La sanzione penale può essere applicata solo se risulta superata, oltre ogni ragionevole dubbio, la soglia di 0,8 g/l

Per la configurazione del reato, pur potendo accertarsi lo stato di alterazione con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, è tuttavia necessario ravvisare l’ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle altre due ipotesi che conservano rilievo penale.

Con la sentenza n. 18375, depositata il 23 aprile 2013, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di condanna. Qualche bicchiere di troppo. Un giovane 23enne viene fermato per un controllo mentre è alla guida della propria auto. La Polizia rileva un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l. Il ragazzo viene quindi condannato da Tribunale, con conferma della Corte d’Appello, al pagamento di 1.328 euro di ammenda, comprensivi di 16 giorni di arresto commutati in pena pecuniaria. La norma. L’art. 186 del codice della strada prevede, al comma 2, tre scaglioni di sanzioni per chi viene trovato in stato di ebbrezza alla guida, in base ai diversi tassi alcolemici rilevati. Tra 0,5 e 0,8 g/l è prevista una sanzione amministrativa. Da 0,8 g/l in su la sanzione è di tipo penale, con due fasce di riferimento tra 0,8 e 1,5 g/l è prevista una determinata pena, da 1,5 g/l in poi la pena è più alta. Ma è stato fatto un solo accertamento! L’imputato, condannato per aver avuto un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, ricorre per cassazione, lamentandosi del fatto che l’accertamento strumentale fosse stato condotto con una sola misurazione senza la prescritta ripetizione della stessa, in conformità alle previsioni del codice della strada . Il test deve essere infatti ripetuto dopo 5 minuti. Il ricorrente sostiene quindi il non raggiungimento della prova rispetto all’integrazione della più grave ipotesi di reato. E’ necessario che non ci sia alcun dubbio. La Suprema Corte ricorda che per la configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, pur potendo accertarsi lo stato di alterazione con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, è tuttavia necessario ravvisare l’ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle altre due ipotesi che conservano rilievo penale . Motivazione apodittica. La motivazione dei giudici di merito è apodittica e quindi il provvedimento di condanna è illogico. Infatti il generico richiamo operato nella sentenza impugnata agli indici sintomatici riportati nel verbale di accertamento della polizia giudiziaria sia pure valutati in connessione all’entità del risultato scaturito dalla prima misurazione del tasso alcol emico dell’odierno imputato , appare tale da non fornire una dimostrazione sufficientemente adeguata al fine di ritenere, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente potesse essere ricompresa in una delle due ipotesi penalmente rilevanti. Per questo motivo la Corte di Cassazione annulla con rinvio la sentenza.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 – 23 aprile 2013, n. 18375 Presidente Romis – Relatore Dell’Utri Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza resa in data 26.10.2012, la corte d'appello di Milano ha integralmente confermato la sentenza in data 17.3.2009, con la quale il giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale di Sondrio ha condannato R.A.C. alla pena di sedici giorni di arresto ed Euro 720,00 di ammenda pena detentiva sostituita con la pena pecuniaria corrispondente, e così complessivamente alla pena di Euro 1.328,00 di ammenda , in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza alcolica art. 186, comma 1, lett. c, c.d.s. , accertato in omissis . Avverso la sentenza d'appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, censurando il provvedimento impugnato per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 186 cit, avendo i giudici del merito ritenuto di ascrivere all'imputato la commissione del fatto più grave disciplinato dal ridetto art. 186 comma 1, lett. c , nonostante l'accertamento strumentale fosse stato condotto con una sola misurazione senza la prescritta ripetizione della stessa, in conformità alle previsioni del codice della strada. Sotto altro profilo, il ricorrente si duole che i giudici del merito abbiano trascurato di specificare, tanto i caratteri, quanto la concreta incidenza causale dei pretesi indici sintomatici dell'ebbrezza alcolica ravvisati, con la conseguenza della mancata prova dell'effettivo ricorso della più grave ipotesi di reato tra quelle disciplinate dall'art. 186 cit Considerato in diritto 2. - Il ricorso è fondato. La sentenza d'appello ha ritenuto di ascrivere all'imputato la commissione della più grave delle ipotesi di reato disciplinate dall'art. 186 c.d.s. muovendo dalla preliminare circostanza costituita dal risultato della prima misurazione strumentale del tasso alcolemico riscontrato a carico dell'imputato risultato superiore ai limiti previsti in relazione a tale più grave ipotesi criminosa, seppur non accertata in conformità alle prescrizioni legali dello stesso art. 186. Al riguardo, secondo l'insegnamento di questa corte di legittimità, per la configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, pur potendo accertarsi lo stato di alterazione con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, è tuttavia necessario ravvisare l'ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle altre due ipotesi che conservano rilievo penale Cass., Sez. 4, n. 28787/2011, Rv. 250714 Cass., Sez. 4, n. 6889/2011, Rv. 252728 . Nel caso di specie, il generico richiamo operato nella sentenza impugnata agli indici sintomatici riportati nel verbale di accertamento redatto dalla polizia giudiziaria sia pure valutati in connessione all'entità del risultato scaturito dalla prima misurazione del tasso alcolemico dell'odierno imputato , appare tale da non fornire una dimostrazione sufficientemente adeguata al fine di ritenere, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente si prestasse a un inquadramento nell'ambito di una delle due ipotesi di cui all'art. 186 c.d.s. ancora configurate come penalmente rilevanti. L'indole eminentemente apodittica della motivazione così come redatta nel provvedimento qui impugnato impone di riscontrarne il carattere sostanzialmente illogico, da tanto derivando il necessario annullamento della ridetta sentenza, con rinvio alla corte d'appello milanese per un nuovo esame sul punto indicato. P.Q.M. la Corte Suprema di Cassazione, annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Milano.