Deve rinnovarsi la prova in appello anche nel caso di impugnazione della sentenza assolutoria della sola parte civile

Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione ha dato una prima applicazione al principio da poco enunciato dalle Sezioni Unite Penali.

Con la sentenza n. 23022/2016 depositata il giorno 31 maggio, la Corte di Cassazione ha dato applicazione al principio recentemente enunciato dalle Sezioni Unite Penali secondo cui il giudice di appello, qualora ritenga di riformare nel senso dell'affermazione di responsabilità dell'imputato la sentenza di proscioglimento di primo grado, sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva dal primo giudice, deve disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso le relative dichiarazioni e ciò in ragione di una interpretazione convenzionalmente orientata ex art. 6, par. 3, lett. d , CEDU dell'art. 603 c.p.p La sentenza del giudice di appello che, in riforma di quella di proscioglimento di primo grado, affermi la responsabilità dell'imputato sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa, ritenuta decisiva, senza avere proceduto alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, è affetta da vizio di motivazione deducibile dal ricorrente a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., in quanto la condanna contrasta, in tal caso, con la regola di giudizio al di là di ogni ragionevole dubbio di cui all'art. 533, comma 1, c.p.p Gli stessi principi trovano applicazione nel caso di riforma della sentenza di proscioglimento di primo grado sull'appello promosso dalla parte civile sentenza del 28.4.2016 imp. Dasgupta, di cui ancora non sono state pubblicate le motivazioni . Nella specie l’imputato aveva lamentato che il giudice di appello aveva accolto, senza rinnovare l’istruttoria dibattimentale, l’impugnazione della sola parte civile, che aveva chiesto una riforma della sentenza assolutoria di primo grado. Il contraddittorio nella formazione della prova. Dal punto di vista sistematico non vi è, dunque, molto da dire, se non osservare come ancora una volta il principio del contraddittorio nella formazione della prova, secondo cui la prova deve essere assunta in contraddittorio avanti al giudice chiamato a decidere, pur costituzionalmente garantito e riconosciuto art. 111 Cost. , ha trovato una ulteriore esplicazione solo grazie alla giurisprudenza della CEDU, che ha evidenziato la necessità a che l’affermazione di colpevolezza debba essere pronunciata da un soggetto, che abbia avuto diretto rapporto con la fonte, id est la persona, che ha rilasciato dichiarazione orale di colpevolezza. Tale giurisprudenza, dunque, deve essere salutata positivamente, sperando che in futuro a fondamento dell’impostazione delle Sezioni unite qui citata, più che fare riferimento ad un interpretazione convenzionalmente orientata”, si faccia riferimento ad una esegesi costituzionalmente orientata”, posto che – a tutto concedere - la nostra Costituzione non pare possa ammettere ed accettare che un giudice possa, di per sé, condannare senza sentire i testimoni e le prove principali di colpevolezza. Forse qualcuno ha pensato diversamente ed ancora pensa diversamente, ma è evidente che si tratta solo di impressione, posto che la nostra Carta fondamentale, nonostante le sue modifiche e le prospettive di ristrutturazione all’orizzonte, in sé stessa tutto voleva garantire fuorché una deresponsabilizzazione della funzione giudiziaria ed una irrilevanza del rapporto di immediatezza tra giudice e fonte di prova personale. Si dirà ma per anni non è stato così Si risponderà per anni si è fatto così e si è sbagliato ed ora si è riconosciuto lo sbaglio. La motivazione contingente può anche fondarsi facendo leva su convenzioni internazionali e a decisioni di organi internazionali, ma una impostazione corretta dovrebbe pure prendere atto che l’impostazione fatta oggi propria dalle Sezioni Unite e dalla sentenza in commento in fondo era già impressa nelle garanzie fondamentali. Del resto, nel dubbio, la Costituzione si interpreta in favore delle garanzie e delle tutele di libertà o non è forse così?

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 10 – 31 maggio 2016, n. 23022 Presidente Gentile – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza in data 11 dicembre 2014 la Corte di Appello di Catania, in riforma della pronuncia del Tribunale di Caltagirone del 27-9-2010 appellata dalla parte civile Aleo Francesco e Figli s.p.a. nei confronti di B.G., riteneva sussistere, nei confronti del predetto imputato, elementi per ritenerlo colpevole del delitto di appropriazione indebita aggravata e lo condannava al risarcimento dei danno da liquidarsi in separata sede. 1.2 Riteneva la Corte catanese che il B., quale responsabile di un Supermercato sito in Caltagirone di proprietà della parte civile, si era appropriato di somme in contanti provenienti dagli incassi delle quali aveva il possesso nella sua spiegata qualità. 1.3 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell'imputato lamentando con differenti motivi - carenza di motivazione ex art. 606 lett. e cod.proc.pen. poiché la sentenza di secondo grado era ricorsa a mere formule di stile e non aveva assolto all'obbligo di motivazione rafforzata in presenza di decisione difforme al proposito denunciava che nessuna delle circostanze di fatto esposte dalla sentenza di appello aveva valore decisivo e comunque non era idonea ad elidere la tesi alternativa che l'impossessamento poteva essere stato portato a termine dai dipendenti dell'azienda incaricata dei trasporto dei contanti - travisamento della prova con riguardo alle dichiarazioni del luogotenente S. che aveva svolto le indagini e degli atti della parallela causa civile di licenziamento - inosservanza di norme stabilite a pena di nullità poiché la lettura del materiale probatorio compiuta dalla Corte era stata effettuata soltanto in via alternativa e non maggiormente persuasiva - inosservanza di norme giuridiche ed in specie dell'art. 6 convenzione europea nella interpretazione della Corte di Giustizia nella parte in cui impone la rinnovazione istruttoria in caso di riforma in appello di decisione assolutoria. All'udienza del 10 maggio 2016 le parti concludevano come in epigrafe. Considerato in diritto Il quarto motivo di ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto con valore assorbente delle altre doglianze proposte con analogo riferimento al contenuto della motivazione. 2.1 E difatti con tale doglianza si lamenta la violazione della regola dettata dall'art. 6 della Convenzione europea così come interpretata dalla Corte di giustizia nelle note pronunce Dan contro Moldavia ed Hanu contro Romania, e secondo cui il giudice di appello che riformi la pronuncia assolutoria di primo grado deve procedere alla rinnovazione della prova orale sulla quale basa l'affermazione di colpevolezza in particolare la Corte EDU, e successivi arresti di questa Corte, hanno ricollegato tale regola al principio di immediatezza tra giudice della condanna penale e prova che deve informare il giudizio penale, e cioè alla necessità che l'affermazione di colpevolezza sia pronunciata da soggetto che abbia avuto diretto rapporto con la dichiarazione orale sulla base della quale affermare la colpevolezza di taluno. Con un recentissimo intervento le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza del 28 aprile 2016 imp. Dasgupta, NRG.19814 hanno ritenuto che l'obbligo di rinnovazione della prova da parte del giudice di appello si applica anche al caso in cui appellante avverso la sentenza assolutoria di primo grado sia la sola parte civile ed il giudizio verta quindi solo sull'aspetto della responsabilità civile. L'applicazione dei suddetto principio così come ricostruito dalle Sezioni Unite comporta l'annullamento della pronuncia della Corte catanese poiché emerge che la stessa ha posto a fondamento dell'affermazione di responsabilità le risultanze delle deposizioni testimoniali assunte nell'istruzione di primo grado, ed in particolare il contenuto delle dichiarazioni dei verbalizzante S., da ritenersi decisive in relazione alla ricostruzione dei fatti, senza preventiva audizione dello stesso. Sarà pertanto compito dei giudice di rinvio adeguarsi al suddetto principio. In conseguenza, deve disporsi l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.