Il giudice deve trovare concreti elementi per ritenere la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato

L’accertamento del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole non può essere affidato ad elementi astratti e a congetture, ma deve fondarsi su dati di fatto oggettivi ed indicativi delle inclinazioni comportamentali e della personalità dell’indagato, tanto da potersi pronosticare che quest’ultimo, verificandosene l’occasione, commetterebbe altri reati offensivi della medesima categoria di beni e valori di quello di appartenenza del delitto commesso.

La Suprema Corte si è pronunciata, con la sentenza n. 40954/13 depositata il 3 ottobre scorso, a seguito di impugnazione de libertate . La condotta di peculato. Il GIP emetteva ordinanza di arresti domiciliari ai danni di un soggetto indagato di peculato il Tribunale della Libertà, adito dallo stesso, rigettava l’impugnazione per riesame la difesa, quindi, proponeva ricorso per cassazione. Al ricorrente, quale amministratore unico di una società interamente partecipata da un Comune, veniva ascritta la qualità di incaricato di pubblico servizio in forza di tale qualifica soggettiva, veniva allo stesso contestato il reato di peculato, in quanto egli avrebbe indebitamente utilizzato – mediante una carta di credito appoggiata sul conto corrente della società – la liquidità propria dell’ente sociale per effettuare spese esclusivamente personali e, comunque, estranee alle ragioni d’ufficio. Nel ricorso per cassazione sono contenuti vari motivi di gravame. Gli importi sono stati utilizzati per breve tempo. In primis , viene contestata la violazione di legge quanto al disposto degli artt. 323 e 314 c.p. ad avviso della difesa si tratterebbe di abuso d’ufficio e non di peculato, in considerazione dell’incerta prassi amministrativa in uso all’ente locale tanto che successivamente ai fatti contestati é intervenuta una delibera assembleare avente stabilito i tetti di spesa massima consentiti , al fatto che l’interessato abbia restituito le somme trattenute e che l’utilizzo illegittimo degli importi ha avuto carattere temporaneo elementi che porterebbero ad escludere la sussistenza del dolo di peculato. Per gli Ermellini tale doglianza è infondata è di tutta evidenza la sussistenza del reato di peculato, il cui elemento soggettivo è cristallizzato proprio dalla conclamata estraneità delle spese rispetto all’interesse dell’ente, di cui il prevenuto era ben consapevole, tanto che lo stesso effettuava prelievi e pagamenti con la carta di credito operante sul conto sociale in totale libertà, a fronte di un’assenza di qualsivoglia controllo e ciò va a colorare di definitività la sua condotta. C’è il reato proprio? Richiamando, attraverso un’interpretazione pro domo sua , un orientamento giurisprudenziale a SSUU, la difesa precisa che la mera partecipazione, sebbene totalitaria, da parte di un ente pubblico ad una società sottoposta al regime privatistico, non muta la natura dell’ente, che resta di diritto privato, cosicché l’indagato non sarebbe qualificabile come incaricato di pubblico servizio. Tale tesi è totalmente smentita dalla Suprema Corte la società amministrata dal prevenuto va qualificata certamente come pubblica, non solo perché partecipata interamente dal Comune, ma anche in ragione dell’interesse pubblico perseguito dalla medesima è pacifico, infatti, che sussista la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio per i soggetti inseriti in una struttura organizzativa che persegua finalità pubbliche e sia disciplinata dalla normativa pubblicistica, pur se agisca con strumenti privatistici. Esigenze cautelari Si lamenta, altresì, violazione di legge quanto all’affermata sussistenza delle esigenze cautelari, sotto lo specifico profilo del pericolo di reiterazione del reato. L’indagato pone in rilievo come egli avesse smesso di utilizzare le carte di credito sociale a decorrere dal gennaio 2012 e come, nel novembre dello stesso anno, fosse stato sostituito nell’incarico ricoperto, dopo però aver restituito le somme spese indebitamente benché ancora dipendente di altra società pubblica, sostiene l’impossibilità, nei fatti, di reiterazione di un reato della stessa indole rispetto a quello avente dato sfogo alla misura oggetto del gravame. L’ordinanza va annullata. Pur avendo rigettato gli altri motivi, la Corte Suprema annulla, invece, l’ordinanza limitatamente alle esigenze cautelari si ritiene, in effetti, che, in concreto, non sussistano elementi sufficienti a fondare un giudizio di pericolo di reiterazione del reato. Richiamando suoi precedenti arresti, la Corte ricorda che tale pericolo va accertato in concreto, non potendosi fare affidamento su elementi meramente congetturali ed astratti, ma a dati di fatto oggettivi, idonei ad illuminare la personalità e le inclinazioni comportamentali dell’indagato, tanto che sia possibile effettuare una prognosi per cui, avendone l’occasione, lo stesso commetterebbe reati della stessa indole. Inoltre, benché tale prognosi favorevole non sia impedita tout court dalla dismissione delle mansioni nell’esercizio delle quali fu commesso il reato, occorre tuttavia che il giudice evidenzi, con precisione e logicità, quali siano le circostanze fattuali che facciano presumere che l’agente, pur in una differente qualifica soggettiva, possa continuare a delinquere e commettere delitti aventi offensività a medesimi beni e valori giuridici. Tale carenza motivazionale ha influito non soltanto sulla valutazione dell’esistenza delle esigenze, ma anche sulla stima della loro intensità. Per queste ragioni, si sono imposti l’annullamento e il conseguente rinvio per il riesame della questione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 luglio – 3 ottobre 2013, n. 40954 Presidente Di Virginio – Relatore Raddusa Ritenuto in fatto 1. S.N. , per il tramite dei difensori fiduciari, impugna per Cassazione l'ordinanza con la quale il Tribunale del riesame di Napoli ha rigettato il ricorso proposto ex art. 309 cpp avverso la ordinanza del Gip del medesimo tribunale ordinanza in forza alla quale al S. è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari perché gravemente indiziato per peculato. 2. In fatto al ricorrente, all'epoca dei fatti amministratore unico della Sint spa, società integralmente partecipata dal Comune di omissis , viene ascritta la qualifica di incaricato di pubblico servizio ed in ragione di tale qualifica soggettiva, viene allo stesso contestato il peculato correlato all'indebito utilizzo, tramite una carta di credito collegata al conto della detta società, della liquidità propria dell'ente sociale per operare spese di natura esclusivamente personale, estranee alle ragioni dell'ufficio, in esse comprese anche quelle strumentali a mere funzioni rappresentative. 3. Quattro i motivi di ricorso. 3.1 Con il primo si adduce violazione di legge avuto riguardo al disposto di cui agli artt. 314 e 323 cpp. Come confermato anche dalla dichiarazioni dell'amministratore succeduto al ricorrente nella gestione dell'ente sociale, la condotta contestata si era incuneata in una prassi amministrativa assolutamente incerta in ordine al rimborso delle spese affrontate nell'esercizio della funzione gestoria, tale da aver determinato un dialettico confronto con l'organo di controllo contabile sfociato nella determinazione del limite massimo di spesa deliberato dall'assemblea sociale, in forza del quale lo stesso ricorrente ha poi provveduto, anche con la compensazione dei crediti legati al proprio emolumento, a rimborsare quanto speso in eccedenza. Tale situazione, fuorviata nella valutazione del Tribunale quanto a tale ultimo dato, erroneamente ascritto ad una iniziativa unilaterale del S. e non ad una determina assembleare, creava uno stato di incertezza applicativo utile ad incidere, escludendolo, sul dolo relativo al peculato. Al più, il reato configurabile nella specie, in considerazione dei controlli trimestrali cui l'attività del ricorrente era sottoposta e dunque della mera temporaneità dell'appropriazione indebita delle somme, era quello, di cui all'art. 323 cp, per illegittimo, temporaneo e non definitivo, utilizzo di tali importi. In ogni caso, il Tribunale avrebbe pretermesso il dato in forza al quale, grazie ai rimborsi ed alla rinunzia allo stipendio, le spese sostenuto dal S. erano all'interno della soglia massima deliberata, come detto dall'assemblea. 3.2 Con i motivi sub 2 e 3, vengono ribadite le contestazioni in rito sollevate in sede di riesame e relative - al mancato invio al Tribunale della libertà della sezione di controllo dei conti citata a pag 19 della ordinanza del Gip, superata dal Tribunale irritualmente in considerazione della irrilevanza al fine della detta documentazione ricavandosi aliunde le connotazioni in fatto utili per risalire alla connotazione soggettiva pubblicistica del ruolo da ascrivere all'indagato - la nullità del sequestro relativo al faldone contenente le giustificazioni contabili del S. , per omessa notifica del decreto al ricorrente, con conseguente nullità della ordinanza impugnata per inutilizzabilità della detta documentazione, erroneamente superata dal Tribunale motivando in ragione della riferibilità degli atti sequestrati ad altro procedimento nel quale il S. non risultava indagato e in punto alla inconferenza del rilievo, trattandosi di documentazione al più utile alla difesa. 3.3 Con il motivo articolato per quarto la violazione di legge viene riferita alla affermata insussistenza delle esigenze cautelari. Il S. , incensurato, non aveva più utilizzato la Carta di credito a far data dal gennaio del 2012 mentre era stato sostituito nell'incarico dal novembre dopo aver restituito gli importi eccedenti la soglia massima dispesa determinata dall'assemblea. Pur in presenza di tali dati il Tribunale, con formule di stile ha ritenuto sussistente il rischio di reietrazione ancorando di fatto tale giudizio alla qualità di dipendente del S. di Telespazio spa, società del gruppo Fimeccanica ciò tuttavia senza spiegare in base a quali elementi di diritto e con riferimento alla natura ed al rapporto di lavoro con tale società sia possibile configurare in via prospettica il rischio riscontrato. 4. Con i motivi aggiunti la difesa del ricorrente ha per un verso fatto riferimento a quella giurisprudenza delle SS UU in forza alla quale la mera partecipazione anche totalitaria di un ente pubblico ad una società regimentata secondo le regole del diritto privato non muta la natura di tale ultimo ente che è e resta di diritto privato, sì che erroneamente si è dato luogo alla qualifica di incaricato di pubblico servizio ascritta al ricorrente ha, poi, sottolineato il travisamento del fatto in ordine alla perduranza della condotta per come contestata nel capo di imputazione provvisoria, essendo la stessa cessata dal gennaio del 2012 o comunque dal novembre dello stesso anno, con chiare conseguenza in punto alle emergenze cautelari. 5. Con memoria depositata in udienza la difesa, infine, ha ulteriormente ribadito i temi di ricorso legati alla qualifica soggettiva ascritta al ricorrente in coerenza alla natura privatistica dell'ente dalla stesso amministrato nonché quello della inefficacia del titolo custodiale per la mancata integrale trasmissione degli atti al Tribunale della Libertà da parte del PM. Considerato in diritto. 6. Il ricorso è fondato limitatamente alle contestazioni mosse avverso la motivazione della decisione in punto alle emergenze cautelari. 7. Seguendo un ordine logico non conforme a quello di esposizione dei motivi e guardando in prima battuta al tema della qualifica soggettiva del ricorrente, osserva la Corte sul punto come nella specie la società, all'epoca dei fatti amministrata dal S. , oltre a risultare integralmente partecipata dal Comune di Castellamare, per quel che primariamente interessa, ha ad oggetto l'attività, di sicuro interesse pubblico, relativa allo sfruttamento delle acque termali del Territorio di Castellamare di Stabia di cui è concessionaria. Ed è proprio in ragione dell'interesse pubblico perseguito dal Comune tramite lo strumento privatistivo garantito dal tipo sociale prescelto che le decisioni cautelari in contestazione devono ritenersi coerenti, sul punto, alla giurisprudenza di questa Corte sul tema cfr da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 49759 del 27/11/2012 Rv. 254201, in forza alla quale i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l'attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici . 8. In risposta, poi, al primo motivo di ricorso rileva la Corte come nella specie debba ritenersi acquisito, quantomeno nei termini imposti dalla gravità indiziaria ex art. 273 cpp, il dato della fuorvianza delle spese oggetto di contestazione rispetto all'interesse dell'ente e dunque all'interesse pubblico sotteso all'oggetto perseguito dall'azione sociale si veda pag 2 della motivazione, ultimo capoverso ancora/pagina 3, la dove si fa esplicito riferimento a spese effettuate con la carte di credito della SINT per missioni rese dal ricorrente nell'interesse di altri soggetti e da questi ultimi rimborsati . Ne consegue l'inconferenza dell'intero tema legato al superamento o meno della soglia massima di spesa deliberata dall'assemblea sociale perché l'eventuale rispetto di tale soglia, peraltro determinata ex post rispetto alle appropriazioni in processo, non esclude comunque l'illegittimità dei prelievi la dove come nella specie non funzionali all'interesse dell'ente. E, in ragione di tanto, emerge evidente l'inconsistenza dell'assunto difensivo - legato alla questione della soglia massima di spesa e correlato alle incertezze contabili che riguardavano le spese di gestione dell'ente - volto a negare la sussistenza dell'elemento psicologico del reato contestato, piuttosto adeguatamente cristallizzato proprio dalla conclamata/evidente né mai esplicitamente contraddetta in ricorso, estraneità delle spese all'interesse dell'ente sociale. 8.1 Deve poi ritenersi coerente a norma la riconduzione della fattispecie in disamina all'ipotesi del peculato piuttosto che a quella dell'abuso d'ufficio, richiamata, quest'ultima, dalla difesa, in ragione della mera temporaneità delle appropriazioni riscontrate, destinate comunque alla restituzione volta che fossero stati operati, dagli organi di controllo della società, i controlli conseguenziali all'invio degli estratti conto bancari afferenti le spese effettuate. A tacer d'altro la qualificazione suggerita dalla difesa risulta smentita in tesi dalle emergenze in fatto riportate nel provvedimento impugnato, non altrimenti specificatamente contraddette in ricorso, in forza alle quali si veda la dichiarazione della responsabile contabile della società mancava un sostanziale controllo, anche successivo ma comunque effettivo, delle causali relative alle spese affrontate dall'amministratore, pedissequamente e indistintamente riportate nei bilanci sociali. Le dinamiche riferite in ricorso con i revisori dell'ente proprio sul tema delle spese, non confortate dal tenore letterale della motivazione né documentate sufficientemente dalla difesa, in ogni caso sembrano successive ai fatti appropriativi non tolgono spazio dunque alle connotazioni oggettive della condotta contestata, colorata da un sostanziale ed immediato utilizzo delle disponibilità dell'ente, con prelievi in contanti o tramite l'utilizzo della carta di credito operativa sul conto della società, nella consapevolezza sia della eterogeneità delle spese affrontate rispetto alle finalità, anche meramente rappresentative, dell'ente sia della sostanziale assenza di controlli anche successivi sui giustificativi di spesa, segno della definitività dell'appropriazione legata a somme destinate all'interesse pubblico. 9 In linea con la decisione impugnata, infine, devono ritenersi fuorvianti le eccezioni in rito sollevate dalla difesa. E così - quella in punto alla mancata trasmissione degli atti inerente la ricapitalizzazione dell'ente sociale siccome operata dalla amministrazione comunale partecipante , considerata la non decisività della stessa per la possibilità aliunde di ricavare la natura dell'ente prescindendo dal dato riferito dal GIP in ordinanza - quella afferente la inutilizzabilità della documentazione legata al sequestro meglio indicato in ricorso, non notificato al S. , essendo pacifico che il detto provvedimento interinale venne disposto in altro procedimento nel quale il ricorrente, non indagato in quella occasione processuale, non poteva essere destinatario di notifica alcuna. 10 Il provvedimento impugnato, piuttosto, non regge il peso delle critiche sollevate in punto dalle emergenze cautelari. 10.1 In fatto è incontroverso che il ricorrente ha dismesso l'incarico rivestito all'epoca dei fatti in contestazione dal novembre del 2012. Il Tribunale, malgrado tale dato, ha motivato gli arresti domiciliari all'uopo disposti facendo leva in linea generale sulla personalità del ricorrente, ricavabile dal fatto, ritenuta particolarmente protesa all'attività illecita per altro verso per i continuativi rapporti che il prevenuto intrattiene ancora con pubbliche amministrazioni, facendo specifico riferimento alla perduranza del rapporto lavorativo con la società Telespazio spa, del gruppo Finmeccanica, in costanza del quale risulterebbe favorita la possibile reiterazione della medesima condotta criminale riscontrata. 10.2 In linea di principio va ribadito che il parametro della concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole non può essere affidato ad elementi meramente congetturali ed astratti, ma a dati di fatto oggettivi ed indicativi delle inclinazioni comportamentali e della personalità dell'indagato, tali da consentire di affermare che quest'ultimo possa facilmente, verificandosene l'occasione, commettere detti reati. Sempre in punto di diritto deve altresì convenirsi con l'affermazione costantemente resa da questa Corte si cfr la sentenza della sezione II nr 18851/12 quella della sezione VI, nr 6566/11 in forza alla quale la prognosi sfavorevole circa la commissione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede non è impedita dalla circostanza che l'incolpato abbia dismesso l'ufficio o la funzione, nell'esercizio dei quali, abusando della sua qualità o dei suoi poteri o altrimenti illecitamente determinandosi, ha realizzato la condotta criminosa occorre tuttavia che a supporto del ritenuto pericolo di recidiva vengano evidenziati in modo puntuale e logico circostanze di fatto che rendono probabile che l'agente, pur in una diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso. 10.3 Nel caso, il provvedimento impugnato, pur facendo riferimento al rapporto lavorativo attualmente in corso con Telespazio, omette di precisare quale sia la natura e il contenuto effettivo dello stesso, tralasciando ogni approfondimento sulle incombenze lavorative espletate dal ricorrente nell'interesse di quest'ultimo ente. Dati, questi, imprescindibili per poi riempire effettivamente di contenuti il reso giudizio sul rischio di reiterazione il quale impone, per quanto sopra segnalato, una necessaria correlazione logica tra le citate mansioni lavorative svolte nell'interesse della società sopra segnalata e l'attività di reato riscontrata. 11. Tale carenza motivazionale, destinata ad influire non solo sulla stessa effettiva esistenza dell'emergenza cautelare posta a fondamento della decisione impugnata ma anche sulla intensità della stessa nella diversa ottica finalizzata alla individuazione della misura che meglio si attagli alla specie, impone l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo giudizio sul punto. P.Q.M. Annulla limitatamente alle esigenze cautelari l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame del punto al Tribunale di Napoli. Rigetta il ricorso nel resto.