Ufficiale (pubblico) non gentiluomo: il dipendente della ditta incaricata di consegnare pacchi per conto di Poste Italiane è incaricato di pubblico servizio

Ai fini della qualifica di incaricato di pubblico servizio non rileva tanto la formale posizione lavorativa dell’agente, quanto la funzione concretamente svolta dal medesimo, indipendentemente anche da un qualsiasi rapporto di impiego con un determinato ente pubblico.

L’art. 358 c.p. infatti non fa alcun riferimento al rapporto di impiego con lo Stato o altro ente Pubblico, contenuto invece nella norma previgente, indicando invece che la funzione può essere svolta a qualunque titolo . È la natura del servizio reso, da analizzarsi sotto il profilo funzionale ed oggettivo, che rileva deve intendersi quale pubblico quel servizio che realizzi direttamente finalità pubbliche. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26098 del 13 giugno 2013. Il caso. Un dipendente di ditta sub appaltatrice del servizio di consegna pacchi, appaltato da Poste Italiane s.p.a. ad altra società, si impossessava del contenuto di uno dei pacchi che avrebbero dovuto essere invece consegnato al destinatario. Veniva sottoposto a giudizio con contestazione di violazione di peculato ritenendo che ex art. 358 c.p. egli fosse incaricato di pubblico servizio. I Giudici di prime e seconde cure pronunciavano nei confronti dell’imputato sentenza di condanna. Proponeva ricorso avverso la sentenza resa dal Giudice dell’appello l’imputato deducendo violazione di legge sotto il duplice profilo dell’esistenza di prove caratterizzate da inutilizzabilità utilizzate invece ai fini della decisione dal Giudice del gravame, e di errata applicazione nei propri confronti della qualifica di incaricato di pubblico servizio. La Corte ha respinto il ricorso. Inutilizzabilità della prova. Il tema, particolarmente caro a chi scrive, è stato recentemente affrontato anche sulle pagine di questo giornale con il commento alla pronuncia 23326/13 La Cassazione dimentica le norme. Shining” processuali fra diritto vivente e diritto vigente cui si rimanda per una più ‘ completa analisi dell’argomento. Ciò che è interessante rilevare è che la Corte si dedica, per vero con poche battute, a costruire, ribadendo concetti più ampliamente e profondamente espressi in altre pronunce, l’argine entro cui contenere il rischio di esondazione processuale causato dal vizio di inutilizzabilità. La Corte in punto afferma che la prova della colpevolezza è stata costruita facendo riferimento a prove ed a meccanismi logico deduttivi del tutto differenti rispetto a quelli quelle che l’imputato e per lui il difensore, indicavano quali affette da vizio di inutilizzabilità. Ribadendo con ciò l’esistenza di quel giudizio di resistenza, da compiersi anche nell’alveo del procedimento e del processo penale, che abbiamo criticato e ci sentiamo in dovere di criticare ancora ritenendolo frutto di indebita ed illegittima introduzione giurisprudenziale. Ma tant’è. Il giudizio di resistenza” sembra ormai divenuto patrimonio comune della Corte e, con esso, dovremo fare i conti. Almeno fino a che la Corte Europea, debitamente sollecitata, si pronuncerà in merito. La qualifica di incaricato di pubblico servizio. Il dibattito in relazione alle caratteristiche che detta figura deve possedere è ampio e, per un certo verso, datato. Ma, come si può vedere sempre attuale. La norma di riferimento, art. 358 c.p., è costruita con una definizione piuttosto lasca che se, nelle intenzioni del Legislatore della riforma, avrebbe dovuto contribuire a far chiarezza ed a limitare la portata dell’attribuzione della funzione, ha finito con lasciare libero campo e spazio alle interpretazioni giurisprudenziali che hanno finito col costruire una figura di incaricato di pubblico servizio connotata da una certa qual ipertrofia” che pare giustificarsi solo ed esclusivamente con un’ansia punitiva per vero poco comprensibile. Il peculato, reato proprio, diviene appropriazione indebita se a commettere il fatto è soggetto privo delle caratteristiche tipiche ex lege previste e prescritte. Ma la scelta di politica giudiziaria e non criminale, operata dal quel Giudice Legislatore che è divenuta la Suprema Corte ha dilatato oltremodo i confini della figura dell’incaricato di pubblico servizio fino a ricomprendervi, come nel caso di specie addirittura quella di chi sia dipendente del sub appaltatore incaricato da un privato di consegnare un pacco ad altro privato. Il tutto in un sistema in cui la consegna della posta è oggetto di mercato cosiddetto libero Il tutto sulla scorta di una interpretazione dell’art. 15 Cost. che renderebbe pubblica funzione la consegna della corrispondenza. Con il che diverrebbe incaricato di pubblico servizio anche chi sia ordinato alla consegna di un pacco da parte di una società privata acquisto effettuato via internet ad altro privato. Od ancora il compagno di banco incaricato dal proprio amico di consegnare la dichiarazione d’amore da egli formata alla propria innamorata. Ma queste sono cose d’altri tempi . Ciò che invece appartiene al nostro tempo è questa volontà di sanzionare ogni condotta posta in essere facendo riferimento alla figura giuridica maggiormente in grado di apportare pene quantitativamente e qualitativamente cospicue. Riuscendo a considerare addirittura 91,00 euro di danno arrecato danno di non lieve entità. Salvo poi proporre decreti svuota carceri.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 - 13 giugno 2013, n. 26098 Presidente De Roberto – Relatore Cortese Fatto La Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 14/05/2012, in parziale riforma di quella in data 10/05/2010 del GUP del Tribunale di Alessandria, che aveva dichiarato C.R. responsabile del delitto di peculato e, in concorso delle circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi quattro di reclusione, riduceva la pena ad anni uno di reclusione previo riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 323 bis cp., confermando nel resto. L'addebito mosso al C. era di essersi appropriato, nella qualità di incaricato di pubblico servizio in quanto dipendente di G.G.G. , titolare della ditta appaltatrice delle consegne per conto della SDA Express Couirer SpA, a sua volta incaricata dell'attività di consegna pacchi per Poste Italiane , del pacco in contrassegno n. OMISSIS del valore di Euro 91,00 contenente n. 9 rullini fotografici marca efke, n. 10 rullini fotografici marca Portra e un rullino fotografico Panf Flus. La Corte territoriale, dopo avere rilevato che la materialità del fatto appropriativo era fuori discussione, stanti la perfetta identità fra i beni contenuti nel pacco mai recapitato al destinatario e quelli rinvenuti nell'abitazione del prevenuto e la circostanza che quest'ultimo era, nel giorno della prevista consegna del pacco predetto, l'addetto alla consegna dei pacchi e alla restituzione di quelli inesitati, sottolineava che non poteva negarsi all'imputato la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio, avuto riguardo ai compiti da lui in concreto svolti, con l'effetto che la condotta incriminata configurava il delitto di peculato. Ha proposto ricorso per Cassazione, nell'interesse dell'imputato, il suo difensore deducendo 1 - che la Corte territoriale ha confermato la responsabilità penale del C. sulla base di prove insufficienti, tra cui alcune inutilizzabili risultanze di fonte confidenziale 2 - che manca qualsiasi prova dell'attribuibilità al prevenuto della qualifica di incaricato di pubblico servizio, non essendo stati fra l'altro acquisiti i contratti di appalto fra Poste e SDA e fra SDA e G. , né accertate le concrete mansioni conferite al C. 3 - che avrebbe dovuto essere comunque riconosciuta anche l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 cp. Diritto Il ricorso non ha pregio. Il fatto appropriativo dei rullini da parte del prevenuto è stato, invero, correttamente ritenuto, dai giudici di merito, univocamente provato non da risultanze di fonte confidenziale e da mancanza di tracce di forzature sul furgone usato per le consegne ma dalla duplice circostanza dell'essere egli l'addetto alle consegne nel giorno di prevista consegna del pacco di cui in causa e del rinvenimento, a seguito di perquisizione, nella sua abitazione dell'identico materiale contenuto nel pacco duplice circostanza che consente senz'altro di escludere che tale identità, pur trattandosi di cose di genere, possa essere dovuta a una mera coincidenza. Correttamente si è ritenuto il C. incaricato di pubblico servizio, e ciò a prescindere dalla sua posizione formale alle dipendenze di un subappaltatore della ditta appaltatrice delle Poste Italiane s.p.a. . In base alla formulazione dell'art. 358 cp., è incaricato di pubblico servizio chi in concreto lo esercita, indipendentemente anche da qualsiasi rapporto di impiego con un determinato ente pubblico. Il legislatore ha privilegiato il criterio funzionale, che trova riscontro sia nel confronto tra il vecchio e nuovo testo dell'art. 358 cp., dal quale ultimo è stato espunto ogni riferimento al rapporto di impiego con lo Stato o altro ente pubblico, contenuto invece nella norma previgente, sia nella presenza della locuzione a qualunque titolo contenuta nella disposizione vigente. Il servizio pubblico ha natura funzionale ed oggettiva, nel senso che è tale quello che realizzi direttamente finalità pubbliche. Nell'ambito delle attività pubblicistiche, la qualifica di incaricato di pubblico servizio spetta soltanto a coloro che svolgono compiti di rango intermedio tra le pubbliche funzioni e le mansioni di ordine o materiali tali compiti si identificano in attività in senso lato intellettive, rimanendo escluse quelle meramente esecutive, per le quali il contributo che da esse ricava la realizzazione delle finalità pubblicistiche può essere indifferentemente fornito con altri rimedi strumentali, sostitutivi della prestazione personale. Anche l'esercizio di fatto di un pubblico servizio, quando v'è acquiescenza o tolleranza o consenso tacito dell'amministrazione, vale ad attribuire la relativa qualifica al soggetto agente. La trasformazione dell'Ente Poste in società per azioni non ha comportato il venire meno della qualifica di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio dei suoi dipendenti, in quanto l'Ente, in relazione all'esigenza di garantire i valori costituzionali della libertà e della segretezza delle comunicazioni art. 15 della Costituzione , rimane disciplinato da una normativa pubblicistica e persegue finalità pubbliche anche con gli strumenti privatistici propri delle società per azioni la qualifica spettante al dipendente del soggetto gerente il servizio postale va concretamente individuata sulla base del criterio oggettivo - funzionale di cui agli art. 357 e 358 c.p La natura privatistica del rapporto di lavoro con l'Ente Poste o con i soggetti da questo incaricati o subincaricati del servizio postale non incide per sé sul carattere pubblicistico dell'attività posta in essere nell'espletamento di tale servizio. I giudici di merito hanno accertato che il C. , indipendentemente dalle previsioni recate dai contratti di appalto intercorrenti fra Poste e SDA e fra SDA e G. , era addetto alla consegna dei pacchi spediti a mezzo Poste Italiane, e a tal uopo provvedeva anche a redigere una distinta dei pacchi inesitati, che riconsegnava all'ufficio postale, dopo aver rilasciato al destinatario assente uno scontrino a sua firma per il successivo diretto ritiro del pacco. Correttamente tali compiti sono stati ritenuti non di natura meramente esecutiva, ma contraddistinti da un grado di concettualità che giustifica senza dubbio il riconoscimento della qualità di incaricato di pubblico servizio. E indubbio che proprio in ragione del servizio espletato l'imputato aveva il possesso dei rullini, che poi fece propri, rendendosi così responsabile del delitto di peculato. Quanto all'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 cp., la Corte di merito ne ha logicamente giustificato il diniego col rilievo che, in relazione al valore della mercé asportata Euro 91,00 , il danno patrimoniale cagionato alla parte lesa, seppure modesto, non può considerarsi di speciale tenuità. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente alle spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.