Calcolo della pena: se cambia il reato, attenzione ai numeri

Il divieto di reformatio in peius nel giudizio d’appello riguarda non solo il risultato finale, ma anche tutti gli elementi del calcolo della pena. Di conseguenza, in caso dell’accoglimento dell’appello dell’imputato, in ordine alle circostanze o al concorso dei reati, non soltanto è obbligatorio diminuire la pena complessiva, ma è anche impossibile elevare la pena comminata per i singoli elementi.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 13833, depositata il 24 marzo 2014. Il caso. La Corte d’appello di Lecce, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, riconosceva un’imputata colpevole del delitto, di cui all’art. 485 c.p. falsità in scrittura privata , riqualificando il fatto, originariamente contestato come falsità materiale in certificato amministrativo, punibile ai sensi del combinato disposto degli artt. 477 e 482 c.p Il giudice di appello teneva ferma la condanna dell’imputata alla pena inflittale, pur riconoscendole le attenuanti generiche. Applicazione delle attenuanti generiche. La donna ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver tenuto ferma l’entità della pena, malgrado la disposta applicazione delle attenuanti generiche, violando così il disposto dell’art. 597, comma 4, c.p.p., secondo cui se è accolto l'appello dell'imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita . Riqualificazione del fatto. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ripercorreva i giudizi di merito. Il Tribunale di Lecce aveva condannato l’imputata, per il reato ex artt. 477 e 482 c.p., a 4 mesi di reclusione, corrispondente al minimo edittale. La Corte d’appello, riqualificando il fatto come reato, più gravemente punito, ai sensi dell’art. 485 c.p., non avrebbe potuto aumentare la pena, in difetto dell’impugnazione del P.M Perciò, avendo riconosciuto le attenuanti generiche, i giudici d’appello avevano l’obbligo di far luogo alla corrispondente riduzione di pena, secondo quanto previsto dall’art. 597, comma 4, c.p.p Divieto di reformatio in peius. Aver tenuto fermo il trattamento sanzionatorio, pur in presenza delle attenuanti generiche, avrebbe presupposto l’aumento della pena base da 4 a 6 mesi di reclusione. Ciò, però, avrebbe violato il principio, secondo cui il divieto di reformatio in peius nel giudizio d’appello riguarda non solo il risultato finale, ma anche tutti gli elementi del calcolo della pena. Di conseguenza, in caso dell’accoglimento dell’appello dell’imputato, in ordine alle circostanze o al concorso dei reati, non soltanto è obbligatorio diminuire la pena complessiva, ma è anche impossibile elevare la pena comminata per i singoli elementi. Alla luce di tali circostanze, la Corte di Cassazione rideterminava la pena in 2 mesi e 20 giorni di reclusione, come risultato della riduzione di un terzo della pena base di 4 mesi di reclusione.