Corruzione di minorenne vs atti osceni

La fattispecie di cui all'art. 609-quinquies c.p. è caratterizzata da dolo specifico e si ritiene integrata ove gli atti sessuali siano posti in essere in modo tale da determinare il coinvolgimento emotivo della persona offesa.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29983/16, depositata il 14 luglio. Il caso. Il giudice di prime cure competente condannava un imputato per il reato di cui all'art. 609- quinquies c.p. corruzione di minorenne , rimproverandogli di aver compiuto atti sessuali esibizione dei genitali e masturbazione in presenza di minorenni, presso i servizi igienici di un esercizio commerciale. La Corte d'appello riformava parzialmente la statuizione del Tribunale, rideterminando la pena inflitta all'imputato in conseguenza del riconoscimento a favore del medesimo della diminuente di cui all'art. 89 c.p. vizio parziale di mente . Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione per errata qualificazione giuridica del fatto in particolare, l'impugnante rilevava come il giudice di merito non avesse giustificato la classificazione del fatto come atto sessuale invece che come atto osceno, integrante la fattispecie, ormai depenalizzata, di cui all'art. 527 c.p. atti osceni . Il coinvolgimento emotivo della persona offesa. La Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso per manifesta infondatezza del motivo di gravame. Gli Ermellini hanno, infatti, sottolineato come, nel caso di cui al procedimento, l'imputato non si sia limitato ad esibire i genitali, ma li abbia ripetutamente toccati in presenza di una minorenne, con il fine di farla assistere all'atto e, quindi, coinvolgendola emotivamente. I Giudici del Palazzaccio hanno ricordato l'orientamento giurisprudenziale prevalente, per cui le condotte sopra descritte sono idonee ad integrare la fattispecie di cui all'art. 609- quinquies c.p., laddove siano state realizzate con modalità tali da provocare il coinvolgimento emotivo della vittima. Una fattispecie a dolo specifico. Inattaccabili, secondo la Suprema Corte, anche le argomentazioni della Corte territoriale con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo dell'illecito di cui all'art. 609- quinquies c.p., ovvero il dolo specifico. Gli Ermellini hanno precisato che la fattispecie in esame richiede il dolo specifico, in quanto gli atti sessuali devono essere posti in essere con la finalità di farvi assistere il minore o con la consapevolezza, da parte del reo, di agire a tale scopo. A chiosa, i Giudici di Piazza Cavour hanno affermato che, per la configurazione del dolo specifico, non è necessaria la prova certa della consapevolezza del reo di agire con il fine di far assistere un minore agli atti sessuali tale consapevolezza può, infatti, essere desunta anche in via indiziaria, purché gli elementi a favore della stessa siano gravi, precisi e concordanti, oppure da qualsiasi altro fatto, compreso il comportamento del soggetto agente. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 aprile – 14 luglio 2016, numero 29983 Presidente Rosi – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dei 12.12.2014, la Corte di appello di Perugia riformava parzialmente la decisione del Tribunale di Perugia del 25.7.2008 che aveva dichiarato P.P. responsabile dei reato di cui all'art. 609 quinquies cod. penumero per aver mostrato i genitali, masturbandosi o traendo piacere dalla mera esibizione a bambine minori di anni quattordici presenti nei servizi igienici per donne di un centro commerciale, al fine di farle assistere e lo aveva condannato alla pena di anni 1 e mesi otto di di reclusione, riconoscendogli la diminuente di cui all'art. 89 cod. penumero equivalente alla contestata recidiva, e rideterminando la pena in anni uno di reclusione. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione P.P. per il tramite dei difensore di fiducia, articolando un unico motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. penumero Si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla esatta qualificazione giuridica del fatto. La Corte territoriale non avrebbe esplicitato in motivazione come il fatto accertato rappresentasse compimento di atto sessuale e non, invece, atto osceno rilevante ai sensi dell'art. 527 cod. penumero Chiede, quindi, l'annullamento della sentenza impugnata. Con memoria ex art. 121 cod. proc. penumero , il ricorrente si è riportato alle conclusioni rassegnate in ricorso ed ha dedotto che, stante l'intervenuta depenalizzazione del reato di cui all'art. 527 cod. pen, deve prospettarsi quale richiesta principale l'annullamento senza rinvio della sentenza per non essere il fatto più previsto dalla legge come reato, previa sua riqualificazione ai sensi dell'art. 527 cod. penumero Considerato in diritto 1.11 ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivo proposto. 2.La Corte territoriale, con motivazione congrua, priva di vizi logici e conforme ai principi affermati da questa Corte, ha ritenuto configurabile a carico dei ricorrente la fattispecie criminosa dì cui all'art. 609 quinquies cod. penumero I Giudici di appello hanno evidenziato che il comportamento dell'imputato non si è limitato ad una esibizione dell'organo maschile, ma ha implicato il coinvolgimento emotivo della parte lesa. Vi è stato, infatti, un ripetuto toccamento dell'organo maschile alla presenza della minore allo scopo di farla assistere al gesto avente valenza sessuale, tale da turbare la minore la quale è stata cosciente ed in grado di percepire compiutamente la condotta dei P. ed il carattere offensivo della propria libertà sessuale. Tale condotta, secondo l'orientamento di questa Corte, integra il delitto di cui all'art. 609 quinquies cod. pen, in quanto, è stata posta in essere in modo da coinvolgere emotivamente la persona offesa Sez.3, numero 3196 del 13/11/2008, dep.23/01/2009, Rv.242176 ed il soggetto minorenne non è stato il destinatario degli atti sessuali, ma si è limitato a fare da spettatore rispetto ad atti sessuali commessi da altri Sez.3, numero 15827 del 26/11/2014, dep.16/04/2015, Rv.26334 I Giudici di appello hanno, inoltre, motivato in maniera adeguata e logica anche con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo dei reato contestato, evidenziando come l'aver lasciato aperta la porta della cabina water ed essersi nascosto all'interno dei bagno riservato alle donne per un lasso di tempo apprezzabile fino all'arrivo della minore, comprovasse l'effettiva intenzionalità della condotta. La motivazione, anche sul punto, è in linea con i principi affermati da questa Corte in subiecta materia. Il delitto di corruzione di minorenne richiede il dolo specifico, in quanto è necessario che gli atti sessuali siano compiuti al fine di far assistere il minore, ovvero nella consapevolezza dell'agente di agire allo scopo specifico di far assistere il minore agli atti sessuali commessi in sua presenza Sez.3,numero 15633 del 12/03/2008,Rv.240035 . La configurabilità dei dolo specifico, peraltro, non richiede la prova certa della consapevolezza del reo di agire al fine di far assistere il minore agli atti sessuali commessi in sua presenza, potendo desumersi la direzione finalistica dell'atto, anche da indizi, purchè dotati di gravità, precisione e concordanza e, quindi, da qualunque elemento di fatto, o da qualunque indizio giuridicamente apprezzabile, compreso quindi anche il comportamento dell'indagato o di altri, allorché questo, da solo o nel complesso di tutte le risultanze procedimentali, giustifichi il convincimento espresso dai giudici dei merito Sez.3,numero 12537 del 29/01/2015, Rv.263000 . Del tutto infondata, pertanto, è la deduzione difensiva volta a contestare la qualificazione giuridica del fatto al fine di ritenere configurabile la fattispecie di cui all'art. 527 cod. penumero con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza per non essere il fatto previsto dalla legge come reato. 3.Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186, dei 13.6.2000 , alla condanna dei ricorrente al pagamento delle spese dei procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione dei presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 dlgs 196/03 in quanto imposto dalla legge.