L’inammissibilità dell’impugnazione può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento con ordinanza

La declaratoria di inammissibilità ex art. 591, comma 4, c.p.p. può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento a mezzo ordinanza in virtù del comma 2 del citato articolo, che individua espressamente tale forma di provvedimento da emettere nel caso di specie.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23717/16, depositata l’8 giugno. La vicenda processuale. Il Tribunale di Savona, con ordinanza del 12/05/2015, dichiarava inammissibile l’opposizione a decreto penale di condanna proposta dal ricorrente perché ritenuta tardiva. Ricorre per cassazione l’imputato. Disparità di trattamento in tema di notificazioni. Con unico motivo di ricorso, il ricorrente deduceva la disparità di trattamento tra la procedura di notificazione di cui all’art. 8, l. n. 890/1982 e quella di cui all’art. 157, comma 8, c.p.p., atteso che la prima farebbe decorrere gli effetti dell’invio della raccomandata dal ricevimento della stessa mentre la seconda già dalla data di spedizione. Declaratoria di inammissibilità a mezzo sentenza. Il Procuratore Generale presso la Suprema Corte chiedeva annullarsi senza rinvio l’ordinanza impugnata poiché ritenuta abnorme. In particolare, secondo il requirente, il Giudice, non avendo dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 591, comma 2, c.p.p., avrebbe dovuto dichiararla con sentenza e al termine del dibattimento, in virtù di quanto stabilito dal comma 4 del citato articolo. L’inammissibilità dell’impugnazione può essere dichiarata con ordinanza. Il ricorso è ritenuto infondato dalla Suprema Corte. Spiegano gli Ermellini che la declaratoria di inammissibilità ex art. 591, comma 4, c.p.p. può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento a mezzo ordinanza, in virtù del citato comma 2, che individua espressamente tale forma di provvedimento da emettere nel caso di specie. Tra l’altro, spiega la Corte, attendere l’esito del dibattimento per dichiarare l’inammissibilità, qualora non sia stata già dichiarata dal Giudice dell’impugnazione, comporterebbe una spendita di tempi e di mezzi processuali privi di significato, nonché al differimento ad un momento incertus quando di una pronuncia invece suscettibile di essere emessa allo stato degli atti. Pertanto, secondo i Giudici di legittimità, il provvedimento impugnato non può definirsi abnorme, essendo tale vizio configurabile allorchè l’atto risulti avulso dall’ordinamento processuale ovvero qualora, pur intraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo. Nessuna disparità di trattamento in tema di notificazioni. Secondo gli Ermellini, nessuna censura merita il provvedimento oggetto di gravame anche sotto tale ultimo profilo, essendo fondato invece sulla corretta applicazione della disciplina vigente in tema di notificazioni. Pertanto la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In pratica. Dal commento della sentenza in disamina, emerge una regola pratica di notevole importanza. Vero è che l’art. 591, comma 4, c.p.p., nel sancire che l’inammissibilità non rilevata ai sensi del comma 2 possa essere dichiarata dal giudice in ogni stato e grado del procedimento, nulla stabilisce in ordine alla tipologia del provvedimento da adottare, ma altresì vero è che il comma 2 della medesima disposizione normativa prevede espressamente l’ordinanza quale provvedimento da adottare nelle ipotesi di inammissibilità del procedimento penale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 aprile – 8 giugno 2016, n. 23717 Presidente Fiale – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12/5/2015, il Tribunale di Savona dichiara inammissibile l’opposizione a decreto penale di condanna proposta da H.Y. , perché tardiva, con conseguente esecutività del medesimo provvedimento. 2. Propone ricorso per cassazione l’H. , a mezzo del proprio difensore, deducendo - con unico motivo - la disparità di trattamento tra la procedura di cui all’art. 8, l. n. 20 novembre 1982, n. 890 e quella di cui all’art. 157, comma 8, cod. proc. pen., in tema di notificazioni in particolare, mentre la prima farebbe decorrere gli effetti dell’invio della raccomandata dal ricevimento della stessa, l’altra li legherebbe alla sola spedizione, con evidente disparità di trattamento. Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente avrebbe avuto notizia della raccomandata in esame soltanto il 14/1/2015, ed avrebbe quindi fatto affidamento sulla decorrenza dei termini per impugnare a muover dalla data medesima. 3. Con requisitoria scritta del 2/2/2016, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto annullarsi senza rinvio l’ordinanza, con trasmissione degli atti. Premesso che l’H. avrebbe potuto impugnare il provvedimento soltanto con la sentenza, ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen., si osserva comunque che l’ordinanza in esame sarebbe abnorme il Giudice, infatti, avrebbe potuto dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione - ex art. 591, comma 4, cod. proc. pen. - soltanto con sentenza, al termine del dibattimento, non anche a mezzo ordinanza, che infatti impedirebbe la possibilità di prosecuzione del processo ed un sindacato di legittimità sulla sua decisione. Considerato in diritto 4. Preliminarmente, ritiene questa Corte non condivisibile l’assunto del Procuratore generale in forza del quale la declaratoria di inammissibilità - di cui all’art. 591, comma 4, cod. proc. pen. - sarebbe dovuta esser pronunciata dal Giudice del dibattimento a mezzo sentenza, non già con ordinanza ed invero, la norma - a mente della quale l’inammissibilità, quando non è stata rilevata a norma del comma 2 ovvero dal Giudice dell’impugnazione, nel caso di specie il G.i.p. , può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento - non specifica affatto che tale declaratoria debba avvenire con sentenza, al riguardo dovendosi piuttosto richiamare proprio il citato comma 2, che individua esplicitamente l’ordinanza quale provvedimento da emettere nel caso di specie. D’altronde, accedere alla tesi sostenuta dal Procuratore medesimo, come peraltro anche da questa Corte Sez. 3, n. 27125 del 28/5/2008, Praticò, Rv. 240249 - secondo la quale occorrerebbe comunque attendere l’esito del dibattimento per dichiarare l’inammissibilità, qualora non già dichiarata dal Giudice dell’impugnazione - comporterebbe una spendita di tempo e di mezzi processuali priva di alcun concreto significato, differendo ad un momento incertus quando una pronuncia conclusiva del giudizio invero suscettibile di esser emessa subito, allo stato degli atti. Ancora, tale opzione differirebbe inutilmente la fase dell’eventuale impugnazione avverso questo provvedimento, da ritenersi per certo ammissibile con lo strumento del ricorso per cassazione con specifico riguardo al caso di specie, infatti, ben può esser richiamata - attesane l’ eadem ratio e l’identità di presupposti - la previsione di cui all’art. 461, comma 6, cod. proc. pen., in tema di opposizione a decreto penale di condanna, a mente della quale contro l’ordinanza di inammissibilità l’opponente può proporre ricorso per cassazione . Il provvedimento impugnato, pertanto, non risulta abnorme, non ricorrendo alcuno dei presupposti che - ormai pacificamente - governano l’istituto. Osserva il Collegio, infatti, che una lunga e diffusa elaborazione giurisprudenziale ha condotto, negli ultimi due decenni, ad un sempre più definito inquadramento dogmatico della categoria dell’abnormità, intesa quale vizio che connota in radice un provvedimento, senza però identificarsi nella sua nullità o inesistenza giuridica. In particolare, le Sezioni unite di questa Corte, già nel 1997, hanno affermato che è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. L’abnormità dell’atto processuale - si è ulteriormente precisato - può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, Di Battista, Rv. 209603 Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, Magnani, Rv. 215094. Di seguito, ex plurimis, Sez. 2, n. 2484 del 21/10/2014, Tavoloni, Rv. 262275 Sez. 2, n. 29382 del 16/5/2014, Veccia, Rv. 259830 Sez. 3, n. 3739 del 24/11/2000, Puppo, Rv. 218666 . Quel che non è dato ravvisare nel caso di specie. 5. Ciò premesso, il ricorso risulta infondato. L’H. , infatti, contesta l’operatività della procedura di cui all’art. 8, l. 20 novembre 1982, n. 890, sebbene la stessa si sia regolarmente perfezionata, come riconosciuto dal Tribunale di Savona ed invero - come verificato anche da questo Collegio, attesa la natura della doglianza - espletate le procedure di cui al comma 2 del citato art. 8 deposito del piego presso l’ufficio postale affissione dell’avviso alla porta di ingresso dell’abitazione spedizione di raccomandata , sono inutilmente decorsi dieci giorni dalla spedizione della raccomandata, avvenuta il 30/12/2014. Con l’effetto che la notifica deve ritenersi perfezionata quanto al ricorrente - alla data del 9/1/2015, con conseguente spirare del termine per proporre opposizione ex art. 461 cod. proc. pen. al 24/1/2015 a fronte, invece, di un’impugnazione avanzata il 29/1/2015, quindi tardivamente, come affermato con l’ordinanza impugnata. Né, peraltro, possono valere come doglianze a questo provvedimento le ulteriori considerazioni contenute nel gravame circa la data del 14/1/2015, quale giorno in cui l’H. avrebbe avuto effettiva conoscenza del decreto penale, trattandosi di elemento di mero fatto insuscettibile di esser portato all’attenzione di questa Corte al pari, ancora, degli argomenti relativi al rapporto tra la procedura così delineata e quella di cui all’art. 157, comma 8, cod. proc. pen., che collega gli effetti della notificazione della raccomandata inviata all’imputato non rinvenuto presso la casa di abitazione, in difetto di altre persone capaci a riceverlo al ricevimento della stessa, non anche alla sua spedizione, sì da determinare una disparità di trattamento tra cittadini destinatari di un decreto penale . Quel che, all’evidenza, non costituisce affatto una censura all’ordinanza qui in esame, fondata sulla corretta applicazione della disciplina vigente. 6. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.