Esponenti della cosca ‘padroni’ del residence, reazione violenta dei proprietari. Confermata l’estorsione mafiosa

‘Sigillata’ la condanna a tre anni e mezzo di carcere. Nessun dubbio sulla condotta di due esponenti di una cosca, i quali hanno approfittato, con forza, delle prestazioni messe a disposizione da un residence. Evidente il clima di intimidazione nei confronti dei proprietari della struttura.

Bella struttura, splendida location – quella di Capo Rizzuto, in Calabria –, con panoramica vista sul mare davvero sofisticati i gusti di due esponenti di una cosca malavitosa, che approfittano della ospitalità offerta – eufemismo – obtorto collo dal proprietario di un residence. Così, per mesi, i due ‘gentiluomini’ usufruiscono, gratuitamente, delle prestazioni alberghiere e culinarie messe a disposizione dalla struttura. Per fortuna, però, la pacchia ha una scadenza e a chiusura della lunga vacanza i due criminali finiscono in carcere, condannati per estorsione, con l’aggravante del metodo mafioso. Irrilevante il fatto che, una volta esauritasi la ‘paziente sopportazione’ del proprietario, i due ‘ospiti’ siano stati presi a botte e spediti all’ospedale Cassazione, sentenza n. 50646, sez. II Penale, depositata oggi . Azione e reazione Linea dura, quella adottata dal gip del Tribunale e dai giudici della Corte d’appello i due esponenti della cosca vengono condannati alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione, e 400 euro di multa per estorsione aggravata nei confronti dei titolari di un residence. Inequivocabile la condotta tenuta dai due criminali, i quali costringevano la struttura ad erogare prestazioni alberghiere e somministrazione di cibi e bevande, senza pagare, usando metodo mafioso, consistito nell’affermare di essere pregiudicati appena usciti dal carcere e qualificandosi con il nome dell’omonima cosca locale . Punizione eccessiva, secondo uno dei due criminali. Ecco spiegato il ricorso in Cassazione, sostenendo l’illegittimità della aggravante del metodo mafioso , soprattutto tenendo presente che i due esponenti della cosca vennero percossi dai titolari del residence, tanto da finire in ospedale . Questa obiezione, però, viene ritenuta risibile dai giudici del ‘Palazzaccio’. E, di conseguenza, questi ultimi confermano la aggravante del metodo mafioso , concretizzatosi, viene spiegato, col chiaro riferimento allo status di pregiudicati appena usciti dal carcere e facendo leva anche sul nome, noto, in quel territorio, come quello di una famiglia mafiosa . Nessun dubbio è possibile, quindi, sul clima di intimidazione messo in atto nei confronti della struttura alberghiera. E, chiariscono in conclusione i giudici, è irrilevante il richiamo alle percosse patite , ossia alla reazione messa in atto dalle vittime della estorsione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 novembre – 3 dicembre 2014, n. 50646 Presidente Gentile – Relatore Macchia Osserva Con sentenza dell' 11 marzo 2014, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza emessa in sede di giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale con la quale N. Mario - assieme a N.P. - era stato condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed euro 400 di multa quale imputato di estorsione aggravata nei confronti dei titolari del Residence LEROSE che costringevano ad erogare prestazioni alberghiere e somministrazione di cibi e bevande senza pagare, usando metodo mafioso consistito nell'affermare di essere pregiudicati appena usciti dal carcere e qualificandosi con il nome della omonima cosca locale dei N., nota nella zona di Isola Capo Rizzuto come cosca in lotta con quella degli Arena per il dominio del territorio. Propone ricorso per cassazione il difensore il quale contesta la sussistenza della aggravante del metodo mafioso, non sussistendone in fatto i relativi presupposti, considerato che i N. vennero anche percossi al punto che uno dei due finì in ospedale. Il ricorso è palesemente destituito di fondamento, oltre che essere del tutto aspecifico e in fatto. La sentenza impugnata, infatti, ha puntualmente evidenziato come i due N. avessero creato tutti i presupposti per ritenere integrata l'aggravante del metodo mafioso, attraverso il chiaro riferimento al loro status di pregiudicati appena usciti dal carcere e, facendo leva anche sul nome, noto in quel territorio come quello di una famiglia mafiosa in lotta per la supremazia territoriale con altro clan, ponendo concretamente in essere, e poi sfruttando, un generalizzato clima di intimidazione, utilizzato per estorcere i vari benefici che il RESIDENCE preso di mira poteva loro fornire. La vicenda delle percosse asseritamente patite, correttamente non è stata reputata dirimente dai giudici a quibus, posto che la ratio della aggravante sta nell'essersi avvalsi di metodi mafiosi, così da generare una situazione di maggior pericolo, senza che ad esso possa poi far velo la eventuale reazione della vittima, non trattandosi certo di una aggravante di risultato o di evento. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.