Reato continuato, come si individua la violazione più grave?

In caso di concorso di reati puniti con sanzioni omogenee sia nel genere che nella specie per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l’individuazione del concreto trattamento sanzionatorio per il reato ritenuto dal giudice più grave non può comportare l’irrogazione di una pena inferiore nel minimo a quella prevista per uno dei reati-satellite.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17926, depositata il 13 maggio 2015. Il caso. Il gup di Vicenza condannava un imputato per i reati di violenza sessuale aggravata, rapina aggravata e furto in abitazione aggravato, ritenuto il vincolo della continuazione e considerato come più grave il primo reato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante ed alla recidiva . La Corte d’appello di Venezia riduceva la pena inflitta, riconoscendo delle circostanze generiche, con regime di equivalenza anche ai reati di rapina aggravata e furto in abitazione aggravato, confermando nel resto la pronuncia. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando l’erra individuazione del fatto-reato più grave nel delitto di violenza sessuale artt. 609 bis e 609 ter , n. 2, c.p. invece che in quello di rapina art. 628, comma 3, nn. 2 e 3 bis c.p. . Individuazione della violazione più grave. La Corte di Cassazione ricorda che, in tema di reato continuato, la violazione più grave deve essere individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata ed all’eventuale giudizio di comparazione tra di esse. Perciò, per l’individuazione del reato più grave, bisogna far riferimento alla pena edittale, cioè alla gravità in astratto dei reati per cui è intervenuta la condanna, senza poter farsi riferimento agli indici di determinazione previsti dall’art. 133 c.p. che contribuiscono alla determinazione della pena da infliggere in concreto. Tuttavia, la nozione di violazione più grave muove dalla sanzione edittale comminata in astratto per una determinata fattispecie criminosa ed implica la valutazione delle sue concrete modalità di manifestazione. Infatti, per sanzione edittale bisogna intendersi la pena prevista in astratto con riferimento al reato contestato e ritenuto in concreto in sentenza, tenendo conto, cioè, delle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata, salvo che specifiche disposizioni escludano, a determinati effetti, la rilevanza delle circostanze o di talune di esse . Perciò, una volta riconosciuta la sussistenza delle circostanze attenuanti e sia stato effettuato il bilanciamento con le aggravanti, l’individuazione in astratto della pena edittale non può prescindere dal risultato finale di questo giudizio, dovendosi calcolare nel minimo l’effetto di riduzione per le attenuanti e nel massimo l’aumento per le circostanze aggravanti. Reato-base e reati-satellite. Questo ragionamento conduce i giudici di legittimità ad affermare che, in caso di concorso di reati puniti con sanzioni omogenee sia nel genere che nella specie per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l’individuazione del concreto trattamento sanzionatorio per il reato ritenuto dal giudice più grave non può comportare l’irrogazione di una pena inferiore nel minimo a quella prevista per uno dei reati-satellite. Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva confermato quanto ritenuto dal primo giudice, secondo cui la violenza sessuale, anche nella forma aggravata se l’aggravante speciale viene considerata equivalente alle attenuanti , prevede un minimo edittale più alto della rapina, che tuttavia è punita nel massimo con una pena più grave della prima. In tale occasione, subisce una deroga il principio fondamentale secondo il quale, per il calcolo della pena, al fine della individuazione del reato più grave si deve tener conto, in caso di concorso di pene dello stesso genere e specie, della pena edittale massima e, a parità di massimo, del maggiore minimo. Così facendo si potrebbe infatti applicare una pena per il reato-base inferiore al minimo edittale previsto per il reato satellite . Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 – 13 maggio 2015, n. 19726 Presidente Esposito – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Il giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Vicenza con sentenza in data 15.10.2013 resa all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava B.A. responsabile dei reati di violenza sessuale aggravata capo B , rapina aggravata capi A, C, D, E e G e furto in abitazione aggravato capo F e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante ed alla recidiva, ritenuto il vincolo della continuazione, considerata come più grave la violazione di cui al capo B ed operata la diminuente per il rito, lo condannava alla pena di anni cinque, mesi due e giorni venti di reclusione. 2. Avverso detta sentenza veniva proposto appello con sentenza in data 17.07.2014, la Corte d'appello di Venezia, previo riconoscimento ex art. 597, comma 5 cod. proc. pen., delle circostanze attenuanti generiche, con regime di equivalenza, anche ai reati di cui ai capi A, C, D, E, F e G, riduceva la pena anni quattro e mesi dieci di reclusione, con conferma nel resto della pronuncia di primo grado. 3. Avverso la sentenza di secondo grado, nell'interesse di B.A. viene proposto ricorso per cassazione lamentandosi, con formale motivo unico, l'inosservanza o erronea applicazione della penale ex art. 606 comma 1 lett. b cod. proc. pen. nonché la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 comma 1 lett. e cod. proc. pen. in relazione all'erronea individuazione del fatto-reato più grave nel delitto di violenza sessuale di cui agli artt. 609 bis, 609 ter n. 2 cod. pen. anziché in quello di rapina ex art. 628, comma 3 n. 2 e 3 bis cod. pen., all'eccessiva determinazione della pena base, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis cod. pen. con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti e recidiva. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Manifestamente infondato è il primo profilo di censura. Come confermato da ultimo dalle Sezioni unite della Suprema Corte sent. n. 25939 del 28/02/2013, dep. 13/06/2013, PG in proc. Ciabotti e altro, Rv. 255347 , in tema di reato continuato, la violazione più grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata e all'eventuale giudizio di comparazione fra di esse. Ne consegue che, allorché occorra individuare il reato più grave, deve farsi riferimento alla pena edittale, ovvero alla gravità astratta dei reati per i quali è intervenuta condanna, dandosi rilievo esclusivo alla pena prevista dalla legge per ciascun reato, senza che possano venire in rilievo anche gli indici di determinazione della pena di cui all'art. 133 cod. pen. che possono contribuire alla determinazione di quella da infliggere in concreto cfr. Sez. U, n. 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, che, per prima, ha rivisto l'orientamento espresso da Sez. U, n. 9559 del 19/06/1982, Alunni, che proprio a tali indici aveva fatto riferimento . 2.1. Ciò posto, però, occorre considerare che la nozione di violazione più grave - osserva la Corte - ha una valenza complessa , che muovendo dalla sanzione edittale comminata in astratto per una determinata fattispecie criminosa, implica la valutazione delle sue concrete modalità di manifestazione. Nel sistema del codice penale, infatti, per sanzione edittale deve intendersi la pena prevista in astratto con riferimento al reato contestato e ritenuto in concreto in sentenza, tenendo conto, cioè, delle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata, salvo che specifiche e tassative disposizioni escludano, a determinati effetti, la rilevanza delle circostanze o di talune di esse. Di conseguenza, una volta che sia stata riconosciuta la sussistenza delle circostanze attenuanti e che sia stato effettuato il doveroso giudizio di bilanciamento delle stesse rispetto alle aggravanti, l'individuazione in astratto della pena edittale non può prescindere dal risultato finale di tale giudizio, dovendosi calcolare nel minimo l'effetto di riduzione per le attenuanti e nel massimo l'aumento per le circostanze aggravanti Sez. U, n. 3286 del 27/11/2008, Chiodi Sez. 1, n. 24838 del 15/06/2010, Di Benedetto, Rv. 248047 Sez. 1, n. 9828 del 05/02/2009, Russo, Rv. 243426 Sez. 4, n. 47144 del 09/10/2007, Ferrentino, Rv. 238352 cfr. Sez. 6, n. 1318 del 12/12/2002, dep. 14/01/2003, Bombasaro, Rv. 223343 Sez. 2, n. 3307 del 20/01/1992, Sorvillo, Rv. 189675 Sez. 1, n. 8238 del 08/04/193, Bombaci, Rv. 160649 . 2.2. Fermo restando il criterio di individuazione della violazione più grave come sopra enunciato - prosegue la Corte - qualora il giudice intenda graduare al livello più basso la dosimetria della pena, non gli è tuttavia consentito applicare una pena-base inferiore al minimo edittale previsto per uno qualsiasi dei reati unificati dall'identità del disegno. Un simile approdo è in linea con i principi costantemente espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di concorso formale e di continuazione fra reati con plurime decisioni i cui enunciati hanno una valenza ermeneutica generalizzata Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011, Indelicato Sez. U, n. 15 del 26/11/1997, Varnelli Sez. U, n. 4901 del 27/03/1992, Cardarilli v. anche, Corte Cost., ord. n. 11 del 1997 . In tali decisioni si argomenta, infatti, che, in caso di reati unificati dall'identità del disegno criminoso in ordine ai quali debba trovare applicazione una pena di identica specie, ove l'uno di essi sia punito con pena più elevata nel massimo e l'altro con pena più elevata nel minimo, la pena da irrogare in concreto non può essere inferiore alla seconda previsione edittale v. anche Sez. 3, n. 19737 del 14/04/2011, Bessi, Rv. 250335 Sez. 3, n. 9261 del 28/01/2010, Del Prete, Rv. 246236 Sez. 5, n. 12473 del 11/02/2010, Salviani, Rv. 246558 Sez. 2, Sentenza n. 19148 del 19/04/2007, Cannellino, Rv. 236406 Sez. 2, Sentenza n. 10987 del 17/02/2005, Contini, Rv. 231327 Sez. 5, n. 4503 del 15/10/1997, Pellegrino, Rv. 209663 Sez. 6, n. 4087 del 19/02/1997, Bassi, Rv. 207402 . 2.3. Da qui l'affermazione dell'ulteriore principio di diritto in base al quale in caso di concorso di reati puniti con sanzioni omogenee sia nel genere che nella specie per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l'individuazione del concreto trattamento sanzionatorio per il reato ritenuto dal giudice più grave non può comportare l'irrogazione di una pena inferiore nel minimo a quella prevista per uno dei reati-satellite ”. 2.4. Fermo quanto precede, osserva il Collegio come la Corte territoriale abbia fatto puntuale applicazione dei principi di diritto di cui sopra, confermando le valutazioni del giudice di prime cure che aveva riconosciuto come la violenza sessuale, anche nella forma non aggravata nel caso l'aggravante speciale sia considerata equivalente alle attenuanti , preveda un minimo edittale più alto della rapina, la quale è però punita nel massimo con una pena più grave della prima. In questo tipo di situazione subisce una deroga il principio fondamentale secondo il quale, per il calcolo della pena, al fine della individuazione del reato più grave si deve tener conto, in caso di concorso di pene dello stesso genere e specie, della pena edittale massima e, a parità di massimo, del maggiore minimo. Così facendo si potrebbe infatti applicare una pena per il reato-base inferiore al minimo edittale previsto per il reato satellite il cumulo giuridico delle pene ex art. 81, secondo comma cod. pen. va quindi operato considerando più grave il reato sub B, punito con il minimo di anni sei di reclusione nella forma aggravata e di anni cinque nella forma semplice . 3. Manifestamente infondato è anche il secondo profilo di censura. L'adesione da parte del giudice d'appello a tutte le valutazioni operate dal giudice di prime cure, in presenza di una c.d. doppia conforme , consente di valorizzare anche le motivazioni spese da quest'ultimo con riferimento al trattamento sanzionatorio e ai criteri di individuazione della pena base. Con gli stessi, dopo l'operato riferimento ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen., nel riconoscere la congruità della pena inflitta, si richiamano da un lato la gravità dei reati commessi e, dall'altro, la pericolosità del reo desumibile dai precedenti e dal numero e tipo di reati in contestazione . Dette valutazioni appaiono incensurabili in sede di legittimità. 3.1. Invero, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di questa Suprema Corte cfr., Sez. 6, sent. n. 9120 del 02/07/1998, dep. 04/08/1998, Urrata S. e altri, Rv. 211582 , deve ritenersi adempiuto l'obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena allorché siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell'ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all'art. 133 cod. pen 4. Identiche conclusione di manifesta infondatezza vanno tratte anche con riferimento al terzo profilo di censura. Secondo l'insegnamento di questa Suprema Corte Sez. 5, sent. n. 5579 del 26/09/2013, dep. 04/02/2014, Sulo e altro, Rv. 258874 , in tema di concorso di circostanze, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti sono censurabili in sede di legittimità soltanto nell'ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico e non anche qualora risulti sufficientemente motivata la soluzione dell'equivalenza. 4.1. Nella fattispecie, detta motivazione deve ritenersi esistente ma anche assolutamente congrua, avendo la Corte territoriale riconosciuto come, con riferimento al reato più grave di cui al capo B, gli elementi fattuali valorizzati nell'appello relativi alla capacità a delinquere dell'imputato tuttavia non prevalgono sulla significativa gravità del reato commesso ai danni di un'anziana, riducendola in stato di incapacità psichica, introducendosi nell'abitazione con l'inganno ad ora di pranzo e somministrando un narcotico, elementi questi indicativi di macchinazione, dolo intenso e significativa pericolosità sociale . 5. Ne consegue l'inammissibilità del ricorso e, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.