Ignoranza del difensore? No alla restituzione in termini

L’errore del difensore sulla decorrenza dei termini per proporre impugnazione non integra un caso fortuito o di forza maggiore che legittimi la restituzione in termini del suo assistito.

Il caso. Un uomo, condannato con sentenza del GUP di Perugia, chiedeva allo stesso Giudice di essere rimesso in termini per proporre impugnazione, adducendo che la condotta del suo difensore - che aveva erroneamente ritenuto che i termini processuali fossero sospesi durante il tempo fissato dal Giudice per il deposito della motivazione, determinando in tal modo il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado – non poteva pregiudicare il diritto inviolabile della difesa. A sostegno del suo assunto, il richiedente adduceva una pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. 6, n. 35149/2009 secondo la quale era illegittimo il diniego della richiesta di restituzione in termini per proporre impugnazione, motivata sulla imprevedibile ignoranza del difensore che aveva fatto scadere i relativi termini. Nel caso oggetto di tale pronuncia, l’imputato, detenuto, aveva manifestato la volontà di proporre impugnazione, riservando al difensore la presentazione dell’atto di appello e questi gli aveva ripetutamente detto di attendere l’avviso di deposito della sentenza, laddove alcun avviso era dovuto perché la sentenza era stata deposita nei termini. Mancavano le basi? Secondo la Corte, dunque, la mancata proposizione dell'atto di appello non sarebbe stata l'effetto di incuria o negligenza professionale, che potendo di norma essere prevedibile, ricade processualmente sulla parte assistita ma di una marchiana ignoranza di basilari regole in tema di decorrenza dei termini di impugnazione, che qualsiasi abilitato alla professione legale, esercitante nel settore penale, deve conoscere sicché può dirsi che, se fossero veri i fatti esposti, l'imputato potrebbe non avere avuto alcuna possibilità di prevedere una simile radicale ignoranza della legge processuale penale da parte del professionista che aveva accettato il suo patrocinio e al quale egli aveva reiteratamente demandato la proposizione dell'atto di appello . La Corte richiamava, inoltre, a sostegno della propria tesi, la giurisprudenza della CEDU, secondo la quale il giudice nazionale ha il dovere di restaurare i diritti processuali fondamentali dell'imputato quando le carenze difensive siano manifeste e siano segnalate alla sua attenzione v. sentenze 9 aprile 1984, Goddi C. Italia 24 novembre 1993, Imbrioscia c. Svizzera 27 aprile 2006, Sannino c. Italia 18 gennaio 2007, Hany C. Italia e al giudice nazionale è fatto obbligo di applicare e interpretare la norma interna in modo conforme alla CEDU, alla luce della giurisprudenza della Corte europea . Il GUP ha ritenuto che non vi fossero i presupposti per la restituzione in termini. A tal proposito ha richiamato una più recente decisione della Suprema Corte Cass., sez. 4, sentenza n. 23337/2011 , secondo cui non integra il caso fortuito o la forza maggiore, che possono legittimare la restituzione nel termine, l'errore del difensore di fiducia nell'individuazione dei termini di impugnazione della sentenza, causato da ignoranza della legge processuale decisione che si riallaccia a precedenti arresti della stessa sezione sent. n. 45364/2003 , secondo cui l’errata condotta del difensore in tanto può essere addotta a sostegno della richiesta di restituzione in termini in quanto sia stata frutto di caso fortuito o forza maggiore. L’ignoranza del difensore sull’applicazione della legge penale è fatto non accidentale né imputabile ad una vis esterna. Né le nozioni di caso fortuito e forza maggiore possono essere snaturate e dilatate oltre i loro confini, sia pure per adeguarsi alla giurisprudenza della CEDU non può certo snaturarsi l'accezione sedimentata nel nostro ordinamento giuridico di forza maggiore e di caso fortuito solo in ossequio al dovere, sancito dalla giurisprudenza della CEDU, di restaurare i diritti processuali dell'imputato per carenze difensive dipendenti non già dalla struttura o patologie del processo italiano mancata nomina o disinteresse del difensore di ufficio, ovvero omesse notifiche di avvisi o altro bensì da marchiana ignoranza” del difensore di fiducia, cioè di professionista appositamente scelto intuitu personae dall'imputato, essendo l'ignoranza, marchiana o meno, comunque effetto di carenza di studio e dell'omessa documentazione e, quindi, imputabile esclusivamente a negligenza del difensore e non già dipendente da una vis cui resisti non potest in cui sì sostanzia la forza maggiore o da un avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente, in cui si sostanzia il caso fortuito . Difetto di professionalità. Nel caso di specie, il fatto di avere aderito ad un orientamento giurisprudenziale assai risalente della Suprema Corte, che aveva sostenuto che rientrava nella sospensione feriale dei termini anche il tempo fissato per il deposito della motivazione - orientamento superato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 7478/1996 - non era certamente imputabile a caso fortuito o forza maggiore, ma a mero difetto di professionalità del difensore o, comunque, alla sua negligenza.

Tribunale di Perugia, ufficio G.I.P., sentenza 23 febbraio 2012, n. 409 G.I.P. Semeraro Osserva 1 Il ricorso M.S. è stato condannato con sentenza di questo giudice emessa il 25.7.2011 depositata il 8.9.2011 le parti imputato e difensore erano presenti alla lettura del dispositivo. Nel dispositivo della sentenza questo giudice aveva fissato il termine di giorni 90 per il deposito della sentenza. La difesa propone questione di inesistenza del giudicato, non essendo decorso il termine per proporre appello e la restituzione nel termine per proporre impugnazione. Sostiene la difesa che il termine per il deposito della sentenza è sospeso durante il periodo feriale in ogni caso, esistendo precedenti giurisprudenziali favorevoli del 1996 e del 1995 in udienza sono stati richiamate sentenze antecedenti , si chiede la restituzione nel termine per impugnare sussistendo caso fortuito o forza maggiore per errore scusabile. Si fa poi riferimento alla circostanza che il diritto inviolabile della difesa non può subire menomazioni a causa della condotta del difensore all'ultimo punto si fa riferimento anche alla gravità della fattispecie di giudizio quale elemento per valutare la sospensione dell'esecuzione e la restituzione nel termine. 2 L'esistenza del giudicato Il ricorso è infondato. La gravità della fattispecie oggetto della sentenza non può configurare alcun parametro di riferimento rispetto al ricorso, poiché le questioni processuali dedotte devono necessariamente prescindere dal merito l'argomento adombrato è del tutto estraneo sia alla fattispecie ex art. 670 c.p.p. che all'istituto delle remissione nel termine, Nel merito, la sentenza è passata in giudicato essendo regolarmente decorsi i termini per l'impugnazione ed essendo stata regolarmente apposta la formula esecutiva. Va preliminarmente rilevato che la questione giuridica sulla sospensione feriale del termine per la redazione della motiva2Ìone della sentenza è stata risolta nel lontano 1996, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 7478 del 19/06/1996 Il termine per la redazione della sentenza di cui all'art. 544 cod. proc. pen. alla scadenza del quale decorre l'ulteriore termine per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 585 cod. proc. pen. non è soggetto alla sospensione nel periodo feriale prevista dall'art. 1 legge 7 ottobre 1969, n. 742 con la conseguenza che, ove venga a cadere in detto periodo, l'ulteriore termine per proporre impugnazione comincia a decorrere dalla fine del periodo di sospensione . Il contrasto giurisprudenziale risale al 1995 solo due sentenze della Corte di Cassazione avevano affermato il principio contrario Sez. VI, 17 marzo 1992, ce, Lenoni Sez. I, 22 marzo 1995, n. 5193, Mancuso , mentre l'indirizzo del tutto prevalente era quello in linea con la sentenza delle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite della Suprema Corte avevano infatti aderito all'indirizzo interpretativo prevalente per il quale la disciplina della sospensione dei termini processuali in periodo feriale atteneva alla attività dei difensori e delle parti pubblica e privata , in relazione a termini previsti per le impugnazioni delle parti e per il compimento di atti processuali correlati ad interventi di assistenza e di patrocinio dei difensori. Ciò perché scopo dell'istituto della sospensione feriale è quello di assicurare un periodo di riposo agli avvocati ed ai procuratori legali si possono a tal fine confrontare i lavori parlamentari e le decisioni della Corte Costituzionale che, a tutela dei diritti della difesa, ne avevano esteso la disciplina ai termini ed. sostanziali di rilevanza processuale tra le altre C.Cost. 2 febbraio 1990 n. 49 13 luglio 1987, n. 255 3 marzo 1982, n. 53 . Pertanto, affermano le Sezioni Unite non è soggetto alla disciplina della sospensione il termine entro il quale il giudice deve redigere la motivazione della sentenza a norma dell'art. 544, co. 2° c.p.p., e il deposito della sentenza, in periodo feriale e nel prescritto termine fissato dalla legge o dal giudice, tiene luogo di notifica per il p.m. e per gli imputati non contumaci pertanto, da tale scadenza, in base al meccanismo automatico del nuovo codice di rito, inizia a decorrere il termine di impugnazione assegnato alle patti, che è però soggetto a sospensione in periodo feriale La soluzione della questione giuridica a decorrere dal 1996, cioè 15 anni fa, e l'inesistenza di successivi orientamenti contrari all'indirizzo delle Sezioni Unite devono far ritenere definitivamente abbandonato l'indirizzo interpretativo propugnato dal difensore e la questione definitivamente chiusa. Cfr. fra le sentenze di adesione ai principi delle Sezioni Unite, Cass. Se2. 4, Sentenza n. 41834 del 27/06/2007 Il termine per la redazione della motivazione della sentenza non è soggetto alla disciplina della sospensione feriale dei termini, diversamente da quello assegnato per l'impugnazione della sentenza depositata nel corso di tale periodo, che inizia a decorrere una volta che questo si sia concluso . Nel caso in esame pertanto il termine per proporre l'impugnazione decorreva alla scadenza del 90° giorno fissato per la redazione della motivazione della sentenza, e cioè il 23.10.2011, ben oltre il periodo di sospensione feriale. In pendenza del termine per impugnare 45 giorni , l'appello non è stato proposto, sicché correttamente è stata indicata l'irrevocabilità della sentenza al 9.12.2011. 3 La competenza funzionale del giudice dell'esecuzione Quanto alla richiesta di rimessione nel termine per proporre l'impugnazione, la competenza funzionale del giudice dell'esecuzione sussiste ai sensi dell'art. 670 comma 3 c.p.p. Cass. Sez. 1a, Sentenza n. 35361 del 04/07/2007, Estensore Cassano M. Nel caso di contestuale pendenza dinanzi al giudice dell'esecuzione di una richiesta diretta all'accertamento della mancanza o della non esecutività del titolo esecutivo e della domanda di restituzione nel termine per l'impugnazione della sentenza contumaciale, la competenza a conoscere di entrambi i procedimenti è attribuita al giudice dell'esecuzione . 4 L'orientamento giurisprudenziale invocato dalla difesa La difesa ha invocato la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 6a, n. 35149 del 26/06/2009 Estensore Conti G. a sostegno del ricorso per la restituzione nel termine per impugnare. Si riporta la massima della sentenza È illegittimo il diniego della richiesta di omissis in termini per la presentazione dei motivi di appello ex art. 175 cod. proc. pen., quando l’omesso adempimento dell'incarico di proporre impugnazione da parte del difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell'imputato, sia stato determinato da una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, tale da configurare un'ipotesi di caso fortuito o forza maggiore . Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, l'imputato aveva reiteratamente presentato una dichiarazione di appello all'ufficio matricola della casa circondariale ove si trovava ristretto, riservando i motivi al difensore di fiducia che l'aveva assistito in primo grado, il quale però poi, a dire del ricorrente, gli aveva comunicato di ritenere che non fossero decorsi i termini di impugnazione, non essendo stato notificato l'avviso di deposito della sentenza adempimento che però non doveva essere espletato, ai sensi dell'art. 585 comma 2, letto c , c.p.p., dato che la sentenza era stata depositata nei termini previsti dalla legge. Secondo la Corte di Cassazione, la Corte di Appello, il cui provvedimento era stato impugnato, non aveva verificato le circostanze di fatto dedotte dal ricorrente le quali se sussistenti, integravano un caso di mancata assistenza difensiva, posto che, secondo le allegazioni di parte, la inerzia del difensore non derivava da una sua ragionata scelta processuale, ma da una ignoranza delle regole elementari in tema di decorrenza dei termini di impugnazione. Nel caso di specie, dunque, la mancata proposizione dell'atto di appello non sarebbe stata l'effetto di incuria o negligenza professionale, che potendo di norma essere prevedibile, ricade processualmente sulla parte assistita v. fra le altre, proprio in tema di restituzione nel termine, Cass., Sez. un., 11 aprile 2006, De Pascalis Cass., Sez. III, 27 marzo 1969, Jagata Cass., Sez. I, 10 giugno 1968, Iaia Cass., Sez. V, 29 gennaio 1968, Malabotta ma, sempre in tesi, di una marchiana ignoranza di basilari regole in tema di decorrenza dei termini di impugnazione, che qualsiasi abilitato alla professione legale, esercitante nel settore penale, deve conoscete sicché può dirsi che, se fossero veri i fatti esposti, l'imputato potrebbe non avere avuto alcuna possibilità di prevedere una simile radicale ignoranza della legge processuale penale da parte del professionista che aveva accettato il suo patrocinio e al quale egli aveva reiteratamente demandato la proposizione dell’atto di appello . La Corte ha quindi affermato di non condividere l'orientamento di parte della giurisprudenza secondo cui il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile , non è idoneo a realizzare l'ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine perché se è vero che incombe all'imputato l'onere di scegliere un difensore professionalmente valido e di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito Cass., Sez. II, Il novembre 2003, Sulli Cass., Sez. I, 24 aprile 2001, Bekhit Cass., Sez. V, 1 febbraio 2000, Bettili , non può pretendersi che egli, nell'effettuare la scelta del difensore, verifichi previamente senza peraltro possedere le relative cognizioni culturali la sua padronanza di ordinarie regole di diritto che dovrebbero costituire il bagaglio tecnico di qualsiasi soggetto legittimato alla professione forense attraverso il superamento dell'esame di Stato . La Corte quindi equiparava il caso in esame all'ipotesi di caso fortuito, che è integrata appunto da un dato della realtà imprevedibile che soverchia ogni possibilità di resistenza e di contrasto v. per tutte Cas. Sez. un., ric. De Pascalis, cit. nonché Corte Cost., sento n. 101 del 1993 . La Corte poi orientava la sua scelta interpretativa anche in base alla giurisprudenza della CEDU, secondo la quale il giudice nazionale ha il dovere di restaurare i diritti processuali fondamentali dell'imputato quando le carenze difensive siano manifeste e siano segnalate alla sua attenzione v. sentenze 9 aprile 1984, Goddi C. Italia 24 novembre 1993, Imbrioscia C. Svizzera 27 aprile 2006, Sannino e. Italia 18 gennaio 2007, Hany C Italia e al giudice nazionale è fatto obbligo di applicare e interpretare la norma interna in modo conforme alla CEDU, alla luce della giurisprudenza della Corte europea . La Suprema Corte impugnava con rinvio la sentenza impugnata poiché la Corte di appello si è sottratta al dovere di accertare se i fatti allegati fossero corrispondenti a verità e se essi integrassero una situazione di caso fortuito, tale da fondare la richiesta di restituzione nel termine per proporre appello . 5 Il diverso indirizzo della Suprema Corte Di recente, la Suprema Corte cfr. Cass. Sez. 2a, Sentenza n. 31680 del 14/07/2011, Estensore Chindemi D. , ha richiamato l'indirizzo interpretativo di cui alla sentenza n. 35149 del 2009, ma poi nel merito ha rigettato il ricorso in quanto non era stata fornita la prova dell’ imprevedibile ignoranza del difensore con riferimento ai termini per proporre appello, avendo egli curato anche gli interessi di altri due coimputati, per i quali risultava invece presentato rituale e tempestivo atto di appello È illegittimo il diniego della richiesta di restituzione in termini per la presentazione dei morivi di appello ex art. 175 cod. provc. pen., quando l'omesso adempimento dell'incarico di proporre impugnazione da parte del difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell'imputato, sia stato determinato da una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, tale da configurare un'ipotesi di caso fortuito o forza maggiore . Più di recente, la Suprema Corte cfr. Cass. Sez. 4a, Sentenza n. 23337 del 15/04/2011, Estensore Massafra U. ha diversamente affermato che Non integra il caso fortuito o la forza maggiore, che possono legittimare la restituzione nel termine, l'errore del difensore di fiducia nell'individuazione dei termini di impugnazione della sentenza, causato da ignoranza della legge processuale . In motivazione, la Corte ha affermato che non vi è un contrasto tra l'orientamento tradizionale e quello espresso dalla sentenza n. 35149 del 2009. L'orientamento della Sezione 4a era stato affermato con la sentenza n. 45364 del 18.9.2003 In tema di restituzione nei termini, non possono configurarsi come caso fortuito o forza maggiore né la detenzione dell'imputato, né l'errore di fatto commesso da chi ha proposto l'istanza, giudicata inammissibile, essendo all'imputato consentito di proporre le istanze, le dichiarazioni e le impugnazioni autorizzate dalla legge con atto ricevuto dal direttore dello stabilimento, né l'erroneo espletamento dell'incarico da parte del difensore, salvo che quest'ultimo, come espressamente previsto nell'art. 175 c.p.p., comma 1, non si sia personalmente trovato nella situazione di caso fortuito o forza maggiore . Così la Corte di Cassazione indica l'unica concreta differenza tra i due orientamenti risiede nella valutazione della mancata attivazione del difensore in conseguenza di una situazione di caso fortuito o forza maggiore in cui la più recente pronunzia inquadra anche la imprevedibile ignoranza della legge processuale penale , oltre che al richiamo alla giurisprudenza della Corte Europea per Diritti dell'Uomo in conformità alla quale il giudice nazionale deve interpretare le norme interne , laddove aveva affermato che il Giudice nazionale ha il dovere di restaurare i diritti processuali fondamentali dell'imputato quando le carenze difensive siano manifeste e siano segnalate alla sua attenzione . Insomma, persino la marchiana ignoranza di basilari regole in tema di decorrenza dei termini di impugnazione che qualsiasi abilitato alla professione legale, esercitante nel settore penale, deve conoscere , e non già, come in astratto ipotizzabile, una malattia invalidante del difensore di fiducia o altra circostanza addebitabile a terzi cancelleria, etc. , varrebbe a costituire forza maggiore o caso fortuito, ai sensi dell'art. 175 c.p.p., comma 1, intesi, dunque, in senso ben diverso dall'accezione tradizionale per effetto esclusivamente della richiamata giurisprudenza della CEDU , A sostegno della sua tesi, per la quale la marchiana ignoranza del difensore di fiducia, non possa rientrare nei concetti di caso fortuito o forza maggiore, la sez. 41 della Corte di Cassazione richiamava gli orientamenti di legittimità in casi analoghi Cfr. Cass. Sez. 3a, n. 19918, del 14.4.2010 oppure Cass. pen. Sez. 3a, n. 17964 dell'8.4.2010 non integra forza maggiore ne' caso fortuito e, quindi, non legittima la richiesta di restituzione nel termine, l'inadempimento dell'incarico da parte del difensore di fiducia consistito nella mancata comparizione all'udienza preliminare a causa della tardiva comunicazione della data dell'udienza da parte dei collega di studio, cui l'avviso era stato tempestivamente notificato, in quanto incombe sull'imputato l'onere di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito. In motivazione la Corte ha inoltre precisato che risultava colpevole tanto il collega di studio che aveva dimenticato di consegnare 1 atto, che il difensore che aveva fatto affidamento sul collega . Si richiamava ancora l'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte n. 14991 del 11.4.2006, Rv. 233419 , riferito al difensore di ufficio, rispetto al quale il rapporto fiduciario è inesistente in materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore d'ufficio che, in violazione degli obblighi di diligenza, abbia omesso di informare il difensore di fiducia circa il mancato accoglimento dell'istanza di rinvio dell'udienza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 cod. proc. pen., non può essere considerata, per gii effetti dell'art. 175 c.p.p., comma 1, ipotesi di caso fortuito, né dì forza maggiore. Nella specie, la Corte ha ritenuto che il difensore di fiducia, con un comportamento improntato a normale diligenza, come quello di recarsi presso la cancelleria del giudice per chiedere informazioni, avrebbe potuto conoscere per tempo che era stata pronunciata sentenza di condanna e presentare impugnazione . La 4a sez. della Corte di Cassazione, in motivazione, ha anche operato un fondamentale passaggio ponendo un limite all'interpretazione estensiva del concetto di caso fortuito, anche alla luce della giurisprudenza della CEDU non può certo snaturarsi l'accezione sedimentata nel nostro ordinamento giuridico di forza maggiore e di caso fortuito solo in ossequio al dovere, sancito dalla giurisprudenza della CEDU, di restaurare i diritti processuali dell'imputato per carenze difensive dipendenti non già dalla Struttura o patologie del processo italiano mancata nomina o disinteresse del difensore di ufficio, ovvero omesse notifiche avvisi o altro bensì da marchiana ignoranza del difensore di fiducia, cioè di professionista appositamente scelto intuitu personae dall'imputato, essendo l'ignoranza, marchiana o meno, comunque effetto di carenza di studio e dell'omessa documentazione e, quindi, imputabile esclusivamente a negligenza del difensore e non già dipendente da una vis cui resisti non potest in cui si sostanzia la forza maggiore o da un avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente, in cui si sostanzia il caso fortuito . 6 Il rigetto del ricorso per la restituzione nel termine In punto di fatto va osservato che l'orientamento giurisprudenziale invocato dalla difesa non è applicabile nel caso in esame perché non risulta in alcun modo, prima dei passaggio in giudicato della sentenza, che l'imputato abbia manifestato la volontà di impugnare la sentenza non vi è in atti alcun documento dal quale dedurre tale volontà, neanche mediante una nomina al difensore nella quale vi era il potere di procedere all'impugnazione. La volontà di impugnare la sentenza di condanna è stata manifestata solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza e con il deposito del ricorso. Inoltre, essendo le parti presenti all'udienza, non trova applicazione l'art. 175 comma 2 e 2 bis c.p.p. il processo de quo non è un processo contumaciale e le parti hanno avuto personalmente conoscenza del provvedimento che avrebbero potuto impugnare, essendo presenti alla sua lettura. In punto di diritto, l'orientamento espresso da Cass. Sez. 4a, Sentenza n. 23337 del 15/04/2011 è assolutamente condivisibile, oltre ad essere più aderente proprio ai principi espressi dalla Ceda. Va infatti osservato che effettivamente il giudizio della Cedu è volto proprio a sanzionare le patologie del processo italiano rispetto ai diritti previsti nell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritto dell'uomo come interpretati dalla Cedu e non alle patologie difensive. Se è indubbio poi che il giudice italiano deve dare un'interpretazione conforme, è anche vero che le affermazioni di principio della Cedu si riferiscono ai casi concreti da essa esaminati. Orbene, dalla lettura delle sentenze della Cedu citate nella sentenza n. 35149 del 2009 emerge che alcuni casi sono ontologicamente diversi da quello in esame e pertanto anche le affermazioni di principio per altro non così nette come riportato non sono applicabili. Il caso Goddi ad es. è in conferente, trattandosi della violazione dell'art. 6 par. 3 c . Analogamente, il caso Imbrioscia c. Svizzera di cui alla decisione del 24 novembre 1993 riguarda la mancata partecipazione del difensore agli interrogatori, ed è quindi molto diverso da quello per cui si procede. Anche il caso Hany C. Italia cfr. decisione del 18 gennaio 2007, indicata anche quale sentenza del 6 novembre 2007 la sentenza è su italgiureweb non è conferente. Il ricorrente infatti riteneva che il procedimento penale da lui subito non fosse stato equo perché a causa della sua assenza all'udienza preliminare la legittimità della quale era stata da lui contestata non aveva potuto richiedere il rito abbreviato. Si riporta il passo della decisione È vero che il ricorrente era assente all'udienza preliminare del 20 giugno 2003. Tuttavia, la sola questione definita nel corso di tale udienza era se il ricorrente dovesse, o no, essere rinviato a giudizio. Ora, se l'articolo 6 della Convenzione può svolgere un ruolo prima che sia adito il giudice del merito, tale disposizione ha come scopo principale, nel penale, quello di garantire un processo equo dinanzi ad un tribunale” competente a decidere sulla fondatezza dell'accusa” Brennan c/Regno Unito [GC], n. 39846/98, § 45, CEDU 2001-X, e Berlinski c/Polonia, nn. 27715/95 e 30209/96, § 75, 20 giugno 2002 . Dato che lo scopo dell'udienza controversa era esclusivamente quello di decidere se il ricorrente dovesse essere giudicato da un tribunale”, senza approfondire la sua innocenza o colpevolezza, la Corte ritiene che l'assenza dell'interessato non possa, da sola, inficiare l'equità del procedimento considerato nel suo complesso si veda, tnutatis mutandis, De Lorenzo c/Italia dec. , n. 69264/01, 12 febbraio 2004 , E bene ricordare che nel caso Hany C. Italia la Cedu ha dichiarato inammissibile il ricorso. Di maggiore interesse è invece la decisione del 27 aprile 2006, nel caso Sannino c. Italia. In tale decisione si rinviene però un'affermazione di principio in linea non con la sentenza n. 35149 ma con quella n. 23337 del 15/04/2011. La Cedu infatti afferma in primo luogo l'effettività dei diritti di difesa La Corte ricorda che, se riconosce a ogni imputato il diritto di difendersi personalmente o avere l'assistenza di un difensore ”, l'articolo 6 § 3 c non precisa le condizioni di esercizio di tale diritto. Esso lascia pertanto agli Stati contraenti la scelta dei mezzi atti a permettere al loro sistema giudiziario di garantirlo il compito della Corte consiste nell'esaminare se la via da essi intrapresa concorda con le esigenze dì un processo equo Quaranta C. Svizzera, sentenza del 24 maggio 1991, serie A n. 205, p. 16, § 30 . Al riguardo, non bisogna dimenticare che la Convenzione ha lo scopo di tutelare dei diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi”, e che la nomina di un avvocato non garantisce da sola l'effettività dell'assistenza che l'avvocato può fornire all'imputato Imbrioscia C. Svizzera, sentenza del 24 novembre 1993, serie A n. 275, p. 13, § 38, e Artico C Italia, sentenza del 13 maggio 1980, serie A n. 37, p. 16, § 33 . Fatta tale affermazione, la Cedu però limita esplicitamente il suo potere di intervento alla difesa di ufficio, cioè a quella forma di difesa che coinvolge lo Stato chiamato a rispondere, escludendo la difesa fiduciaria Non si può tuttavia imputare ad uno Stato la responsabilità di tutte le lacune dell'avvocato nominato d'ufficio o scelto dall'imputato. Dall'indipendenza dei foro rispetto allo Stato deriva che il modo in cui viene condotta la difesa è essenzialmente di competenza dell'imputato e del suo avvocato, nominato a titolo di gratuito patrocinio o retribuito dal suo cliente Cuscani c. Regno Unito, n 32771/96, § 39, 24 settembre 2002 . L'articolo 6 § 3 c obbliga le autorità nazionali competenti a intervenire solo se la lacuna dell'avvocato d'ufficio sembra manifesta, o se le stesse ne vengono sufficientemente informate in qualsiasi altro modo Kamasinski c. Austria, sentenza del 19 dicembre 1989, serie A n. 168, p. 33, § 65, e Daud e, Portogallo, sentenza del 21 aprile 1998, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-II, pp. 749-750, § 38 . L'accoglimento del ricorso del S. sarà fondato infatti sulle provate lacune degli avvocati d'ufficio senza che le autorità interne fossero intervenute -come loro obbligo per garantire l'effettività della rappresentanza dell'imputato. E ciò anche a prescindere dal comportamento del ricorrente. Deve allora concludersi che l'adesione ad un orientamento interpretativo del tutto sorpassato è il frutto di una imperizia del difensore e pertanto non può ritenersi quella situazione di inevitabilità che caratterizza la forza maggiore che si concretizza in un'energia causale esterna alla parte ed alla quale la parte non ha potuto in nessun capo opporsi ed a causa della quale è decorso inutilmente il termine o il caso fortuito che consiste in un evento imprevisto ed imprevedibile che intervenga prima, durante o dopo l'attività diretta all'adempimento dell'onere e che non può essere evitato da alcuna diligenza, prudenza o perizia . Mediante l'uso della normale perizia difensiva, aderendo all'ormai univoco e datato indirizzo della giurisprudenza, si poteva infatti evitare la decadenza. L'errore interpretativo del difensore non solo non è scusabile, ma non trova tutela nell'art. 175 c.p.p. neanche interpretando la norma alla luce delle decisioni della Cedu, come prima indicato. P.Q.M. Rigetta il ricorso dell'Avv. Conti nell'interesse di M.S Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. Perugia, li 23 febbraio 2012.