Non versa l’IVA, perché l’unico cliente è fallito, è causa di forza maggiore?

Il legale rappresentante di una cooperativa, che non versi il tributo dovuto, a causa del fallimento del proprio unico cliente, non è punibile. Nel dettaglio, è onere dei Giudici accertare la sussistenza o meno del dolo generico e dell’esimente della forza maggiore.

E’ quanto emerge nella sentenza n. 40394, della Corte di Cassazione, depositata il30 settembre 2014. Il caso. La Corte d’appello confermava la condanna inflitta all’imputato, quale rappresentante legale della cooperativa, per il reato di cui all’articolo 10 ter d. lgs. n. 74/2000 omesso versamento iva . Ricorreva per Cassazione il soccombente, lamentando l’erronea applicazione di legge. Secondo la tesi del ricorrente, i giudici di merito avevano ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato sulla base di una considerazione del tutto formale, ossia l’ammissione dello stesso imputato di aver omesso il versamento del tributo dovuto, tralasciando però di considerare le ragioni per le quali ciò era avvenuto. L’unico cliente – committente della cooperativa era fallita proprio nell’imminenza della data di scadenza del pagamento delle imposte. Di conseguenza, l’imputato non aveva potuto far altro che insinuarsi nel passivo del fallimento. In sostanza, il ricorrente riteneva di dover ascrivere l’evasione contestata a causa di forza maggiore indipendente dalla sua volontà, e non era, quindi, sussistente il dolo richiesto dalla norma. La forza maggiore Prima di affrontare il caso, la Cassazione ricorda in cosa consiste la forza maggiore”. La vis major cui resisti non potest consiste in quell’evento, proveniente dalla natura o da fatto umano, che costituisce una forza maggiore rispetto a quella che può essere esercitata dall’agente Cass., n. 5950/2013 . In questi casi l’evento viene rescisso dalla condotta dell’agente stesso Cass., n. 18402/2013 . La forza maggiore altro non è, quindi, che un evento esterno alla sfera di controllo dell’agente che rende ineluttabile il verificarsi dell’evento che, conseguentemente, non può in alcun modo ricollegarsi ad una azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente Cass., n. 238986/2007 . rescinde il legame psicologico tra azione ed evento. Tenuto conto dei precedenti richiami, è chiaro che la forza maggiore, che attiene al comparto oggettivo della fattispecie criminosa, si riverbera anche sull’elemento soggettivo, dal momento che rescinde il legame psicologico tra azione ed evento. I giudici di merito avevano liquidato” la questione in modo troppo sommario. La Cassazione, poi, rileva che la decisione della Corte d’appello aveva negato la causa della forza maggiore, invocata del ricorrente, in modo sommario e inesatto. Prima di tutto, specifica la Corte Suprema, la fattispecie in esame si caratterizza per il dolo generico, e non specifico come sostenuto dai Giudici territoriali. In secondo luogo, la genericità del dolo avrebbe dovuto imporre ai Giudici di merito un accertamento più impregnante, i quali avrebbero dovuto sviluppare argomentazioni più ampie e contenutistiche rispetto alla mera asserzione della sussistenza del dolo solo perché era stato lo stesso ricorrente ad ammettere di non aver corrisposto il tributo con coscienza e volontà dell’evento. Ulteriori carenze. Nell’impugnata sentenza, inoltre, manca del tutto la puntuale verifica circa le caratteristiche della fattispecie concreta, la Corte d’appello aveva escluso frettolosamente qualsiasi possibilità di influenza del fallimento dell’unico committente della cooperativa sulla struttura oggettiva del reato. Inoltre, non risulta che dalla decisione reiettiva fosse stata svolta alcuna acquisizione di una prova rigorosa dell’assunto che la violazione del precetto penale fosse dipeso da un evento estraneo alla sfera di controllo del soggetto agente. Sulla base di tali argomenti, la Corte accoglie il ricorso, annulla l’impugnata sentenza e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 28 agosto – 30 settembre 2014, numero 40394 Presidente Bianchi – Relatore Mulliri Ritenuto in fatto 1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato - Con la sentenza oggetto di gravame, la corte d'appello ha confermato la condanna inflitta al ricorrente per la violazione dell'art. 10 ter d.lgs 74/00. 2. Motivi del ricorso - Avverso tale decisione, fio S. ha proposto ricorso, tramite difensore deducendo 1 erronea applicazione della legge. La critica si appunta sul fatto che i giudici di merito abbiano ritenuto sussistente l'elemento psicologico del reato sulla base di una considerazione del tutto formale l'avere l'imputato stesso ammesso di essersi visto costretto alla omissione nel versamento del tributo dovuto tralasciando di considerare le ragioni per le quali ciò era avvenuto. La difesa, invece, aveva provato che la cooperativa della quale l'imputato é legale rappresentante, aveva come quasi unico committente, la soc. Rasinelli e Coletti S.p.a. che era fallita proprio nella imminenza della data di scadenza del pagamento delle imposte. Di conseguenza, la cooperativa dello S. non aveva potuto fare altro che insinuarsi nel passivo del fallimento e, non disponendo di beni con i quali eventualmente monetizzare aveva destinato le poche risorse disponibili al pagamento degli stipendi dei dipendenti e delle relative contribuzioni previdenziali come attestato . L'evasione contestata, quindi, non poteva ritenersi ascrivibile a dissennatezza gestionale, né ad alcun altro intento truffaldino o omissivo, bensì solo a causa di forza maggiore indipendente dalla volontà dell'imputato stesso. Di conseguenza, sarebbe stato erroneo ritenere la sussistenza del dolo specifico richiesto dalla norma. Il ricorrente conclude invocando l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Motivi della decisione - II ricorso merita accoglimento. Il gravame affronta un tema - quello della possibilità di affermare la inesigibilità di una condotta di ottemperanza ai tributi da versare allo Stato, per difficoltà finanziarie del suo autore - che, recentemente, ricorre con una certa frequenza nella casistica di questa giurisprudenza. Si tratta, ovviamente, di questione delicata che non può che essere affrontata caso per caso, risultando impossibile la enunciazione di principi generali sia in un senso che nell'altro. Di certo, però, la problematica della presente fattispecie concreta deve essere affrontata avendo ben chiara la norma di cui si invoca l'applicazione art. 45 c.p. , la sua portata e gli spazi applicativi finora riconosciutile dalla giurisprudenza di legittimità. Come bene ricordato in altro precedente di questa S.C. sez. in, 9.10.13, Maffei, numero 5905 pronunciato in un caso analogo, l'esimente invocata - che non trova definizione specifica nell'articolo 45 c.p. che si limita a indicare l'effetto di causazione della condotta - commesso il fatto per - da attribuirsi o al caso fortuito o alla forza maggiore - è tradizionalmente identificata come la vis major cui resisti non potest, e consiste in quell'evento, proveniente dalla natura o da fatto umano, che costituisce una forza maggiore rispetto a quella che può essere esercitata dall'agente. In tal modo, l'evento viene rescisso in modo assoluto dalla condotta dell'agente stesso da uit., cass. sez. 1, 5 aprile 2013 numero 18402 . Il precedente appena Citato - proprio con riguardo ad una richiesta della esimente per difficoltà economiche dell'impresa dell'imputato in quei caso negata - evidenzia, peraltro, che per poter ravvisare la causa di giustificazione della forza maggiore è necessario aver acquisito la prova rigorosa che la violazione del precetto penale è dipesa da un evento del tutto estraneo alla sfera di controllo del soggetto agente”. Anche altra recente decisione sez. in, 4.12.07, cairone, rv. 238986 , sempre in motivazione, qualifica la forza maggiore come un fatto che esula completamente dalla condotta dell'agente, così da rendere ineluttabile il verificarsi dell'evento che, conseguentemente, non può in alcun modo ricollegarsi ad una azione od omissione cosciente e volontaria dell'agente”. La vis major è dunque quella causa esterna all'agente che sostituisce la serie causale a lui ascrivibile, innescandone un'altra, diversa e completamente autonoma rispetto alla condotta dell'agente stesso. Così come ripetutamente affermato anche dalla migliore dottrina in materia, perché possa dirsi sussistente la invocata forza maggiore occorre che l'elemento causante sia determinante non rilevando, invece, se qualificabile solo come causa concorrente Sez. IV, 23.11.82 numero 1492 Per quanto ab origine, si tratti di una tematica che attiene al comparto oggettivo della fattispecie criminosa l'articolo 45 c.p. prevede l'aver commesso il fatto per fona maggiore , non può non evidenziarsi come esso riverberi pure sull'elemento soggettivo come, dei resto asserito di recente da Sez. I, 5.4.13 numero 18402 quando definisce la forza maggiore un evento tale da rescindere il legame psicologico tra azione ed evento”. Alla luce di questa breve sintesi sulla natura della forza maggiore, non può non osservarsi che la decisione qui in esame presta il fianco a censure. La negazione della rilevanza della causa di forza maggiore invocata dal ricorrente avviene, infatti, in modo alquanto sommario e neppure del tutto esatto. Va, innanzitutto, puntualizzato, infatti, che la fattispecie in esame è caratterizzata da dolo generico - e non specifico - come ivi si afferma. Il tenore letterale della disposizione, infatti, non evidenzia alcuna di quelle espressioni tipiche del linguaggio normativo quando si vuole richiedere un dolo qualificato ai fine di per evadere . ecc. di cui si rinvengono numerosi esempi proprio nel d.lgs. 74/00 artt. 2, 8, 10 ove le condotte sono incriminate quando siano state dettate dallo scopo specifico di evadere le imposte. Tale elemento, invece, non caratterizza la fattispecie in esame ed è indiretto sostegno all'assunto il fatto che anche le S.U. si siano espresse in tal senso s.u. 28.3.13 numero 37425 sez. in, 26.5.10, numero 25875 sia pure con riferimento all'art. 10 bis che però è disposizione assolutamente speculare a quella contenuta nel 10 ter, mutando solo il tipo di tributo evaso . La genericità del dolo, quindi, avrebbe imposto un accertamento più pregnante in un caso, come quello in esame, ove - stando alle articolate e documentate deduzioni difensive -non viene negata l'evasione ma solo dedotta la sopravvenienza di un evento del tutto esterno alla volontà dell'agente vaie a dire, il fallimento di una società e che prevedibile solo nella stessa misura in cui lo è il fatto che ogni essere umano possa defungere. Perciò, a fronte, della documentata insorgenza della dichiarazione di fallimento della società che rappresentava il principale Cliente della cooperativa del ricorrente in epoca limitrofa alla scadenza dei termini per il versamento dell'IVA i giudici di merito avrebbero dovuto sviluppare argomentazioni più ampie e contenutistiche della mera asserzione della sussistenza del dolo solo perché era stato lo stesso ricorrente ad ammettere di non avere corrisposto il tributo con coscienza e volontà dell'evento. Diversamente, è veramente troppo breve il passo rispetto alla equazione omesso versamento cosciente e volontario = reato, vale a dire, ad una attribuzione del fatto a titolo di responsabilità oggettiva. È, peraltro, decisamente frettoloso anche l'assunto della corte territoriale secondo cui la carenza di mezzi finanziari, da cui sarebbe derivata la impossibilità di versare il tributo, non influisce in alcun modo sulla struttura oggettiva del reato”. Se ciò è da ritenere vero come principio generale valido nella gran parte dei casi, permane la doverosità di una verifica puntuale circa le caratteristiche della fattispecie concreta giunta all'attenzione dei giudici. Nella specie, essa è mancata del tutto. Ferma restando, perciò, la giustezza di pronunzie come quella di Sez. III, 18.6.99, Tirittico, rv. 215518 , secondo cui non è possibile in via di principio addurre a propria discolpa l'assenza dell'elemento psicologico del reato quando, in presenza di una situazione economica difficile, si decida di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute all'Erario, ciò non di meno, deve anche tenersi presente che, nel nostro sistema processuale penale, non è previsto un onere probatorio a carico dell'imputato modellato sui principi propri del processo civile ma è, al contrario, prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale l'imputato è tenuto a fornire all'ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all'accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore, fra i quali possono annoverarsi le cause di giustificazione, il caso fortuito, la forza maggiore, il costringimento fisico e l'errore di fatto” Sez. II, 7.2.13, Weng, Rv. 255916 . Tale principio si coordina perfettamente con quelli sopra già richiamati a proposito della doverosità dell'acquisizione di una prova rigorosa dell'assunto che la violazione del precetto penale sia dipesa da un evento decisivo del tutto estraneo alla sfera di controllo del soggetto agente. Non risulta, però, che la decisione reiettiva qui in esame abbia svolto alcun accertamento in proposito, constatandosi, invece, l'assenza di qualsivolglia apprezzamento delle argomentate deduzioni difensive sviluppate dinanzi a questa S.C A tale stregua, si impone un annullamento della decisione impugnata per nuovo esame da parte dei giudici di merito competenti Corte d’appello di Catania, in diversa composizione , alla luce dei rilievi fin qui formulati. P.Q.M. Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p. annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania, per nuovo esame.