Crisi per il diabetico ai ‘domiciliari’: illegittima la fuga dalla vicina per misurare il tasso glicemico

Sanzione dura per l’uomo quattro mesi di reclusione. Respinta la tesi difensiva, finalizzata a sostenere l’uscita di casa sia stata obbligata e dovuta a una situazione di emergenza. Rilevante la presenza della moglie.

Crisi diabetica. L’uomo, costretto agli arresti domiciliari, corre dalla vicina di casa per misurare il tasso glicemico. Nonostante il problema di salute, però, è inevitabile la condanna per il reato di evasione” Cassazione, sentenza n. 11876/2016, Sezione Sesta Penale, depositata il 21 marzo . Compagnia. Passaggio decisivo in appello. Lì i giudici ritengono evidente il reato di evasione . Consequenziale la condanna a quattro mesi di reclusione . L’uomo, in sostanza, si è allontanato, senza autorizzazione, dalla propria abitazione , luogo in cui era agli arresti domiciliari . Irrilevante, contrariamente a quanto ritenuto in Tribunale, l’ improvviso malore da lui lamentato e provocato dalla sua condizione di diabetico . Su questo tasto, però, batte il ricorso proposto in Cassazione. L’uomo ribadisce che il suo allontanamento da casa è stato provocato dalla necessità di recarsi a casa di una vicina per utilizzare il misuratore di tasso glicemico . Anche nel contesto del ‘Palazzaccio’, però, viene respinta la tesi difensiva dello stato di necessità . E in questa visione è fondamentale il richiamo al fatto che l’uomo, al momento del malore era in compagnia della moglie , che lo aveva seguito anche dalla vicina di casa per misurare il tasso glicemico . Tale circostanza, ossia la presenza della donna, è decisiva, spiegano i Giudici, per escludere l’esistenza di una grave situazione di pericolo per l’uomo, che poteva essere assistito dalla moglie e che comunque avrebbe avuto il tempo di avvisare le forze dell’ordine.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 febbraio – 21 marzo 2016, n. 11876 Presidente Conti – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto e in diritto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'appello di Palermo, in riforma della sentenza assolutoria resa il 17 novembre 2010 dal Tribunale di Trapani e appellata dal pubblico ministero, ha condannato S.C. alla pena di quattro mesi di reclusione, ritenendolo responsabile del reato di cui all'art. 385 c.p., per essersi allontanato, senza autorizzazione, dalla propria abitazione presso cui si trovava agli arresti domiciliari. 2. L'imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione, deducendo il vizio di motivazione per avere la Corte d'appello omesso di prendere in considerazione che l'allontanamento dalla propria abitazione era stato determinato unicamente da un improvviso malore causato dalla sua condizione di diabetico e dalla necessità di doversi recare a casa di una vicina per utilizzare il misuratore del tasso glicemico, circostanza questa che ha condotto il primo giudice ad una decisione di assoluzione, ritenendo sussistente lo stato di necessità. 3. II ricorso è infondato. 3.1. La Corte d'appello ha ribaltato la decisione assolutoria di primo grado procedendo ad una attenta lettura critica delle risultanze processuali e motivando in modo completo e logico le ragioni della colpevolezza dell'imputato. In particolare, i giudici di secondo grado hanno smontato le tesi difensive recepite nella prima sentenza, evidenziando che, contrariamente a quanto sostenuto dall'imputato, questi non si sarebbe trovato solo al momento del malore, ma in compagnia della moglie con cui si sarebbe recato dalla vicina per misurare il tasso glicemico. Questa circostanza, riferita dalla stessa vicina, Claudia Pennelli, è stata ritenuta rilevante per escludere l'esistenza di una grave situazione di pericolo per la persona, caratterizzata da indilazionabilità e urgenza in altri termini, la Corte territoriale ha ritenuto che nella specie non ricorressero i presupposti per lo stato di necessità, dal momento che il C. poteva essere assistito dalla moglie e, comunque, avrebbe avuto il tempo di avvisare gli organi preposti al controllo. Si tratta di una motivazione coerente e logica, rispetto alla quale il ricorrente si limita a riproporre la sussistenza della situazione dello stato di necessità. 3.2 Riguardo alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. deve escludersene la sola ipotizzabilità in considerazione del fatto che all'imputato è stata contestata la recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale. 3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.