In caso di omessa dichiarazione a pagare è sempre il cliente

Nuovo limite alla responsabilità del commercialista l’affidamento del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione dei redditi non esime il cliente dal vigilare sul puntuale adempimento del professionista.

Il principio si enuclea dalla sentenza n. 16958/12, depositata ieri dalla Terza sezione Penale della Corte di Cassazione. Negligenza del commercialista? La Corte di Appello di Roma confermava la condanna nei confronti di un imputato che aveva omesso di presentare le prescritte dichiarazioni IVA. L’interessato proponeva ricorso per cassazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione – ex art, 606, lett. b ed e c.p.p – ritenendo che non ricorresse l’elemento soggettivo del reato poiché l’omessa trasmissione delle dichiarazioni dei redditi alla Agenzia delle Entrate era dovuto a colpa e/o negligenza del proprio commercialista. Aggiungeva che non si sostanziava nemmeno l’elemento obiettivo del reato de quo poiché non appariva univoco il superamento della soglia di punibilità fissata per ogni anno di imposta in 77.468 euro. Il mandato non esime dal dovere di vigilanza. La Suprema Corte giudica il ricorso manifestamente infondato. Nel merito dei gradi precedenti, tramite un esame analitico delle risultanze processuali, era stata appurata una mancanza superiore alla soglia sopra detta con conseguente evasione della relativa imposta. Le censure dedotte nel ricorso, inoltre, appaiono generiche. L’affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione dei redditi alla competente Agenzia delle Entrate – ai sensi dell’art. 3, comma 8, d.P.R. n. 322/88, poi modificato dal d.P.R. n. 435/01 – non esonera il soggetto obbligato a dichiarare dal vigilare sull’effettivo adempimento del mandato si veda anche Cassazione n. 9163/2009 . Mentre sul fronte penale l’imprenditore non ha quindi possibilità alcuna per liberarsi dalle responsabilità, su quello civile può citare in causa il professionista colpevole dell’errore domandando il risarcimento.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 marzo - 8 maggio 2012, n. 16958 Presidente Mannino – Relatore Gentile Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza emessa il 24/11/2010, confermava la sentenza del Tribunale di Civitavecchia, in data 15/02/2010, appellata da C D. , imputato del reato di cui all'art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 - per aver omesso di presentare le prescritte dichiarazioni IVA relativa agli anni di imposta 1999, 2000, 2002, 2003 - e riconosciuto colpevole limitatamente agli anni di imposta 2002 e 2003, con la conseguente condanna alla pena di anni uno e mesi due di reclusione pena sospesa. 2. L'interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606, comma 1, lett. b ed e cod. proc. pen In particolare il ricorrente esponeva a che non ricorreva l'elemento soggettivo del reato de quo poiché l'omessa trasmissione delle dichiarazioni dei redditi alla competente Agenzia delle Entrate era dovuta a colpa e/o negligenza del proprio commercialista G S. , cui aveva affidata la tenuta della contabilità b che comunque non ricorreva l'elemento obiettivo del reato de quo, non risultando accertato in modo univoco il superamento della soglia di punibilità penale fissata in Euro 77.468,53 per ogni anno di imposta, ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 74/2000. Tanto dedotto il ricorrente chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. La sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla decisione di 1 grado - i due provvedimenti si integrano a vicenda - ha congruamente motivato i punti fondamentali della decisione. In particolare i giudici del merito, mediante un esame analitico ed esaustivo delle risultanze processuali, hanno accertato che D.C. , quale rappresentante legale della Cantieristica Laziale srl, con sede a OMISSIS , aveva omesso di presentare la prescritta dichiarazione IVA, fra l'altro, per gli anni di imposta 2002 e 2003, con conseguente evasione della relativa imposta, rispettivamente per un importo di Euro 111.618,47 per l'anno 2002 e di Euro 210.214,67, quanto all'anno 2003 vedi sent. 2 grado, pagg. 1, 2, 3 . Ricorrevano, pertanto, nella fattispecie gli elementi costitutivi, soggettivo ed oggettivo, del reato di cui all'art. 5 d.lgs. 74/2000, come contestato in atti. 2. Le censure dedotte nel ricorso sono generiche, perché meramente ripetitive di quanto esposto in sede di Appello. Sono infondate perché in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici del merito. Sono, altresì, errate in diritto. All'uopo va ribadito che l'affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione dei redditi alla competente Agenzia delle Entrate tale è l'assunto difensivo del ricorrente - ai sensi dell'art. 3, comma 8, d.P.R. n. 322/1988, come modificato dal d.P.R. n. 435/2001 - non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione dei redditi a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto [conforme Sez. III n. 9163 del 29/10/2009 depositata 08/03/2010 , Rv 246208]. 3. Va dichiarato, pertanto, inammissibile il ricorso proposto da C D. con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria che si determina in Euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna li ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.