La verifica della sproporzione patrimoniale va fatta al momento dell’acquisto dei beni

In tema di confisca prevista per i reati elencati all’art. 12 sexies d.l. n. 306/1992, le condizioni necessarie e sufficienti per disporre tale sequestro, finalizzato alla cosiddetta confisca allargata”, consistono nell’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato ed alle concrete circostanze indicate dal Pubblico Ministero, di una delle ipotesi criminose previste dalla norma citata, senza che rilevino né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità, e nella presenza di seri indizi di esistenza delle stesse condizioni che legittimano la confisca per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto.

Tale sproporzione va valutata non con riferimento al momento dell’adozione della misura rispetto a tutti i beni presenti, bensì con riguardo al momento dei singoli acquisti. Lo ha stabilito la Sesta sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 47567, depositata il 29 novembre 2013. La fattispecie. La pronuncia in esame prende le mosse dalla statuizione con la quale la sesta sezione della Suprema Corte di Cassazione ha sostanzialmente confermato la legittimità del provvedimento di confisca di beni mobili ed immobili, richiesto ed ottenuto dalla pubblica accusa, nei confronti di un soggetto imputato di corruzione per atto contrario a doveri d’ufficio nonché nei confronti della moglie e dei due figli di quest’ultimo . La decisione del Tribunale del Riesame di annullare il decreto di confisca del Giudice dell’udienza preliminare veniva impugnata con successo dal ricorrente Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, il quale, oltre a sottolineare i differenti presupposti applicativi della confisca allargata ex art. 12 sexies d.l. n. 306/1992 rispetto alla confisca per equivalente ex art. 322 ter, secondo comma, c.p., denunciava altresì la violazione della norma speciale sopra richiamata, nella parte in cui – per la valutazione della fondatezza del sequestro – il Tribunale capitolino faceva riferimento al momento dell’adozione della misura cautelare reale, ed ai beni presenti, in quel momento, nel patrimonio del soggetto. L’ipotesi atipica di confisca ex art. 12 sexies d.l. 306/1992 La confisca prevista per i reati elencati all’art. 12 sexies d.l. 306/1992 costituisce misura ablativa, avente natura punitivo-repressiva, che viene disposta, in seguito a condanna, o ad applicazione concordata della pena, per determinati reati indicati dalla stessa norma, in relazione ai beni non direttamente collegati alla commissione dei reati, più specificamente per il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. In particolare, nella prassi investigativa, è frequente l’adozione del sequestro preventivo ex artt. 321 e seguenti c.p.p. e della confisca ex art. 12 sexies legge n. 356/1992, eseguito contestualmente o subito dopo l'esecuzione delle misure cautelari personali, nei confronti degli indagati appartenenti ad una organizzazione di stampo mafioso. e la posizione della giurisprudenza di legittimità. La sentenza in commento si pone nel solco del consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione Sezioni Unite n. 920/2004 , secondo cui la condanna per uno dei reati indicati nell'art. 12 sexies, commi 1 e 2, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, n. 356 contenente modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa , comporta la confisca dei beni nella disponibilità del condannato, allorché, da un lato, sia provata l'esistenza di una sproporzione tra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica e il valore economico di detti beni e, dall'altro, non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi. Ne consegue che, essendo irrilevante il requisito della pertinenzialità del bene rispetto al reato per cui si è proceduto, la confisca dei singoli beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna, o che il loro valore superi il provento del medesimo reato. Nella decisione in esame, la sesta sezione aderisce integralmente all’orientamento per cui, al fine di disporre la confisca allargata allorché sia provata l'esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua attività economica e il valore economico dei beni da confiscare, e non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi, è necessario, in primo luogo, che, ai fini della sproporzione , i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti. In secondo luogo, occorre che la giustificazione credibile consista nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta condanna.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 - 29 novembre 2013, n. 47567 Presidente Di Virginio – Relatore Aprile Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Roma annullava il decreto del 13/05/2013 con il quale il Giudice dell'udienza preliminare dello stesso Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo, ai sensi dell'art. 12 sexies d.l. n. 306 del 1992, convertito nella legge n. 356 del 1992, di una serie di beni immobili, beni mobili registrati, liquidità e partecipazioni societarie appartenenti ad A B. - imputato in relazione ai reati di cui agli artt. 81 cpv., 319, 319 bis e 321 cod. pen. - ovvero a componenti del suo nucleo familiare, la moglie T.R. ed i figli B.F. e L Rilevava il Tribunale come il provvedimento genetico della misura cautelare reale dovesse essere annullato in quanto adottato sulla base di un accertamento non conforme al paradigma legale, atteso che il primo Giudice aveva erroneamente accertato la sproporzione, prevista dal suddetto art. 12 sexies, riferendola al 2009, senza però verificarne la persistenza al momento dell'applicazione del sequestro ai fini del controllo circa la sussistenza di quella sproporzione, aveva erroneamente valorizzato alcune entrate di cui avevano beneficiato i figli del B. e l'acquisizione di un immobile, da parte della moglie del prevenuto, che era già entrato in precedenza, sia pure indirettamente, nella disponibilità della stessa T. ed ancora, pur avendo fatto riferimento alla disciplina del sequestro allargato” di cui al già richiamato art. 12 sexies, aveva impropriamente utilizzato la misura cautelare per le finalità proprie del sequestro per equivalente disciplinato dal diverso art. 322 ter cod. pen 2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma il quale si è doluto, nella sostanza, della inosservanza ovvero dell'erronea applicazione della disciplina dettata dal più volte citato art. 12 sexies, per avere il Tribunale preteso che la verifica della sproporzione patrimoniale venga effettuata al momento dell'applicazione della misura cautelare reale e non anche, come prescritto dalla norma de qua ovvero come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, con riferimento al momento dell'acquisto dei singoli beni da parte dell'interessato per avere il Collegio del riesame censurato le scelte operate dal primo giudice in ordine alle poste in entrata” e in uscita” da considerare ai fini della ricostruzione del patrimonio dell'imputato e dei suoi familiari e delle correlate capacità reddituali ed ancora, per avere il Tribunale ingiustificatamente fatto riferimento alla disciplina del sequestro per equivalente di cui all'art. 322 ter, comma 2, cod. pen., che ha presupposti applicativi del tutto diversi da quelli valorizzati dal Giudice per le indagini preliminari per l'adozione del decreto di applicazione del sequestro preventivo. 3. Con memoria del 14/11/2013 i difensori di B.A. hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso del P.M., sottolineando la correttezza della decisione del Tribunale del riesame circa la mancata verifica della sussistenza dei presupposti giustificativi del sequestro con riferimento al patrimonio dell'indagato come esistente al momento dell'applicazione della misura e rilevando la carenza di interesse del rappresentante della pubblica accusa, essendo stato parte di quel patrimonio già sottoposto ad altro sequestro preventivo per equivalente nell'ambito di un diverso procedimento a carico del medesimo B. . 4. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato. 4.1. Va premesso che, benché nel suo ricorso nel quale manca una esplicita enunciazione della natura dei motivi denunciati il P.M. si sia lamentato, a più riprese, della difficoltà di ricostruire il percorso logico seguito dal Tribunale del riesame , di avere il Collegio indicato contraddittoriamente un dato di valutazione non corretto, ovvero della non agevole interpretazione dell'iter logico seguito dal giudice del riesame - censure che parrebbero avere ad oggetto altrettanti vizi di motivazioni, come tali non deducibili con il ricorso per cassazione avverso una ordinanza in materia di misure cautelari reali, giusta la previsione dell'art. 325, comma 1, cod. proc. pen. - dal contenuto globale dell'atto di impugnazione si comprende come lo stesso sia stato presentato, nella sostanza, per fare valere violazioni della norma dettata dal più volte menzionato art. 12 sexies, e sia, perciò, senz'altro ammissibile. Va aggiunto che il P.M. impugnante ha un concreto interesse ad impugnare l'ordinanza del Tribunale del riesame essendo ininfluente, in questa sede, che parte del patrimonio del B. fosse stato già sottoposto a vincolo giudiziario sulla base di un analogo provvedimento di sequestro preventivo per equivalente adottato nell'ambito di un distinto procedimento penale a carico del prevenuto. 4.2. Costituiscono ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte i principi secondo cui le condizioni necessarie e sufficienti per disporre il sequestro preventivo di beni confiscabili a norma dell'art. 12-sexies, commi 1 e 2, d.l. n. 306 del 1992, convertito nella legge n. 356 del 1992, consistono, quanto al fumus commissi delicti , nell'astratta configurabilità, nel fatto attribuito all'indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal P.M., di una delle ipotesi criminose previste dalle norme citate, senza che rilevino né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità e, quanto al periculum in mora , coincidendo quest'ultimo con la confiscabilità del bene, nella presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi così Sez. U, n. 920/04 del 17/12/2003, Montella, Rv. 226492 conf., in seguito, Sez. 6, n. 35786 del 21/06/2012, Buttini, Rv. 254394 Sez. 5, n. 18078 del 26/01/2010, De Stefani, Rv. 247134 Sez. 5, n. 20818 del 24/03/2009, Salvatore, Rv. 243942 Sez. 5, n. 15970 del 16/01/2004, Reveglia, Rv. 227627 Sez. 1, n. 1415/04 del 16/12/2003, P.M. in proc. Marzocchella, Rv. 226640 e secondo cui, al fine di disporre la confisca de qua, è necessario, da un lato, che, ai fini della sproporzione , i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti, e, dall'altro, che la giustificazione credibile consista nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta condanna così Sez. U, n. 920/04 del 17/12/2003, Montella, Rv. 226491 conf., in seguito, Sez. 6, n. 5452 del 12/01/2010, Mancin, Rv. 246083 Sez. 1, n. 10756 del 18/02/2009, Pelle, Rv. 242896 Sez. 6, n. 721/07 del 26/09/2006, Nettuno, Rv. 235607 . Di tali regulae iuris il Tribunale di Roma non ha fatto corretta applicazione e ciò sia nel momento in cui ha sostenuto che il primo Giudice avesse errato nel limitare il proprio controllo con riferimento al lasso temporale ricompreso dal 2002 al 2009, cioè al periodo nel quale erano state effettuate le acquisizioni sospette”, senza verificare la persistenza della sproporzione al momento dell'applicazione della misura cautelare reale, vale a dire alla data del 13/05/2013 v. pag. 4 ord. impugn. , in quanto l'accertamento della sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto va necessariamente compiuto con riferimento al momento in cui il bene o i beni sono entrati a far parte del patrimonio dell'interessato, essendo evidentemente ininfluenti vicende economiche successive, dato che eventuali entrate lecite posteriori sarebbero state chiaramente inidonee a rendere ex post lecite le accumulazioni patrimoniali avvenute illecitamente in precedenza sia anche laddove il Tribunale del riesame ha censurato le scelte operate dal primo Giudice in ordine alle entrate” e alle uscite” da considerare ai fini della verifica di quella sproporzione, perché bene aveva fatto il Giudice dell'udienza preliminare, nell'adempimento del doveroso compito di rigorosa stima dei valori economici in gioco , a tenere conto tanto delle entrate di cui i figli del B. avevano beneficiato per la vendita di due appartamenti di cui erano proprietari a XXXXXX con palesi effetti di favore per gli interessati , quanto dell'acquisizione di un immobile entrato a far parte del patrimonio personale della moglie del B. solo nel 2002, essendo lo stesso appartenuto in precedenza ad una s.r.l., società, titolare di un distinto patrimonio, della quale la predetta era stata socia sia pur in posizione nettamente maggioritaria. 4.3. Frutto di una palese errata interpretazione delle norme di diritto penale sostanziale richiamate è stata, altresì, l'affermazione del Tribunale del riesame di Roma per la quale il decreto di applicazione della misura cautelare doveva essere annullato anche perché emesso solo formalmente per consentire una confisca allargata” ai sensi dell'art. 12 sexies d.l. cit., avendo avuto, in realtà, come scopo quello di realizzare le finalità proprie della confisca per equivalente di cui all'art. 322 ter, comma 2, cod. pen. sequestro, peraltro, che in questo procedimento era stato pure disposto ai fini di confisca ex art. 322 ter, con provvedimento che, secondo quanto riferito dai difensori dell'indagato nella loro memoria, aveva poi perso di efficacia . Pur riconoscendo che le due anzidette forme di confisca hanno presupposti applicativi differenti, potendo persino essere disposte contemporaneamente nei riguardi di uno stesso imputato, ovviamente in relazione a beni diversi come, peraltro, ribadito da Sez. 6, n. 33883 del 02/07/2012, Gabriele, Rv. 253655, secondo la quale il sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 12 sexies non consente di poter ritenere assorbito, per diversità di tipologia e di presupposti, il sequestro previsto dall'art. 322 ter cod. pen., che postula l'accertamento di un collegamento tra il reato e il bene da sequestrare o il valore equivalente , il Tribunale ha poi confuso l'ambito operativo dei due istituti per un verso, dando per scontato che, nel caso di specie, il sequestro preventivo fosse stato disposto per sottrarre agli imputati i proventi dei reati loro contestati v. pag. 5-6 ord. impugn. , circostanza che il primo Giudice non aveva affatto indicato, avendo fatto riferimento, invece, a beni ed altre utilità di cui i B. avevano acquisito la disponibilità in epoca anteriore alla commissione dei reati contestati all'imputato per altro verso asserendo che, in quanto sequestro per equivalente, la misura cautelare reale applicata dovesse necessariamente reputarsi adottata a mente dell'art. 322 ter cod. pen., laddove non solo è evidente dalla lettera della legge come una forma di sequestro per equivalente sia prevista anche in relazione alla confisca allargata” di cui all'art. 12 sexies d.l. n. 306 del 1992, come si evince agevolmente dal comma 2 ter di tale secondo articolo, ma soprattutto trascurando come della norma dettata da tale comma il Giudice dell'udienza preliminare non avesse fatto per nulla applicazione, trattandosi di disposizione che presuppone un dato fattuale, completamente diverso da quello accertato nella fattispecie, qual è quello della mancata dimostrazione della sproporzione tra valore dei beni acquisiti e capacità reddituali dell'interessato che, nei ristretti limiti indicati, consente un'eccezionale estensione” del sequestro a fini di confisca ad altri beni, evidentemente acquisiti lecitamente. Il provvedimento impugnato deve essere, dunque, annullato con rinvio al Tribunale di Roma che, nel nuovo esame, si uniformerà ai principi di diritto innanzi richiamati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia, per nuovo esame, al Tribunale di Roma.