Sequestro per equivalente: sui beni sociali o sui beni dell’amministratore?

Legittimo il sequestro che abbia colpito i beni della persona fisica anziché i beni sociali, in quanto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal suo legale rappresentante.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 24519 del 5 giugno 2013. Il caso. Avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Cagliari, che aveva confermato il sequestro per equivalente finalizzato alla confisca di beni nella disponibilità del legale rappresentante di una S.p.A., resosi responsabile, nell’ambito delle proprie funzioni, della violazione dell’art. 10 bis, d.lgs. n. 74/2000, per omesso versamento delle ritenute alla fonte certificate sugli emolumenti versati ai dipendenti, propone ricorso per Cassazione l’indagato. Deduce il ricorrente, oltre alla insussistenza del fumus commissi delicti, la violazione dell’art. 322 ter c.p. nonché l’incostituzionalità dell’art. 1, comma 143, legge n. 244/2007 per contrasto con gli artt. 2, 3, 27, 42 e 53 Cost Il novero oggettivo dei beni sequestrabili . La caratteristica fondamentale della confisca per equivalente e del prodromico sequestro preventivo, come sottolineato anche dalla giurisprudenza della Cassazione, consiste nel fatto che, ai fini della sua applicazione, non vi è la necessità, da parte della accusa di provare il c.d. nesso di pertinenzialità tra il reato ed i beni da sottoporre a misura ablativa. Può trattarsi, quindi anche di beni scollegati dal reato commesso. In tal modo, pertanto, potranno essere coattivamente acquisiti dall’Autorità giudiziaria anche beni legittimamente posseduti dal reo, benché non riferibili al reato commesso, a condizione che siano nella disponibilità del medesimo e si tratti di beni di valore corrispondente a quello del prezzo o del profitto del reato. Tale rigoroso dato legislativo ha, invero, provocato notevoli iniquità operative per esempio in tema di usura, essendo stati confiscati anche beni intestati a persone di famiglia, di cui il condannato aveva la disponibilità di fatto, acquistate dalle stesse con il proprio lavoro del tutto indipendente dalla attività usuraria posta in essere dal capo-famiglia. L’intervenuta estensione dell’art. 322 ter c.p. ai reati tributari, rende suscettibili di confisca ed, in precedenza, nel corso delle indagini, di sequestro preventivo anche beni denaro od altro legittimamente detenuti dal contribuente-evasore nel proprio patrimonio da tempo immemorabile e che nulla hanno a che vedere con il reato fiscale commesso il tutto al fine di soddisfare le pretese erariali. Sulla base di quanto esposto appare evidente, come ormai pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza, che la natura di tale misura sia essenzialmente sanzionatoria . Il novero soggettivo dei beni confiscabili . Sotto il profilo della identificazione della appartenenza soggettiva dei beni passibili di confisca per equivalente occorre interrogarsi sull’interpretazione delle formule reo e disponibilità dei beni , in quanto passibili di confisca e del prodromico sequestro sono solo i beni di cui il reo abbia la disponibilità . Con l’espressione reo è da intendersi o l’autore diretto del reato fiscale ovvero un concorrente con l’autore diretto stesso. Facendo dunque riferimento ai reati tributari l’autore diretto dei reati collegati alle dichiarazioni dei redditi ed IVA artt. 2, 3, 4, 5 d.lgs. n. 74/2000 è colui che, in base alle norme tributarie, è collegato alla presentazione delle stesse. I reati di cui agli artt. 10- bis , 10- ter , 10- quater e 11 stesso d.lgs. n. 74/2000 hanno invece come soggetto attivo, rispettivamente, il sostituto di imposta il contribuente IVA, qualunque tipo di contribuente obbligato a versamenti di imposte o infine qualunque contribuente. Per contro ed infine, invece, il delitto di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000 può essere commesso da chiunque, ancorché non rivesta la qualifica di contribuente fiscale. Quanto alla individuazione di concorrenti eventuali nel reato è evidente che se con l’autore concorrono altre persone, diverse dagli autori diretti del reato tributario ad esempio nella ipotesi di dichiarazione infedele dei redditi sottoscritta dal Presidente del Consiglio di amministrazione di una società, con cui abbiano dolosamente concorso gli altri membri del C.d.A., ovvero il consulente del contribuente che concorra dolosamente nel delitto , anche costoro, quali concorrenti ex art. 110 c.p. e dunque penalmente responsabili potranno essere destinatari dei provvedimenti di confisca su beni di cui gli stessi abbiano la disponibilità. L’ulteriore caratterizzazione che il legislatore prevede al fine della assoggettabilità a confisca dei beni del reo, come sopra individuato, è degli stessi il medesimo abbia la disponibilità . Quanto dunque al concetto di disponibilità deve ritenersi, sulla base dei principi generali, che esso vada inteso con riferimento a tutte quelle situazioni giuridiche, anche minori rispetto alla proprietà, che permettono il godimento pieno del bene da parte del reo. Il reato fiscale commesso dal legale rappresentante dell’ente. Quale il precipitato dei suddetti principi allorchè il reato fiscale sia commesso dal legale rappresentante di una persona giuridica nell’esercizio delle proprie funzioni organiche? Saranno passibili di sequestro i beni nella disponibilità del reo e dunque del legale rappresentante dell’ente ovvero i beni nella disponibilità della persona giuridica nell’interesse della quale è stato commesso il delitto tributario? La sentenza che si annota, chiamata ad esprimersi sul quesito specifico in punto di lamentata incostituzionalità della norna, si pone nel solco di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, che proprio sulla base delle premesse innanzi evocate, ritiene legittimo il sequestro per equivalente che colpisce i beni nella disponibilità della persona fisica, avente lo status di legale rappresentante al momento del perfezionarsi del reato fiscale, quale reo , anziché i beni sociali, in quanto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal suo legale rappresentante, atteso che ex art. 18, d.lgs. n. 231/2001 la confisca per equivalente non può essere disposta sui beni della persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal suo legale rappresentante. L’ente è infatti soggetto giuridico altro rispetto all’autore del reato e non essendo tale terzietà superata da una fonte legislativa di natura primaria stante la riserva di legge operante in materia penale quale è il d.lgs. n. 231/2001 non è certo possibile, in ipotesi di reati tributari, applicare tale misura sanzionatoria all’ente. All’affermazione di tale principio in diritto consegue dunque il rigetto del proposto ricorso e della sollevata questione di costituzionalità per manifesta infondatezza.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 febbraio - 5 giugno 2013, n. 24519 Presidente Squassoni – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18 maggio 2012 il Tribunale di Cagliari ha respinto l'istanza di riesame proposta da G.R. - indagato per il reato di cui all'articolo 10 bis d.lgs. 74/2000 per avere, quale rappresentante legale di Atlantis S.p.A., società in seguito fallita, omesso di versare la ritenuta alla fonte sugli emolumenti dei dipendenti nel periodo d'imposta 2007 - del decreto di sequestro preventivo, emesso il 5 aprile 2012 dal gip dello stesso Tribunale, avente ad oggetto una somma di denaro fino ad Euro 257.755 nella disponibilità del suddetto G. . Il riesame era stato richiesto per asserito difetto del fumus commissi delicti vi sarebbe stata impossibilità oggettiva di adempiere all'obbligo di versamento , per violazione degli articoli 321 c.p.p. e 322 ter c.p. e adducendo che il sequestro avrebbe dovuto essere effettuato sui beni sociali, avendo il reato comportato semmai un indebito beneficio solo alla società. Il Tribunale, in ordine al fumus, evidenziava che il sequestro preventivo richiede solo una sua valutazione sommaria, e che nella fattispecie si poteva ritenere sussistente la concretezza del reato intesa come fatto materiale essendo stato accertato l'omesso versamento nei termini di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta . Il riferimento dell'indagato alle difficoltà finanziarie aziendali dimostrava poi la sua consapevolezza sia dei suoi doveri sia dell'inottemperanza agli stessi se veramente vi fosse stata impossibilità di corrispondere le ritenute in proporzione alle retribuzioni pagate, avrebbe dovuto operare una riduzione proporzionale dei pagamenti fintanto che fosse consentito all'impresa di adempiere anche il proporzionale onere fiscale. Non sussisteva neppure impossibilità materiale di effettuare il versamento in conseguenza del concordato preventivo, giacché durante tale procedura il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, seppure sotto la vigilanza del commissario giudiziale e per un versamento di imposta non sarebbe stata necessaria neppure la preventiva autorizzazione del giudice delegato, prevista solo per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione articolo 167 l.fall. . Riguardo poi alla seconda doglianza, il Tribunale ha rilevato l'applicabilità dell'articolo 322 ter c.p., in quanto esteso ai reati tributari dall'articolo 1 comma 143 I. 24 dicembre 2007 n. 244, essendo stato contestato il reato come commesso nel luglio 2008, cioè in coincidenza con la scadenza del termine per la presentazione annuale della dichiarazione del sostituto d'imposta, quindi in epoca ben successiva all'entrata in vigore della estensione suddetta. L'articolo 322 ter c.p., poi, è applicabile integralmente ai reati tributari, per cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è disponibile non soltanto per il prezzo ma anche per il profitto del reato. Quanto alla assoggettabilità dei beni del legale rappresentante della società, in luogo dei beni sociali, al sequestro, osservava il Tribunale che la giurisprudenza di questa Suprema Corte insegna che per i reati commessi nell'interesse della persona giuridica il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni della persona fisica non richiede per la sua legittimità la preventiva escussione del patrimonio dell'ente. 2. Avverso l'ordinanza ha presentato ricorso il difensore del G. , articolandolo su tre motivi il primo motivo denuncia violazione dell'articolo 321 c.p.p. per assenza del fumus commissi delicti il secondo ancora violazione dell'articolo 321 c.p.p., nonché dell'articolo 322 ter c.p. il terzo propone eccezione di manifesta incostituzionalità dell'articolo 1 comma 143 l. 244/2007 rispetto agli articoli 2, 3, 27, 42 e 53 Cost Considerato in diritto 3. Il ricorso non è fondato. 3.1 Il primo motivo sostanzialmente riproduce il primo motivo della richiesta di riesame, senza apportarvi, del resto, reali novità all'epoca dei fatti la società amministrata dall'indagato sarebbe stata in una situazione di grave dissesto economico e le risultanze delle indagini non consentirebbero di stabilire l'astratta configurabilità del reato. Si tratta evidentemente di un motivo di natura fattuale, che implica una cognizione preclusa al giudice di legittimità ed è pertanto in questa sede inammissibile. 3.2 Il secondo motivo a sua volta ripropone sostanzialmente il secondo motivo della richiesta di riesame. Si richiama, infatti, l'articolo 1 comma 143 della legge finanziaria 2007 l. 24 dicembre 2007 n. 244 che estende ai reati di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 d.lgs. 74/2000 le disposizioni dell'articolo 322 ter c.p., in quanto applicabili , deducendone che la confisca per equivalente di cui al primo comma di tale articolo attiene solo al prezzo dell'illecito, e nel caso di specie il risparmio dell'Imposta avrebbe realizzato invece l'ipotesi del profitto del prezzo del reato, di cui al secondo comma, che, se applicato nella fattispecie, darebbe luogo ad una - illegittima per la legge penale - analogia in malam partem. E comunque il beneficio dell'illecito sarebbe stato fruito dalla società, per cui i beni di questa avrebbero dovuto essere sequestrati. Per quanto riguarda la prima parte del motivo, cioè l'interpretazione dell'ambito di applicabilità dell'articolo 322 ter c.p., consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte ha ormai chiarito l'applicabilità integrale di tale norma, giurisprudenza rispetto alla quale le osservazioni svolte nel ricorso non sono idonee a consentire mutamento. È evidente ictu oculi, infatti, che l'articolo 1, comma 143, I, 244/2007 si riferisce all'intero articolo 322 ter c.p. poiché, dunque, il rinvio integrale rende applicabili ai reati tributari entrambi i commi dell'articolo 322 ter c.p., la loro applicazione non costituisce interpretazione estensiva, per cui non si pone alcun problema di violazione del principio di legalità della legge penale. D'altronde il rapporto tra il primo e il secondo comma della norma non comporta, nel caso dei reati tributari, l'inapplicabilità di entrambi, giacché la differenza tra profitto e prezzo del reato e quindi la sussistenza dell'uno e/o dell'altro discende dalla natura del reato stesso cfr. Cass., sez. III, 7 luglio 2010 n. 35807, che trae fondamento a proposito dei reati tributari proprio da S.U. 25 giugno 2009 n. 38691 e non si pone pertanto su un piano astratto ed esterno alla fattispecie criminosa non sussiste infatti una norma che definisca la nozione di profitto del reato, locuzione utilizzata in maniera meramente enunciativa nelle varie fattispecie in cui è inserita, assumendo quindi un'ampia latitudine semantica da colmare in via interpretativa, occorrendo allo scopo non solo una correlazione diretta del profitto con il reato ma altresì una stretta affinità del profitto con l'oggetto del reato stesso cfr. ancora S.U. 25 giugno 2009 n. 38691, nonché S.U. 2 luglio 2008 n. 26654 . E, nelle fattispecie criminose tributarie, la giurisprudenza ha individuato il profitto come integrato da qualsiasi vantaggio patrimoniale derivante dalla imposta evasa da ultimo Cass. sez. III, 2 dicembre 2011-16 gennaio 2012 n. 1199 e Cass. sez. V, 10 novembre 2011-17 gennaio 2012 n. 1843 non si vede pertanto il motivo per ritenere inapplicabile a tali fattispecie criminose il sequestro preventivo in quanto finalizzato alla confisca per equivalente di un profitto nel caso concreto di indubbia sussistenza. Né infine, si osserva ad abundantiam, porta alcuna incidenza interpretativa in senso contrario il recente intervento del legislatore sul primo comma dell'articolo 322 ter c.p., laddove le parole o profitto sono state inserite a chiudere appunto il suddetto comma dall'articolo 1 I. 6 novembre 2012 n. 190 in probabile correzione di precedente omissione, dato che in precedenza il comma già si riferiva a beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo . Per quanto concerne, poi, il fatto che il sequestro abbia colpito i beni della persona fisica anziché i beni sociali, è stato chiarito dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente ex articolo 19, secondo comma, d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 non può essere disposto su beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal suo legale rappresentante, poiché gli articoli 24 ss. d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 non includono i reati fiscali tra le fattispecie criminose in grado di giustificare il suddetto provvedimento, tranne nel caso in cui la struttura societaria sia un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti così che ogni cosa intestata alla società sia invece immediatamente riconducibile alla disponibilità dell'autore del reato Cass., Sez. III, 28 febbraio 2013 n. 9576 Cass. Sez. III, 19 settembre 2012-10 gennaio 2013 n. 1256 Cass. Sez. III, 4 luglio 2012 n. 25774 Cass. Sez. III, 29 agosto 2012 n. 33371 Cass. Sez. VI, 1 dicembre 2010 n. 42703 . Il superamento dell'alterna della soggettività giuridica riconosciuta all'ente rispetto alle persone fisiche che agiscono per esso e nell'interesse di esso non può infatti - a parte l'ipotesi in cui già di per sé l'alterità non sussista, costituendo un'apparenza occultante il reo, che si avvale della persona giuridica allo stesso modo in cui potrebbe avvalersi di una persona fisica come prestanome fattispecie simulatorie in cui non vi è compresenza di più soggettività, bensì traslocamento dell'unica in una maschera, un guscio vuoto - non derivare da una fonte di legislazione primaria, che allo stato è identificabile nel d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, il quale esclude i reati tributari dalle fattispecie criminose idonee a giustificare la cautela in questione. 3.4 Queste considerazioni investono anche il quarto motivo, giacché con esso il ricorrente propone, come si è visto, eccezione di illegittimità costituzionale dell'articolo 1 comma 143 l. 244/2007, fondandola sul fatto che, nel caso in esame, l'utilizzo dell'istituto della confisca per equivalente inciderebbe solo sul patrimonio personale dell'imputato e non anche su quello della società che avrebbe tratto vantaggio dalla commissione dell'illecito, realizzandosi così una disparità di trattamento, sproporzionata e afflittiva, rispetto ai casi in cui l'unico destinatario della confisca per equivalente resta l'ente nel cui vantaggio l'illecito è stato commesso. Si tratta, invero, di una condotta criminosa posta in essere da un soggetto diverso rispetto all'ente, che non assume alcun ruolo concorrenziale nella commissione del reato risiede dunque - ovviamente nel rispetto dei principi costituzionali - nella valutazione discrezionale del legislatore ordinario istituire eccezioni al confine della soggettività giuridica, così da coinvolgere negli effetti della condotta del reo anche un soggetto che reo non è. Nel caso di specie, premesso che logicamente la questione di illegittimità costituzionale dovrebbe porsi non in riferimento soltanto all'articolo 1 comma 143 l. 244/2007 bensì al suo combinato disposto con il d.lgs. 3 giugno 2001 n. 231, la difformità del presupposto - cioè della fattispecie criminosa - rispetto alle ipotesi in cui appunto il d.lgs. 231/2008 consente il sequestro preventivo ai fini della confisca per equivalente anche sui beni di una persona giuridica, esclude manifestamente la prospettabilità di una violazione dei principi costituzionali invocati dal ricorrente e quindi conduce al disattendimento anche del quarto motivo. In conclusione il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Dichiara irrilevante la questione di legittimità costituzionale rigetta il ricorso e condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali.