Secondo il teste la bevuta è avvenuta dopo l’incidente: l’asso nella manica dell’imputato non è superfluo

Il diritto dell’imputato all’ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico, previsto dall’art. 495, comma 2, c.p.p., non può subire compressioni se non quando le prove richieste siano manifestamente superflue o irrilevanti.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15192, depositata il 13 aprile 2015. Il caso. La Corte d’appello di Venezia confermava la pronuncia del tribunale di Treviso, che aveva condannato un imputato per il reato di guida in stato d’ebbrezza. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando la mancata assunzione di una prova decisiva il tribunale aveva respinto, con giudizio poi confermato dalla Corte d’appello, la richiesta di ammissione della prova testimoniale indicata nella lista difensiva, nonostante si trattasse di un teste che avrebbe indicato una circostanza decisiva, cioè che l’imputato aveva bevuto due grappe subito dopo essere uscito di strada autonomamente e prima dell’arrivo del personale del 118 e della polizia. Prove a discarico. La Corte di Cassazione sottolinea che il diritto dell’imputato all’ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico, previsto dall’art. 495, comma 2, c.p.p., non può subire compressioni se non quando le prove richieste siano appunto manifestamente superflue o irrilevanti, pena la nullità della sentenza. Superfluità della prova. Per manifeste superflue si indica un’evidenza della superfluità della prova richiesta tale da giustificare l’interdizione giudiziale anche prima che si sia dato inizio al procedimento di formazione della prova e, quindi, all’acquisizione di un compendio cognitivo che può indirizzare maggiormente il giudice verso una valutazione di superfluità o meno delle restanti prove da assumere. Il potere del giudice di revocare l’ammissione di prove superflue in base alla risultanze dell’istruttoria dibattimentale, ai sensi dell’art. 495, comma 4, c.p.p., è più ampio di quello riconosciuto all’inizio del dibattimento di non ammettere le prove vietate dalla legge e quelle manifestamente superflue o irrilevanti, in relazione al diverso grado di conoscenza della regiudicanda che caratterizza i due distinti momenti del processo . Di conseguenza, se manifestamente superflua è la prova che tende ad un risultato conoscitivo già acquisito, non può essere precluso l’ingresso di un dato non ancora acquisito, con una valutazione a priori dell’insufficienza di questo a contrastare la prospettazione accusatoria. Nel caso di specie, i giudici avevano escluso la testimonianza a discarico, ritenendo che il fatto che l’imputato avesse bevuto solo dopo l’incidente fosse da escludere dall’alto tasso alcolemico riscontrato e dalla circostanza che all’arrivo dei soccorsi l’uomo presentava una forte alterazione. Questi fatti, però, non escludevano con certezza la possibilità che l’assunzione fosse avvenuta dopo il sinistro. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 – 13 aprile 2015, n. 15192 Presidente Romis – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. R.A. ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale é stata confermata la pronuncia di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Treviso, sezione distaccata di Montebelluna, per il reato di cui all'art. 186, co. 2 lett. c e co. 2sexies Cod. str., commesso il 30.11.2010. 2. Lamenta la mancata assunzione di prova decisiva. Il Tribunale ha respinto la richiesta di ammissione della prova testimoniale indicata nella lista difensiva e la Corte di Appello ne ha condiviso il giudizio nonostante si trattasse in particolare di un teste che avrebbe indicato una circostanza decisiva, ovvero che l'imputato aveva bevuto due grappe subito dopo essere uscito di strada autonomamente e prima dell'arrivo del personale del 118 e della polizia. Censura la reiezione dell'eccezione di inutilizzabilità dell'accertamento condotto in forza dei prelievo ematico eseguito sul R. per mancanza del consenso dell'imputato consenso reso necessario dalla circostanza che l'atto era stato eseguito esclusivamente per fini giudiziari. Deduce violazione di legge per essere la sentenza impugnata fondata su indizi incerti e congetture inidonee a rendere certo, oltre ogni ragionevole dubbio, il giudizio di responsabilità. Ribadisce esser stato violato il diritto alla prova dell'imputato. 2.1. Con istanza depositata il 26.2.2015, il ricorrente chiede l'applicazione della disciplina della messa alla prova, ex l. 28.4.2014, n. 67. Considerato in diritto 3. II ricorso è fondato nel primo motivo, con l'effetto che restano assorbiti i restanti. 3.1. Occorre muovere dal chiaro insegnamento di questa Corte secondo il quale il diritto dell'imputato all'ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico, previsto dall'art. 495, comma secondo, cod. proc. pen. - norma di recepimento nel nostro ordinamento dell'art. 6 n. 3 lett. d della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, per il quale ogni accusato ha diritto di ottenere la citazione e l'interrogatorio dei testimoni a discarico a pari condizioni di quelli a carico - non può subire compressioni se non quando le prove richieste siano appunto manifestamente superflue o irrilevanti, pena la nullità della sentenza cfr. Sez. 5, n. 8842 dei 21/06/1993 - dep. 27/09/1993, Locane, Rv. 195083 Sez. 6, n. 44736 dei 24/09/2003 - dep. 20/11/2003, Mordeglia, Rv. 227322 Sez. 5, n. 26885 del 09/06/2004 - dep. 15/06/2004, Spinelli, Rv. 229883 . E quando la violazione dell'art. 495, comma secondo, cod. proc. pen. sia dedotta dinanzi il giudice di appello questi deve decidere sull'ammissibilità della prova secondo i parametri rigorosi previsti dall'art. 190 stesso codice per il quale le prove sono ammesse a richiesta di parte , mentre non può avvalersi dei poteri meramente discrezionali riconosciutigli dal successivo art. 603 in ordine alla valutazione di ammissibilità delle prove non sopravvenute al giudizio di primo grado Sez. 6, n. 761 del 10/10/2006 - dep. 16/01/2007, Randazzo e altri, Rv. 235598 . `Manifestamente superflue' é locuzione che chiaramente indica una evidenza della superfluità della prova richiesta tale da giustificare l'interdizione giudiziale anche prima che si sia dato inizio al procedimento di formazione della prova e quindi all'acquisizione di un compendio cognitivo che maggiormente e meglio può indirizzare il giudice verso una valutazione di superfluità o meno delle restanti prove da assumere. Infatti, questa Corte ha rammentato che il potere dei giudice di revocare l'ammissione di prove superflue in base alle risultanze dell'istruttoria dibattimentale art. 495, comma 4 cod. proc. pen. è ben più ampio di quello riconosciuto all'inizio dei dibattimento art. 190, comma 1 cod. proc. pen. di non ammettere le prove vietate dalla legge e quelle manifestamente superflue o irrilevanti, in relazione al diverso grado di conoscenza della regiudicanda che caratterizza i due distinti momenti del processo Sez. 6, n. 38812 dei 08/07/2002 - dep. 19/11/2002, Mattana A, Rv. 224272 . Orbene, posto che `manifestamente superflua' é quella prova che tende ad un risultato conoscitivo già acquisito, appare errata la decisione dei giudici di merito che hanno precluso l'ingresso di un dato non ancora acquisito, valutando a priori l'insufficienza dei medesimo a contrastare la prospettazione accusatoria. Il giudice di primo grado ha infatti ritenuto inammissibile la testimonianza della Candiani perché la circostanza sulla quale la stessa era stata indicata nella lista di cui all'art. 468 cod. proc. pen., ovvero che l'imputato aveva assunto una bevanda alcolica solo dopo l'incidente é esclusa dall'altissimo tasso alcol emico riscontrato e dal fatto che già all'arrivo dei soccorsi lo stesso dimostrasse un'alterazione 'logorroico', 'eretismo psichico' non pres í te se l'assunzione fosse avvenuta solo dopo il sinistro. Sulla medesima linea la Corte di Appello, che ha anche aggiunto che non era indicato a quale titolo la Candiani fosse stata presente ai fatti. Da ciò deriva l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Venezia, altra sezione, per nuovo esame. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.