Sì al sequestro preventivo anche in assenza dei gravi indizi di colpevolezza

Il sequestro per equivalente non richiede la dimostrazione dell’esistenza di specifiche esigenze cautelari, essendo sufficiente soltanto il fumus criminis e la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o il prezzo dell’ipotizzato reato tributario.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36734, depositata il 3 settembre 2014. Il caso. Il Tribunale, adito quale giudice del riesame, confermava il provvedimento con il quale il Gip aveva disposto il sequestro preventivo, strumentale alla confisca per equivalente dei beni dell’indagato in ordine ai reati di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs. n. 74/2000. Nello specifico l’uomo, nella sua qualità di commercialista, aveva concorso con un altro soggetto nella emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sul valore aggiunto e per avere, nella qualità di amministratore della società, presentato dichiarazioni fiscali false mediante l’utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti. Avverso l’ordinanza del Tribunale presentava ricorso per cassazione l’indagato, deducendo, in principalità, la sostanziale assenza di motivazione del provvedimento impugnato. Il sequestro preventivo. In tema di sequestro preventivo non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti , vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato Cass., Sez. II, n. 5656/14 . Il sequestro afferente ai reati tributari. Come ripetutamente affermato dalla giurisdizione della Corte di Cassazione, anche in tema di sequestro afferente a reati di natura tributaria, la finalità della misura cautelare è di tipo sanzionatorio-ablatorio. Attesa tale specifica finalità il sequestro per equivalente non richiede la dimostrazione dell’esistenza di specifiche esigenze cautelari, essendo sufficiente soltanto il fumus criminis e la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o il prezzo dell’ipotizzato reato tributario Cass., Sez. III, n. 18311/14 . Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 giugno– 3 settembre 2014, n. 36734 Presidente Fiale– Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Tribunale di Pistoia, adito quale giudice del riesame, con ordinanza del 28 gennaio 2014, ha sostanzialmente confermato il provvedimento con il quale il locale Gip aveva disposto il sequestro preventivo, strumentale alla confisca per equivalente, sino alla concorrenza di Euro 114.717,80, dei beni di B.A. , indagato, nella sua qualità di commercialista, in ordine ai reati di cui degli artt. 2 e 8 del dlgs n. 74 del 2000, per avere, quanto alla seconda imputazione, concorso con tale Ba.Le. nella emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sul valore aggiunto e, quanto alla restante imputazione, per avere, nella qualità di amministratore di società, presentato dichiarazioni fiscali false mediante l’utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti. Il Tribunale, ampiamente ricostruita la vicenda, sulla base degli elementi desumibili sia dalla richiesta di sequestro formulata dal Pm sia dal provvedimento cautelare emesso dal Gip, ritenuta la sussistenza del fumus commissi delicti, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo, provvedendo solo a limitare l’ammontare del valore vincolato, essendo stati rinvenuti beni riferibili al B. valutabili Euro 220.000,00, sino ad un importo di Euro 114.717,80, pari alla sommatoria delle imposte evase. Ha presentato ricorso per cassazione il B. , deducendo, in principalità, la sostanziale assenza di motivazione del provvedimento impugnato. Ha, altresì, dedotto la violazione dell’art. 9 del dlgs n. 74 del 2000, in applicazione del quale, in deroga all’art. 110 cod. pen., che emette fatture relative ad operazioni inesistenti non può concorrere nel reato di falsa dichiarazione, così come chi si avvale di false fatture nella propria dichiarazione non può concorrere nel reato di falsa fatturazione. Con una successiva memoria pervenuta in data 27 maggio 2014, il ricorrente ha altresì invocato l’intervenuta sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2014, chiedendone l’applicazione nella presente fattispecie. Considerato in diritto Il ricorso risultato infondato, non è pertanto, meritevole di accoglimento. Come più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni unite e del resto in linea con la lettera della legge, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice ex multis Corte di cassazione, Sezione 5^ penale, 11 novembre 2009, n. 43068 . Quanto al contenuto della motivazione è fermo indirizzo del giudici di legittimità che in tema di sequestro preventivo, non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti , vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato anche qui fra le molte decisione, di recente Corte di cassazione, Sezione 2^ penale 5 febbraio 2014, n. 5656 . Sempre in linea di principio osserva il Collegio che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte - anche in tema di sequestro afferente a reati di natura tributaria - la finalità della misura cautelare è di tipo sanzionatorio-ablatorio. Attesa tale specifica finalità il sequestro per equivalente non richiede la dimostrazione dell’esistenza di specifiche esigenze cautelari, essendo sufficiente soltanto il fumus criminis e la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o il prezzo dell’ipotizzato reato tributario così Corte di cassazione, Sezione 3^ penale, 5 maggio 2014, n. 18311 . Fatte queste premesse rileva la Corte che quanto al primo motivo di censura formulato dal ricorrente, esso si sostanzia nella lamentata carenza di motivazione dell’impugnato provvedimento tale doglianza è certamente eccentrica rispetto ai descritti limiti impugnatori, fissati dall’art. 325 cod. proc. pen., dovendosi fermamente escludere che la motivazione addotta dal Tribunale di Pistoia a sostegno della propria ordinanza Ndr testo originale non comprensibile della richiesta di riesame formulata dall’attuale ricorrente sia solamente apparente, cioè tale da non esplicitare le ragioni della decisione assunta. Quanto al secondo motivo, avente ad oggetto la assenza del fumus commissi delicti , stante, secondo la prospettazione del ricorrente, il disposto dell’art. 9 dlgs n. 74 del 2000, in base al quale non è prevista la contestuale imputazione ai sensi sia dell’art. 2 che ai sensi dell’art. Ndr testo originale non comprensibile provvedimento normativo citato, rileva la Corte che il vizio ipotizzato dal ricorrente è frutto di una errata lettura della ordinanza cautelare. Come, infatti, è chiaro nella ordinanza in questione il Tribunale pistoiese ha tenuto ben presente la esistenza del dlgs n. 74 del 2000, art. Ndr testo originale non comprensibile e della deroga all’art. 110 cod. pen. in esso contenuto al giudice del riesame ha, infatti, precisato che laddove il B. sia mero Ndr testo originale non comprensibile delle condotte, ipotizzate come illecite, del Ba. , e consistenti appunto nella emissione di fatture di favore relative ad operazioni inesistenti, egli Ndr testo originale non comprensibile a rispondere, in concorso con quello, ai sensi dell’art. 8 del dlgs citato Ndr testo originale non comprensibile invece, il B. , in qualità di legale rappresentante delle imprese destinatarie della fatture relative ad operazioni fittizie, abbia utilizzato nelle relative dichiarazioni tributarie le fatture in questione, egli è chiamato a rispondere, evidentemente non in concorso col Ba. , del reato di cui al dell’art. 2 del dlgs n. 74 del 2000. Nessuna violazione di legge, nella specie della previsione di cui all’art. 9 dlgs citato, è in tal senso riscontrabile nelle ragioni che e hanno portato il Tribunale di Pistoia al rigetto della istanza di riesame. Riguardo, infine, all’argomento speso dalla difesa del B. nella memoria illustrativa depositata in data 27 maggio 20 Ndr testo originale non comprensibile avente ad oggetto la possibile ricaduta sul procedimento penale a carico del medesimo della sentenza n. 80 del 2014 della Corte costituzionale, si rileva che Ndr testo originale non comprensibile non ha alcun fondamento, attesa l’evidente eterogeneità del decisum del giudice della legittimità delle leggi - avente ad oggetto esclusivamente la Ndr testo originale non comprensibile della soglia di rilevanza penale dell’illecito di cui all’art. 10-ter del dlgs n. 74 del 2000, - rispetto alle ipotesi criminose oggetto della contestazione provvisoria mossa al B. . Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.