accoglimento dell'istanza di detenzione domiciliare presso la medesima struttura, in quanto la pena residua da espiare era superiore a due anni e il PACE si trovava in espiazione di pena per reati ostativi al beneficio art. 74 D.P.R. n. 309/90 e rapina aggravata . Precisava, poi, il Tribunale che veniva disposta la cessazione della misura, in quanto il mancato inserimento della Comunità Alter nel registro degli enti ausiliari non era imputabile al PACE, ancorché permanesse il dubbio sulla sua consapevolezza in ordine alla circostanza ostativa in questione egli provvedeva, infatti, al pagamento di una retta mensile, laddove era notorio che le strutture autorizzate percepissero contributi pubblici . 2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione PACE Ivano, per il tramite del difensore di fiducia. 2.1. Con il primo motivo, deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 94, 116 D.P.R. n. 309/90, 47 O. P Assume il difensore che la documentazione allegata al ricorso dimostrava inequivocabilmente che la Comunità Alter disponeva di tutti i titoli abilitativi prescritti dall'art. 116 D.P.R. n. 309/90 per accogliere in regime di affidamento in prova in casi particolari soggetti condannati con problematiche di tossicodipendenza e psichiche ai fini dello svolgimento di programmi terapeutici di recupero di tipo residenziale. Evidente, dunque, l'errore in cui era incorso il Tribunale, che aveva posto a base della sua decisione un presupposto inesistente. 2.2. Con il secondo motivo, si denuncia manifesta illogicità della motivazione. Le norme di legge interessanti il caso de quo non consentivano al Tribunale di Sorveglianza di disporre la cessazione della misura alternativa per eventuali problematiche amministrative involgenti la struttura, atteso che gli artt. 94 D.P.R. n. 309/90 e 47 O.P. prevedevano solo la revoca della misura esclusivamente qualora il comportamento del soggetto, contrario alle leggi o alle prescrizioni, si fosse dimostrato incompatibile con il proseguimento del programma. Manifesta era l'illogicità della motivazione per tre ordini di rilievi - il condannato non aveva alcun dovere, né potere di verificare la regolarità amministrativa delle strutture autorizzate - il pagamento di una retta mensile non aveva alcun significato in merito, in quanto le strutture autorizzate private ben potevano richiedere contributi ai soggetti che ospitavano a fronte dell'erogazione dei servizi di assistenza - il Tribunale aveva fatto riferimento a dati ipotetici quando aveva la possibilità di verificare la regolarità delle autorizzazioni possedute dalla Comunità Alter tramite la consultazione dell'elenco di cui al comma 8 dell'art. 116 D.P.R. n. 309/90. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1. II ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza. 2. Occorre premettere che, a mente dell'art. 94, comma 1, D.P.R. n. 309/90, la certificazione di una struttura sanitaria pubblica o di una struttura privata accreditata previa autorizzazione per l'attività di diagnosi prevista dall'art. 116, comma 2, dello stesso decreto attestazione della tossicodipendenza deve essere allegata, a pena d'inammissibilità, alla domanda tesa ad ottenere l'affidamento in prova in casi particolari. Il Tribunale, avendo accertato, in base a informazione fornita dal SERT di Tivoli, che la Comunità Alter , dove il PACE era stato trasferito, non era neppure iscritta nel registro degli enti ausiliari, non poteva che prendere atto della insussistenza del requisito prescritto dall'art. 116 D.P.R. n. 309/90, richiamato dall'art. 94 dello stesso decreto e disporre, conseguentemente, la cessazione della misura. L'assunto difensivo circa la sussistenza di un titolo abilitativo in capo alla predetta Comunità è smentito dallo stesso tenore del documento allegato al ricorso, emesso, fra l'altro, in data successiva a quella dell'ordinanza impugnata. Invero, l'autorizzazione prot. n. 2777 del 6.2.2015 rilasciata dal Comune di Palombara Sabina al legale rappresentante della Comunità Alter riguarda l'apertura e il funzionamento di una struttura residenziale . definita come Comunità alloggio per persone con problematiche psicosociali ed in particolare ex detenuti e soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale . . Si precisa, poi, nel provvedimento, che seppure si evince dal contratto di locazione presentato che la Soc. Coop. Soc. Alter Onlus può prevedere, all'interno dello stesso immobile di via Colle Massimiano n. 37, lo svolgimento anche di attività specificatamente terapeutiche, riabilitative e sanitarie per persone con disturbi mentali e persone con abuso di stupefacenti e/o alcool, l'autorizzazione di cui sopra non si intende estensibile anche per questa tipologia di utenza, in quanto l'autorizzazione all'esercizio di tali strutture è imprescindibilmente a carico della Regione Lazio così come previsto dalla Legge Regionale n. 4 del 3 marzo 2003 . Alla stregua del chiarissimo tenore del documento accluso al ricorso, non può, pertanto, sostenersi che il Tribunale abbia fondato la sua decisione su un presupposto erroneo , risultando confermato dal provvedimento dei Comune di Palombara Sabina che la Comunità Alter era sprovvista della prescritta autorizzazione regionale. Conseguentemente, non può ritenersi manifestamente illogica la motivazione censurata. Per quanto la formula utilizzata dal Collegio - cessazione - appaia impropria in quanto non trova corrispondenza nelle disposizioni in materia, va detto, in sintonia con quanto osservato dal Procuratore Generale, che essa trova spiegazione, da un lato, nella particolarità della situazione, non espressamente disciplinata, dall'altro, nella volontà di evidenziare che si tratta di un evento non imputabile al condannato seppure con la riserva espressa sulla sua consapevolezza della situazione, riserva che, peraltro, non inficia la precedente affermazione . In ogni caso, il termine utilizzato corrisponde ad una sorta di revoca atipica ex nunc, quindi maggiormente favorevole al condannato, decorrendo la stessa soltanto dal momento in cui è stata disposta. 3. Alla declaratoria d'inammissibilità dei ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma, il 31 marzo 2016