Omesso versamento IVA del legale rappresentante: i beni della società sono al sicuro

Non sono confiscabili i beni della società per l’omesso versamento IVA commesso dall’amministratore, anche se in favore dell’azienda stessa. La confisca, infatti, può essere disposta solo nei casi previsti dal d.lgs. n. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa degli enti. ÂÂ

Ad affermarlo è stata la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42350/2013 depositata il 15 ottobre scorso. Il caso. Dopo che i giudici di merito avevano respinto la richiesta di sequestro nei confronti di una cooperativa sociale, in merito al reato di omesso versamento IVA commesso dall’amministratore in favore dell’azienda stessa, il Procuratore ha proposto ricorso per cassazione. La società non è stata utilizzata come apparato fittizio. La S.C., ribadendo un consolidato principio di legittimità, ha affermato che il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può essere disposto sui beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante dell’ente e quest’ultimo sia utilizzato come apparato fittizio per commettere gli illeciti Cass., n. 15349/2013 . L’omesso versamento IVA non è tra i reati presupposto ai fini dell’applicazione del d.lgs. n. 231/2001. In sostanza – chiarisce la Cassazione – il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente art. 19, comma 2, d.lgs. n. 231/2001 non può essere disposto su beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal suo legale rappresentante, poiché gli artt. 24 e ss. del decreto in questione non includono i reati fiscali tra le fattispecie criminose in grado di giustificare il suddetto provvedimento , salvo che la struttura societaria sia un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti, così come ogni bene intestato alla società sia invece immediatamente riconducibile alla disponibilità dell’autore del reato . Ente privo di responsabilità penale Gli Ermellini, infine, ritengono irrilevanti le argomentazioni del ricorrente in merito alla non qualificabilità dell’ente quale terzo estraneo al reato per avere compartecipato all’utilizzazione dei profitti del reato stesso. Infatti – concludono i giudici - l’ente di per sé è comunque estraneo al reato, nel senso che è privo di ogni responsabilità penale . L’unica eccezione al sistema , appunto, è la responsabilità amministrativa dell’ente, disciplinata dal d.lgs. n. 231/2001, che ha introdotto un limite alla fictio juris dell’alterità soggettiva .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 luglio – 15 ottobre 2013, numero 42350 Presidente Teresi – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 22 aprile 2013 il Tribunale di Genova ha respinto l'appello proposto dal PM avverso decreto del 28 febbraio 2013 del gip dello stesso Tribunale con cui era stato disposto sequestro preventivo fino alla concorrenza della somma di Euro 56.789 nei confronti di S.A.D., indagata per il reato di cui all'articolo 10 ter d.lgs. 74/2000, ed era stata invece respinta la richiesta di sequestro ex articoli 1 l. 244/2007 e 322 ter c.p. nei confronti della Genoa Express Travaggiu Cooperativa Sociale, di cui la suddetta S. era legale rappresentante, avendo il gip ritenuto che il d.lgs. 231/2000 prevede la responsabilità dell'ente per i reati commessi a suo vantaggio solo nelle fattispecie di cui agli articoli 24 ss. dello stesso decreto legislativo, non includenti i reati fiscali. Il Tribunale ha confermato tale decisione del gip, richiamando giurisprudenza di legittimità in senso conforme. 2. Ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova, adducendo quale unico motivo la violazione degli articoli 322 ter c.p., 1, comma 143, I. 24 dicembre 2007 numero 244, 1, lettera e , e 10 ter d.lgs. 74/2000, e 240 c.p Sostiene il ricorrente che i provvedimenti del gip e del Tribunale del riesame ripropongono la questione, di natura preliminare da risolversi auspicabilmente con una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulla natura della confisca per equivalente , ovvero se sia esclusivamente sanzionatoria come affermerebbe il gip ovvero misura di sicurezza con profili sanzionatori, con conseguente irretroattività dell'articolo 1 l. 244/2007. Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe accolto la tesi della natura prevalente di sanzione penale senza porsi il problema dell'interpretazione del combinato disposto degli articoli 1 l. 244/2007 e 322 ter c.p. nel sistema complessivo delle norme che prevedono la confisca per equivalente. Esamina pertanto il ricorso tale aspetto, adducendo che se la confisca per equivalente dovesse ritenersi esclusivamente o eminentemente sanzionatoria, occorrerebbe domandarsi se costituisce una pena pecuniaria principale o accessoria, e osservando che la natura di pena pecuniaria principale è difficilmente sostenibile, anche perché comportante profili costituzionalmente significativi di irragionevole diseguaglianza, e che, parimenti, non può ritenersi conforme all'intenzione del legislatore qualificarla pena accessoria, vista la rubrica dell'articolo 600 septies c.p Ne deduce il ricorrente - in contrasto con la richiamata Cass. sez. III, 7 giugno 2011 numero 28731, che l'aveva escluso - che la confisca per equivalente è una misura di sicurezza ex articolo 240 c.p.p. sic che ha natura sanzionatoria limitatamente all'inapplicabilità del principio della irretroattività. Se dunque non è pena, e se il suo scopo, come quello del prodromico sequestro per equivalente, deve identificarsi - come riconosciuto dalla già citata Cass. sez. III, 7 giugno 2011 numero 28731 - in finalità di recupero, nella ipotesi di impossibilità di applicare la misura sul diretto profitto o prodotto del reato , il sequestro per equivalente può legittimamente incidere anche sui beni dell'azienda, laddove l'accrescimento abbia riguardato il patrimonio della stessa e del patrimonio l'indagato responsabile del reato tributario abbia la disponibilità come nel caso di specie . Richiama in questo senso il ricorrente Cass. sez. III, 9 maggio 2012 numero 38740, per cui la legge consente la confisca diretta dei beni che costituiscono profitto del reato indipendentemente dalla qualifica di concorrente nel reato del soggetto nella cui disponibilità il profitto è pervenuto e, qualora si tratti di una società, indipendentemente dal fatto che sussista responsabilità amministrativa per reato in questione, nel caso di reato commesso dall'amministratore di una società il cui profitto sia rimasto nelle casse di questa la società non potendosi considerare persona estranea al reato, pur se non è prevista una sua responsabilità . La prevalente giurisprudenza, poi, affermerebbe che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato può incidere contemporaneamente ed indifferentemente sui beni dell'ente che dal reato ha tratto vantaggio e su quelli della persona fisica che lo ha commesso, con l'unico limite del valore complessivo del profitto. Nel caso di specie, il reato ex articolo 10 ter d.lgs. 74/2000 produce conseguenze patrimoniali a favore della società per la quale la persona fisica ha agito, salvo si dimostri che vi è stata una rottura del rapporto organico, che nella specie non c'è , essendo d'altronde terzo estraneo al reato solo chi non partecipa non soltanto alla sua commissione ma altresì all'utilizzazione dei profitti derivati, e ciò trovando riscontro nell'articolo 1, lettera e , d.lgs. 74/2000, per cui il fine di evadere le imposte e il fine di sottrarsi al pagamento si intendono riferiti alla società per cui il legale rappresentante agisce. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. La questione che il ricorrente affronta è stata già più volte trattata dalla giurisprudenza di legittimità, seguita dal Tribunale nell'ordinanza impugnata. Dopo un primo approccio che dal rapporto organico tra l'indagato di reati fiscali e la persona giuridica al cui vantaggio da intendersi non solo come aumento patrimoniale, ma anche come omessa diminuzione, ovvero risparmio del versamento tributario Cass. sez. III, 19 settembre - 10 gennaio 2013 numero 1256 Cass. sez. V, 10 novembre 2011-17 gennaio 2012 numero 1843 questi sarebbero stati commessi induceva la disponibilità del sequestro preventivo sui beni della persona giuridica Cass. sez. III, 9 giugno 2011 numero 26389 Cass. sez. III, 7 giugno 2011 numero 28731 Cass. sez. III, 11 aprile 2012 numero 17485 , questa Suprema Corte non ha più inteso il rapporto organico quale sufficiente meccanismo di identificazione ai fini penali. Tra le pronunce massimate, si riscontrano invero in senso negativo a tale sufficienza i recenti arresti di cui a Cass. sez. III, 23 ottobre 2012-3 aprile 2013 numero 15349 il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può essere disposto sui beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante dell'ente e quest'ultimo sia utilizzato come apparato fittizio per commettere gli illeciti , Cass. sez. Ili, 19 settembre 2012-10 gennaio 2013 numero 1256 Il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall'art. 19 del D.Lgs. 8 giugno 2001, numero 231, non può essere disposto sui beni immobili appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso che gli artt. 24 e ss. del citato D.Lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l'adozione del provvedimento, con esclusione dell'ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti , Cass. sez. III, 14 giugno 2012 numero 25774 il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall'art. 19, comma secondo, del D.Lgs. 8 giugno 2001, numero 231, non può essere disposto sui beni immobili appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso che gli artt. 24 e ss. del citato D.Lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l'adozione del provvedimento, con esclusione dell'ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti . Tale orientamento giurisprudenziale privo di oscillazioni e ambiguità, che può qualificarsi a questo punto consolidato, essendosi riflesso pure in vari ulteriori arresti non massimati p.es. Cass. sez. III, 28 febbraio 2013 numero 9576, Cass. sez. III, 29 agosto 2012 numero 33371 e già Cass. sez. VI, 1 dicembre 2010 numero 42703 , nettamente ha chiarito che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente ex articolo 19, secondo comma, d.lgs. 8 giugno 2001 numero 231 non può essere disposto su beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal suo legale rappresentante, poiché gli articoli 24 ss. d.lgs. 8 giugno 2001 numero 231 non includono i reati fiscali tra le fattispecie criminose in grado di giustificare il suddetto provvedimento, tranne nel caso in cui la struttura societaria sia un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti così che ogni bene intestato alla società sia invece immediatamente riconducibile alla disponibilità dell'autore del reato. Il superamento dell'alterità della soggettività giuridica riconosciuta all'ente rispetto alle persone fisiche che agiscono per esso e nell'interesse di esso non può infatti - a parte l'ipotesi in cui già di per sé l'alterità non sussista, costituendo un'apparenza occultante il reo, che si avvale della persona giuridica allo stesso modo in cui potrebbe avvalersi di una persona fisica come prestanome fattispecie simulatorie in cui non vi è compresenza di più soggettività, bensì traslocamento dell'unica in una maschera, un guscio vuoto - non derivare da una fonte di legislazione primaria, che allo stato è identificabile nel d.lgs. 8 giugno 2001 numero 231, il quale esclude i reati tributari dalle fattispecie criminose di cui agli artt. 24 ss. idonee a giustificare la cautela in questione. 4. Proprio perché esiste oramai un chiaro e compatto orientamento della giurisprudenza di legittimità che blocca la prospettazione estensiva della cautela suddetta il ricorrente, come si è visto nella sintesi sopra tracciata delle sue argomentazioni, tenta di aggirare l'ostacolo a tale estensione riconosciuto dalla suddetta giurisprudenza, spostando il fulcro del ragionamento dalla alterità soggettiva rispetto all'agente criminale di chi sarebbe destinatario del sequestro per equivalente esteso alla qualificazione dello strumento normativo nei suoi confronta rivolto, non considerando, peraltro, neppure la cautela - strumento nel campo penale meramente prodromico e pertanto non dotato di stabilità neppure potenziale -, bensì lo strumento definitivo della confisca per equivalente cui il sequestro preventivo è teleologicamente avvinto. È peraltro evidente che la qualificazione della confisca per equivalente si consegue tramite un percorso ermeneutico che non solo è stato già scandagliato dalla giurisprudenza più sopra citata, ma che altresì perviene comunque, infine, allo stesso punctum dolens . Sotto il primo profilo, invero, il ricorrente si discosta consapevolmente si veda Cass. sez. III, 7 giugno 2011 numero 28731, dal ricorrente citata ma v. altresì, tra i più recenti arresti, in ordine alla natura eminentemente sanzionatola dell'istituto Cass. sez. III, 19 settembre 2012-10 gennaio 2013 numero 1256 dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte e non soltanto v. ord. 97/2009 della Corte Costituzionale per ritenere che la confisca per equivalente sia, quantomeno in prevalenza, una misura di sicurezza anziché una sanzione. Ad avviso del ricorrente, infatti, se la natura della confisca per equivalente fosse esclusivamente o eminentemente sanzionatoria, occorrerebbe confluirla in una delle due classiche species che compongono il genus della pena, ovvero classificarla come pena pecuniaria principale in tal caso soggetta a sospensione condizionale, nonché alla modulazione correlata alla sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, di diminuenti processuali e di vincolo di continuazione assoggettabilità insostenibile, che renderebbe, secondo il ricorrente, parimenti insostenibile la qualifica di pena principale o accessoria in tal caso contrastando la rubrica dell'articolo 600 septies c.p., che recita Confisca e pene accessorie anziché Confisca ed altre sanzioni accessorie - argomento, quest'ultimo, alquanto formalistico . Inoltre, se la confisca per equivalente fosse una pena, il pagamento del debito tributario sarebbe equiparabile a una causa di estinzione della pena, mentre rimane solo una circostanza attenuante ex articolo 13 d.lgs. 74/2000. Sulla base poi anche di alcune estrapolazioni dalla parte motiva di pronunce di questa Suprema Corte, il ricorrente perviene a ritenere che la confisca per equivalente sia una misura di sicurezza .che ha natura sanzionatoria, in quanto si applica il principio della non retroattività ricorso, pagina 4 , per poi concludere La confisca del prezzo/profitto/provento/prodotto del reato va .ricondotta alla categoria delle misure di sicurezza non retroattive e la natura sanzionatoria della confisca per equivalente va circoscritta alla sola non retroattività ricorso, pagina 6 . 5. Le argomentazioni del ricorso sono di per sé fragili, come dimostra l'esito di commistione tra la natura di sanzione e la natura di misura di sicurezza nella confisca per equivalente, cui si giunge a far prevalere la seconda in forza di presupposti criticabili in particolare, il fatto che, pur se dotata, come la giurisprudenza riconosce, di natura eminentemente sanzionatoria - cioè non totalmente sanzionatoria -, la confisca per equivalente dovrebbe essere comunque classificabile in categorie che attengono alla pura sanzione, come la pena principale e la pena accessoria ed evitando, nel percorso argomentativo, la ben più evidente incompatibilità della confisca suddetta con la vera e propria misura di sicurezza, in quanto totalmente prescindente dall'indice della pericolosità. Peraltro, lo stesso ricorrente non può escludere l'applicabilità del principio dell'irretroattività anche all'istituto in questione, applicabilità che è ineludibilmente correlata alla natura sanzionatoria più volte riconosciutagli - tenendo conto significativamente tanto dei principi evincibili dalla Costituzione italiana quanto dell'articolo 7 CEDU - dalla Suprema Corte, il cui vaglio giurisprudenziale invece non ha riscontrato, appunto, alcun elemento di pericolosità in quanto è oggetto di confisca né alcuno specifico profilo di prevenzione riconducibile alla natura di misura di sicurezza in senso proprio S.U. 31 gennaio 2013 numero 18374 Cass. sez. V, 26 gennaio 2010 numero 11288 Cass. sez. VI, 18 febbraio 2009 numero 13098 Cass. sez. III, 24 settembre 2008 numero 39173 Cass. sez. III, 24 settembre 2008 numero 39172 Cass. sez. II, 5 giugno 2008 numero 28685 Cass. sez. II, 8 maggio 2008 numero 21566 Cass. sez. II, 12 dicembre 2006-31 gennaio 2007 numero 3629 S.U. 25 ottobre 2005 numero 41936 . E d'altronde, come si è visto, le argomentazioni su cui si innerva il disattendimento da parte del ricorrente della qualificazione della confisca per equivalente come prevalente sanzione non apportano all'istituto le caratteristiche proprie della misura di sicurezza, limitandosi, in sostanza, a evidenziarne la natura sui generis effettiva, trattandosi di un istituto che presenta una natura del tutto peculiare , come lo definiva l'appena citata Cass. sez. II, 8 maggio 2008 numero 21566 , ovvero mista, che peraltro, come logicamente avviene in ogni ipotesi di ibridizzazione normativa, non può che sussumerla, al di là della espressa disciplina specifica, nella disciplina generale del più prossimo tra i generi ordinari . E il genus contiguo, come insegna da anni la giurisprudenza di questa Suprema Corte, qui è proprio la sanzione, trattandosi di un istituto ablativo diretto al ripristino del pubblico patrimonio lato sensu leso dal reato tributario che dimostra una consequenzialità all'illecito tipica del genus sanzionatorio nell'essere inflitto all'autore del reato e nel commisurarsi all'incidenza lesiva di questo sul patrimonio della parte offesa quale controvalore dei beni costituenti il profitto del reato stesso. La natura dello strumento è dunque proiettata in retrospettiva verso una specifica attività criminosa già consumata, cui così in effetti reagisce e sanziona, ciò avvincendola logicamente al principio della irretroattività, laddove la misura di sicurezza è uno strumento orientato e conformato al futuro, di sostanza preventiva e prognostica, un ex ante estraneo ad ogni riequiparazione ex post diretta a eliminare gli effetti di quanto si è già verificato. 6. Ma anche qualora - e questo è il secondo e ulteriore profilo che rende non condivisibile la prospettazione del ricorrente - si accettasse l’ escamotage della qualificazione della confisca per equivalente come istituto non sanzionatorio per applicarla anche a chi non ha commesso il reato, la soluzione estensiva si dimostrerebbe una soluzione apparente. Secondo il ricorrente, infatti, il reato ex articolo 10 ter d.lgs. 74/2000 produce conseguenze patrimoniali a favore della società per la quale la persona fisica ha agito, che giustificano quindi l'applicazione ad essa, quale compartecipante all'utilizzazione dei profitti dell'attività criminosa, della confisca per equivalente, salvo si dimostri che vi è stata una rottura del rapporto organico, che nella specie non c'è . La struttura argomentativa cade in palese contraddizione. Se l'assoggettamento alla confisca deriva soltanto dall'avere la società effettivamente compartecipato all'utilizzazione dei profitti del reato non si vede perché debba essere esonerata dalla confisca per la rottura del rapporto organico con la persona fisica che il reato ha commesso. Questa contraddittorietà è, a ben guardare, il sintomo della fallita elusione del punctum dolens . Il centro della questione ermeneutica non è la qualificazione dell'istituto della confisca per equivalente, essendo comunque indubbio che trattasi di istituto penale. Il vero centro è l'identificazione della misura e della modalità con cui un soggetto che non è persona fisica, e che pertanto non può essere reo di alcun reato, incede nel sistema penale per subire le conseguenze di un reato commesso in suo favore. Rientra in gioco, pertanto, la tematica dell'alterità soggettiva. La persona giuridica è, come già segnala il suo sintagma, una fictio juris , nel senso di istituto giuridico con cui si è rivestita un'attività umana, cioè l'attività di persone fisiche. Per attribuire alla consociazione di più persone fisiche effetti giuridici differenti da quelli degli atti compiuti dalle persone fisiche uti singuli il legislatore può avvalersi, è indubbio, di siffatte maschere collettive di secolare risalenza negli ordinamenti giuridici si pensi alla classica persona ficta et repraesentata , con l'unico odierno limite, è ovvio, del rispetto dei principi costituzionali e comunitari/sovranazionali. Il funzionamento dell'artificiale dispositivo della persona giuridica è agevolmente automatico nei sistemi normativi civile e amministrativo, ove non incontra alcun ostacolo né empirico né logico-giuridico - pur essendo anche in tali settori riscontrabili casi-limite di tendenziale coincidenza tra la persona giuridica e la persona fisica che la manovra attraverso il rapporto organico, come, proprio nel campo tributario, da ultimo l'affermazione di una inscindibilita sostanziale dei due soggetti la persona fisica imputato dei reati fiscali, la persona giuridica contribuente ai fini dell'applicazione della causa ostativa del condono fiscale ex articolo 15, comma 1, I, 27 dicembre 2002 numero 289 e successive modifiche Cass. civ. sez. V, 10 aprile 2013 numero 8705 , e come, altresì, quanto al danno non patrimoniale, che, se deriva dalla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, alla persona giuridica viene riconosciuto come patito attraverso il sentire psicologico della persona fisica suo legale rappresentante Cass. civ. sez. VI, 4 giugno 2013 numero 13986 Cass. civ. sez. I, 1 dicembre 2011 numero 25730 Cass. civ. sez. I, 30 agosto 2005 numero 17500 pur sussistendo anche un orientamento che circoscrive il rilievo a favore della persona giuridica dei diritti immateriali della personalità solo alle ipotesi di compatibilità con l'assenza di fisicità Cass. civ. sez. III, 22 marzo 2012 numero 4542 Cass. civ. sez. III, 9 maggio 2011 numero 10125 -. Ma laddove, invece, la responsabilità della condotta illecita è personale/individuale, nel senso di riconducibile alla persona fisica singolarmente, e parimenti personali/individuali nel senso di inapplicabili a un ente collettivo possono esserne le sanzioni conseguenti - qualora non si tratti di pene soltanto pecuniarie -, ovvero nel sistema normativo penale, occorre un adeguamento specifico, perché l'ingresso di una persona giuridica è una contaminano rispetto ai pilastri del sistema. Questo adeguamento ha posto in essere il legislatore con il d.lgs. 231/2001, che infatti ha qualificato significativamente l'eccezionale ingresso dell'ente collettivo nel sistema della responsabilità individuale non quale responsabilità penale, bensì quale responsabilità amministrativa. Il che comporta l'irrilevanza delle argomentazioni svolte dal ricorrente relative alla non qualificabilità dell'ente quale terzo estraneo al reato per avere compartecipato all'utilizzazione dei profitti del reato stesso, poiché l'ente di per sé è comunque estraneo al reato, nel senso che è privo di ogni responsabilità penale. La peculiare responsabilità amministrativa che a suo carico discende da un illecito penale è stata disciplinata appunto dal d.lgs. 231/2001, che in tal modo ha introdotto un limite alla fictio juris dell'alterità soggettiva, paradossalmente non infrangendo il rapporto organico persona fisica-ente, bensì al contrario estendendo l'effetto del rapporto organico ai fini di una responsabilità strettamente personale, così da identificare l'ente nella persona fisica che commette il reato a suo vantaggio. In questo modo, la persona giuridica viene in qualche misura tolta di mezzo , sia pure sotto lo specifico dispositivo della responsabilità amministrativa, salvo, appunto, come è costretto ad ammettere contraddittoriamente con le proprie precedenti argomentazioni il ricorrente, risulti una patologia nel rapporto organico ostativa all'identificazione dell'ente in colui che dovrebbe rappresentarlo. Si tratta, dunque, di una eccezione al sistema - contrastante con il principio ermeneutico della conservazione di un significato sarebbe d'altronde ritenere che anche senza il d.lgs. 231 ovvero oltre i suoi confini si possa attrarre la persona giuridica entro un sistema,come si è visto, in linea di principio con essa incompatibile - che disciplina e circoscrive una parziale disapplicazione del dispositivo persona giuridica e che come tale non è passibile di interpretazione estensiva. 7. Il legislatore ha dunque scelto l'ampiezza e il contenuto di questa lesione al principio generale dell'alterità della persona giuridica rispetto alle persone fisiche che la rappresentano identificandone specificamente i reati presupposto e tale sua scelta non può neppure essere considerata sotto il profilo della ragionevolezza ex articolo 3 Cost. che astrattamente potrebbe porsi in discussione, non solo in relazione alle fattispecie criminose di cui agli articoli 24 ss. d.lgs. 231/2001 ma altresì in riferimento alle ipotesi in cui i reati fiscali costituiscono i reati-fine di una organizzazione criminale transnazionale, integrando così il presupposto per la confisca per equivalente ex articolo 11 l. 16 marzo 2006 numero 146 S.U. 31 gennaio 2013 numero 18374 Cass. sez. III, 24 febbraio 2011 numero 11969 , poiché ciò comporterebbe una estensione di applicabilità in malam partem del d.lgs. 231/2001. La già richiamata Cass. sez. III, 19 settembre 2012-10 gennaio 2013 numero 1256, in motivazione, riscontra proprio, in luogo di una scelta discrezionale ragionevole del legislatore, la violazione del principio di uguaglianza, escludendone - in un'analoga fattispecie di ricorso del PM diretto a ottenere l'applicabilità del sequestro preventivo e della conseguente confisca per equivalente - ogni rilevanza poiché non è possibile percorrere un'interpretazione estensiva/creativa, per di più in malam partem , in palese violazione del principio di legalità, in quanto solo un intervento legislativo che prevede espressamente la responsabilità della persona giuridica per i reati tributari commessi a vantaggio o nell'interesse dell'ente può rendere possibile la confisca di valore . Anche qualora si accogliesse, dunque, la richiesta di rimessione alle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, si osserva ad abundantiam per quanto si è fin qui evidenziato in ordine all'assenza di un contrasto attuale nella giurisprudenza formatasi sulla questione in esame - questione che, effettivamente, non è poi identificabile, come prospetta il ricorrente, nella natura della confisca per equivalente, bensì nella responsabilità amministrativa o para-penale della persona giuridica in relazione a reati fiscali commessi a suo vantaggio -, non si potrebbe non condividere tale rilievo a prescindere dalla reale sussistenza o meno di una irragionevolezza legislativa , nel senso che la nomofilachia, neppure nel suo livello più alto, non può esorbitare in nomopoiesi, assumendo, tramite la maschera del c.d. diritto vivente, compiti e responsabilità riservati al legislatore. Nel caso in esame, infatti, estendere l'identificazione della persona giuridica con la persona fisica cui è collegata dal rapporto organico per ogni reato significa scardinare l'istituto della persona giuridica stessa, regredendo, sia pure a scopi significativamente positivi quali la repressione di attività criminose tramite anche la elisione di ogni loro conseguenza di arricchimento patrimoniale, a un ordinamento che tale istituto non ri conosca, e identificando il rapporto organico in un rapporto di mandato con rappresentanza così serrato che quanto il legale rappresentante pone in essere è sempre anche in nome e per conto dell'ente senza distinzione alcuna della soggettività, così da drenare ogni consistenza giuridica dall'ente ed equipararlo a un mero schermo esterno della persona fisica, come avviene, p.es., nella fattispecie della ditta di un imprenditore individuale. Non vi è dunque alcuna strada percorribile per disattendere l'orientamento giurisprudenziale che si è sviluppato in ordine all'esclusione, per i reati nazionali, delle violazioni finanziarie dai reati presupposto della confisca per equivalente - e, a priori, del correlato sequestro preventivo - a carico degli enti nel cui interesse e per il cui vantaggio è stata consumata la condotta criminosa. Né può dirsi che gli argomenti proposti dal ricorrente si siano dimostrati di spessore tale da incrinare realmente, o comunque adeguare, il suddetto, noto e consolidato, orientamento della giurisprudenza di legittimità. Ne consegue che, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del PM. Â