Passa un’ora tra fatto e arresto: c’è quasi flagranza

Il concetto di quasi flagranza deve essere inteso in senso più ampio di quello strettamente etimologico. Infatti, dal punto di vista tecnico – giuridico, esso ricomprende anche l’azione di ricerca, immediatamente posta in atto allorché la polizia giudiziaria sia venuta a conoscenza di un fatto reato, anche se non immediatamente conclusa, purché protratta senza soluzione di continuità.

Questa la conclusione della Corte di Cassazione nella sentenza n. 50873, depositata il 4 dicembre 2014. Il fatto. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione contro l’ordinanza di convalida di arresto emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Prato arresto effettuato dai Carabinieri nella quasi flagranza del reato ex art. 628, comma 3, n. 1 c.p Il ricorrente deduce violazione dell’art. 382 c.p.p. per avere il Tribunale convalidato l’arresto nonostante non ne sussistessero i presupposti. Indagini e ricerche proseguite senza soluzione di continuità. Il ricorso è ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione. Infatti, nella fattispecie in esame, la Polizia Giudiziaria ha provveduto a raccogliere, nell’immediatezza del fatto, le dichiarazioni della persona offesa e di un testimone. Quindi, essendo trascorsa poco più di un’ora tra il fatto contestato e l’arresto, l’operato della Polizia Giudiziaria non può ritenersi illegittimo perché in questo lasso di tempo le indagini e le ricerche sono proseguite senza soluzione di continuità. Il concetto di quasi flagranza. A conferma di ciò, il Collegio riprende quella parte di giurisprudenza di legittimità condivisa, secondo la quale il concetto di quasi flagranza deve essere inteso in senso più ampio di quello strettamente etimologico. Infatti, dal punto di vista tecnico – giuridico, esso ricomprende anche l’azione di ricerca, immediatamente posta in atto allorché la Polizia Giudiziaria sia venuta a conoscenza di un fatto reato, anche se non immediatamente conclusa, purché protratta senza soluzione di continuità. Nel caso in esame, aggiunge il Collegio, l’identità dell’indagato come autore della rapina non era neppure in discussione perché il medesimo era stato ripreso dalle telecamere a circuito chiuso ed era stato immediatamente riconosciuto dagli agenti di Polizia Giudiziaria ai quali era noto per i suoi numerosi precedenti. In conclusione, la S.C. ha rigettato l’impugnazione e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 novembre – 4 dicembre 2014, numero 50873 Presidente Petti – Relatore Rago Fatto e diritto 1. Con ordinanza del 03/03/2014, il Tribunale di Prato convalidava l'arresto di B.A.N. effettuato dai C.C. in data 02/03/2014, in quanto arrestato nella quasi flagranza del reato di cui all'art. 628/3 n° 1 cod. penumero e, contestualmente, dopo avere applicato la misura della custodia cautelare in carcere, disponeva procedersi a giudizio direttissimo. 2. Avverso l'ordinanza di convalida, l'imputato, in proprio, ha proposto ricorso per cassazione deducendo la VIOLAZIONE DELL'ART. 382 COD. PROC. PEN. per avere il tribunale convalidato l'arresto nonostante non ne sussistessero i presupposti atteso che a l'arresto era avvenuto a distanza di oltre un'ora dai fatti b mancava la continuità delle indagini e delle ricerche senza soluzione di continuità. Infatti, l'arresto era avvenuto senza la conoscenza dei fatti e delle circostanze del reato da parte della Polizia Giudiziaria operante ma unicamente tramite le dichiarazioni della persona offesa e di un testimone e, addosso ad esso ricorrente non era stato rinvenuto nulla riconducibile alla rapina. 3. II ricorso è infondato. Come ha condivisibilmente rilevato il Procuratore Generale nella sua requisitoria, nella fattispecie in esame, la Polizia Giudiziaria ha provveduto a raccogliere, nell'immediatezza del fatto, le dichiarazioni della persona offesa e di un testimone. Ebbene, essendo trascorsa poco più di un'ora tra il fatto contestato e l'arresto, l'operato della Polizia Giudiziaria non può ritenersi illegittimo perché in questo lasso di tempo le indagini e le ricerche sono proseguite senza soluzione di continuità . La suddetta conclusione è conforme a quella parte di giurisprudenza di legittimità condivisa da questa Corte, secondo la quale il concetto di quasi flagranza, deve essere inteso in senso più ampio di quello strettamente etimologico invero, dal punto di vista tecnico giuridico, esso ricomprende anche l'azione di ricerca, immediatamente posta in atto allorché la polizia giudiziaria sia venuta a conoscenza di un fatto reato, anche se non immediatamente conclusa, purché protratta senza soluzione di continuità Cass. Sez. 5, sent. 7.6.1999, numero 2738, Rv. 214469 Cass. Sez. 4, sent. 12.11.2002, numero 4348, Rv. 226984 Cass. Sez. 1, sent. 15.3.2006, numero 23560, Rv. 235259 Cass. Sez. 2, sent 10.11.2010, numero 44369, Rv.249169 Cass. sez IV 34804/2014. Nel caso di specie, peraltro, l'identità dell'indagato come autore della rapina non era neppure in discussione perché il medesimo era stato ripreso dalle telecamere a circuito chiuso ed era stato immediatamente riconosciuto dagli agenti di Polizia Giudiziaria ai quali era ben noto per i suoi numerosi precedenti. In conclusione, l'impugnazione deve rigettarsi con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.