Corrotto assolto, si può rivedere il patteggiamento dei concorrenti?

Si riconosce la possibilità di richiedere la revisione della sentenza di patteggiamento nel caso in cui sussista un’inconciliabilità tra due giudizi riguardanti la mancanza dell’elemento costitutivo del reato di corruzione che ha comportato l’assoluzione del concorrente, pubblico ufficiale, perché il fatto non sussiste.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 23682, depositata il 3 giugno 2015. Il caso. L’imputato e la società coinvolta nella vicenda ricorrono in Cassazione a seguito del rigetto da parte della Corte d’appello di Milano della richiesta di revisione della sentenza di patteggiamento emessa nei loro confronti per il reato di corruzione riconosciuto dal gip del Tribunale di Novara. La Corte d’appello aveva escluso che la difforme valutazione giudiziale dei medesimi fatti, intervenuta a cura del giudice che aveva definito il giudizio ordinario instauratosi nei confronti del pubblico ufficiale, concorrente del reato e assolto per insussistenza del fatto dalla Corte d’appello di Torino, potesse costituire valido presupposto per l’accoglimento dell’istanza. L’inconciliabilità tra due giudizi su un medesimo fatto comporta la revisione della sentenza. Solo quando, come nel caso di specie, vi è una inconciliabilità di giudizio riguardo alla sussistenza dell’elemento costitutivo del reato, è ammessa la revisione della sentenza di patteggiamento. Infatti, è stata l’assoluzione del pubblico ufficiale per mancanza dell’elemento costitutivo del reato che ha condotto all’ammissibilità della revisione della sentenza di patteggiamento a favore dei ricorrenti. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e annulla senza rinvio la sentenza impugnata dai ricorrenti perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 maggio – 3 giugno 2015, n. 23682 Presidente Ippolito – Relatore Petruzzellis Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 25/09/2014, ha respinto la richiesta di revisione proposta da R.G. e dalla srl TRASGO con riferimento alla sentenza di patteggiamento emessa nei loro confronti per il reato di corruzione dal Gip dei Tribunale di Novara, poiché ha escluso che la difforme valutazione giudiziale dei medesimi fatti, intervenuta a cura del giudice che aveva definito il giudizio ordinario instauratosi nei confronti dei pubblico ufficiale, potesse costituire valido presupposto per l'accoglimento dell'istanza. 2. La difesa di R. e della società richiamata ha proposto ricorso con il quale si deduce preliminarmente violazione di cui all'art. 606 comma 1 lett. e cod. proc. pen. per avere il giudicante omesso la considerazione del motivo dell'istanza di revisione, costituito dal venir meno dell'ipotesi di reato nel caso di assoluzione per insussistenza del fatto dei concorrente necessario, come verificatosi nella specie in favore dei corrotto. 3. Si lamenta inoltre violazione di cui all'art. 606 comma 1 lett. b cod. proc. pen. in relazione all'art. 630 lett a cod. proc. pen. nella parte in cui la sentenza impugnata ha fatto richiamo ad una uniformità interpretativa della disposizione processuale, in realtà non sussistente, ed in ogni caso non invocabile nel caso in esame, afferente a reato a concorso necessario, in relazione al quale la mancanza di accertamento dell'illiceità della condotta del pubblico ufficiale non può che condurre all'esclusione dei reato. Per contro all'impossibilità di configurare il reato segue l'esclusione di responsabilità dell'ente, che a tale fattispecie è indissolubilmente legata. 3. Si eccepisce inoltre violazione di legge, con riferimento all'interpretazione offerta nel provvedimento all'art. 3 della i. 22 giugno 2003 n. 134, nella parte in cui modifica l'art. 629 cod. proc. pen. ove ha escluso l'incidenza della diversa valutazione di merito derivate da un autonomo provvedimento giurisdizionale su medesimi fatti nel giudizio definito ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono fondati. 2. La Corte di merito, nell'escludere la fondatezza dell'istanza, ha fatto richiamo a consolidati principi interpretativi di questa Corte che, pur prendendo atto della modifica normativa contenuta nella l. 12 giugno 2003 n. 134, con la quale è stata inclusa la sentenza di patteggiamento tra i provvedimenti suscettibili di revisione, ha circoscritto la possibilità di incidenza su tale accertamento delle diverse risultanze sui medesimi fatti acquisite nei procedimenti ordinari, ritenendo la presenza di un contrasto sul punto quale effetto della diversa ampiezza dell'ambito di valutazione probatoria strutturalmente posta a sostegno dei due procedimenti. Invero, fermandosi fisiologicamente l'accertamento nel caso di patteggiamento all'assenza di elementi suscettibili di condurre al proscioglimento in fatto, ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen., non si ritiene questo superabile dalle acquisizioni di merito proprie della fase dibattimentale. Tale corretta, e dei tutto pacifica premessa, non può trovare applicazione nel caso di specie, ove l'accertamento di insussistenza del reato per il concorrente necessario fa venire meno la stessa configurabilità dei reato, pacifico nei suoi contorni di fatto, nella figura della corruzione, in quanto non può prevedersi una fattispecie giuridicamente rilevante rapportabile allo schema legale richiamato ove non sia riconosciuta la presenza dell'attività coordinata di corruttore e corrotto Sez. 6, n. 5017 dei 07/11/2011 - dep. 09/02/2012, Bisignani e altro, Rv. 251867 , in quanto necessariamente dovrebbe qualificarsi la prima, ove non rapportata casualmente al condizionamento dell'attività dei secondo, in maniera giuridicamente difforme, -come ad esempio quale tentativo o istigazione dei medesimo reato-, non nella fattispecie di reato riconosciuta con l'applicazione della pena concordata. La conclusione raggiunta dalla Corte d'appello di Torino nel giudizio a carico del pubblico ufficiale, proprio perché non ha escluso i fatti storici, ma la loro riconducibilità all'ipotesi di corruzione, per la mancanza di elementi di prova sulla connessione causale tra utilità ricevute ed il condizionamento della condotta dell'imputato pubblico ufficiale, non è limitata alla difformità di elementi probatori, fisiologica nei due diversi procedimenti, ma va ad incidere sugli elementi costitutivi dei reato e quindi sulla riconoscibilità della fattispecie tipica contestata, e crea così l'inconciliabilità logica prevista tra l'accertamento della corretta qualificazione giuridica dei fatti operata nella sentenza di patteggiamento sulla base degli elementi a quel momento emergenti, e quanto in senso contrario verificato nell'autonomo processo, che integra la condizione della inconciliabilità dei giudicati, legittimante la revisione ai sensi dell'art. 630 comma 1 lett. a cod. proc. pen. Né vale obiettare che l'accertamento svolto nel giudizio a cognizione piena ha fruito di una diversa piattaforma dimostrativa, del tutto autonoma e non rapportabile a quella che sostiene la difforme decisione di natura preliminare, sostenuta dal consenso degli interessati, poiché è bene rilevare che l'automatismo richiamato in tanto ha ragion d'essere in quanto il presupposto costitutivo della fattispecie accertata con il patteggiamento sia coincidente con quello del giudizio ordinario, mentre nella specie, indubbia la coerenza ricostruttiva dei fatto storico, quel che è venuto a mancare è l'elemento costitutivo della fattispecie in forza dei diverso accertamento del resto, ove si escludesse l'incidenza di una verifica piena intervenuta nell'autonomo giudizio sugli elementi costitutivi della fattispecie, rimarrebbe priva di qualsiasi applicabilità concreta l'ipotesi di revisione di cui all'art. 630 lett. a per la sentenza di patteggiamento introdotta con la I.n. 134 del 2003, per la natura costantemente diversa delle valutazioni ad esse sottese. Ne consegue che la sua previsione può essere circoscritta esclusivamente all'ipotesi di esclusione dell'elemento costitutivo dei reato, il cui accertamento, avvenuto ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. nella fase sommaria, sulla base della ricostruzione in atti, venga successivamente smentito da un approfondimento che, per la struttura dell'imputazione, e per l'ampiezza dei diverso accertamento, in quanto coinvolgente la specifica analisi della natura dell'attività dei concorrente necessario, incide in maniera diretta sull'accertamento preliminare richiamato. Quest'ultimo, per la limitazione degli effetti dei consenso prestato e della verifica astratta della configurazione giuridica della condotta è necessariamente limitata a quanto riferibile al proponente il patto, sicché rispetto a tale campo di indagine, cristallizzato, il sopravvenuto accertamento di un elemento autonomo, ma essenziale alla sua qualificazione giuridica, non può che travolgerne gli effetti. In definitiva, la mancata dimostrazione della compartecipazione del corrotto, escludendo un elemento costitutivo del reato sulla base di una difforme valutazione giudiziale dei medesimi fatti, che non appare frutto della sopravvenienza di elementi di prova nuovi ed autonomi, irrilevanti al fine di mutare la determinazione dei giudice dell'applicazione pena, annulla la valutazione svolta dal Gip sull'esatta qualificazione della fattispecie ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. La conclusione che si richiama è stata già condivisa da questa Corte con precedenti decisioni Sez. 1, n. 43516 del 06/05/2014 - dep. 17/10/2014, Cavallari, Rv. 260702 , ove si è riconosciuto in fattispecie analoghe -quale quella dell'associato per delinquere patteggiante in presenza di assoluzione nei diversi giudizi di merito di tutti gli associati-, la fondatezza dell'ipotesi di revisione applicata nel concreto, e su tale valutazione di inconciliabilità non incide il differente tipo di accertamento svolto nei due giudizi, all'atto in cui questo abbia posto in discussione il fondamento giuridico dell'imputazione e non i fatti materiali su cui si sviluppa la valutazione degli elementi di accusa e delle prove di responsabilità dei concorrente, nei due diversi procedimenti ove questa non incida necessariamente, come nella specie, nella qualificazione giuridica dei fatti. Per completezza si rileva che i richiami contenuti nella sentenza impugnata all'intervenuta assoluzione del coimputato ai sensi dell'art. 530 cpv cod. proc. pen. o all'accertamento della sua responsabilità per altri episodi di corruzione, allo stesso contestati, risultano inidonei a fondare il rigetto dell'istanza, stante la parificazione al fine dell'esclusione dell'accertamento penale, della mancanza di prove connotate dalla caratteristica richiamata dall'art. 111 Cost., oltre che la rilevanza, anche di tale tipo di accertamento, al fine di sollecitare la revisione Sez. 5, n. 14255 dei 22/01/2013, Valenti, Rv. 256600 , nonché l'irrilevanza dell'accertamento di responsabilità del coimputato per autonome figure delittuose della stessa natura consumate in concorso con terzi. 3. Il richiamato accertamento di inconciliabilità logica tra le due pronunce che discende dalla loro qualificazione giuridica, esclude che possa ravvisarsi nel concreto la necessità di disporre l'annullamento con rinvio della decisione impugnata, potendo il giudice di merito esclusivamente limitarsi alla constatazione di tale contrasto, che non richiede lo svolgimento della valutazione di fatto, a questi esclusivamente demandata. Per l'effetto, in applicazione dell'art. 620 comma lett.l cod. proc. pen. in accoglimento dei ricorso, deve disporsi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, nonché della pronuncia n. 164 del 01/04/2010 del Gip del Tribunale di Novara emessa nei confronti di R.G. e della Trasgo srl perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nonché la sentenza n. 164 dei 01/04/2010 del Gip dei Tribunale di Novara emessa nei confronti di R.G. e della Trasgo srl perché il fatto non sussiste.