L’alcoltest non sbaglia mai

L’onere è a carico dell’imputato, che deve provare vizi nella strumentazione tecnica o nell’esecuzione dell’aspirazione. Non rileva la mancata o scaduta omologazione del mezzo.

Così la Cassazione, Quarta Sezione Penale, n. 48840, depositata il 10 dicembre 2015. Il fatto. Una misurazione sospetta. Conducente veniva condannato per guida in stato di ebrezza ex art. 186, lett. b, c.d.s. a seguito di duplice misurazione del tasso alcolemico nel sangue. Il difensore contesta presso i Giudici di legittimità l’affidabilità della strumentazione di misurazione che avrebbe, al di là della logica comune, della prassi e della casistica del caso, riscontrato identici livelli alcolemici, presumibilmente e sintomaticamente riconducibili ad un difetto di taratura dell’apparecchio. La Cassazione rigetta, rilevando la pienezza dell’onere probatorio a carico del conducente, per privare di fondamento la sostenibilità scientifica degli esiti tecnici della misurazione. Il superamento del tasso soglia alcolemico nel sangue, una prova assoluta. Cede ogni altra considerazione dell’idoneità alla guida del conducente. La valutazione a monte del legislatore non ammette prova contraria, il superamento del tasso soglia viene sanzionato in quanto funzionalmente atto a compromettere beni giuridici di rango costituzionale quali la vita e l’incolumità fisica. Quando la soglia è superata, il conducente è considerato in stato di ebbrezza a prescindere da ogni altra dimostrazione del conducente sulle sue reali condizioni psico-fisiche, eventualmente idonee a non costituire pericolo per gli utenti della strada. La partita è solo probatoria, ma l’alcoltest – il padre di tutte le prove - non sbaglia quasi mai. Non rileva la mancata omologazione né l’identica rilevazione dei tassi alcolemici nel sangue. E’ onere dell’imputato riscontrare difetti di funzionamento della strumentazione. Si tratta di prova contraria ammessa in via incidentale anche da una isolata giurisprudenza di legittimità – v. Cassazione, n. 28388/12, quarta sez. penale, tuttavia non consolidata da successivi arresti -, quando ha sostenuto che la prova etilometrica possa essere smentita da una contraria ritenuta affidabile dal giudice, sulla scorta di valutazioni scientifiche presenti nella medicina legale che hanno denunciato sospetti di sovrastima su alcuni modelli di etilometri utilizzati su strada o se constatata una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione – ad esempio, quando l’alcoltest accompagna alla misurazione la dicitura volume insufficiente” -. Prevalentemente più severo è l’orientamento di legittimità più rigorosa, come in questo caso, la prova contraria a carico dell’imputato, onerato a fornire prova dei limiti della strumentazione tecnica. Tuttavia, non è il difetto di omologazione a costituire vizio strumentale dell’alcoltest né la constatazione di altre mere irregolarità a privarne di fondamento gli esiti. Tanto meno, nel caso che qui interessa, rileva la sibillina, per la difesa dell’imputato identità delle due rilevazioni, la quale non può assolutamente costituire motivo idoneo a sospettare l’inefficiente taratura del mezzo strumentale. La Cassazione rigetta.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 24 novembre – 10 dicembre 2015, n. 48840 Presidente D’Isa – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto I.F. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, riformando quella di primo grado limitatamente alla ravvisata aggravante dell'incidente stradale [che ha escluso, rideterminando in melius la pena], per il resto ne ha confermato il giudizio di responsabilità per il reato di cui all'articolo 186, lettera b , del codice della strada [va peraltro osservato che risulta contestata e ravvisata, anche a livello di trattamento sanzionatorio, l'ipotesi di cui alla lettera b , pur emergendo un tasso alcolemico pari, nella due misurazioni, al valore di 1,58 per entrambe, sicchè doveva semmai ritenersi l'ipotesi più grave di cui alla lettera c ] fatto dell'11.2.2011 Con il ricorso ripropone doglianze disattese già in appello. La prima, relativa alla propria identificazione, sostenendo di essere nato il 24 febbraio 1987, mentre risultava in atti la diversa data di nascita 9 febbraio 1987. Secondo la Corte di merito non vi era dubbio sull'identificazione del responsabile. La seconda, riguarda il giudizio di responsabilità che si assume immotivato, contestando il rilievo attribuito dal giudice di merito alla rilevazione del tasso alcolemico tale rilevazione doveva ritenersi inattendibile in ragione del risultato identico, alla prima e seconda prova. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. Quanto al primo motivo, non compete alla Corte di legittimità entrare nel merito delle generalità anagrafiche e infatti qui sufficiente osservare, in linea con quanto accertato in sede di merito, l'insussistenza di dubbio circa l'identificazione del ricorrente quale autore del fatto, così dovendosi richiamare il principio secondo cui l'incertezza sull'identificazione anagrafica dell'imputato è irrilevante ai fini della prosecuzione dei processo penale quando sia certa l'identità fisica della persona nei cui confronti sia iniziata l'azione penale, potendosi, in seguito, pur sempre provvedere alla rettifica delle generalità erroneamente attribuite, nelle forme previste dall'articolo 130 c.p.p. [Sezione V, 8 febbraio 2013, Godly] Le doglianze sulla responsabilità sono nella sostanza generiche, nonostante gli argomenti spesi a supporto, perché attinge un apprezzamento dei compendio probatorio satísfattiva mente dimostrativo della condizione di irregolarità in cui versava l'imputato, basato sugli esiti non solo della deposizione di uno degli operanti, ma anche sugli esiti del test alcolimetrico L'apprezzamento del giudicante non merita censure in questa sede, tra l'altro essendovi una doppia statuizione di responsabilità sul punto della responsabilità. Né può censurarsi la considerazione attribuita agli esiti dell'esame. Vanno richiamati i principi affermati in materia. In primo luogo, quello secondo cui, in tema di circolazione stradale, il superamento delle soglie dei tasso alcolemico, rilevante ai fini della valutazione dei disvalore del fatto, integra una presunzione assoluta di stato di ebbrezza che non ammette prova contraria, considerato che la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza ha natura di reato ostativo rispetto a più gravi delitti contro la integrità fisica e la vita della persona umana che lo stato di ebbrezza agevola nella sua consumazione [Sezione IV, 16 dicembre 2014, Ciarnese]. In secondo luogo, in ordine alla valenza probatoria dell 'alcooltest ai fini e per gli effetti dell'affermazione di responsabilità per la contravvenzione di guida sotto l'influenza dell'alcool articolo 186 del codice della strada , va ricordato l'altro principio, parimenti pacifico, in forza del quale l'esito positivo dell'alcooltest è idoneo a costituire prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed è semmai onere dell'imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione ovvero vizi correlati all'omologazione dell'apparecchio, non essendo sufficiente la mera allegazione di difettosità o assenza di omologazione dell'apparecchio [tra le tante, Sezione IV, 10 maggio 2012, De Rinaldis]. Per l'effetto, in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcoltest risulti positivo costituisce onere della difesa dell'imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l'utilizzo di una errata metodologia nell'esecuzione dell'aspirazione [Sezione IV, 12 luglio 2013, Varratta]. Ma certo il tema dell'inidoneità dell'apparecchio e quello della inattendibilità del test non possono essere devoluti, specie per la prima volta, in Cassazione, non bastando in proposito, per dedurne l'inattendibilità del test, l'opinabile assunto sulla identicità dei risultati delle due prove, di per sé affatto significativo e dimostrativo di alcunché di irregolare. Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente Corte Cost., sent. 7 13 giugno 2000, n. 186 , consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.