Confisca antimafia: anche i proventi da evasione fiscale fanno prova

Diversamente da quanto deve ritenersi in tema di confisca di prevenzione ex art. 24 d.lgs. n. 159/2011 , in tema di confisca disposta ai sensi dell’art. 12 - sexies, l. n. 356/1992 la sproporzione tra i beni posseduti e le attività economiche del proposto può essere giustificata adducendo proventi da evasione fiscale.

Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 12140, depositata il 23 marzo 2015. Il fatto. Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava il decreto con il quale il gip del Tribunale della stessa città aveva disposto, nei confronti dell’indagato per concorso in estorsione aggravata ex art. 7 l. n. 203/1991 e continuata, ai sensi dell’art. 12- sexies , l. n. 356/1992, il sequestro preventivo del beni indicati. Contro tale provvedimento ricorre per cassazione l’indagato, lamentandosi, con l’unico motivo sul quale vale la pena soffermarsi in questa sede, del fatto che non si sarebbe tenuto conto, nella valutazione dei beni posseduti e nel calcolo dell’entità della ritenuta sproporzione tra redditi leciti e patrimonio disponibile, dei proventi dell’attività economica svolta dall’indagato. Confisca ex art. 12-sexies l. n. 356/1992. Il Collegio ritiene tale motivo di ricorso fondato. Ricorda sul punto una recente sentenza delle Sezioni Unite, n. 33451/2014 , con la quale è stato affermato che per la confisca ex art. 12- sexies , che prevede che il requisito della sproporzione debba essere confrontato con il reddito dichiarato” o con la propria attività economica”, si può tener conto dei redditi, derivati da attività lecita, sottratti al fisco perché comunque rientranti nella propria attività economica” . Il Collegio condivide tale principio e lo ribadisce nei termini seguenti diversamente da quanto deve ritenersi in tema di confisca di prevenzione ex art. 24 d.lgs. n. 159/2011 , in tema di confisca disposta ai sensi dell’art. 12- sexies , l. n. 356/1992 la sproporzione tra i beni posseduti e le attività economiche del proposto può essere giustificata adducendo proventi da evasione fiscale . Aggiunge, poi, che l’onere di dimostrare che i beni sequestrati siano stati in ipotesi acquistati, in tutto od in parte, con il provento di attività economiche non denunciate al fisco, incombe sull’interessato. Coerente, conclude il Collegio, che tale approdo non possa essere applicabile alla confisca di prevenzione per la quale rileva, e dunque non è deducibile a discarico, anche il fatto che i beni siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego . Sicuramente l’evasione fiscale integra ex se attività illecita anche qualora non integri reato. Per tali ragioni, la S.C. annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 19 dicembre 2014 – 23 marzo 2015, n. 12140 Presidente Gentile – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, adito ex art. 309 c.p.p., ha confermato il decreto con il quale in data 22 gennaio 2014 il GIP del Tribunale della stessa città aveva disposto, nei confronti di G.M. , in atti generalizzato, indagato per concorso in estorsione aggravata ex art. 7 l. n. 203 del 1991 e continuata, ai sensi dell'art. 12-sexies l. n. 356 del 1992, il sequestro preventivo dei beni dettagliatamente indicati a f. 1 del provvedimento impugnato. Contro tale provvedimento, l'indagato con l'ausilio di un avvocato iscritto all'apposito albo speciale ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. - violazione degli artt. 8 c.p.p. e 629 c.p., con vizio di motivazione lamentando l'incompetenza territoriale del GIP - violazione degli artt. 321 c.p.p. e 12-sexies l. n. 356 del 1992, con vizio di motivazione lamentando che non si sarebbe tenuto conto, nella valutazione dei beni posseduti e nel calcolo dell'entità della ritenuta sproporzione tra redditi leciti e patrimonio disponibile, dei proventi dell'attività economica svolta dall'indagato, senza tenere infine conto dell'impossibilità di computare proventi di evasione fiscale, secondo quanto di recente chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione . All'odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell'art. 127 c.p.p., si è proceduto al controllo della regolarità degli avvisi di rito all'esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti. Considerato in diritto Il ricorso è in parte fondato. 1. Il primo motivo è generico e comunque manifestamente infondato. 1.1. È generico, atteso che il ricorrente, nel contestare la competenza territoriale del GIP procedente, ritiene competente il GIP del luogo dal quale la p.o. inviò i tra vaglia postali dei quali si parla nel corpo delle imputazioni provvisorie, senza peraltro indicarlo in ricorso. 1.2. È comunque manifestamente infondato, atteso che le decisioni giurisprudenziali citate dal ricorrente riguardano casi nei quali la consegna della somma di denaro estorta aveva avuto luogo direttamente a mani del beneficiario, non come nel caso in esame attraverso l'invio di vaglia postali, per effetto della cui mera spedizione il soggetto attivo, o comunque il terzo beneficiario, non ha ancora incassato nulla. 2. Il secondo motivo è fondato. 2.1. Come affermato dal Tribunale del riesame in motivazione f. 24 , la difesa aveva censurato la mancata considerazione della attività economica nel complesso svolta dal ricorrente, e dei suoi proventi, a prescindere dal fatto che vi sia stata regolare e completa denuncia a fini fiscali”. A tale rilievo il Tribunale, pur mostrandosi consapevole dell'esistenza sul punto di un contrasto di giurisprudenza, ha replicato dichiarando di aderire all'orientamento per il quale è legittimo il provvedimento di confisca di beni del prevenuto che ne giustifichi il possesso, dichiarando di averli acquistati con i proventi del reato di evasione fiscale”. Tuttavia, con sentenza n. 33451 del 29 maggio 2014, come corretta in data 13 novembre 2014 nota alla data della decisione impugnata soltanto attraverso la notizia di decisione, riportata nel provvedimento impugnato, ma insufficiente ai fini de quibus, poiché di necessità riferita soltanto alla confisca di prevenzione , oggetto di rimessione, non anche a quella disposta ex art. 12-sexies l. n. 356 del 1992 , le Sezioni Unite di questa Corte, nell'affermare che, ai fini della confisca di cui all'art. 2-ter della legge n. 575 del 1965 attualmente articolo 24 d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159 , per individuare il presupposto della sproporzione tra i beni posseduti e le attività economiche del soggetto, non deve tenersi conto anche dei proventi dell'evasione fiscale”, con la conseguenza che la sproporzione tra i beni posseduti e le attività economiche del proposto non può essere giustificata adducendo proventi da evasione fiscale, atteso che le disposizioni sulla confisca mirano a sottrarre alla disponibilità dell'interessato tutti i beni che siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego, senza distinguere se tali attività siano o meno di tipo mafioso, hanno, peraltro, in motivazione, evidenziato le differenze sussistenti con il diverso istituto della confisca ex art. 12-sexies cit., rispetto alla quale sono giunte a conclusioni diverse, osservando quanto segue La differente struttura normativa delle due confische è di tutto rilievo. In particolare, quella ex art. 12-sexies è legata alla commissione di alcuni reati, mentre l'accertata commissione di reati non è presupposto necessario per il giudizio di pericolosità la confisca c.d. allargata è legata alla non giustificabilità della provenienza delle utilità ed alla sproporzione rispetto ai redditi dichiarati o alla propria attività economica, quella di prevenzione aggiunge profilo estraneo alla confisca ex art. 12-sexies in alternativa ovvero quando” la riconducibilità dei beni, sulla base di sufficienti indizi, al frutto di attività illecite ed al reimpiego delle stesse beni [ ] che siano il frutto di attività illecite e ne costituiscano il reimpiego” . E si è ritenuto coerente con l’evidenziata diversità della struttura normativa dei due istituti, che per la confisca ex art. 12-sexies, che prevede che il requisito della sproporzione debba essere confrontato con il reddito dichiarato o con la propria attività economica , si possa tener conto dei redditi, derivati da attività lecita, sottratti al fisco perché comunque rientranti nella propria attività economica . Coerente peraltro è, sempre con riferimento alla diversa struttura normativa della specifica previsione, che tale approdo non possa essere applicabile alla confisca di prevenzione per la quale rileva - e dunque non è deducibile a discarico - anche il fatto che i beni siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego . Sicuramente l'evasione fiscale integra ex se attività illecita contra legem anche qualora non integri reato ”. 2.2. Il collegio condivide tale principio, che va, pertanto, ribadito nei seguenti termini Diversamente da quanto deve ritenersi in tema di confisca di prevenzione ex art. 24 D. Lgs. n. 159 del 2011 , in tema di confisca disposta ai sensi dell'art. 12-sexies L. n. 356 del 1992 la sproporzione tra i beni posseduti e le attività economiche del proposto può essere giustificata adducendo proventi da evasione fiscale”. Come già chiarito da questa Sezione sentenza n. 49498 dell'11 novembre 2014, CED Cass. n. 261046 , l'onere di dimostrare che i beni sequestrati siano stati in ipotesi acquistati, in tutto od in parte, con il provento di attività economiche non denunciate al fisco, incombe sull'interessato. 3. L'ordinanza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame, che andrà condotto conformarsi al principio innanzi enunciato. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame.