Rapina del branco: pochi spiccioli possono costare caro

In caso di rapina, per l’applicazione dell’attenuante del danno di lieve entità, prevista dall’art. 62 n. 4, c.p., non ci si può limitare a guardare il ‘bottino’ ottenuto con l’evento, ma bisogna invece considerare gli eventuali danni fisici e morali subiti dalle vittime del reato.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 50651, depositata oggi. Il caso. Sbattuti contro una macchina, spintonati, presi a pugni e calci. Questo è quanto subito da due vittime di una rapina, realizzata da un gruppo di ragazzi. Inevitabile la condanna per rapina aggravata, sia in primo che in secondo grado, a due anni di reclusione. Uno dei ‘carnefici’, però, tenta la via della cassazione della sentenza, lamentando il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di lieve entità art. 62, n. 4 c.p. in fondo, il ‘bottino’ consisteva soltanto in 55 euro ed un telefonino Bisogna guardare tutti i danni Ma la Cassazione non si lascia intenerire anche se il profitto ottenuto era effettivamente molto limitato, non si può trascurare che tra i danni procurati bisogna includere anche quelli fisici e morali procurati dalla condotta illecita, che, nel caso di specie, non potevano certo ritenersi irrilevanti. Il ricorrente tenta un pareggio”. Il ricorrente, tuttavia, si era giocato anche delle altre carte, contestando il mancato giudizio di equivalenza delle circostanze contrapposte ed il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena. Un unico precedente penale, a suo dire, era troppo poco per giustificare un tale ‘accanimento’. Anche in questo caso, però, l’imputato non ha miglior fortuna il disvalore non era tanto basato sul precedente penale, bensì sulle modalità della condotta che denotano una abitualità di gruppo” pericolosa e che non depone per una possibilità di resipiscenza da condotte criminose improntate alla violenza ed alla sopraffazione dei deboli . La conclusione, quindi, è inevitabile condanna definitiva da parte degli Ermellini.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 novembre – 3 dicembre 2014, n. 50651 Presidente Gentile – Relatore Iannelli 1. Tramite difensore, G.E.M., già condannato in abbreviato con doppia conforme – sentenze del tribunale di Milano in data 5.6.2013 e della corte di appello della stessa città in data 13/17.1.2014 – alla pena di anni due di reclusione ed euro 400,00 di multa per il delitto di rapina aggravata ex artt. 110, 628, commi 1 e 3 n. 1 c.p., ricorre avverso la seconda decisione, esponendo tre ragioni di doglianza violazione dell’art. 62, n. 4 c.p. per il mancato riconoscimento della relativa attenuante, carenza di motivazione per il negato giudizio di prevalenza delle attenuanti sulla aggravante contestata, carenza ancora di motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. 2. Il ricorso non può accogliersi per ripetere per gran parte dei motivi di ricorso quelli già costitutivi dei motivi di appello, esaustivamente, anche se sinteticamente, valutati dai giudici del merito. E’ pur vero che complessive euro 55 e un telefonino, del resto restituito ad una delle persone offese, possono, con riferimento al danno complessivo, nel contesto di una interpretazione angusta del termine patrimoniale, ritenersi di speciale tenuità, ma non più certo allorché dell’aggettivo si accolga una interpretazione comprensiva del danno fisico o morale procurato dalla condotta illecita in tal senso, Sez. 2, 20.12.2013/24.03.2014, Di Girolamo e a., Rv. 259701 . E nella specie i danni morali procurati alle due persone offese, aggredite da un gruppo di giovani, spintonati, umiliati dall’essere stati frugati nel loro vestiario, sbattuti contro una macchina in sosta, colpiti con pugni e calci devono ritenersi rilevanti, certo non di lievi entità una volta che i danni morali trasmigrino, per i loro riflessi, sul piano del danno economico. Di certo infondati sono i due ulteriori motivi di ricorso il giudizio di equivalenza delle circostanze contrapposte e il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, nelle determinazioni dei giudici di merito, sono fondati sul disvalore, non tanto dell’unico precedente penale a carico dell’imputato, ma dal disvalore emergente dalle modalità della condotta che denotano – argomentano i giudici del fatto – una abitualità di gruppo” pericolosa e che non depone per una possibilità di resipiscenza da condotte criminose improntate alla violenza ed alla sopraffazione dei deboli. 3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.