Cd masterizzati e inseriti in custodie simili alle originali: bastano meri indici rilevatori per desumere l’illecita finalità commerciale

La condotta di detenzione di supporti privi del contrassegno SIAE è penalmente rilevante solo se commessa successivamente all’entrata in vigore del d.P.C.M. n. 31/2009 che ha dato concreta applicazione alla norme incriminatrici in materia di tutela del diritto d’autore.

Il caso. La Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa città, ha assolto gli imputati per il primo capo di imputazione, rideterminando il trattamento sanzionatorio per il residuo capo. In particolare, il Tribunale aveva ritenuto gli imputati S.A. – legale rappresentante di una società di servizi informatici – V.A. e R.R. – soci-dipendenti della predetta società – responsabili di entrambi i reati contestati ai sensi degli artt. 171, comma 1, lett. a bis e 171 bis, comma 1, l. n. 633/1941 per avere scaricato tramite il programma ‘Emule’, salvato nella memoria di 2 computer e messo a disposizione del pubblico numerosi documenti informatici contenenti tracce musicali e opere cinematografiche coperte da diritto d’autore nonché per avere abusivamente duplicato – a scopo commerciale – numerosi programmi per elaboratore elettronico, sempre in violazione del diritto d’autore. Gli imputati impugnavano la decisione di primo grado e la Corte di Appello, dopo aver disposto una CTU, ha parzialmente accolto i motivi di gravame, escludendo la loro penale responsabilità con riferimento alla prova che al momento dell’accesso della Guardia di Finanza fossero in atto attività di condivisione dei documenti informatici predetti. Altrimenti detto, nonostante i periti abbiano accertato che in passato la condotta illecita de qua sia stata reiteratamente perpetrata, non è stata tuttavia offerta la prova dell’avvenuta realizzazione della condotta penalmente rilevante specificamente contestata nel capo di imputazione. Quanto all’altro capo di imputazione la Corte territoriale ha, invece, ritenuto che la detenzione all’interno di un esercizio commerciale di numerosi programmi per elaboratore elettronico abusivamente masterizzati e privi del marchio SIAE, inseriti in custodie simili a quelle originali e pronti per l’installazione, sia assolutamente sintomatica della finalità commerciale della detenzione stessa e, pertanto, escludendo il lamentato utilizzo personale da parte degli imputati, ha confermato la sentenza di condanna sul punto. Sussistono le finalità commerciali? In primis , illogicità della motivazione e travisamento probatorio quanto alla prova della sussistenza di finalità commerciali relativamente alla detenzione delle plurime copie dei programmi informatici per elaboratore elettronico, desunta sulla scorta di meri indici rilevatori privi di concreta significatività indiziante. In secundis , errata applicazione di legge con riferimento alla dedotta insussistenza del reato contestato alla luce della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 8/11/2007 nella causa Schwibbert, sulla cui scorta l’assenza di contrassegno SIAE non integra alcun illecito se trattasi di fatti – come quelli contestati – risalenti all’anno 2006. Tutela del diritto d’autore. La Corte di Cassazione ha, anzitutto, respinto la prima prospettazione difensiva, specificamente relativa alla finalità di commercio della detenzione, così come ritenuta sussistente dai Giudici di merito, ed ha statuito come assolutamente corretta, congrua e priva dei lamentati vizi motivazionali è la motivazione fornita dalla Corte di Appello relativamente alla valutazione dei predetti indici rivelatori. In particolare, l’attività di assistenza in campo informatico degli imputati, la finalità commerciale della società di cui gli stessi erano soci, la presenza delle numerose copie dei programmi masterizzati, la loro conservazione in custodie identiche a quelle originali, nonché l’installazione degli stessi su alcuni computer presenti presso l’esercizio commerciale, sono elementi inequivocabilmente rivelatori della contestata illecita finalità lucrosa della detenzione. Secondo i Supremi Giudici risulta, infatti, evidente che l’installazione sui personal computer dei pacchetti software duplicati rispetto agli originali comporta, da un lato, per l’acquirente/cliente il vantaggio economico di non dover pagare la somma prevista per l’acquisto della versione originale di tali programmi e, dall’altro, per la società il vantaggio di consegnare i propri prodotti già muniti dei predetti software ad un prezzo più contenuto nonché, essendo l’unica titolare del programma in originale, l’ulteriore vantaggio di rimanere l’unico riferimento per l’assistenza tecnica. Quanto al secondo profilo di ricorso lo stesso merita, invece, accoglimento, in quanto sulla scorta della citata sentenza della Corte di Giustizia Europea la condotta di detenzione di supporti privi del contrassegno SIAE integra la violazione del diritto d’autore solo se commessa successivamente all’entrata in vigore del d.P.C.M. n. 31/2009 che ha dato concreta applicazione alla norme incriminatrici in materia, appunto, di diritto d’autore.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 gennaio – 13 febbraio 2014, numero 6988 Presidente Mannino – Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 20/3/2013 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del 30/5/2011 del Tribunale di Palermo, ha mandato assolti gli imputati dal reato contestato al capo A della rubrica articolo 110 cod. penumero e 171, comma 1, lett. a bis, della legge 22 aprile 1941, numero 633 perché il fatto non sussiste e, esclusa la continuazione, ha ridotto a quattro mesi di reclusione e 1.350,00 Euro di multa la pena inflitta a ciascuno in relazione al capo B articolo 110 cod. penumero e 171-bis, comma 1, legge 22 aprile 1941, numero 633 , accertato il 26/10/2006 con conferma delle restanti statuizioni anche in favore della parte civile costituita, S.I.A.E. 2. Il Tribunale aveva ritenuto gli imputati S. legale rappresentante della RSV Service, società di servizi informatici, società cooperativa a responsabilità limitata e R. e V. soci-dipendenti e consiglieri della società citata responsabili di entrambi i reati contestati per avere scaricato tramite il programma Emule , depositato nella memoria di due personal computer e messo a disposizione del pubblico numerosi documenti informatici contenenti tracce musicali e numero 5 opere cinematografiche, tutti documenti coperti da diritto d'autore capo A e per avere duplicato abusivamente a scopo commerciale o imprenditoriale numerosi programmi per elaboratore elettronico in violazione del diritto d'autore capo B . Alla condanna penale seguiva quella al risarcimento dei danni in favore della parte civile, da liquidarsi in separata sede, con fissazione della somma di 3.000,00 Euro quale provvisionale immediatamente esecutiva. 3. La Corte di appello, sull'appello degli imputati e previa effettuazione di consulenza tecnica, ha ritenuto non provato che al momento dell'accesso della Guardia di Finanza fossero in atto attività di condivisione dei documenti contestati al capo A che in passato tale condotta sia stata più volte tenuta è risultato accertato dai periti, ma si tratta di condotte non contestate nel capo di imputazione e, dunque, non assumibili come elemento rilevante per la decisione, pena la violazione degli articolo 516 e seguenti cod. proc. penumero , con conseguente assoluzione degli imputati dal reato sub A. Diversa la conclusione cui è giunta la Corte di appello con riguardo alla condotta contestata al capo B, ritenendo che l'insieme degli elementi di fatto consenta di affermare con certezza pag.5 e 6 che la detenzione in un locale commerciale di numerosi programmi per elaboratore elettronico abusivamente masterizzati , privi del marchio SIAE, pronti per l'installazione e custoditi anche su supporti riposti in copertine simili a quelle originali non fosse finalizzata all'uso personale dei detentori ma avesse finalità commerciali. Di qui la condanna di tutti gli imputati per il solo capo B e la riduzione della provvisionale all'importo di 1.000,00 Euro. 4. Avverso tale decisione i sigg. S. , R. e V. propongono unico ricorso tramite il Difensore in sintesi lamentando a. Vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. e cod. proc. penumero per illogicità del ragionamento e per travisamento del dato probatorio. In particolare 1 escluso dalla sentenza di appello pag. 5 che sussista prova di abusiva duplicazione, la Corte di appello ha ritenuto provato che sussistano nel caso in esame finalità commerciali o imprenditoriali della detenzione e ha ricavato tale conclusione su indici rivelatori che, invece, non si presentano come significativi, né singolarmente né valutati nel loro complesso errato il giudizio sul dato numerico 43 supporti non sono un numero cospicuo e per 18 di essi i ricorrenti erano in possesso degli originali errata la confusione fra lo scopo commerciale dell'attività e la destinazione commerciale dei supporti ininfluente la competenza tecnica dei ricorrenti ininfluente la circostanza che nell'esercizio fossero presenti computer in riparazione tema precisato con rinvio al punto 5.1 e al punto 5.2 dell'atto di appello 2 omessa motivazione in relazione alle dichiarazioni del teste D. ud. 16 novembre 2009 e all'assenza di finalità commerciali b. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b cod. proc. penumero per essere insussistente il reato alla luce della sentenza della Corte di Giustizia UE del 8/11/2007 in causa Schwibbert l'assenza di contrassegno SIAE non integra illecito per fatti risalenti all'anno 2006. Considerato in diritto 1. Rileva la Corte che il capo d'imputazione contiene al capo B due ipotesi di reato tra loro alternative che rispecchiano il testo dell'articolo l71-bis della legge 22 aprile 1941, numero 633 l'avere con finalità di lucro abusivamente duplicato in termini correnti masterizzato programmi per elaboratore elettronico o comunque detenuto a scopo commerciale o imprenditoriale programmi per elaboratore contenuti in supporti privi del contrassegno Siae. 2. Muovendo dalla seconda delle ipotesi, sulla quale la Corte di appello e i ricorrenti si sono particolarmente soffermati, la Corte deve affrontare due questioni se possa sussistere la finalità commerciale o imprenditoriale se l'ipotesi di reato possa essere applicata a supporti privi di contrassegno Siae qualora la condotta contestata risalga all'anno 2006. 3. Quanto al primo profilo la Corte ritiene che non possa trovare accoglimento la prospettazione difensiva in ordine alla finalità di commercio o d'impresa esposta alle pagine 8 e seguenti del ricorso. Dal momento che i ricorrenti svolgevano professionalmente l'attività di assistenza in campo informatico, la finalità di commercio o d'impresa non deve essere valutata esclusivamente con riguardo alla vendita diretta dei programmi per elaboratore, ma anche alla installazione dei medesimi sugli apparecchi e, più in generale, alla loro utilizzazione in favore dei clienti. Sul piano puramente logico, infatti, è evidente che l'installazione sui personal computer dei c.d. pacchetti software duplicati dagli originali comporta per l'acquirente o per il cliente il vantaggio di non dover acquistare detto software, ivi compreso il sistema operativo prescelto, con un risparmio non modesto di denaro che si riverbera in una violazione del diritto d'autore e in un danno economico per il produttore del software coperto da brevetto. Nello stesso tempo, detta condotta comporta un vantaggio per il centro di commercializzazione e assistenza, che può consegnare i propri prodotti funzionanti a un prezzo più contenuto e in più, essendo titolare unico del software originale poi masterizzato, rimane il riferimento indispensabile del cliente in presenza di qualsiasi difficoltà tecnica. Sulla base delle considerazioni che precedono la Corte ritiene che non meriti censura il ragionamento della Corte di appello allorché ha preso in esame alcuni indici rivelatori , quali il numero dei programmi masterizzati, la presenza dei supporti con i programmi all'interno dei locali commerciali, la presenza di personal computer di clienti in fase di assistenza o riparazione, la qualificazione tecnica dei ricorrenti in campo informatico. Da quanto detto discende un giudizio di logicità e correttezza del ragionamento della Corte di appello nella parte in cui conclude per l'esistenza di uno scopo commerciale o imprenditoriale quale elemento caratterizzante la condotta dei ricorrenti. 4. La sentenza della Corte di appello merita, invece, di essere censurata con riguardo al secondo profilo sopra richiamato. Come questa Corte ha avuto modo di affermare, i principi affermati nella citata sentenza Schwibbert della Corte di Giustizia Ue conducono a ritenere che la condotta consistente nella detenzione di supporti privi di contrassegno Siae non può integrare reato se commessa nel periodo anteriore all'entrata in vigore del d.P.C.M. 23 febbraio 2009, numero 31, che pose rimedio all'inadempimento dello Stato italiano e rese applicabile anche al nostro Paese la piena tutela del diritto d'autore con riferimento ai beni oggetti delle norme incriminatrici qui rilevanti cfr. Sez.3, numero 9590 del 29/2/2012, Pape Mbacke . Ora vertendosi in ipotesi di reato risalente all’anno 2006, va escluso che la detenzione dei programmi di elaboratori possa integrare il reato ex articolo 171 bis, citato, per il solo fatto di essere i programmi contenuti in supporti privi del suddetto contrassegno. 5. Tale conclusione impone alla Corte di verificare se la Corte di appello abbia correttamente inquadrato la condotta dei ricorrenti con riguardo alla prima parte della contestazione. La risposta non può che essere negativa. La Corte di appello ha appuntato la propria attenzione sulla condotta di detenere i materiali per finalità commerciali o imprenditoriali e ha concluso per l’esistenza della violazione. Ciò ha condotto i giudici di appello a dedicare solo un passaggio alla ipotesi di duplicazione illecita dei supporti, affermando a pag. 5 che possono sussistere dubbi sull’ascrivibilità della duplicazione ai ricorrenti costituisce, invece, oggetto di giudizio che deve essere affrontato e risolto dalla Corte di appello alla luce di quanto sopra esposto in termini di insussistenza dell’ipotesi illecita detenzione dei supporti. Solo l’abusiva duplicazione per finalità di lucro è, infatti, condotta che non risente dei principi fissati dalla citata sentenza della Corte di Giustizia Ue e che, pertanto, deve essere valutata e decisa in principalità dai giudici di appello, cui gli atti vanno restituiti perché provvedano a nuovo esame nel rispetto dei principi fissati con la presente decisione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo.