Impiegato si appropria di un timbro del Ministero delle Finanze. La difesa: “Non vale niente!”. Dipende dai punti di vista

Quand’anche vi fosse la prova del mancato utilizzo di un timbro, tale dato temporale non invalida il suo valore economico-funzionale, essendo tale strumento finalizzato a dare connotazione genetica e ufficiale agli atti della P.A.

È quanto sostiene la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8650 del 21 febbraio 2014. Il fatto. Il Tribunale di Roma condannava in impiegato del Ministero delle Finanze per peculato, per essersi appropriato di un timbro del Ministero stesso che aveva nella sua disponibilità per lo svolgimento dell’incarico, sequestrato, poi, all’interno della sua abitazione. L’uomo propone ricorso in Cassazione. Prova decisiva. Il ricorrente si duole della mancata assunzione della prova decisiva”, ossia della deposizione del teste di riferimento del consegnatario del timbro. La Suprema Corte, però, afferma che tale mancata assunzione non è deducibile come motivo di ricorso, a meno che la prova non assunta e non valutata vizi la sentenza intaccandone la struttura portante. Nel caso di specie, la Corte distrettuale, con argomentazione logica e lineare, ha sostenuto che non ricorreva la necessità di procedere a tale assunzione in quanto l’imputato aveva espressamente riconosciuto di aver sottratto il timbro che stava sul tavolo del suo ufficio . Non invalidato il valore economico-funzionale dello strumento. L’impiegato lamenta, inoltre, la ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del peculato, tenuto conto che il timbro non veniva più usato, era privo di valore economico e aveva perso, quindi, il suo fisiologico vincolo di destinazione a finalità pubbliche. Argomentazioni di tal fatta non sono condivisibili in quanto, quand’anche vi fosse la prova del mancato utilizzo del timbro, tale dato temporale non invalida il suo valore economico-funzionale, essendo questo strumento finalizzato a dare connotazione genetica e ufficiale agli atti della P.A, garantendone il momento reale di formazione. Si comprende che, a differenza di ciò che la difesa sostiene, l’appropriazione, il cui oggetto ha un valore economico intrinseco, incide sulla funzionalità dell’ufficio o del servizio, in considerazione della concreta possibilità di un uso illecito dello strumento. Il ricorso, dunque, è infondato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 – 21 febbraio 2014, n. 8650 Presidente Agrò – Relatore Lanza Ritenuto in fatto 1. N.E. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 14 giugno 2013 della Corte di appello di Roma che, in parziale riforma della sentenza 20 aprile 2012 del Tribunale di Roma, ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili in favore del Ministero della Finanza. 2. Il Tribunale di Roma ha condannato N.E. alla pena di anni 3 mesi 3 di reclusione perché responsabile del reato di cui all'art. 314 cp in quanto, avendo come impiegato di V livello dei Ministero della Finanza la disponibilità di un timbro del Ministero stesso, se ne appropriava, fatto accertato il 8-5-2001 ha condannato altresì l'imputato al risarcimento dei danni nei confronti del Ministero della Finanza costituito parte civile. 2.1. Il giudizio di responsabilità si è fondato sul verbale di sequestro dei timbro all'interno dell'abitazione del prevenuto, sulla deposizione dei teste D.V., che in dibattimento riferiva di aver accertato presso il Ministero l'autenticità del timbro stesso, nonché sulla confessione resa dal N. 2.2 In conclusione per la gravata sentenza, la condotta dell'imputato ha realizzato gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di peculato, considerato che egli era impiegato di V livello, con mansioni di archivista presso la Direzione Generale del Ministero della Finanza teste T. , per cui rivestiva il ruolo di incaricato di pubblico servizio aveva l'immediata disponibilità dei timbro per lo svolgimento del suo incarico amministrativo è lui stesso a dichiarare che il timbro era sui suo tavolo di lavoro si era appropriato dell'oggetto portandolo presso la sua abitazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è composto di due motivi. 1.1. Con un primo motivo viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge sul punto della mancata audizione del teste di riferimento del consegnatario del timbro, Sig. M., la cui audizione si sarebbe resa necessaria posto che, contrariamente all'assunto della gravata sentenza a risulta che il difensore dei N. all'udienza dei 20 aprile 2012 aveva chiesto l'esame del consegnatario b consta altresì che al detto consegnatario era stato esibito non il timbro ma la sua impronta c manca la prova che il timbro fosse ancora in uso , tanto non potendosi desumere dall'affermazione dell'imputato che aveva ammesso di averlo sottratto dal suo tavolo. 1.2. Con un secondo motivo si lamenta la ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi dei peculato, tenuto conto che nella specie trattavasi di timbro non più in uso oggetto di antiquariato dicasteriale mai utilizzato dal detentore di valore economico inconsistente anzi privo di alcun valore, senza concreta possibilità di utilizzo per la sua non attuale validità e che aveva pertanto perso il suo fisiologico vincolo di destinazione a finalità pubbliche. 2. Nessuno dei due motivi, tra loro correlati e da esaminarsi congiuntamente, risulta fondato. 2.1. Quanto alla prima censura, è noto che prova decisiva , la cui mancata assunzione è deducibile come motivo di ricorso per cassazione, è solo quella prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante cfr. ex plurimis cass. pen. sezione. 6, u.p. 12 maggio 2011, Cananzi ed altri . 2.2. Inoltre la valutazione di siffatta decisività va compiuta accertando se i fatti, indicati dal ricorrente nella relativa richiesta, siano tali da potere inficiare tutte le argomentazioni poste a fondamento del convincimento del Giudice cfr. Cass. Sez. 1, 12584/1994 r.v. 200073 e risulta pertanto priva di fondamento la censura che denunzi il rigetto, sul punto, della istanza difensiva, se tale rigetto, come nella specie, risulta sorretto da argomentazioni logiche, idonee a dimostrare che le cosiddette controprove, dedotte dalla parte, non possono modificare il peso delle prove di accusa cfr. Cass. pen. Sez. 3, 27581 2010 Rv. 248105 sez. II, 16354/2006, rv. 234752 . 2.3. Nella vicenda la corte distrettuale - con una argomentazione in questa sede non censurabile per la sua linearità logica - ha sostenuto che non ricorreva la necessità di procedere a tale assunzione testimoniale in quanto l'imputato, innanzi al P.M., aveva espressamente riconosciuto di aver sottratto il timbro dell'Amministrazione che stava sul tavolo del suo ufficio , circostanza questa che consentiva di apprezzare ad un tempo sia l'autenticità dello strumento, che l'attualità del suo utilizzo. 2.4. Quanto poi all'asserzione, contenuta nel gravame, e relativa alla esibizione al consegnatario dell'impronta e non dello strumento timbro trattasi di asserzione difensiva, avversata da contraria affermazione della Corte di appello, e non documentata in questa sede nel rispetto del canone dell'autosufficienza del ricorso. 2.5. L'accertamento dell'autenticità dello strumento, e della persistente attualità del suo utilizzo è inutilmente contrastata dal secondo motivo di doglianza, il quale peraltro non tiene conto, né si misura in modo efficace, con gli assunti dei giudici di merito ai quali intende proporre un'alternativa realtà di un timbro non più in uso, né mai utilizzato, privo di alcun valore, senza concreta possibilità di utilizzo per la sua non attuale validità e ormai privo del suo fisiologico vincolo di destinazione a finalità pubbliche. 2.6. L'argomentare difensivo in questione non è condivisibile considerato che, quand'anche vi fosse la prova e ciò non risulta che il timbro in questione non fosse più in uso circostanza negata dal mero fatto della sua presenza sul tavolo del funzionario , tale dato temporale non invalida il valore economico-funzionale dello strumento stesso, il quale, per la sua provenienza è finalizzato a dare connotazione genetica ed ufficiale ad atti della P.A., garantendone il momento reale di formazione, soprattutto in caso di successione nel tempo di timbri di diversa configurazione e fattura. 2.7. In conclusione si è quindi ben lontani vds cass. pen. sez. 6, 42836/2013 Rv. 256686, Sgroi da un'ipotesi di assenza di intrinseco rilievo economico dell'oggetto dell'appropriazione, ed anche di mancante reale incidenza di quest'ultima sulla funzionalità dell'ufficio o del servizio, apprezzata, per quest'ultima evenienza, la concreta possibilità di un illecito strumentale utilizzo. 3. Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonché apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata, con conseguente condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali nonché di quelle sostenute dalla parte civile che si liquidano in €. 1.200, 00 oltre i.v.a. e c.p.a. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché di quelle sostenute dalla parte civile che liquida in €. 1.200, 00 oltre i.v.a. e c.p.a.