Vincolo della continuazione tra associazione per delinquere e reati fine: quale giudice è competente?

Nel caso in cui risulti sussistente il vincolo della continuazione tra il delitto associativo e i reati fine ex articolo 81 c.p., la competenza per territorio si individua mediante l’applicazione del criterio di cui all’articolo 16 c.p.p., in base al quale è competente il giudice del luogo in cui è stato commesso il reato più grave e, in caso di parità, il giudice competente per il primo reato.

Così hanno deciso, in tema di competenza territoriale, i Giudici della Seconda Sezione Penale della Suprema Corte con la sentenza 45337/2015. In particolare, nella pronuncia in commento viene osservata l’esatta individuazione della competenza dinanzi al delitto di cui all’articolo 416 c.p. e ai reati-fine progettati e commessi dai compartecipi al sodalizio criminoso. Il caso. La questione trae origine dall’ordinanza pronunciata dal Tribunale del Riesame di Milano che confermava l’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio con la quale, da un lato, veniva rinnovata l’ordinanza pronunciata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia dichiaratosi incompetente e, dall’altro, veniva applicata la custodia cautelare in carcere nei confronti di altri soggetti, per i reati di associazione per delinquere ed una serie di reati fine. La difesa aveva eccepito dinanzi al Tribunale della Libertà eccezione di incompetenza territoriale, sostenendo, di contro, la competenza in capo al tribunale di Pavia. Secondo la difesa per i reati associativi la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base in cui si svolgono la programmazione e la direzione delle attività criminose partorite dal sodalizio delinquenziale, che nel caso di specie era da individuarsi in un bar sito nel Comune di Abbiategrasso in Provincia di Pavia , luogo di riunione dei consociati. Tuttavia, il Tribunale del Riesame respingeva siffatta eccezione, confermando la competenza del Tribunale di Busto Arsizio, in ragione della sussistenza, palesata anche della difesa, del vincolo della continuazione tra il reato associativo e i vari reati fine contestati, dunque della connessione ai sensi dell’articolo 12 c.p.p. In ragione di questo, secondo il Collegio de libertate, la competenza per territorio trova individuazione secondo i criteri di cui all’articolo 16 c.p.p. per cui, tenuto conto della non prevista derogabilità della norma in relazione all’articolo 416 c.p. e della commissione del reato più grave nel Comune di Canegrate, ricadente nel territorio della circoscrizione di Busto Arsizio, l’ordinanza merita conferma. Il reato associativo ed i singoli reati-fine contestati ai ricorrenti risultano unificati dal medesimo disegno criminoso. Gli indagati adiscono la Suprema Corte, a mezzo del proprio difensore, sollevando la medesima eccezione rilevata dinanzi al Tribunale della Libertà, insistendo per la ritenuta competenza del Tribunale di Pavia, in ragione di precedente giurisprudenza ex plurimis Cass., n. 23211/2014 secondo la quale in tema di reati associativi la competenza per territorio si incardina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo all’associazione. I Giudici di legittimità iniziano la progressione argomentativa partendo da un punto pacifico che emerge dalla stessa impostazione difensiva il reato associativo ed i singoli reati-fine contestati ai ricorrenti risultano unificati dal medesimo disegno criminoso, dunque connessi ai sensi dell’articolo 12 c.p.p. La questione giuridica da sciogliere. Ciò posto, gli Ermellini sono chiamati a decidere se nell’ipotesi in cui fra il delitto associativo ed i reati fine vi sia una connessione ex articolo 12 c.p.p. nella specie ai sensi dell’articolo 81 c.p. si applichi o meno la regola di cui all’articolo 16 c.p.p. Ebbene, la risposta è affermativa. Invero, sulla scorta del consolidato orientamento della Corte sviluppatosi sul punto, deve affermarsi che in tema di reati commessi da più autori in concorso, non può verificarsi lo spostamento della competenza per connessione prevista dall’articolo 12, lett. b c.p.p. qualora non ricorra l’identità di tutti i compartecipi, difettando, in caso contrario, l’unità del processo volitivo. Tuttavia, tale problematica non si inserisce nel caso che ci occupa è la stessa difesa ad evidenziare l’esistenza della connessione, sotto il profilo della continuazione, del reato di cui all’articolo 416 c.p. e i reati fine. Dunque, poiché la continuazione presuppone che i compartecipi sin dal momento della costituzione della societas sceleris abbiano scelto ed individuato gli atti criminosi da porre in essere, è conseguenza logica l’applicazione della regola di cui all’articolo 16 c.p.p. proprio perché non risulta derogata da alcuna norma contraria. Il ricorso, pertanto, merita rigetto.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 4 – 13 novembre 2015, n. 45337 Presidente Gentile – Relatore Rago Fatto e diritto 1. Con ordinanza del 02/07/2015, il Tribunale del Riesame di Milano confermava l'ordinanza con la quale, in data 12/06/2015, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Busto Arsizio - rinnovando l'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pavia che si era dichiarato incompetente - aveva applicato, fra gli altri, a P.E., P. L. e M.K. e R.G. la misura della custodia cautela in carcere per i reati di associazione per delinquere oltre una serie di reati fine furti aggravati e ricettazione . In particolare, la difesa aveva sollevato eccezione di incompetenza territoriale sostenendo che la medesima spettava al tribunale di Pavia. Infatti, nella specie, la difesa rilevava che per i reati associativi la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base dove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio e che, nel caso concreto, il cuore pulsante dell'associazione doveva individuarsi in Abbiategrasso, presso il bar Las Vegas sito in via Legnano 52, dove i consociati si riunivano per decidere le azioni da compiere, gli esercizi commerciali da colpire, le abitazioni presso cui portare a termine l'attività criminale della serata e da dove partivano per recarsi presso detti luoghi in esecuzione del programma criminoso rientrante nel vincolo associativo. Sosteneva pertanto che il reato associativo era l'unico in grado di incardinare il procedimento innanzi al giudice territorialmente competente e che trattare l'associazione a delinquere alla strega di qualsiasi altra tipologia di reato, smembrando l'indagine nel suo complesso e dando origine ad una serie di stralci per competenza individuata di volta in volta sulla base del reato più grave tra quelli ascritti al singolo consociato, significava svuotare di contenuto il dettato dell'articolo 416 c.p. nonché travisare in toto la ratio sottesa all'istituto . Il tribunale, però, respingeva la suddetta eccezione osservando che secondo la stessa impostazione difensiva il reato associativo ed i singoli reati fine contestati ai ricorrenti appaiono unificati da un medesimo disegno criminoso o comunque connessi ai sensi dell'articolo 12 c.p.p. Ne consegue che, in applicazione dell'articolo 16 c.p.p., la competenza per territorio appartiene al giudice competente per il reato più grave e, in caso di parità gravità, al giudice competente per il primo reato il giudice della cautela ha quindi correttamente ritenuto la competenza dell'autorità giudiziaria di Busto Arsizio, atteso che il più grave, nonché il primo, dei reati commessi dai quattro fermati risulta essere stato consumato il 3 aprile 2015 a Canegrate, territorio ricadente nella circoscrizione del tribunale di Busto Arsizio. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il legislatore non ha previsto speciali regole derogatorie della competenza territoriale con riferimento al delitto di cui all'articolo 416 c.p., con la conseguenza che l'ordinanza impugnata deve essere sul punto confermata [ ] . 2. Contro la suddetta ordinanza, gli indagati, a mezzo del comune difensore, hanno proposto un unico ricorso per cassazione deducendo, come unico motivo, l'incompetenza del tribunale di Busto Arsizio, essendo competente quello di Pavia. La difesa, sostanzialmente, ha ribadito gli stessi argomenti spesi davanti al Tribunale del Riesame, sostenendo che il tribunale non si era adeguato a quella consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo la quale in tema di reati associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio in particolare, considerato che l'associazione è una realtà criminosa destinata a svolgere una concreta attività, assume rilievo non tanto il luogo in cui si è radicato il pactum sceleris , quanto quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l'operatività della struttura ex plurimis Cass. 23211/2014 Rv. 259653. 3. II ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate. In punto di fatto, il dato processuale che occorre considerare è quello indicato dal Tribunale e cioè che secondo la stessa impostazione difensiva il reato associativo ed i singoli reati fine contestati ai ricorrenti appaiono unificati da un medesimo disegno criminoso o comunque connessi ai sensi dell'articolo 12 c. p. p. . Tale dato processuale occorre darlo per pacifico in quanto tale è stato ritenuto sia dai ricorrenti che, infatti, in questa sede non lo hanno contestato sia dallo stesso Tribunale. Fatta questa premessa, la conclusione alla quale il tribunale è pervenuto è corretta. Ha ragione il ricorrente quando sostiene che la giurisprudenza di questa Corte si è consolidata nel senso indicato da una delle tante massime supra citata Cass. 23211/2014 . Ma, la questione giuridica che pone il presente procedimento non è quella indicata dai ricorrenti, ma la seguente se nell'ipotesi in cui fra il reato associativo ed i reati fine vi sia una connessione ex art. 12 cod. proc. pen. nella specie ex art. 81 cod. pen. , si applichi o meno la regola di cui all'art. 16 cod. proc. pen. La risposta, come ha correttamente rilevato il Tribunale è affermativa. Infatti, occorre rilevare che, normalmente, la suddetta regola che non è derogata, da alcuna norma in contrario per la fattispecie in esame è stata ritenuta inapplicabile dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, perché la connessione tra il delitto associativo ed i reati cd. fine, non è stata ritenuta, in punto di fatto, provata in quanto la connessione può ritenersi sussistente soltanto nella eccezionale ipotesi in cui risulti che, fin dalla costituzione dei sodalizio criminoso o dalla adesione ad esso, un determinato soggetto, nell'ambito del generico programma criminoso, abbia già individuato uno o più specifici fatti di reato, da lui poi effettivamente commessi. Sul punto, è opportuno anche rammentare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'ipotesi prevista dall'art. 12, comma primo, lett. b cod. proc. pen. si riferisce a più reati commessi da una sola persona con una sola azione od omissione ovvero con più azioni o omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, sicché richiede, perché ricorra il vincolo della connessione, l'esistenza di atti deliberativi e volitivi unitari Cass. 3444/1997 riv 210085 Cass. 16620/2001 riv 218772 , sicchè quando questi agisce per la commissione di un reato in concorso con altre persone, ignare del programma individuale ed estranee ai reati precedenti o successivi attuativi dell'unico piano criminoso, non determina la estensione agli altri di una connessione derivata, dato che è ontologicamente inammissibile un effetto espansivo esterno della unità ideologica del reato continuato nei confronti dei concorrenti suddetti Cass. 3444/1997 Rv. 210085 Cass. 914/1999 Rv. 214782. Da queste regole, si è, quindi, dedotto che in tema di reati commessi da più autori in concorso, non si verifica lo spostamento della competenza per connessione prevista dall'art. 12 lett. b cod. proc. pen., qualora non ricorra l'identità di tutti i compartecipi, difettando, in caso contrario, l'unità dei processo volitivo Cass. 23591/2008 Rv. 240205. Ma, come si è detto, tutta questa complessa problematica non è stata minimamente sollevata né dai ricorrenti né dal tribunale che, in punto di fatto, hanno dato per pacifico che fra il reato associativo e quelli fine, esistesse - in relazione a tutti i componenti dell'associazione - la connessione ex art 12 lett. b cod. proc. pen. sotto il profilo della continuazione ex art. 81 cod. pen. Di conseguenza, deve applicarsi la regola di cui all'art. 16 cod. proc. pen. proprio perché non risulta derogata da alcuna norma contraria sul punto, per un caso perfettamente identico a quello in esame, Cass. 46134/2009 riv 245503 Cass. 40345/2008 Rv. 241713 Cass. 17831/2008 riv 240309 , e, siccome, è altrettanto pacifico che il reato più grave è quello di cui al capo sub j commesso nel circondario del tribunale di Busto Arsizio, correttamente è stata ritenuta la competenza di questo Tribunale. In conclusione, l'impugnazione deve rigettarsi alla stregua dei seguente principio di diritto In tema di determinazione della competenza per territorio, ove risulti la connessione, ex art. 12 lett. b cod. proc. pen., tra il delitto associativo e i reati-fine ex art. 81 cod. pen. in quanto fin dalla costituzione del sodalizio criminoso o dalla adesione ad esso, tutti i compartecipi, nell'ambito del generico programma criminoso, individuarono già uno o più specifici fatti di reato, dagli stessi poi effettivamente commessi, si applica il criterio di cui all'art. 16 cod. proc. pen. in base al quale la competenza per territorio appartiene al giudice competente per il reato più grave e, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato . Alla reiezione del ricorso, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art 94/1 ter disp. att. cod. proc. pen. .