Antisemitismo, negazionismo e un passato troppo recente: cambia la forma ma non la sostanza

Nell’ambito di reati connessi a forme di discriminazione razziale, anche se realizzati tramite internet, e in materia di sequestro preventivo, censure relative all’insussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora non sono proponibili in sede di legittimità, essendo il ricorso per cassazione limitato alle sole ipotesi di violazione di legge.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 14659 del 28 marzo 2014. Il fatto. Il gip presso il Tribunale di Bolzano disponeva il sequestro preventivo del sito internet, ritenendolo il veicolo attraverso il quale un imputato propagandava le proprie idee fondate sull’odio razziale per motivi religiosi nel confronti della comunità ebraica. In particolare, si riteneva sussistente il fumus boni iuris , dato il carattere fortemente antisemita dell’area virtuale creata, il cui elemento fondate era costituito dalla denigrazione della razza ebraica e dal negazionismo dell’olocausto. L’uomo ricorre per cassazione. Traduzione degli atti solo in caso di effettiva difficoltà di percezione della lingua. Il ricorrente lamenta la mancata traduzione degli atti nella sua lingua essendo egli cittadino norvegese. Il motivo di ricorso è privo di pregio il diritto di ottenere la traduzione è previsto dall’art. 143 c.p.p. sono in presenza di un’effettiva difficoltà di percezione della lingua italiana, con conseguente menomazione del proprio diritto di difesa. Nella specie, l’indagato aveva mostrato di ben conoscere la lingua italiana, considerando anche che era nato a Genova e aveva rapporti con molti Italiani. Competenza per territorio. Infondato è anche il motivo relativo all’incompetenza territoriale del giudice adito da non dimenticare, infatti, che solo il giudice può rilevarla, sì che la parte ha solo la possibilità di segnalargli un alternativo criterio di determinazione e, nella specie, il Tribunale di Bolzano ha ritenuto corretto il criterio determinativo della propria competenza territoriale ai sensi dell'art. 9, comma 3, cp.p. Censure inammissibili in sede di legittimità. Inammissibile, da ultimo, la doglianza relativa all’insussistenza del fumus boni iuris per essere stato ritenuto penalmente rilevante il contenuto del sito internet sottoposto a sequestro e del periculum in mora essendo stato il sito oscurato dopo ben due anni e, quindi, tardivamente . Ciò perché nell’ambito di reati connessi a forme di discriminazione razziale, anche se realizzati tramite internet, e in materia di sequestro preventivo, censure relative all’insussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora non sono proponibili in sede di legittimità, essendo il ricorso per cassazione limitato alle sole ipotesi di violazione di legge. Detto ciò, il ricorso è da rigettarsi.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 dicembre 2013 – 28 marzo 2014, n. 14659 Presidente Chieffi – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. O.A. impugna innanzi a questa Corte per il tramite del suo difensore l'ordinanza del 10 luglio 2013, con la quale il Tribunale di Bolzano ha respinto l'istanza di riesame da lui proposta, avverso il provvedimento del G.I.P. in sede del 12 aprile 2013, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo del sito internet www.holvwar.orq, siccome ritenuto veicolo attraverso il quale il ricorrente, unitamente ai suoi concorrenti, propagandava le proprie idee fondate sull'odio razziale per motivi religiosi nei confronti della comunità ebraica, con conseguente ravvisabilità, nel loro comportamento, dei reato di cui agli artt. 81, 110 e 112 n. 1 cod. pen. e 3 comma 1 lettera a della legge n. 654 del 1975, nonché 3 e 4 della legge n. 146 del 2006. 2. I1 Tribunale ha ritenuto la sussistenza del c.d. fumus boni iuris in ordine al reato ascritto al ricorrente, desunto dall'esame del sito web anzidetto, avendo rilevato come in esso erano state convogliate vignette, poster, articoli e locandine varie, si da aver creato attorno ad un'area virtuale una comunità indipendente con connotazione fortemente antisemita, il cui elemento fondante era costituito dalla denigrazione della razza ebraica e dal negazionismo dell'olocausto. 3. O.A. formula sette doglianze I - nullità dell'ordinanza impugnata per omessa notifica del decreto di fissazione dell'udienza al proprio codifensore avv. S.C., come da nomina dei 7 maggio 2013, trasmessa alla Procura di Bolzano il 20 maggio 2013 pertanto il Tribunale era tenuto a notificare il decreto di fissazione d'udienza anche a detto difensore al contrario il decreto era stato notificato solo all'altro difensore avv. E.L., si che, in tal modo, era stato violato il diritto di difesa a lui costituzionalmente garantito II - violazione di legge per non essere stato notificato il decreto di sequestro anche ad esso ricorrente, nella sua qualità di proprietario del sito internet sottoposto a sequestro egli invero era stato anche indagato per i reati ipotizzati in narrativa, si che egli non era solo un terzo estraneo, ma era altresì parte processuale a tutti gli effetti III - violazione di legge, essendo egli cittadino norvegese e per non essere stati tradotti gli atti del processo in lingua norvegese, non essendo stato accertata la conoscenza da parte sua della lingua italiana, avendo il Tribunale ritenuto detta sua conoscenza solo per sentito dire e per illazione soggettiva IV - incompetenza territoriale, in quanto il riferimento fatto dal provvedimento impugnato al criterio indicato dall'art. 9 comma 3 cod. proc. pen. per radicare la competenza del Tribunale di Bolzano, essere stato cioè il P.M. di Bolzano ad avere per primo iscritto un indagato nell'apposito registro, poteva valere solo in caso di più processi pendenti, mentre, nel caso in esame, vi era stato un solo processo pendente, si che doveva valere il criterio del luogo di residenza degli indagati o di uno degli indagati e nella specie doveva quindi tenersi conto della residenza del coindagato T.S., gestore italiano del sito internet sottoposto a sequestro V - assenza del fumus boni iuris per avere ritenuto penalmente rilevante il contenuto del sito internet sottoposto a sequestro, atteso che anche all'interno della nazione italiana vi erano critiche alla politica israeliana ed il provvedimento di sequestro impugnato aveva avuto lo scopo di colpire la critica fatta dal sito al governo M., fondato su forti lobbies anche ebraiche del mondo finanziario internazionale non poteva poi ritenersi la sussistenza di una propaganda negazionista VI - l'istituto del sequestro era stato utilizzato nella specie per perseguire finalità politiche e di repressione dei dissenso politico e quindi anticostituzionali e contrarie a quelle proprie di uno Stato di diritto inoltre il sito internet sequestrato era allogato negli Stati Uniti d'America, si che avrebbe potuto essere sequestrato solo con rogatoria internazionale in ogni caso trattavasi di sequestro che non rientrava nelle tipologie ammissibili nell'ordinamento italiano, essendo stato violato il diritto di esprimere il proprio pensiero, garantito dall'art. 21 della Costituzione VII - nullità del sequestro per mancanza di un periculum in mora, atteso che il sito era stato oscurato dopo ben due anni e due mesi dalla presentazione della relativa querela e quindi con modalità del tutto tardive. Considerato in diritto 1. I1 ricorso proposto da O.A. è nel complesso infondato. 2. E' in particolare infondato il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta violazione dei suo diritto di difesa in quanto il decreto di fissazione dell'udienza non era stato notificato al proprio codifensore avv. S.C., pur essendo stata quest'ultima da lui nominata come proprio codifensore con atto del 7 maggio 2013, trasmesso alla Procura di Bolzano il 20 maggio 2013. Il motivo di ricorso è infondato in quanto dall'esame degli atti di causa non risulta che l'altro difensore del ricorrente, avv. E.L., abbia tempestivamente eccepito tale mancata notifica del decreto di citazione nella prima udienza svoltasi innanzi al Tribunale del riesame di Bolzano. 3. E' altresì infondato il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta violazione dei suoi diritti di difesa, per non essergli stato notificato il decreto di sequestro nella sua qualità di proprietario del sito internet sottoposto a sequestro. Come esattamente rilevato dal provvedimento impugnato, nessuna lesione dei suo diritto di difesa poteva ravvisarsi nella specie, avendo egli potuto difendere i suoi diritti nella presente sede di riesame, nella sua qualità di persona che avrebbe avuto diritto alla restituzione del sito internet oggetto del sequestro, come espressamente disposto dall'art. 322 comma 1 cod. proc. pen. 4. E' infondato al limite dell'inammissibilità il terzo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta la mancata traduzione degli atti nella lingua norvegese, essendo egli cittadino norvegese. E' invero noto che il diritto di ottenere la traduzione degli atti nella propria lingua non è previsto dall'art. 143 cod. proc. pen. in modo indiscriminato, ma solo ove, nel singolo caso, venga accertata un'effettiva difficoltà di percezione della lingua italiana, con conseguente menomazione del proprio diritto di difesa il che nella specie non è emerso, avendo il provvedimento impugnato rilevato come l'indagato aveva mostrato di ben conoscere la lingua italiana, essendosi attivato per presentare la presente richiesta di riesame inoltre il ricorrente, pur essendo cittadino norvegese, era nato a Genova ed intratteneva rapporti costanti con altri coindagati, pure cittadini italiani. 5.E' infondato il quarto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta incompetenza territoriale del giudice adito, in quanto il criterio adottato nella specie per radicare la competenza del Tribunale di Bolzano, previsto dall'art. 9 comma 3 cod. proc. pen. e consistito nell'essere stato il P.M. di Bolzano ad avere per primo iscritto un indagato nell'apposito registro, non sarebbe stato utilizzabile nella specie, presupponendo esso l'ipotesi di più processi pendenti, mentre nel caso in esame il processo pendente era uno solo. Si osserva invero che la rilevazione dell'incompetenza territoriale appartiene solo al giudice, si che la parte ha solo la possibilità di segnalare al giudice un alternativo criterio di determinazione della competenza territoriale e nella specie il Tribunale di Bolzano ha ritenuto corretto il criterio determinativo della propria competenza territoriale ai sensi dell'art. 9 comma 3 cod. proc. pen. 6. E' infondato al limite dell'inammissibilità il quinto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta l'insussistenza nella specie del c.d. fumus boni iuris per essere stato ritenuto penalmente rilevante il contenuto del sito internet sottoposto a sequestro, trattandosi di censure di merito non proponibili nella presente sede di legittimità è invero noto che l'art. 325 comma 1 cod. proc. pen. limita il ricorso per cassazione in materia di sequestro preventivo alle sole ipotesi di violazione di legge. 7. E' infondato il sesto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente sostiene che, essendo il sito internet sequestrato allogato negli Stati Uniti d'America, il sequestro dello stesso avrebbe dovuto avere luogo con rogatoria internazionale si osserva invero che, nella specie, il sito internet è stato correttamente sottoposto a sequestro, essendo stata la misura cautelare eseguita nei confronti della sola propaggine italiana del sito, il che è tecnicamente possibile. 8. E' infondato al limite dell'inammissibilità il settimo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta l'assenza del periculum in mora, essendo stato il sito oscurato dopo ben due anni dalla presentazione della relativa querela e quindi con modalità del tutto tardive. La censura non è proponibile nella presente sede di legittimità, concernendo essa il merito e, come già in precedenza riferito, il ricorso per cassazione in materia di sequestro preventivo è limitato alle sole ipotesi di violazione di legge. 9. Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.