Ritenute previdenziali ed assistenziali: tributo da pagare sempre e comunque

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori è integrato, richiedendo il dolo generico, dalla mera consapevole scelta del datore di lavoro di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che questi attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti urgenti.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31464, depositata il 17 luglio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza di primo grado con la quale l’imputato era stato condannato per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali art. 2, comma 1 bis , d.l. n. 463/1983, convertito in l. n. 638/1983 , dichiarava non doversi procedere nei confronti dello stesso in ordine alle violazioni commesse fino ad ottobre 2005 perché estinte per prescrizione, rideterminando la pena per le residue violazioni. L’uomo, a mezzo del suo difensore, ricorreva in Cassazione, lamentando di non essersi potuto avvalere della causa di non punibilità, in quanto la diffida ad adempiere, da parte dell’Inps, gli era stata notificata dopo la dichiarazione di fallimento Stato di dissesto dell’imprenditore. In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali, la giurisprudenza di legittimità ha escluso la rilevanza dello stato di dissesto dell’impresa, che non elimina il carattere di illiceità penale dell’omesso versamento dei contributi. Infatti, i contributi non costituiscono parte integrante del salario ma un tributo, in quanto tale da pagare comunque e in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell’azienda. Ciò trova la sua ratio nelle finalità, costituzionalmente garantite, cui risultano preordinati i versamenti contributivi e anzitutto la necessità che siano assicurati i benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori Cass., Sez III, n. 11962/99 . Dolo generico. Il reato contestato non richiede il dolo specifico, esaurendosi con la coscienza e volontà della omissione o della tardività del versamento delle ritenute Cass., Sez. III, n. 47340/07 . Anche più di recente è stato ribadito che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori è integrato, per il fatto che è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti urgenti Cass., Sez. III, n. 3705/13 Cass., Sez. III, n. 13100/11 . Impossibilità ad adempiere irrilevante. Nel caso di specie, il ricorrente non contesta che il reato risulti integrato nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, ma contesta soltanto di non essersi potuto avvalere della causa di non punibilità. Tuttavia, la dedotta impossibilità ad adempiere è irrilevante, in quanto l’imputato non ha allegato di aver informato o sollecitato il curatore fallimentare ad adempiere. E’, invero, possibile beneficiare della causa di non punibilità prevista dall’art. 2, comma 1 bis , d.l. n. 463/1983, convertito in l. n. 638/1983, solo se venga dimostrato che il curatore fallimentare sia stato sollecitato al versamento delle ritenute previdenziali Cass., Sez. III, n. 9587/12 . Il reato, però, è prescritto, e per tale motivo la Corte di Cassazione annulla senza rinvio l’impugnata sentenza in quanto il residuo reato è estinto per prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 – 17 luglio 2014, n. 31464 Presidente Squassoni – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Trieste, con sentenza del 4.1.2013, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Udine, in composizione monocratica, emessa l'11.2.2011, con la quale C.G. era stato condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, dichiarate equivalenti alla contestata recidiva, per il reato di cui all'articolo 2 comma 1 bis D.L. 463/1983, conv. in L.638/1983, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine alle violazioni commesse fino ad ottobre 2005 perché estinte per prescrizione, rideterminando la pena, per le residue violazioni, in giorni 25 di reclusione ed euro 220,00 di multa. Nel disattendere i motivi di appello, ha rilevato la Corte territoriale che l'imputato aveva ricevuto la diffida ad adempiere, da parte dell'Inps, il 17.11.2008 e che il fallimento nei suoi confronti era stato dichiarato, con sentenza dei Tribunale di Venezia, il 23.6.2006. Richiamando la giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto la Corte di merito che il C. non potesse invocare la causa di non punibilità, non essendovi prova che egli, benché fallito, avesse sollecitato il curatore ad adempiere. 2. Ricorre per cassazione C.G., a mezzo dei difensore, denunciando l'inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 1 co. 2 bis L. 638/1983 e 43 c.p., nonché l'illogicità della motivazione. La Corte territoriale, prendendo atto della endemica crisi economica, ha ritenuto non completamente irrilevante la vicenda fallimentare ed ha richiamato in proposito la sentenza n. 9587/2012 della terza sezione penale della Corte di Cassazione. Ma il C., dichiarato fallito nel 2006, non può essere rimproverato di non aver tenuto un comportamento il non aver cioè informato il curatore che solo successivamente è stato ritenuto scriminante. E, peraltro, secondo la giurisprudenza di legittimità, soltanto l'imprenditore non dichiarato fallito personalmente è tenuto al pagamento con le sue risorse personali. Considerato in diritto 1. E' pacifico che il reato contestato non richieda il dolo specifico, esaurendosi con la coscienza e volontà della omissione o della tardività dei versamento delle ritenute cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 47340 del 15.11.2007 . In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali, la giurisprudenza di questa Corte ha escluso la rilevanza dello stato di dissesto dell'impresa. Lo stato di dissesto dell'imprenditore -il quale prosegua ciononostante nell'attività d'impresa senza adempiere all'obbligo previdenziale - non elimina il carattere di illiceità penale dell'omesso versamento dei contributi. Infatti i contributi non costituiscono parte integrante del salario ma un tributo, in quanto tale da pagare comunque ed in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell'azienda. Ciò trova la sua ratio nelle finalità, costituzionalmente garantite, cui risultano preordinati i versamenti contributivi e anzitutto la necessità che siano assicurati i benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 11962 del 16.7.1999 . Anche più di recente è stato ribadito che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti urgenti Cass. sez. 3 n. 13100 del 19.1.2011 conf. Cass. sez. 3 n. 3705 del 19.12.2013 . 2. Emerge, in punto di fatto, che l'omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali riguardava l'anno 2005 ed i mesi da gennaio a giugno 2006 e che la dichiarazione di fallimento era intervenuta in data 23.6.2006. Il ricorrente, peraltro, non contesta che il reato risulti integrato nei suoi elementi oggettivi e soggettivi. Assume soltanto di non essersi potuto avvalere della causa di non punibilità, in quanto la diffida ad adempiere, da parte dell'Inps, gli era stata notificata dopo la dichiarazione di fallimento. Ma, come ha già rilevato la Corte territoriale, la dedotta impossibilità ad adempiere è irrilevante in quanto l'imputato non ha allegato di aver informato o sollecitato il curatore fallimentare ad adempiere. E', invero, possibile beneficiare della causa di non punibilità prevista dall'articolo 2 comma 1 bis D.L. 463/1983, conv. in L. 638/1983, solo se venga dimostrato che il curatore fallimentare sia stato sollecitato al versamento delle ritenute previdenziali cfr. Cass. Sez. 3 n. 9587 del 15.2.2012 . Tale onere è collegato ad un normale criterio di diligenza che prescinde dal fatto che la pronuncia sopra richiamata sia stata emessa soltanto in epoca successiva sicchè non può certo parlarsi di mancato assolvimento di una condotta all'epoca ritenuta irrilevante . Inconferente è poi il richiamo della sentenza di questa Sezione n. 29616 del 14.6.2011, vertendosi, nella fattispecie in quella sede esaminata, nell'omesso ritenuto ingiustificato versamento delle ritenute previdenziali per evitare il rischio di vedersi contestato il reato di bancarotta preferenziale. 3. Il reato, però, è prescritto. Non essendo il ricorso manifestamente infondato, andrebbe comunque dichiarata la prescrizione, anche se maturata dopo l'emissione della sentenza impugnata per l'ultima delle omissioni relativa al mese di giugno 2006, il cui adempimento andava effettuato entro il 16.7.2006, il termine massimo di prescrizione di anni 7 e mesi 6, cui va aggiunto il periodo di sospensione di mesi tre, è maturato il 16.4.2014 . Ma, a ben vedere, la Corte territoriale, nel dichiarare la prescrizione in ordine ai reati commessi fino alla data di ottobre 2005, non ha tenuto conto che, al momento della emissione della sentenza di appello 4.11.2013 , era maturata la prescrizione anche per le omissioni contributive relative ai mesi di novembre e dicembre 2005, rispettivamente il 16.9.2013 e 16.10.2013. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'impugnata sentenza perché il residuo reato è estinto per prescrizione.