L’incapacità economica deve essere incolpevole, assoluta e provata con rigore dall’obbligato

La minore età dei figli costituisce in re ipsa una condizione di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di assicurare loro i mezzi di sussistenza obbligo che non viene meno qualora a ciò provveda l’altro genitore o un terzo. L’incapacità economica, intesa come impossibilità dell’obbligato, oltre a dover essere da lui provata con rigore, deve essere incolpevole e assoluta, nel senso di estendersi a tutto il periodo dell’inadempimento e di consistere in una persistente e oggettiva situazione di indisponibilità di introiti.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 4834, depositata il 2 febbraio 2015. Il fatto. La Corte d’appello di Palermo confermava nei confronti dell’imputato, in ordine al delitto di cui all’art. 570 c.p. violazione degli obblighi di assistenza familiare , la sentenza di condanna di primo grado. La Corte sosteneva che, all’epoca dei fatti, la situazione in cui versava l’imputato non era idonea ad esimerlo dai suoi obblighi verso i figli minori, oltre al fatto che l’eventuale stato di disoccupazione dello stesso non sarebbe stato comunque esente da profili di colpa, essendo connesso ad un abuso volontario di sostanze stupefacenti. Contro tale decisione l’imputato ha proposto ricorso per cassazione. Per il Collegio, la motivazione a sostegno della decisione impugnata è sostenuta da un apparato esplicativo puntuale, coerente e privo di discrasie logiche, perciò idoneo a superare l’esame in sede di legittimità. Obbligo di assistenza familiare. Consolidato è, infatti, il principio in base al quale la minore età dei figli costituisce in re ipsa una condizione di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di assicurare loro i mezzi di sussistenza obbligo che non viene meno qualora a ciò provveda l’altro genitore o un terzo. Impossibilità dell’imputato. L’incapacità economica, poi, intesa come impossibilità dell’obbligato, oltre a dover essere da lui provata con rigore, deve essere incolpevole e assoluta, nel senso di estendersi a tutto il periodo dell’inadempimento e di consistere in una persistente e oggettiva situazione di indisponibilità di introiti. La Corte d’appello, nelle conclusioni a cui è pervenuta, si è correttamente attenuta a tale principio, sulla base di una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata e di una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali. Recidiva e continuazione. Con ulteriori motivi, il ricorrente si lamenta della erronea qualifica della recidiva come reiterata da parte dei Giudici di appello, in quanto era stato riconosciuto già il vincolo della continuazione. Anche su questo punto, sostiene il Collegio, la Corte d’appello ha correttamente ricordato come la giurisprudenza di legittimità prevalente ritiene la piena compatibilità tra recidiva e continuazione. Così, sussistendone le condizioni, vanno applicati entrambi gli istituti, praticando sul reato base, se del caso, l’aumento di pena per la recidiva e, quindi, quello per la continuazione. Per tali ragioni, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 ottobre 2014 – 2 febbraio 2015, numero 4834 Presidente Conti – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. M. B. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Palermo, in data 6-2-2014, con la quale è stata confermata, in punto di responsabilità, la sentenza di condanna emessa in primo grado, in ordine al delitto di cui all'art. 570 cod. penumero 2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione, poiché la Corte d'appello ha ingiustificatamente trascurato la circostanza che, fino al settembre 2008, il M. era disoccupato e affetto da problemi di tossicodipendenza, tanto da trascorrere alcuni periodi in Comunità di recupero, onde era impossibilitato a corrispondere il dovuto ai familiari. 2.1.Con il secondo motivo, si deduce mancanza assoluta di motivazione in merito alla richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella della libertà controllata. 2.2. Con il terzo motivo si lamenta la mancanza di motivazione in merito alla richiesta di riduzione della pena, in considerazione della giovane età dell'imputato e delle difficoltà economiche e personali dello stesso. 2.3.Con il quarto motivo, si censura l'ingiustificato diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche, sulla base delle ragioni appena esposte. 2.4. Il quinto, il sesto e il settimo motivo si appuntano invece sulla recidiva,erroneamente qualificata come reiterata, in quanto, una volta riconosciuta la sussistenza del vincolo della continuazione con i fatti di cui al decreto penale di condanna in data 20/12/2004, avrebbe dovuto escludersi la qualificazione della recidiva come reiterata, in quanto tutte le condotte erano espressione di un medesimo disegno criminoso. Non avrebbe comunque dovuto applicarsi alcun aumento di pena per la recidiva, non denotando il reato in disamina maggiore pericolosità sociale. Viceversa è stato applicato un aumento di pena, a tale titolo,eccessivo 80 giorni di reclusione ed euro 200 di multa , in quanto calcolato facendo erroneamente riferimento alla pena detentiva applicata in origine. 2.4.Con l'ultimo motivo, si lamenta omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, nonostante l'imputato abbia trovato un lavoro stabile e frequenti regolarmente il SERT ciò che autorizza una prognosi di astensione dalla commissione di ulteriori reati Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. La Corte d'appello ha infatti evidenziato come dalla documentazione prodotta dallo stesso imputato e, in particolare, dal prospetto contributivo INPS emerga che dal settembre 2008 l'imputato lavorò continuativamente presso la società Cammarata di Palermo, percependo una retribuzione certamente idonea a far sì che egli potesse contribuire al mantenimento dei figli. Il M. tuttavia continuò a non versare alcunché ai familiari. Anche la certificazione medica acquisita attesta che l'imputato era stato in Comunità nel corso dei 2003 ma dal 2007 veniva seguito ambulatorialmente e,pur assumendo metadone, era in condizioni di svolgere attività lavorativa. Deve pertanto ritenersi-conclude, sul punto, il giudice a quo-che la situazione in cui versava l'imputato, all'epoca dei fatti, non era idonea ad esimerlo dai suoi obblighi verso i figli minori, tanto più che l'eventuale stato di disoccupazione del M. non sarebbe stato comunque esente da profili di colpa, essendo connesso ad un abuso volontario di sostanze stupefacenti. 1.1.Come si vede , l'impianto argomentativo a sostegno del decisum si sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente , privo di discrasie logiche , del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico esperito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità. Costituisce, d'altronde, ius rceptum, nella giurisprudenza di questa suprema Corte, il principio secondo cui la minore età dei figli costituisce in re ipsa una condizione di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di assicurare loro i mezzi di sussistenza ex plurimis , Cass. Sez VI 28-10-2008 n 4372 , Guida al dir. 2009, numero 12, 67 Sez. VI 23 settembre 2008 numero 38125 , Guida al dir. 2008 , numero 47 , 93 obbligo che non viene meno qualora a ciò provveda l'altro genitore o un terzo ex plurimis , Cass. Sez VI 28-10-2008 n 4372 , Guida al dir. 2009, numero 12, 67 Sez. VI 23 settembre 2008 numero 38125 , Guida al dir. 2008 , numero 47 , 93 . D'altronde l'incapacità economica, intesa come impossibilità dell'obbligato, oltre a dover essere da lui provata con rigore Sez. VI, 10 marzo 1998, Girolamo Sez VI, 30 aprile 1998, Banchero Sez VI., 3 febbraio 1999, De Chiara Sez VI, 22 settembre, 2000 Atzori , deve essere incolpevole Sez. VI, 25 giugno 1999, Morfeo Sez VI., 2 aprile 1998, Beniglio e assoluta, nel senso di estendersi a tutto il periodo dell'inadempimento e di consistere in una persistente e oggettiva situazione di indisponibilità di introiti Sez. VI, 7 maggio 1998, Giannetti Sez VI, 5 ottobre 1998, Genova Sez VI, 21 settembre 2001, Mangatia . Sono pertanto corrette, sul piano giuridico, le conclusioni alle quali è pervenuto il giudice a quo , sulla base di una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata e di una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali. 2. Il secondo, il terzo, il quarto e l'ottavo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, inerendo tutti al trattamento sanzionatorio, si collocano al di fuori dell'area della deducibilità nel giudizio di cassazione, ricadendo sul terreno dei merito. Le determinazioni adottate dal giudice a quo , in ordine all'applicazione delle sanzioni sostitutive alla concessione delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale ed alla graduazione della pena sono quindi insindacabili ove siano supportate da motivazione esente da vizi logicogiuridici. Al riguardo,il giudice a quo ha evidenziato la gravità della condotta di assoluto e persistente disinteresse nei confronti dei due figli, che la pregressa condanna non ha scalfito, nonché la presenza di un precedente specifico e, d'altronde, l'assenza di elementi che possano giustificare un atteggiamento di indulgenza nei suoi confronti. Trattasi di motivazione senz'altro congrua , esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum . 3. Il quinto , il sesto e il settimo motivo di ricorso , che ineriscono tutti alla recidiva, sono infondati. Come correttamente ricordato dal giudice d'appello,la giurisprudenza nettamente prevalente e più recente ha ritenuto la piena compatibilità fra recidiva e continuazione , potendo la continuazione essere riconosciuta anche tra un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente alla formazione del giudicato Cass. Sez 5, numero 41881 del 2-7-2013 , Rv . 256712 conf Cass. n 19544 dei 2004, Rv 227981 Cass. numero 14937 del 2008 , Rv.240144 Cass. numero 19541 del 2011, Rv. 252847 Cass. numero 37759 del 2013, Rv. 256212 . Questa opzione ermeneutica è stata fatta propria anche dalle Sezioni unite le quali , sulla scorta di un orientamento risalente a Sez. U 4-5-1968 , Pierro Giust. penumero , 1968 , Il , 803 , hanno stabilito che non esiste incompatibilità fra gli istituti della recidiva e della continuazione , sicché, sussistendone le condizioni, vanno applicati entrambi, praticando sul reato base, se dei caso, l'aumento di pena per la recidiva e, quindi, quello per la continuazione Sez U. numero 9148 del 17-4-1996 , Rv. 205543 . 3.1. In ordine alla determinazione di non disapplicare la recidiva, la Corte d'appello, con motivazione immune da censure , ha evidenziato che la sussistenza di una recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale attesta la spiccata pericolosità dell'imputato e l'assoluta impermeabilità all'effetto deterrente delle sanzioni penali. 3.2. In ordine al quantum dell'aumento, il giudice di secondo grado ha posto in rilievo che l'imputato ha riportato due condanne definitive alla pena complessiva di 80 giorni di reclusione, onde l'aumento per la recidiva non poteva valicare tale soglia. Correttamente pertanto il giudice a quo, nell'applicare la regola prevista dall'art. 99, comma 6, cod. penumero , ha fatto riferimento alla pena detentiva applicata in origine, anche se la stessa è stata sostituita con la pena pecuniaria. La pena inflitta è infatti quella originariamente applicata dal giudice, come si desume dal disposto dell'art. 6 1 I. 24-11-1981 n 689 , a norma del quale nel dispositivo di sentenza occorre sempre indicare la specie e la durata della pena detentiva sostituita. Il ricorso va dunque rigettato , poiché basato su motivi infondati , con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.