Prelievo ematico a scopo curativo dopo l’incidente: non serve il consenso

Sono legittimi sia l’acquisizione sia l’utilizzo del certificato medico attestante il tasso di alcool nel sangue dell’imputato, quando tale esame clinico sia stato posto in essere dal personale ospedaliero, non in seguito ad esplicita richiesta degli agenti di polizia stradale, bensì per ragioni sanitarie, con finalità curative. L’assenza del consenso dell’interessato assume rilievo soltanto ove l’esame derivi da una richiesta dell’organo di polizia, finalizzata, quindi, al mero accertamento dello stato di ebbrezza.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 94/2016, depositata il 7 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Napoli, confermando la statuizione del giudice di prime cure, condannava un imputato per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c cds Guida sotto l’influenza dell’alcool , riconoscendo la sussistenza delle aggravanti di aver provocato un sinistro stradale e di aver posto in essere la condotta nella fascia temporale tra le 22 e le 7. Il condannato ricorreva per cassazione, contestando l’utilizzabilità degli esiti degli esami ematici cui era stato sottoposto in ospedale, in quanto effettuati senza il suo consenso e senza essere sorretti da specifiche ragioni sanitarie. Prelievo a scopo curativo il consenso non rileva. La Suprema Corte ha ribadito il pacifico orientamento per cui sono legittimi l’acquisizione e l’utilizzo del certificato medico attestante il tasso alcolemico nel sangue dell’imputato, nelle ipotesi in cui tale esame clinico sia stato posto in essere dal personale ospedaliero, non in seguito ad esplicita richiesta degli agenti di polizia stradale, bensì per ragioni sanitarie, con finalità curative. L’utilizzo dell’esame ematico, hanno precisato gli Ermellini, non è legittimo qualora sia stato effettuato su richiesta delle forze dell’ordine e senza il consenso dell’interessato. Il Collegio ha, pertanto, chiarito che l’assenza del consenso dell’interessato assume rilievo soltanto ove l’esame derivi da una richiesta dell’organo di polizia, finalizzata quindi al mero accertamento dello stato di ebbrezza. Non può riscontrarsi, a parere della Corte di legittimità, un’indebita invasione della sfera privata del soggetto, nell’ipotesi di esame ematico realizzato per finalità sanitarie e curative. Il rifiuto di sottoporsi a prelievo ematico, ha chiosato la Suprema Corte, nel caso di ricovero ospedaliero in conseguenza di incidente stradale, integra l’ipotesi di illecito di cui all’art. 186, comma 7, cds estesa alla fattispecie prevista dal comma 5 della medesima disposizione ed inerente il conducente coinvolto in sinistro stradale e sottoposto a cure sanitarie . Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 11 dicembre 2015 – 7 gennaio 2016, n. 94 Presidente Ciampi – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto C.L.G. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, l'ha riconosciuto colpevole dei reato di cui all'articolo 186, comma 2, lettera c dei codice della strada, con le aggravanti di aver provocato un sinistro stradale e di aver commesso il fatto dopo le ore 22 e prima delle ore 7. Con il ricorso ripropone, con i primi tre motivi, strettamente connessi, diversi ma connessi motivi, la questione dell'inutilizzabilità degli esiti dell'esame ematico effettuato in ospedale, siccome svoltosi in assenza di consenso dell'interessato e senza che l'esame fosse giustificato da ragioni sanitarie. Ripropone, altresì, con il quarto motivo, la questione della inutilizzabilità del referto sanitario, riportante gli esiti del prelievo ematico, siccome non sottoscritto dal medico. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. Le doglianze, pur ampiamente motivate, sono in realtà generiche perché si limitano a riproporre le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, con ampi argomenti, giuridicamente corretti e in fatto non rinnovabili. Vale allora il principio secondo cui è da considerare inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendo gli stessi considerarsi non specifici la mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come inde terminatezza, ma per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a norma dell'articolo 591, comma 1, lettera c , c.p.p., all'inammissibilità Sezione IV, 8 luglio 2009, Cannizzaro . Mentre la sentenza impugnata appare in linea con la disciplina di settore, applicata attraverso una ricostruzione della vicenda che non è di per sé censurabile. E' infatti pacifico, in giurisprudenza, che è legittimo acquisire ed utilizzare il certificato medico relativo all'accertato tasso di alcool nel sangue dell'interessato, se e qualora l'analisi dei sangue sia stata effettuata dal personale ospedaliero, non a richiesta specifica degli agenti di polizia stradale, ma unicamente per motivi clinici ed a scopo curativo delle lesioni riportate dal predetto nell' incidente stradale in cui questi sia stato coinvolto cfr., tra le tante, Sezione IV, 4 novembre 2009, Boraco . Per converso, tale accertamento invasivo sarebbe illegittimo e processualmente inutilizzabile a seguito della sentenza della Corte costituzionale 9 luglio 1996 n. 238 se e solo effettuato, in assenza del consenso dell'interessato, ad iniziativa dell'organo di polizia a fini processuali. Ne discende che il consenso dell'interessato può rilevare -per escludere la possibilità di effettuare il prelievo ematico solo nel caso si tratti di accertamento richiesto dalle forze di polizia con l'unico fine di accertare l'eventuale stato di ebbrezza. Ciò che qui, in fatto, non risulta essere stato, a fronte dei riferito coinvolgimento dell'imputato in un incidente, con lesioni traumatiche subite, trasferimento con il 118 in ospedale per le cure. Mentre qualora il prelievo ematico venga effettuato con scopi sanitari e terapeutici in occasione del ricovero a seguito di un incidente stradale , non si pone un problema di invasione indebita della sfera privata e, con esso, un problema di consenso. Anzi, nel caso di ricovero ospedaliero a seguito di incidente stradale, l'eventuale dissenso dell'interessato a sottoporsi al prelievo ematico farebbe scattare l'ipotesi del rifiuto sanzionata penalmente ex articolo 186, comma 7, del codice stradale, espressamente estesa proprio al caso, previsto dal precedente comma 5, del conducente coinvolto in incidente stradale e sottoposto a cure mediche . E' in questi termini la ricostruzione dei fatto operata in sentenza. Inaccoglibile è anche l'altro motivo, avendo il giudicante già soffermata l'attenzione sull'unico profilo di interesse ai fini dell'utilizzabilità probatoria dei risultati del prelievo ematico, effettuato durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale quello della genuinità dei documento e quindi della riconducibilità di tale documento alla struttura sanitaria. Non rilevante è il fatto che sia mancata nella copia la firma dei sanitario, spiegabile con le modalità tipiche di confezionamento dei referti riportanti gli esiti degli esami. II tema è stato affrontato esaurientemente in sentenza, essendosi affermata l'insussistenza di dubbi sulla provenienza dei certificato di analisi dall'istituto ospedaliero presso il quale le analisi erano state effettuate e non necessaria la formale sottoscrizione del medico. Alla inammissibilità dei ricorso, riconducibile a colpa dei ricorrente Corte Cost., sent. 7-13 giugno 2000, n. 186 , consegue la condanna dei ricorrente medesimo al pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.