Occorre verificare la data in cui l’immobile è entrato nella disponibilità del soggetto

In tema di confisca prevista per i reati elencati all’art. 12 sexies l. n. 306/1992, le condizioni necessarie e sufficienti per disporre tale sequestro, finalizzato alla cosiddetta confisca allargata”, consistono nell’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato ed alle concrete circostanze indicate dal Pubblico Ministero, di una delle ipotesi criminose previste dalla norma citata, senza che rilevino né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità, e nella presenza di seri indizi di esistenza delle stesse condizioni che legittimano la confisca, per ciò che riguarda sia la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia il momento in cui tali beni vengono nella disponibilità dell’autore del reato.

Lo ha ribadito la Prima Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23655, depositata il 5 giugno 2014. L’ipotesi atipica di confisca ex art. 12 sexies d.l. n. 306/1992. La confisca prevista per i reati elencati all’art. 12 sexies d.l. n. 306/1992 costituisce misura ablativa, avente natura punitivo-repressiva, che va disposta, in seguito a condanna, o ad applicazione concordata della pena, per determinati reati indicati dalla stessa norma, in relazione ai beni non direttamente collegati alla commissione dei reati, più specificamente per il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. In particolare, nella prassi investigativa come avvenuto pure nel caso di specie , è frequente l’adozione del sequestro preventivo ex artt. 321 e seguenti c.p.p. e della confisca ex art. 12 sexies legge n. 356/1992, eseguito contestualmente o subito dopo l'esecuzione delle misure cautelari personali, nei confronti degli indagati appartenenti ad una organizzazione di stampo mafioso. con vari parametri di applicazione Affinché la confisca de qua possa essere legittimamente disposta, il giudice deve apprezzare la giustificazione della provenienza del danaro, dei beni o delle altre utilità da confiscare e la sproporzione, rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi o all'attività economica. A tal fine, il giudice deve dare congrua motivazione circa la sussistenza di un vincolo pertinenziale tra il bene e l’attività delittuosa facente capo al soggetto, connotato dalla mancanza di giustificazione circa la legittima provenienza del patrimonio nel possesso del soggetto, nei confronti del quale sia stata pronunciata condanna o sia stata disposta l’applicazione della pena. il regime dei redditi non dichiarati Come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, i redditi non dichiarati sono computabili, purché abbiano lecita provenienza. E’ stato quindi ritenuto superato l’orientamento giurisprudenziale, risalente alla metà degli anni ’90, secondo cui sarebbero stati assoggettabili a sequestro e a confisca beni di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, pur se proporzionati all’attività economica svolta. Ne consegue che, stante l’alternatività dei parametri di cui al primo comma dell’art. 12 sexies d.l. n. 306/92, ove le fonti di produzione del patrimonio siano identificabili e lecite, e ne giustifichino la titolarità in termini non sproporzionati ad esse, è irrilevante che tali fonti siano identificabili nei redditi dichiarati a fini fiscali piuttosto che nel valore delle attività economiche che tali entità patrimoniali producano, pur in assenza o incompletezza di una dichiarazione dei redditi. e i presupposti per procedere al sequestro. La sentenza in commento si pone nel solco del consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione Sezioni Unite n. 920/2004 , secondo cui la condanna per uno dei reati indicati nell'art. 12 sexies , commi 1 e 2, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, n. 356 contenente modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa , comporta la confisca dei beni nella disponibilità del condannato, allorché, da un lato, sia provata l'esistenza di una sproporzione tra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica e il valore economico di detti beni e, dall'altro, non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi, anche con riferimento alla data in cui il soggetto ha iniziato ad averne la disponibilità. Ne consegue che, essendo irrilevante il requisito della pertinenzialità del bene rispetto al reato per cui si è proceduto, la confisca dei singoli beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna, o che il loro valore superi il provento del medesimo reato. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano, con riguardo al profilo di travisamento del dato probatorio, costituito dalle dichiarazioni rese dal destinatario della misura ablativa, il quale aveva affermato di aver avuto la disponibilità dell’unità immobiliare, oggetto di confisca, fin dall’anno immediatamente successivo al suo acquisto.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 4 aprile -5 giugno 2014, numero 23655 Presidente Cortese– Relatore Locatelli Ritenuto in fatto Il Procuratore generale richiedeva alla Corte di appello di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, di disporre ai sensi dell'art. 12 sexies legge 7.8.1992 numero 356, la confisca dell' unità abitativa villa con due autorimesse sita in Milano viale Zara numero 2, intestata a C.C. ma ritenuta riconducibile a Z.F., nei cui confronti erano state pronunciate le seguenti sentenze Corte di appello di Milano del 17.7.2009, irrevocabile 1.3.2011, di condanna per i reati previsti dagli artt. 73,74, 80 d.P.R. 9 ottobre 1990 numero 309 in relazione ad un traffico di stupefacenti svolto dal 2003 al 2007 la Corte di appello di Milano del 24.10.2005, irrevocabile il 9.12.2005, di condanna per il reato di usura previsto all'art. 644 cod. penumero commesso sino al 30.6.2001. Con ordinanza del 12.11.2012 la Corte di appello di Milano rigettava la richiesta. Con ordinanza del 11.6.2013 la Corte di appello di Milano rigettava l'opposizione proposta dal Procuratore generale contro l'ordinanza di rigetto della confisca. Avverso il provvedimento di rigetto dell'opposizione il Procuratore generale di Milano propone ricorso per illogicità e contraddittorietà della motivazione, formulando le seguenti censure 1 irrilevanza della circostanza che nel procedimento di prevenzione non fosse stata disposta né richiesta la confisca dell'immobile in oggetto 2 illogicità della motivazione nella parte in cui non ha considerato che l'asserito inizio della convivenza nell'anno 2000 è in ogni caso compatibile con una conoscenza ed una frequentazione tra i due antecedente a quella data travisamento del dato probatorio costituito dalle dichiarazioni rese da Z. il quale affermava di essersi avvalso dal 1996 dello studio intestato a C. sito nella unità immobiliare oggetto della richiesta di confisca. Considerato in diritto Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. 1. La circostanza che nel procedimento di prevenzione non sia stata richiesta né disposta la misura di prevenzione patrimoniale sull'immobile in oggetto, non ne esclude la confisca obbligatoria ex art. 12 sexies legge 7.8.1992 numero 356 da parte dei giudice dell'esecuzione che procede ai sensi dell'art. 676 cod. proc. penumero , la cui competenza deve ritenersi preclusa solo in presenza di una pronuncia sul punto da parte del giudice della cognizione. 2. In sede di opposizione alla confisca la Corte di appello ha dato atto che l'immobile era stato acquistato da C.C. in data 12.3.1996, mediante pagamento in unica soluzione e senza accensione di mutuo della somma di lire 378.000.000, e che i redditi percepiti sia da C. che da Z. erano insufficienti a giustificare la somma versata per l'acquisto ha tuttavia ritenuto che l'immobile intestato a C. non fosse riconducibile a Z. in quanto, come dallo stesso dichiarato, la convivenza con C.C. presso l'immobile di viale Zara numero 2 era iniziata soltanto a decorrere dall'anno 2000. Nella ordinanza 12.11.2012, opposta dall'interessato, la Corte di appello aveva escluso la sussistenza, alla data dell'acquisto dell'immobile, di rapporti tra i conviventi C. e Z., sulla base delle certificazioni dell'Agenzia delle Entrate attestanti che Z. aveva trasferito il domicilio fiscale nell'immobile di viale Zara 2 soltanto a decorrere dal 22.1.2004, mentre C.C. vi aveva fissato il proprio domicilio fiscale dal 11.12.1997. Sussiste il vizio logico denunciato dal Procuratore generale. La Corte di appello, dopo aver ritenuto la sussistenza del presupposto della mancata giustificazione della provenienza della somma versata per l'acquisto dell'immobile e della sproporzione rispetto ai redditi dichiarati, ha escluso la presunzione di illecita provenienza di beni riconducibili a persona condannata, per uno dei reati previsti dall'art. 12 sexies legge 7.8.1992 numero 356, sulla base della semplice circostanza che Z., nel proprio interrogatorio, aveva dichiarato di convivere con l'intestataria dell'immobile solo a decorrere da un periodo temporale anno 2000 apprezzabilmente successivo all'acquisto dell'immobile. Tale argomentazione è illogica nella parte in cui omette di considerare che nel medesimo interrogatorio, riportato nel provvedimento impugnato, Z. aveva anche dichiarato che egli fino al 1996 aveva svolto la propria attività di odontoiatra in Milano via Palanzone, poi presso lo studio della mia convivente C.C. , ammettendo pertanto di avere avuto la disponibilità dello studio ubicato in Milano viale Zara 2 nell'anno immediatamente successivo all'acquisto dell'immobile. L'ordinanza deve pertanto essere annullata, con rinvio alla Corte di appello di Milano affinché riesamini il profilo della riconducibilità a Z. dell'immobile intestato alla convivente C., valutando debitamente la circostanza che esso era dichiaratamente nella disponibilità di Z. quantomeno in data immediatamente successiva al 1996. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Milano.