Marchio riprodotto illegittimamente, ma ancora non registrato: nessun risarcimento all’azienda proprietaria

Decisivo il richiamo a un precedente giurisprudenziale ‘datato’ fondamentale è la tutela della massa dei consumatori, quindi nessuna garanzia è possibile senza la conoscibilità definitiva del marchio e della relativa proprietà. Da valutare, invece, l’ipotesi della vendita di prodotti ‘taroccati’.

Terzo millennio a tutto marchio, col boom di aziende caratterizzate più dai disegni che dai prodotti. Anche in Italia. E, di rimando, dove c’è spazio per nuovi loghi, c’è spazio anche per nuove imitazioni Ma se l’accusa di contraffazione riguarda un marchio o un disegno per cui è stata solo presentata la domanda di registrazione , allora nessun addebito è possibile, né civile né penale Cassazione, sentenza numero 25273, Quinta sezione Penale, depositata oggi . Colpo al cuore Pomo della discordia è la riproduzione, su diversi capi di abbigliamento, di un cuore stilizzato, che rimanda, in maniera forte, al disegno ‘figura di cuore’ di proprietà di una nota società. Ma, in ambito giudiziario, il vero nodo è la valutazione dell’episodio alla luce del fatto che per il disegno è stata solo presentata la domanda di registrazione . Alterne le visioni proposte in primo e in secondo grado in Tribunale, difatti, l’uomo finito sotto accusa per contraffazione viene assolto in Appello, invece, viene decisa la condanna a pagare il risarcimento dei danni procurati, perché, affermano i giudici, richiamandosi alla giurisprudenza più recente, anche in caso di semplice domanda di registrazione va applicata la tutela prevista per i casi di contraffazione. Vacatio. Secondo la tesi difensiva del legale che assiste l’uomo, però, la vicenda va ripresa in esame. Perché, viene affermato nel ricorso proposto per cassazione, è stata effettuata la riproduzione del segno o del marchio in maniera parziale , cioè con pochi tratti di somiglianza rispetto a quelli originali , come evidente dalle magliette ‘incriminate’ e finite sotto sequestro. Proseguendo lungo questa linea di pensiero, il legale sostiene che si può ipotizzare una mera imitazione , avente ad oggetto un marchio solo adottato e non registrato da un altro imprenditore. Ciò comporta, ancora, la revoca delle statuizioni civili , perché, sottolinea il legale, a meritare tutela avrebbe dovuto essere la massa dei consumatori e non la casa utilizzatrice del marchio non ancora rilasciato . Per fare chiarezza sulla vicenda, i giudici di Cassazione richiamano un precedente giurisprudenziale ‘datato’, con cui si stabilisce che per attestare il reato di contraffazione è necessario che il marchio o il segno distintivo, di cui si assume la falsità, sia stato depositato, registrato o brevettato . Di conseguenza, la tutela penale non può estendersi anche alla posizione interinale del brevettante nel periodo tra il momento della presentazione della domanda e quello della concessione del brevetto o della registrazione . A rendere più leggibile la situazione, sempre secondo i giudici, è anche il richiamo alle ultime novità normative, datate 2009 la registrazione del marchio è necessaria, perché si può conoscere solo un titolo già rilasciato . E tale ottica va applicata non solo alla posizione del contraffattore materiale del marchio ma anche al semplice utilizzatore del marchio contraffatto . Ecco perché nessun addebito è possibile, neanche limitatamente agli effetti civili, in materia di contraffazione, concludono i giudici. Piuttosto, resta aperto lo spiraglio dell’accusa di vendita di prodotti ‘taroccati’ su questo punto, però, il compito di approfondire è affidato alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 aprile – 26 giugno 2012, n. 25273 Presidente Marasca – Relatore Vessichelli Fatto e diritto Propone ricorso per cassazione D.S. avverso le sentenza della Corte di appello di Bari in data 25 ottobre 2010 con la quale, in riforma della sentenza di primo grado - che era stata di assoluzione ed era stata impugnata dalla sola parte civile - è stata pronunciata condanna al risarcimento del danno in ordine al comportamento contestato come contraffazione, ex art. 473 cp, dei disegno figura di cuore-Sweet-years”, riprodotta illecitamente su un certo numero di capi di abbigliamento, disegno di proprietà della S.r.l. Go Old 50 di Milano. Il fatto è stato accertato il 18 giugno 2003. La Corte d’appello riteneva di seguire la giurisprudenza, più recente che - a differenza di quella valorizzata dal giudice di primo grado - sostiene che la fattispecie di cui all’articolo 473 cp, contestata nella specie, sia da ritenere integrata quando la contraffazione riguardi un marchio o un disegno relativamente ai quali sia stata solo presentata la domanda di registrazione. Deduce il ricorrente 1 la inosservanza dell’articolo 473 cp per essere state disattese le diverse opzioni interpretative della giurisprudenza di legittimità seguita dal giudice di primo grado Cass. Sent. n. 6418 del 1998 . Secondo questa, la tutela prevista dall’articolo menzionato presupporre che il marchio o il segno distintivo sia stato depositato, registrato o brevettato nelle forme di legge. Invece la tutela del marchio nella fase interinale tra la presentazione della domanda e la registrazione è prevista ai soli effetti civili, senza esplicare alcun effetto sul piano della tutela penale 2 in via subordinata la difesa chiede che la contestazione venga comunque derubricata in quella di cui all’articolo 517 c.p. Tale ipotesi a punisce la riproduzione del segno o del marchio avvenuta in maniera soltanto parziale, ossia con pochi tratti di somiglianza rispetto a quelli originali, essendo, l’articolo 517 cp, posto a tutela non della fede pubblica ma dell’ordine economico. Proprio questa sarebbe la fattispecie ricorrente nel caso concreto in cui, sulle magliette sequestrate, è stata riprodotta la scritta Swett Newk e non Sweet Years accanto ad un cuore parzialmente stilizzato una mera imitazione e non certo una contraffazione del marchio, il quale, oltretutto, non si richiede nemmeno che debba essere stato previamente registrato ma solo adottato da altro imprenditore. Una simile soluzione comporterebbe, peraltro, a revoca delle statuizioni civili atteso che la parte civile costituita non potrebbe corrispondere al soggetto giuridico danneggiabile per effetto della condotta in esame un soggetto collettivo rappresentato dalla massa dei consumatori e non già la casa utilizzatrice del marchio non ancora rilasciato. La difesa denuncia, altresì, sul punto, un vizio di motivazione da parte della Corte di merito che non si sarebbe posta, attraverso la disposizione di un’apposita perizia, nelle condizioni per motivare le ragioni dell’eventuale sussistenza o insussistenza della fattispecie gradata. Alla odierna udienza il difensore del ricorrente ha chiesto dichiararsi la prescrizione del reato. Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno. Preliminarmente occorre rilevare la eccentricità della richiesta difensiva, formulata durante la odierna discussione, tenuto conto che l’imputato è stato assolto in primo grado e tale statuizione è rimasta intangibile anche in grado di appello, ove le ragioni della parte civile sono state ri valutate esclusivamente ed autonomamente, su sua domanda, ai soli effetti civili. La prescrizione del reato, essendo statuizione che riguarderebbe il versante degli effetti penali della sentenza, è preclusa dal giudicato assolutorio su tale punto. Quanto al merito del ricorso, capace di spiegare effetti ai soli effetti civili, ritiene questa Corte che debba essere seguito l’orientamento evocato dal ricorrente, e fatto proprio dalla giurisprudenza - allo stato invero risalente - di questo giudice della legittimità, secondo cui, poiché la tutela penale dei marchi o dei segni distintivi delle opere dell’ingegno e o di prodotti industriali è finalizzata alla garanzia dell’interesse pubblico preminente della fede pubblica, più che a quello privato del soggetto inventore, il terzo comma dell’art. 473 cod. pen. - secondo il quale le norme incriminatrici in tema di contraffazione e alterazione dei marchi o dei segni si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale - deve essere interpretato nel senso che per la configurabilità dei delitti contemplati dai precedenti commi del medesimo articolo è necessario che il marchio o il segno distintivo, di cui si assume la falsità, sia stato depositato, registrato o brevettato nelle forme di legge all’esito della prevista procedura, sicché la falsificazione dell’opera dell’ingegno può aversi soltanto se essa sia stata formalmente riconosciuta come tale. In motivazione la Corte ha precisato come dall’affermazione di tale principio discenda che la tutela penale dei marchi e dei segni distintivi non possa estendersi - contrariamente a quanto avviene in campo civilistico - anche alla posizione interinale del brevettante nel periodo intercorrente tra il momento della presentazione della domanda e quello della concessione del brevetto o della registrazione Sez. 2, Sentenza n. 6418 del 26/03/1998 Ud. dep. 02/06/1998 Rv. 221176 . Invero non ignora questa Corte l’opposto orientamento della stessa giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di contraffazione o alterazione di brevetti, disegni e modelli industriali ai sensi dell’articolo 473 cod. pen., la presentazione della domanda di brevetto, con la specificazione delle singole rivendicazioni e con la descrizione dei modelli, vale ad individuare l’oggetto materiale della tutela penale. Ed invero, dal momento della presentazione della domanda conoscibile dal pubblico diventa possibile l’illecita riproduzione del modello, sicché l’anticipazione dell’efficacia del brevetto al momento della presentazione della domanda ha una sua peculiare e specifica rilevanza proprio ai fini della tutela penale del modello Sez. 5, Sentenza n. 8758 del 22/06/1999 Ud. dep. 08/07/1999 Rv. 214653 Presidente Pandolfo GV. Estensore Nappi A. conf. Sez. 5, Sentenza n. 48534 del 07/10/2011 Ud. dep. 28/12/2011 Rv. 251538 Sez. 2, Sentenza n. 6323 del 21/11/2006 Cc. dep. 14/02/2007 Rv. 235713 Sez, 5, Sentenza n. 9752 del 08/01/2009 Cc. dep. 03/03/2009 Rv. 242997 . Tuttavia deve osservarsi, conformemente anche alla dottrina che ha commentato la innovazione apportata alla materia de qua con l. 23 luglio 2009 n. 99 che con l’art. 15 comma 1 lett. a ha riscritto” l’art. 473 cp , che l’inciso inserito nel nuovo testo dell’art. 473 comma 1 cp potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale” lascia fondatamente pensare che, con la detta riforma, si è inteso ratificare la giurisprudenza che richiedeva per la tutela penale, la avvenuta registrazione del marchio o del segno, non bastando la semplice domanda si può conoscere, infatti, solo un titolo già rilasciato mentre la semplice richiesta dello stesso non dà luogo, di per sé, alla garanzia dell’esito positivo della procedura amministrativa avviata. Non risulta, d’altra parte, dall’andamento dei lavori preparatori, che il legislatore abbia manifestato in modo chiaro una volontà diversa da quella risultante dalla lettera della legge promulgata. Né può ritenersi che il citato inciso, formulato testualmente con riferimento alla posizione del contraffattore materiale del marchio, non estenda la propria efficacia - limitatrice della operatività del precetto - alla posizione, menzionata nello stesso comma della norma e rilevante per il caso di specie, del semplice utilizzatore del marchio contraffatto. La impossibilità, dunque, di ritenere configurabile, anche solo per gli effetti civili, la ipotesi di reato contestata nel caso di specie, comporta la necessità che venga esplorata, con adeguata motivazione - ponendosi tale onere a carico del giudice civile competente per valore in grado di appello - la eventualità che la condotta accertata a carico del ricorrente integri gli estremi della diversa e meno grave fattispecie dell’art. 517 c.p. - evocata dalla stessa difesa - fattispecie che sarebbe sussistente in presenza di un marchio – come nella specie - semplicemente imitato, per quanto al tempo non registrato al giudice del rinvio e fatto carico altresì di valutare la idoneità della accertata condotta, ove rilevante ai sensi dell’art. 517 cp, a cagionare un danno alla odierna parte civile. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, per nuovo esame.