La Cassazione ribadisce il metodo per identificare l'impugnante e verificarne la legittimazione

Con la sentenza in commento la Suprema Corte risolve, utilizzando tesi ben consolidate, alcuni interrogativi di natura strettamente processuale, dotati indubbiamente, al di là della prevedibilità” di quanto statuito, di un importante contenuto operativo.

In particolare, a fronte di una rigida interpretazione dei giudici di merito, il Supremo Collegio ribadisce la necessità d'adottare un approccio meno restrittivo quando debba verificarsi la provenienza dell'atto di impugnazione, fornendo chiarimenti, al contempo, circa la tipologia e la natura dei termini entro i quali debbano pervenire, sotto la scure dell'inefficacia del provvedimento restrittivo, le diverse decisioni cautelari. Gli Ermellini, su questo versante, approfittano della libertà concessa dal tema, trattando diffusamente i passaggi ermeneutici più significativi per risolvere il caso. Il caso. Il processo giungeva al vaglio di ultima istanza ad esito dell'incidente cautelare, radicato innanzi al tribunale, con il riesame proposto avverso un decreto di sequestro preventivo emesso gip del luogo. Più in dettaglio, il tribunale rigettava, senza entrare nel merito, la richiesta dei prevenuti, affermando che l'atto era sottoscritto da un soggetto non identificabile, per l'assenza di verifica delle sue generalità, in sede di deposito, da parte della Cancelleria e, per altro verso, la mancanza di leggibilità ed autenticazione della firma posta in calce al ricorso che risultava, inoltre, intestato personalmente ai ricorrenti. Questi ultimi, per il tramite del proprio difensore, ricorrevano per Cassazione, deducendo due distinti profili di censura il primo riguardava le carenze motivazionali del provvedimento, che non avrebbe considerato il fatto che le successive attività defensionali sarebbero state compiute – come emergerebbe dallo stesso dispositivo – dal difensore che aveva redatto il ricorso il secondo, avente ad oggetto violazione di legge processuale, contestava l'infruttuosa decorrenza del termine per pronunciarsi, eccependo, conseguentemente, la sopravvenuta inefficacia del vincolo in discussione. La sentenza. La Corte accoglie l'impugnazione in relazione alla prima delle doglianze descritte supra , annullando l'ordinanza con rinvio al tribunale perché giudichi nuovamente, in diversa composizione, la fondatezza del decreto ablatorio. La parte motiva, riepilogato brevemente il giudizio a quo , si concentra sui diversi profili, premettendo, come si diceva, che la disamina sarà più pervicace del solito, vertendo il sindacato di legittimità su di una decisione eminentemente processuale, criticata su aspetti altrettanto procedurali. L'Estensore, in quest'ottica, sviscera i singoli punti rilevanti, partendo da un sintetico esame delle disposizioni di riferimento ed entrando poi, dopo aver esposto i principi tracciati dalla giurisprudenza della Corte, nel vivo delle questioni. L'identificazione dell'impugnante. In primis viene esaminato l'aspetto – dirimente per misurare la correttezza dell'approccio scelto dai Giudici della cautela – inerente la possibilità di individuare correttamente la legittimazione ad impugnare di chi sottoscriva l'atto. Sul punto, l'analisi del Collegio parte da una serie di elementi che emergono inequivoci dagli atti il ricorso è redatto su carta intestata dell'avvocato che assiste i ricorrenti l'annotazione presente in calce, vergata a mano dal cancelliere annullando la marche da bollo, indica chiaramente d'aver rilasciato la copia la medesimo professionista professionista al quale era stato notificato l'avviso di fissazione dell'udienza e che, peraltro, risultava aver patrocinato le ragioni degli assistiti anche dinanzi al Tribunale. Pertanto, in forza del consolidato indirizzo che definisce la firma come anche un segno grafico che non sia agevolmente decifrabile, purché sia idoneo, anche in concorso con altri elementi desumibili dall'atto cui essa pertiene, ad identificare il soggetto che era tenuto ad apporla citando un orientamento risalente ma stabile, espresso già con Cass. n. 6535/91 , viene sancita l'illegittimità dell'ordinanza impugnata. I termini per la decisione cautelare reale. Resta disattesa, invece, la seconda critica presentata dal ricorrente, riguardante il tempo trascorso tra la ricezione degli atti ed il rigetto. Ed infatti, da un lato, il termine per la trasmissione degli atti applicabile al procedimento cautelare reale non è previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p., ma dall'art. 324, comma 3, c.p.p. ed ha, tuttavia, natura puramente ordinatoria secondo Cass. n. 26268/13 dall'altro, anche in virtù di questo importante discrimine, per poter determinare l'eventuale violazione della norma dovrà aversi riguardo non al tempo complessivamente trascorso, ma, autonomamente, ai giorni impiegati dall'autorità procedente per depositare gli atti di indagine ed a quelli passati da quel momento alla decisione. L'atto difetta, quindi, della necessaria autosufficienza, non fornendo un dato indispensabile per apprezzare un vizio che, per le sue conseguenze, non sarebbe stato assorbito dall'accoglimento del primo motivo, permanendo, per intuibili obiettivi pragmatici, l'interesse del deducente. Conclusioni. La sentenza in commento si caratterizza per il livello di approfondimento dei temi procedurali, consentito sia dall'oggetto dell'impugnazione sia dall'argomento che aveva condotto il giudice a quo a rigettare l'istanza di riesame della difesa. Al termine di un'accurata ricostruzione teorica – e di un non meno articolato vaglio delle risultanze processuali – esprime posizioni condivisibili, che denotano la legittima esigenza di far prevalere sul piano meramente formale – diversamente da quanto accaduto, in sede di merito, nel caso di specie – un vero e proprio favor impugnationis . Per il giurista pratico si tratta di utili indicazioni, che potrebbero consentire di rimediare, curando grafica e deposito dell'impugnazione, a sottoscrizioni illeggibili e, d'altra parte, suggerire una maggiore attenzione nel verificare il rispetto dei termini applicabili, ratione materiae , alla trasmissione degli atti tra autorità requirente e giudice cautelare, per poter valutare compiutamente i rimedi attivabili.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 marzo - 1 ottobre 2015, n. 39535 Presidente Squassoni - Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Tribunale di Latina, adito in funzione di giudice del riesame, con provvedimento del 29 settembre 2014, ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell'interesse degli indagati F. e C. avverso un decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Latina nei loro confronti in data 7 agosto 2014 nell'ambito del procedimento incardinato presso quell'ufficio giudiziario col n. 4659/14. Il detto Tribunale ha motivato il provvedimento in questione rilevando che l'atto di impugnazione relativo al riesame n. 108/14 doveva considerarsi inefficace in quanto presentato da soggetto non legittimato in particolare rilevava il giudice pontino che l'atto in questione, intestato ai ricorrenti personalmente, risultava sottoscritto da soggetto del quale si sconosceva la identità non essendo stata la firma in calce all'atto autenticata né essendo stato questi identificato in sede di deposito del ricorso. Avverso il detto provvedimento ha presentato ricorso per cassazione, nell'interesse di F.P. e di C.S. , l'avv. Francesco Di Ciollo il quale ha dedotto due motivi di impugnazione. Con essi si sostiene per un verso che la motivazione della ordinanza impugnata sarebbe viziata in quanto risulterebbe dagli atti che la attività di presentazione del ricorso di fronte al Tribunale del riesame era stata compiuta, per conto degli attuali ricorrenti, dal loro difensore, come emergerebbe anche dalla intestazione del dispositivo del provvedimento depositato, anteriormente alla motivazione di esso, in data 29 settembre 2014 per altro verso il ricorrente rileva l'avvenuta inefficacia dell'originario provvedimento di sequestro, illegittimamente non dichiarata dal Tribunale del riesame, stante l'inutile decorso del termine di 10 giorni dalla ricezione degli atti previsto dall'art. 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen Riferiva, infatti, il difensore dei ricorrenti di avere proposto in data 12 agosto 2008 richiesta di riesame avverso il ricordato sequestro preventivo disposto dal Gip di Latina con provvedimento del 7 agosto 2014. Poiché il Tribunale, che avrebbe dovuto pronunziarsi entro il 26 settembre 2014, lo ha fatto solo il successivo 29 settembre, è evidente che si sarebbe dovuto limitare a dichiarare la sopravvenuta inefficacia del provvedimento di sequestro. In data 13 marzo 2015 la difesa dei ricorrenti ha depositato una documentata memoria illustrativa nella quale erano contenuto motivi aggiunti, sostanzialmente integrativi di quelli originariamente presentati dagli stessi ricorrenti. Considerato in diritto Il ricorso è risultato fondato, pertanto la ordinanza impugnata deve essere annullata. Onde comprendere meglio i motivi della attuale decisione è il caso di precisare, in considerazione anche delle peculiarità della vicenda, alcuni profili fattuali della presente fattispecie d'altra parte vi è da dire che la natura esclusivamente processuale della decisione con la quale il Tribunale di Latina ha ritenuto di dovere respingere il ricorso e la medesima natura processuale dei motivi di impugnazione presentati dalla difesa dei ricorrenti, legittima questa Corte, giudice del fatto processuale, ad una più profonda disamina del merito processuale del giudizio in questione, entro i limiti funzionali alla presente decisione e nel rispetto di quanto dedotto in sede di impugnazione. Va, infatti, segnalato che con l'ordinanza emessa in data 29 settembre 2014 il Tribunale di Latina ha rigettato la richiesta di riesame presentata da F.P. e C.S. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip .del Tribunale di Latina . il 7/8/2014 nell'ambito del proc. n. 4569/14 RGNR ciò il Tribunale ha fatto, secondo quanto emerge dalla sintetica motivazione del provvedimento, dopo avere sentito alla udienza del 25 settembre 2014 i difensori dei ricorrenti, rilevando che il riesame in questione, seppure intestato ai due imputati recte indagati , ricorrenti in proprio, risulta sottoscritto da soggetto la cui identità si sconosce non essendovi autentica di firma né da parte del difensore né da parte dell'impiegato addetto alla ricezione degli atti . Da tanto il giudice del riesame fa derivare la inefficacia dell'atto di impugnazione che non risulta presentato da soggetto legittimato , sicché ne ha disposto il rigetto. Ciò posto da punto di vista della ricostruzione della fattispecie, deve, al riguardo, in via preliminare rilevarsi la singolarità del dispositivo della decisione assunta dal Tribunale di Latina, dovendosi ribadire che, in linea di principio, un ricorso in sede di riesame presentato da soggetto non legittimato non potrà mai essere oggetto di decisione di rigetto, postulando una siffatta decisione la circostanza che il ricorso medesimo, ancorché infondatamente, sia stato proposto da soggetto il quale sia portatore di una posizione soggettiva che ne giustificava, in linea astratta, il diritto di accedere alla giustizia, dovendo lo stesso - laddove questo fosse stato presentato, come ritenuto dal Tribunale di latina relativamente al caso ora in questione, da soggetto estraneo alla posizione sostanziale agita in giudizio - essere, semmai, dichiarato inammissibile. Fatta questa, doverosa, precisazione, rileva altresì, la Corte che, dall'esame della documentazione presentata dal ricorrente a corredo della memoria difensiva depositata in data 13 marzo 2015, risulta che in data 12 agosto 2014, nell'interesse di F.P. e C.S. , secondo quanto risulta dall'atto ora in esame, entrambi rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Di Ciollo, giusta mandato in atti , fu presentato al Tribunale di Latina - Sez. Riesame - un ricorso avverso il decreto di sequestro preventivo di un cantiere sito in OMISSIS , disposto dal Pm di Latina nell'ambito del procedimento penale RGNR 4559/2014 nonché avverso il contestuale provvedimento di convalida. Tale atto, come detto depositato in copia del difensore degli odierni ricorrenti, risulta redatto su carta intestata dell'avv. Francesco Di Ciollo, reca una firma obbiettivamente illeggibile, nonché, in calce ad esso, oltre al timbro che ne attesta la ricezione da parte della Cancelleria del Tribunale di Latina in data 12 agosto 2014, una annotazione, verosimilmente vergata a cura della medesima Cancelleria, avente ad oggetto l'avvenuta applicazione di marche da bollo per un importo pari ad Euro 4,92 sulla copia del medesimo atto rilasciata all'avv. Di Ciollo . Da quanto precede emerge la assoluta illegittimità della motivazione con la quale il Tribunale pontino ha ritenuto di dovere disattendere la richiesta di riesame presentata avverso il citato provvedimento di sequestro preventivo. Questa Corte, infatti, ha più volte riaffermato il principio che è ammissibile l'atto col quale la parte ha inteso impugnare un provvedimento giurisdizionale sebbene lo stesso risulti essere stato sottoscritto dal difensore di essa con una sigla incomprensibile invero, ha chiarito la Corte, che il requisito della sottoscrizione dell'atto, pur ritenuto elemento indeclinabile dell'atto, superabile solo in presenza di dati inconfutabili in ordine alla paternità dello scritto Corte di cassazione, Sezione III penale, 30 gennaio 2014, n. 4323 , deve intendersi manchevole, con la conseguente inammissibilità dell'atto che presenti siffatta omissione, soltanto ove, pur essendo munito l'atto in questione di un segno grafico di riconoscimento dell'autore, vi sia comunque incertezza sulla legittima provenienza dell'atto siffatta inammissibilità non ricorre, invece, nel caso in cui la identità del suo autore appaia comunque desumibile dal complessivo esame del documento Corte di cassazione, Sezione V penale, 3 novembre 2010, n. 38722 . È, d'altra parte, risalente, ma tuttavia non smentita nel susseguirsi del tempo, l'affermazione di questa Corte, secondo la quale per firma rectius sottoscrizione deve intendersi anche un segno grafico che non sia agevolmente decifrabile, purché sia idoneo, anche in concorso con altri elementi desumibili dall'atto cui essa pertiene, ad identificare il soggetto che era tenuto ad apporla Corte di cassazione, Sezione I penale, 11 giugno 1991, n. 6535 . Nel caso di specie, numerosi e convergenti erano gli elementi che inequivocabilmente concorrevano ad identificare l'avv. Di Ciollo come il presentatore della istanza di riesame nell'interesse degli odierni ricorrenti non solo l'atto di ricorso al Tribunale del riesame risultava essere stato redatto nell'interesse di F.P. e C.S. , rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Di Ciollo , su carta intestata a quest'ultimo, ma la stessa Cancelleria del riesame aveva sicuramente identificato il Di Ciollo come l'autore dell'atto in questione, tanto da avergliene rilasciato copia e tanto da avere disposto, in esecuzione di conforme provvedimento del Presidente del Tribunale, nei confronti dello stesso difensore la comunicazione dell'avviso della fissazione dell'udienza camerale nel corso della quale sarebbe stato trattato il ricorso da questo presentato nell'interesse dei suoi clienti. D'altra parte, a comprova della intima contraddittorietà che mina la tenuta logica della ordinanza impugnata, non può sottacersi il fatto che gli stessi giudici del riesame sono pervenuti alla loro decisione dopo avere ascoltato in camera di consiglio la difesa tecnica dei ricorrenti, cioè dopo avere verificato la provenienza dell'atto impugnatorio. Non può, viceversa essere accolto il secondo motivo di impugnazione, volto alla affermazione della intervenuta inefficacia del provvedimento di sequestro per avere il Tribunale provveduto in ordine all'istanza di riesame che riguardava il detto provvedimento cautelare oltre il termine di 10 giorni dall'avvenuto deposito degli atti presso la Cancelleria del Tribunale stesso. Osserva, infatti, il Collegio che, se è ben vero che anche nel procedimento di riesame dei provvedimenti cautelari reali vige il principio secondo il quale, a pena di intervenuta inefficacia del provvedimento in questione, il giudice del riesame deve adottare la propria decisione entro il termine di 10 giorni decorrenti dalla data in cui sono stati ricevuti dal Tribunale gli atti trasmessigli dall'autorità giudiziaria procedente, tuttavia deve osservarsi che al medesimo procedimento non si applica il comma 5 dell'art. 309 cod. proc. pen., il quale impone, a pena anche in questo caso di perdita di efficacia del provvedimento cautelare impugnato, all'autorità procedente di depositare gli atti di indagine entro il quinto giorno successivo alla presentazione della istanza di riesame, essendo quest'ultima disposizione riferibile solo al procedimento de libertate personarum , essendo, invece, applicabile, all'ipotesi del riesame del provvedimento cautelare reale il diverso termine, previsto dall'art. 324, comma 3, cod. proc. pen. la cui natura non è, però, perentoria ma meramente ordinatoria Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 16 giugno 2013, n. 26268 . Da quanto sopra deriva che la parte che intenda dedurre quale motivo di censura di legittimità l'intervenuta perdita di efficacia della misura cautelare reale a seguito dell'inutile decorso del termine concesso al giudice del riesame per provvedere dall'art. 309, comma 10, cod. proc. pen., siccome richiamato dall'art. 324 comma 7, cod. proc. pen. deve quanto meno allegare, ai fini della completezza ed autosufficienza del ricorso, il fatto che la decisione sia intervenuta oltre,1 termine di legge, indicando altresì quando gli atti sono pervenuti al giudice del riesame, non essendo sufficiente la mera sommatoria dei due termini perentori previsti in sede di riesame delle misure cautelari personali. Parte ricorrente nel presente procedimento si è, invece, limitata a eccepire la inutile decorrenza del termine di 10 giorni dal momento della cessazione del periodo di sospensione dei termini fissato dalla versione vigente ratione temporis della legge n. 42 del 1969, senza fare alcun riferimento alla invece rilevante data d. deposito degli atti di indagine da parte dell'autorità procedente presso il giudice del riesame. Il secondo motivo di impugnazione, alla cui decisione il ricorrente avrebbe avuto interesse, pur a seguito dell'accoglimento del primo motivo di ricorso, posto che l'eventuale accoglimento di esso avrebbe comportato la declaratoria di immediata inefficacia della misura cautelare impugnata, non può pertanto essere accolto. Conclusivamente la ordinanza impugnata va annullata, in accoglimento del primo motivo di ricorso, con rinvio al Tribunale di Latina che, in diversa composizione, giudicherà nuovamente sulla istanza di riesame formulata nell'interesse degli attuali ricorrenti. P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Latina.