L’omessa dichiarazione dei redditi non può concorrere con la truffa aggravata in danno dello Stato

In tema di reati tributari, e segnatamente di omissione della dichiarazione dei redditi art. 5 d.lgs. n. 74/2000 , va riconosciuto il principio di assorbimento della truffa nella fattispecie tributaria. Tale ipotesi di reato risulta incompatibile con il concorrente reato di truffa aggravata in danno dello Stato. Peraltro, ove fosse possibile un concorso fra il delitto di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74/2000 e quello di cui all’art. 640 bis c.p., quest’ultimo non potrebbe che ritenersi consumato nel momento in cui il soggetto agente ha conseguito il profitto, momento che coinciderebbe con quello di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.

Lo ha stabilito la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 981, depositata il 13 gennaio 2015. L’esclusione del concorso fra reati dichiarativi e truffa aggravata La questione relativa al concorso tra la frode fiscale e la truffa aggravata in danno dello Stato è stata oggetto di decisione delle Sezioni unite penali della Cassazione Cass. pen., SSUU, n. 1235/2011 . I Supremi Giudici hanno ribadito l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, affermando la specialità tanto del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante false fatturazioni, quanto dello speculare delitto di emissione di fatture false, rispetto a quello di truffa aggravata in danno dello Stato art. 640, comma 2, n. 1, c.p. . Oltre allo specifico artificio costituito dalle fatture false, secondo le Sezioni Unite la specialità del reato di frode fiscale come nella truffa sussisterebbe per la presenza dell’induzione in errore diretta conseguenza del versamento di un tributo inferiore a quello dovuto e del danno in termini di ritardo nella percezione del tributo stesso . Ad avviso di chi scrive, l’argomento più convincente offerto dalla Cassazione, al fine di ribadire il rapporto di specialità fra i due delitti, fa leva su precise necessità di ordine teleologico, sottese alla ratio dell’intera disciplina dei reati tributari. Ed infatti, in un sistema quale quello penale tributario vigente fondato sulla centralità della dichiarazione fraudolenta e non più, come in passato, sulle violazioni prodromiche alla presentazione di quest’ultima , non avrebbe senso prevedere la possibilità di punire il contribuente anche in ragione di un reato comune, come l’ipotesi aggravata di truffa, così stravolgendo le originarie intenzioni del legislatore. Con la riforma del 2000, infatti, si è voluto creare un autonomo microcosmo” punitivo, per le condotte lesive del bene giuridico costituito dall’interesse dell’Amministrazione finanziaria alla puntuale e corretta percezione delle entrate. A fronte di una siffatta scelta di politica legislativa, risulterebbe incoerente contestare, a fronte di condotte di frode fiscale ex art. 2, l’ulteriore reato di truffa aggravata in danno dello Stato, il quale concerne più in generale qualsiasi frode perpetrata in danno di enti facenti parte dell’Amministrazione pubblica, ma non specificamente di quella finanziaria. si estende all’omessa dichiarazione dei redditi. La sentenza in commento effettua un’importante precisazione rispetto a quanto già stabilito dalle Sezioni Unite, con specifico riguardo al delitto di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi art. 5 d.lgs. n. 74/2000 . Il reato de quo costituisce l’ultima e più semplice figura di delitto in materia di dichiarazione contemplata dal d.lgs. n. 74/2000. Se posta a confronto con la previgente formulazione contenuta nell’art. 1, comma 1, legge n. 516/1982, ci si accorge che quest’ultima a differenza dell’attuale aveva natura contravvenzionale, ed era pertanto punibile anche a titolo di mera colpa, e non soltanto a titolo di dolo specifico di evasione delle imposte. Il reato precedente sanzionava chi ometteva di presentare una delle dichiarazioni, che si aveva l’obbligo di presentare ai fini delle imposte sui redditi o ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Erano pertanto oggetto materiale del reato anche le dichiarazioni aventi periodicità diversa da quella annuale. Ratio della previgente disposizione era quella di contrastare in radice condotte ritenute produttive di evasione fiscale, perpetrate mediante l’omissione della dichiarazione tributaria. A differenza dell’attuale norma, la precedente fattispecie prevedeva una soglia di punibilità rapportata all’ammontare dei redditi fondiari, corrispettivi, ricavi, compensi o altri proventi non dichiarati, purché questo fosse superiore a 100 milioni delle vecchie lire. Erano dunque tenuti in considerazione, ai fini della soglia di rilevanza penale, i corrispettivi, e non l’imposta evasa come invece oggi è previsto, in ragione dell’esigenza, avvertita dal legislatore della riforma del 2000, di garantire un effettivo collegamento fra il danno concretamente cagionato all’Erario e la condotta antidoverosa del contribuente . Poteva perciò accadere che il reato de quo fosse contestato anche in assenza di una concreta evasione di imposta, ogni qualvolta fossero congiuntamente presenti costi uguali o addirittura superiori agli elementi attivi non dichiarati. Orbene, con la pronuncia in commento la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata sulla controversa questione della possibilità di concorso fra il delitto de quo e quello di truffa aggravata in danno dello Stato. Sul punto, la Cassazione si è espressa in senso negativo, sottolineando la specialità dell’intera disciplina penale tributaria, tale da spingere la Corte a ritenere che un reato comune quale la truffa aggravata non possa concorrere con quello specificamente introdotto dal legislatore a tutela dell’interesse erariale all’esatta e tempestiva percezione dei tributi, e che pertanto debba restare circoscritto alle fattispecie in concreto prive degli elementi specializzanti propri del delitto tributario.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 10 dicembre 2014 – 13 gennaio 2015, numero 981 Presidente Esposito – Relatore Alma Ritenuto in fatto Con sentenza del 7/4/2014, all'esito dell'udienza preliminare il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Marsala ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di S.R. , B.G. , M.M. , F.R. , S.A. , C.V.A. , A.G. e S.G. in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti in rubrica perché il fatto non sussiste. Contestualmente il Giudice ha ordinato il dissequestro e la restituzione agli imputati dei beni agli stessi rispettivamente sequestrati a seguito dell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Marsala in data 10/10/2012. Gli imputati erano chiamati a rispondere in base anche ad imputazioni separate del reato di concorso in riciclaggio artt. 110, 648-bis, cod. penumero nonché i soli S.R. , B.G. , M.M. e F.R. , anche del reato di cui agli artt. 61 numero 2, 110 cod. penumero e 12-quinquies d.l. 306/92 capo b della rubrica delle imputazioni . I fatti in contestazione risalgono agli anni 2008 e 2009. Va detto subito, al fine di meglio comprendere la problematica giuridica che con il ricorso del quale si dirà a breve è stata sollevata, che la decisione del Giudice per l'udienza preliminare di Marsala si fonda sostanzialmente sull'osservazione che i delitti-presupposto rispetto a quello di riciclaggio devono essere consumati in epoca anteriore al reato stesso. Orbene, ha rilevato il Giudice, le operazioni economico-finanziarie riassunte in sentenza e che hanno portato alla formulazione delle imputazioni di riciclaggio ed a quella consequenziale di violazione dell'articolo 12-quinquies del d.l. 306/92 sono anteriori al perfezionarsi dei delitti-presupposto in quanto a le somme provento dei reati fiscali sarebbero divenute illecite al momento del perfezionamento degli stessi, con la conseguenza che il delitto di cui all'articolo 5 della d.lgs. 74/2000 di omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi relativa al periodo di imposta 2007 del quale una delle società interessate la LUNIX s.a., società estera ma soggetta a tassazione in Italia e riconducibile a tale N.V. nei confronti del quale si procede separatamente sarebbe stata obbligata per effetto dell'acquisizione di una plusvalenza tassabile, si è perfezionato non essendo concepibile la forma del delitto tentato allo spirare del termine per la presentazione della dichiarazione stessa e quindi in un momento successivo alle movimentazioni economiche anche esterovestite indicate nelle imputazioni b il reato di tentata truffa aggravata ai danni dello Stato - che costituirebbe l'ulteriore reato presupposto e che si sarebbe comunque consumato anche in questo caso al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi - non sarebbe configurabile stante il rapporto di specialità affermato dalla costante giurisprudenza dei reati in materia fiscale rispetto allo stesso. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il Pubblico Ministero di Marsala, deducendo con un unico articolato motivo la inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale ex articolo 606, comma 1, lett. b, cod. proc. penumero nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex articolo 606, comma 1, lett. e, cod. proc. penumero . Infatti, il ricorrente, dopo aver premesso di concordare con il Giudice di prime cure sul fatto che il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte della società LUNIX s.a. veniva a scadere al 30/9/2008, con la conseguenza che solo a quella data si è perfezionato il reato fiscale in capo al N. nei confronti del quale, come detto, si procede separatamente ha però rilevato quanto segue 1 Se si volesse concordare con l'impostazione seguita dal Giudice per le indagini preliminari e, quindi, escludere la possibilità di configurazione del reato di riciclaggio anteriormente alla definizione giuridica dell'evasione fiscale per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, la condotta degli imputati che hanno posto in essere le movimentazioni economiche descritte nei capi di imputazione non potrebbe che ricondursi nell'ipotesi di concorso nel reato fiscale. Nell'ipotesi in cui, però, non fosse provato che gli imputati abbiano assunto un accordo con il N. sul riciclaggio dei proventi del futuro reato presupposto, non potrà che essere agli stessi contestata la violazione dell'articolo 648-bis cod. penumero la cui data di consumazione dovrà essere fatta slittare al 30/9/2008, epoca in cui le operazioni di storno avevano già raggiunto un grado di perfezionamento assai significativo quanto alla possibilità di loro individuazione e recupero. Diversamente opinando le condotte descritte nelle imputazioni rimarrebbero confinate in una sorta di limbo penale. 2 Quanto al fatto che il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto anche il reato di truffa assorbito nelle violazioni fiscali, ciò è frutto di una interpretazione fuorviante degli arresti giurisprudenziali in materia. Infatti, il principio di assorbimento della truffa nella fattispecie tributaria è stato riconosciuto nelle ipotesi della tipica frode di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs. 74/2000 ma non nel caso della semplice omissione della dichiarazione dei redditi di cui all'articolo 5 del medesimo decreto legislativo. Essendo infatti quest'ultima fattispecie priva di connotati fraudolenti ciò non la rende incompatibile con il concorrente reato di truffa ai danni dell'Erario. In sostanza la Corte di legittimità ha affermato che l'assorbimento della truffa nella violazione tributaria opera nei soli casi nei quali la condotta incriminata abbia avuto come mera finalità l'evasione o l'elusione della condotta tributaria non quando, invece, dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale. In realtà - prosegue il ricorrente - nel caso in esame è emerso che i presunti autori dell'illecito siano anche altri soggetti oltre al N. con la conseguenza che costoro si sarebbero resi responsabili del reato di appropriazione indebita consistita nella fraudolenta acquisizione dell'intera plusvalenza e non solo del tributo evaso ai danni della società LUNIX e, assai verosimilmente, anche del reato di false comunicazioni sociali in danno della medesima società, reati commessi all'evidenza in epoca anteriore rispetto a quella in cui sono state consumate le operazioni di riciclaggio. Ancora, fondatamente ipotizzabile, è la consumazione in territorio estero Lussemburgo delle violazioni fiscali a carico della LUNIX. Tutto ciò alla luce dell'orientamento giurisprudenziale secondo il quale ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio non sono richiesti né l'esatta individuazione, né l'accertamento giudiziale del delitto presupposto, essendo sufficiente che lo stesso risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti ed interpretati secondo logica, almeno astrattamente configurabile. I difensori di S.A. , C.V.A. ed A.G. , il difensore anche di S.G. , nonché il difensore di B.G. , hanno fatto pervenire in cancelleria rispettivamente in data 25/11/2014, in data 4/12/2014 ed in data 3/12/2014 memorie difensive con le quali sostanzialmente contestano sotto vari profili le argomentazioni contenute nel ricorso del Pubblico Ministero. Considerato in diritto 1. Il primo profilo di ricorso è manifestamente infondato. Ritiene, infatti, l'odierno Collegio, che il Giudice di prime cure abbia fatto corretto governo della norma di cui all'articolo 648-bis cod. penumero nel momento in cui ha ritenuto, anche sulla base del dato testuale della citata norma di legge, che il delitto presupposto deve essersi perfezionato in epoca anteriore rispetto a quello di riciclaggio. Il riferimento contenuto nell'articolo 648-bis cod. penumero a denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non consente altra interpretazione che quella di ritenere che il delitto presupposto sia già stato consumato altrimenti dette cose non potrebbero aver assunto detta specifica caratteristica richiesta dalla legge. Né, d'altro canto, in situazioni come quella che in questa sede ci occupa si potrebbe configurare una sorta di riciclaggio anticipato caratterizzato da un'azione di sostituzione o trasferimento di denaro prima che lo stesso assuma le caratteristiche di provenienza da delitto e la cui soglia di consumazione venga posticipata al momento in cui, per effetto della omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, tale condizione venga a verificarsi. Ne consegue che per configurarsi il riciclaggio è necessario che la sostituzione od il trasferimento del denaro o degli altri beni od utilità indicati nella norma che caratterizza il momento consumativo del reato di cui all'articolo 648-bis cod. penumero avvenga in un momento in cui il delitto presupposto si è già perfezionato. 2. Anche il secondo profilo di ricorso è manifestamente infondato. Si deve concordare anche in questo caso con la valutazione effettuata dal Giudice di prime cure circa le problematiche inerenti il reato presupposto di truffa. Come evidenziato anche nella sentenza impugnata, le Sezioni Unite di questa Corte Suprema Sent. numero 1235 del 28/10/2010, dep. 19/01/2011, Rv. 248865 hanno chiarito che È configurabile un rapporto di specialità tra le fattispecie penali tributarie in materia di frode fiscale artt. 2 ed 8, D.Lgs. 10 marzo 2000, numero 74 ed il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato articolo 640, comma secondo, numero 1, cod. penumero , in quanto qualsiasi condotta fraudolenta diretta alla evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all'interno del quadro delineato dalla normativa speciale, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale . Di conseguenza il Giudice per le indagini preliminari, richiamando la motivazione della sentenza impugnata, ha ritenuto una generale incompatibilità fra la contestazione dei reati previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 e l'ipotesi di reato ex articolo 640, comma 2, cod. penumero . In realtà va osservato che se non vi è dubbio che la lettura della massima che sintetizza la decisione delle Sezioni Unite sopra menzionata si presta a considerare il delitto previsto dal codice penale come soccombente rispetto alle violazioni previste dalla normativa speciale in tema di violazioni tributarie, pur tuttavia non può non rilevarsi che la citata sentenza delle Sezioni Unite espressamente affronta il tema del rapporto di specialità fra il delitto ex articolo 640, comma 2, cod. penumero e quello/quelli di frode fiscale avendo come riferimento non tutte le disposizioni del citato D.Lgs., ma solo quelle che sanzionano la presentazione di dichiarazione infedele e l'emissione di fatture per operazioni inesistenti. Senza che sia necessario riportare qui la parte rilevante della motivazione della sentenza, cui si rinvia, può affermarsi che le Sezioni Unite hanno ritenuto che le condotte ex articolo 2 e articolo 8, citati, comportando una fraudolenta esposizione di costi e ricavi tali da alterare l'ammontare delle imposte dovuto dagli autori del reato, contengono in sé tutti gli elementi propri della sottrazione di somme al bilancio statale e, dunque, escludono che per tale sottrazione gli autori possano rispondere anche ai sensi dell'articolo 640, comma 2, cod. penumero . Peraltro, ove fosse possibile un concorso tra il delitto di cui all'articolo 5 d.lgs. 74/2000 e quello di truffa, quest'ultimo non potrebbe che ritenersi consumato nel momento in cui il soggetto ha conseguito il profitto, momento che, ancora una volta, verrebbe a coincidere con quello della omessa dichiarazione dei redditi e che, per le stesse ragioni sopra indicate, sarebbe da ritenersi successivo a quello di consumazione delle azioni costituenti il reato di riciclaggio. Con riguardo, infine, agli altri potenziali reati-presupposto rispetto a quello di riciclaggio, il Pubblico Ministero ricorrente, rendendosi all'evidenza conto della debolezza dell'impalcatura accusatoria costruita nei confronti degli imputati, tenta di giustificare la sussistenza del contestato reato di cui all'articolo 648-bis cod. penumero e per l'effetto di accreditare il vizio della sentenza impugnata richiamandosi agli arresti giurisprudenziali secondo i quali ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio non sono richiesti né l'esatta individuazione né l'accertamento giudiziale del delitto presupposto, essendo sufficiente che lo stesso risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti ed interpretati secondo logica, almeno astrattamente configurabile e quindi ipotizza la sussistenza di altri reati appropriazione indebita, evasione fiscale all'estero, false comunicazioni sociali che a suo dire, emergerebbero dagli atti. Tuttavia da un lato non si comprende perché il Pubblico Ministero qualora avesse ravvisato altri reati non ha provveduto ad effettuarne le contestazioni invece che limitarsi ad ipotizzarne la sussistenza nel ricorso e, dall'altro, qualora detti reati non fossero contestabili per ragioni processuali agli imputati od a terzi, non può non rilevarsi che, in violazione del principio giurisprudenziale dell'”autosufficienza del ricorso il Pubblico Ministero non ha fornito a questa Corte Suprema alcun elemento di fatto che vada al di là delle mere ipotesi per effettuare tale valutazione, trattandosi di elementi che non sono indicati nella sentenza impugnata, né nei capi di imputazione ed in relazione ai quali il ricorrente non ha provveduto a richiamare o ad allegare alcun supporto documentale. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.