Legittima l’implicita revoca del consenso da parte del Pubblico Ministero a seguito di modifica dell’imputazione?

Allorquando, a seguito della riqualificazione giuridica della contestazione, interviene comunque un nuovo accordo tra le parti, fondato proprio sulla nuova imputazione, tale nuova manifestazione di volontà si sovrappone alla precedente, comportando un’ovvia carenza di interesse di entrambe le parti sul primo accordo e, conseguentemente, sulla eventuale illegittimità della revoca unilaterale del consenso al primo accordo da parte del Pubblico Ministero.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 4261, depositata il 29 gennaio 2015. Il caso. Il gip di Lecco applicava a P.E. la pena concordata in relazione ai reati di rapina impropria aggravata ex art. 628, comma 3, n. 1, c.p., resistenza a pubblico ufficiale, lesioni volontarie e detenzione di strumenti atti a forzare serrature. Avverso tale sentenza l’imputato ricorreva per cassazione lamentando violazione di legge processuale in particolare, la doglianza risultava afferente la lesione del diritto al contraddittorio, in quanto nell’originaria imputazione non era stata contestata l’aggravante de qua , la quale era sopravvenuta durante l’udienza camerale fissata ai sensi dell’art. 447 c.p.p. a seguito di riqualificazione giuridica del fatto di reato da parte del pm. Il ricorrente lamenta che la procura speciale per concordare la pena era stata conferita in relazione al reato nella sua configurazione originaria, caratterizzata dall’assenza dell’aggravante in questione, nonché che la modifica dell’imputazione non gli era stata comunicata. La sez. II Penale della Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso de quo , ha avuto modo di chiarire alcuni importanti principi di diritto processuale in materia di patteggiamento. Il contrasto giurisprudenziale sulla revoca del consenso. Anzitutto, secondo i Supremi Giudici, allorquando il pm contesta una nuova aggravante nel corso dell’udienza camerale fissata per decidere sulla proposta di pena concordata, di fatto compie una attività che equivale a revoca del consenso sulla precedente proposta che era fondata su una differente configurazione giuridica dell’imputazione. Ora, in giurisprudenza sussistono due orientamenti contrapposti relativamente alla legittimità della revoca del consenso. In primis , l’orientamento secondo cui solo quando il gip ha ratificato l’accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non è più consentito alle stesse di modificare i termini dell’accordo. In secundis , l’orientamento più restrittivo per il quale, invece, la richiesta di applicazione di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, pervenuto a conoscenza dell’altra parte, non può essere né revocato né modificato unilateralmente, ed è sottoposto solo al controllo giudiziale. Tuttavia, nel caso di specie, se da un lato è vero che è intervenuta, da parte del pm, una revoca del consenso implicitamente derivante dall’unilaterale modificazione della imputazione originaria – e ciò potrebbe essere valutato quale in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale più restrittivo di cui sopra – è pur vero, dall’altro, che a seguito della contestazione dell’aggravante è comunque intervenuto tra le parti un nuovo accordo, fondato proprio sulla nuova imputazione. Donde, tale nuova manifestazione di volontà si sovrappone alla precedente, comportando una ovvia carenza di interesse di entrambe le parti sul primo accordo e, conseguentemente, sulla eventuale illegittimità della revoca unilaterale del consenso al primo accordo da parte del pm. L’imputato deve essere informato della modifica dell’imputazione? Relativamente alla doglianza afferente la mancata comunicazione della nuova contestazione all’imputato, la Corte Regolatrice si è limitata a chiarire come, allorquando la modifica della qualificazione giuridica del fatto di reato avvenga direttamente nel corso dell’udienza camerale fissata ex art. 447 c.p.p., è sufficiente – al fine di garantire il rispetto del diritto di difesa – la comunicazione al solo difensore comparso il quale, munito di procura speciale, è legittimato a rappresentare l’imputato assente che, pertanto, non ha diritto a ricevere alcuna comunicazione sulla modifica della imputazione a suo carico. La procura speciale per il patteggiamento generica o specifica? Laddove a seguito di riqualificazione giuridica del fatto di reato sopravvenga un nuovo accordo tra le parti, al fine di valutare la legittimità del nuovo concordato sarà necessario verificare il contenuto della procura speciale rilasciata dall’imputato al proprio difensore, ovvero se la stessa sia caratterizzata da una forma specifica, con la fissazione di limiti e condizioni, o generica. In effetti, secondo l’orientamento giurisprudenziale condiviso dai Supremi Giudici, non è consentito al procuratore speciale travalicare i limiti del mandato ne in relazione alla pena, ove questa sia stata rigidamente predeterminata, ne in relazione alle condizioni cui eventualmente sia stato subordinato il concordato. Donde, solo allorquando – come nel caso di specie – la procura speciale sia generica il difensore, anche a seguito della modifica della imputazione, sarà ugualmente legittimato a concludere un nuovo, e diverso, accordo.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 dicembre 2014 – 29 gennaio 2015, n. 4261 Presidente Petti – Relatore recchione Ritenuto in fatto 1.II Giudice per le indagini preliminari di Lecco applicava all'indagato la pena concordata di anni tre, mesi due di reclusione ed euro 1200 di multa in relazione ai reati di rapina impropria aggravata ai sensi dell'art. 628 comma 3, n. 1, così riqualificato il fatto nel corso dell'udienza fissata ai sensi dell' art. 447 cod. proc. pen., resistenza a pubblico ufficiale, lesioni volontarie e detenzione di strumenti atti a forzare serrature. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'imputato deducendo violazione di legge processuale. Il ricorrente si doleva della violazione del diritto al contraddittorio, in quanto la contestazione dell'aggravante non era stata comunicata all'imputato, che aveva conferito al difensore procura speciale per concordare la pena in relazione al reato nella configurazione originaria, senza l'aggravante. Il fatto che i difensori non si fossero opposti alla nuova contestazione ed avessero formulato una nuova richiesta di applicazione pena in relazione alla imputazione modificata non potevano considerarsi comportamenti idonei a sanare la lesione denunciata. Considerato in diritto 1.II ricorso è infondato. 1.1. In via preliminare si rileva che quando il pubblico ministero contesta una nuova aggravante nel corso dell'udienza fissata per decidere sulla proposta di pena concordata, di fatto compie una attività che equivale a revoca del consenso sulla precedente proposta che era fondata su una imputazione diversamente configurata. La giurisprudenza non è uniforme sulla legittimità della revoca del consenso. Secondo un primo orientamento soltanto quando il giudice per le indagini preliminari ha ratificato l'accordo delle parti ai sensi dell'art. 444 c.p.p. non è più consentito alle stesse modificare i termini dell'accordo Cass. sez. 3, n. 3580 dei 09/01/2009, Rv. 242673, Cass. sez. 1, n. 2831 del 24/06/1991 Rv. 188612 secondo altro orientamento, invece, la richiesta di applicazione di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, pervenuto a conoscenza dell'altra parte, non può essere ne' revocato, ne' modificato unilateralmente ed è sottoposto solo al controllo giudiziale Cass. n. 4199 del 5.12.1997 Cass. n. 7563 del 15.1.2004 Cass. sez. 4, n. 38051 del 03/07/2012, Rv. 254367 Cass. sez 4, n. 38070 del 11/07/2012, Rv. 254371 . A sostegno di tale interpretazione si richiama l'art. 447 cod. proc. pen., u.c., il quale prevede che, durante il termine fissato dal giudice per esprimere il consenso o il dissenso sulla richiesta, quest'ultima non è revocabile sarebbe illogico ritenere che, una volta raggiunto l'accordo, la proposta possa invece essere revocata Cass. n. 39730 del 2009 Cass. n. 115 del 9.1.1998 . Tuttavia, nel caso di specie alla revoca del consenso conseguente alla unilaterale modifica delle condizioni dell'accordo manifestatasi attraverso la contestazione dell'aggravante è seguito un nuovo accordo volto a siglare un ulteriore negozio processuale basato sulla imputazione nella configurazione modificata. Tale nuova manifestazione di consenso si sovrappone alla prima, generando la carenza di interesse di entrambe le parti a dolersi della illegittimità della revoca unilaterale del consenso al primo accordo. 1.2. Quanto alla invocata necessità di comunicare la contestazione della aggravante all'imputato assente, si osserva che la modifica della imputazione nel corso dell'udienza camerale fissata ai sensi dell'art. 447 cod. proc. pen. risulta effettuata al limitato fine di verificare la possibilità di addivenire ad un nuovo accordo basato sulla nuova imputazione. Considerato che la comunicazione al solo difensore è stata ritenuta dal legislatore garanzia sufficiente in caso di contestazione dell'aggravante all'assente nel corso dell'udienza preliminare, quando la cognizione del giudice ha confini ben più ampi di quelli, estremamente circoscritti, consentiti nel corso dell'udienza incidentale fissata ai sensi dell'art. 447 cod. proc. pen. si ritiene che, anche qualora la contestazione avvenga in tale udienza, non sia necessaria la comunicazione formale all'imputato, essendo sufficiente a garantire il diritto di difesa la comunicazione al difensore, il quale, essendo munito di procura speciale, presenta una legittimazione rafforzata a rappresentare l'imputato ai fini delle valutazioni sull'accesso al rito a prova contratta, ovvero le uniche effettuabili nella fase incidentale in cui si verifica la modifica dell'imputazione. Può dunque affermarsi che la eventuale modifica dell'aggravante nel corso dell'udienza camerale fissata ai sensi dell'art. 447 cod. proc. pen non richiede la comunicazione all'imputato, essendo sufficiente quella al difensore comparso. 1.3. Assente un onere di comunicazione della nuova aggravante, contestata nel corso dell'udienza camerale ex art. 447 cod. proc. pen, non può che rilevarsi come l'intervento sull'imputazione vanifica la validità della proposta di pena sulla base della quale l'udienza era stata fissata, modificandone i presupposti. Deve quindi essere verificato se il difensore munito di procura speciale può legittimamente concorrere a formare un nuovo negozio processuale sulla base del mandato ricevuto, esprimendo la volontà dell'imputato anche con riferimento alla imputazione nella nuova configurazione. Sul punto si ritiene che la procura speciale per la definizione del procedimento con il rito della pena concordata è atto personalissimo, fondamentale per la legittimità del negozio, che può presentarsi sia in forma specifica, con la fissazione di limiti e condizioni, che in forma generica. Sul punto il collegio condivide l'orientamento della Corte di legittimità secondo cui non è consentito al procuratore speciale travalicare i limiti del mandato ne' in relazione alla pena ove questa sia stata già rigidamente predeterminata , ne' in relazione a condizioni cui eventualmente sia stato subordinato il concordato. La richiesta di applicazione pena è, invero, atto personalissimo dell'imputato, il quale, direttamente o a mezzo del procuratore speciale, deve esprimere la sua volontà Cass. sez. 3 n. 41880 del 9.10.2008, Rv. 241495 Cass. sez. 3 n. 6427 del 21/11/2007 Ud., dep 2008 Rv. 239052 con i limiti e le condizioni che intende imporgli. 1.4. Quando la procura speciale assume una configurazione generica e non presenta limiti o condizioni, essa deve intendersi segnatamente finalizzata alla conclusione del processo con il rito speciale. Con tale atto l'imputato affida infatti al difensore il mandato di esprimere per suo conto la volontà di accesso al rito a prova contratta, sicchè deve ritenersi che tale mandato comprenda anche quello di valutare le fisiologiche vicende del procedimento e del processo successive al conferimento della procura, in coerenza con gli interessi dell'imputato. 1.5. Può pertanto essere affermato che la eventuale modifica dell'imputazione, non toglie efficacia al mandato conferito, ove questo non contenga una esplicita limitazione. Sicchè, ogni volta che la procura speciale a concludere il processo con un rito a prova contratta non preveda limiti e condizioni, spetta al difensore la valutazione della coerenza del negozio processuale con gli interessi dell'imputato che gli ha conferito il mandato. 1.6. Nel caso specifico la procura speciale non contiene alcuna specificazione o limitazione oltre a quella relativa ai numeri del ruolo dei procedimento. Deve dunque intendersi che l'imputato abbia conferito al difensore un ampio mandato esteso alla valutazione delle fisiologiche evenienze del procedimento come la modifica dell'imputazione. 2. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.