Citazione in giudizio consegnata alla colf, possibile l'impugnazione della sentenza di condanna

Non è sufficiente il recapito al domicilio dell'imputata. Passaggio successivo, tutto da dimostrare, è la conoscenza effettiva del procedimento.

Decreto di citazione a giudizio consegnato nelle mani della collaboratrice domestica dell'imputata? Il passaggio successivo, ovvero la conoscenza da parte della persona sotto accusa, non è assolutamente consequenziale. A chiarirlo è la Cassazione - sentenza numero 39369/2011, Quinta sezione Penale, depositata ieri - affrontando la vicenda relativa a una contestata condanna in contumacia. Notifica a domicilio. Impugnare la sentenza di condanna emessa a suo carico dal Tribunale. Questo l'obiettivo della richiesta avanzata dalla donna finita sul banco degli imputati, richiesta respinta però dalla Corte d'Appello. Per una ragione semplice il decreto di citazione a giudizio era stata regolarmente notificato all'imputata presso il domicilio, a mani di persona addetta al suo servizio . Questo passaggio, secondo i giudici d'Appello, difatti, è ritenuto più che sufficiente per ritenere consolidata la conoscenza, da parte della donna, del procedimento a suo carico. Conoscenza diretta. Basta davvero la notifica a domicilio? Assolutamente no, secondo la donna. Perché l'atto era stato consegnato nelle mani della colf e, quindi, non era presumibile la effettiva conoscenza da parte del destinatario . Proprio questo è l'elemento centrale del ricorso presentato in Cassazione, e considerato meritevole di accoglimento dai giudici. Difatti, per evitare l'impugnazione della sentenza di condanna in contumacia, è necessario che l'imputato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire, ovvero a proporre impugnazione . Passaggio necessario. L'ottica in cui i giudici di piazza Cavour inquadrano la vicenda è chiara non può essere ritenuto sufficiente il fatto che gli atti siano stati regolarmente notificati nel rispetto delle norme codicistiche per bloccare l'impugnazione. Piuttosto, è necessario un ulteriore passaggio, ovvero la prova che l'imputato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento a suo carico . Ebbene, in riferimento alla specifica vicenda, tale prova non è acquisita, secondo i giudici, neppure per via indiziaria, nel caso in cui la notifica della vocatio in iudicium non abbia raggiunto l'imputato personalmente, ma sia stata effettuata a mani di persona addetta alla casa . Di conseguenza, viene annullata l'ordinanza pronunciata dalla Corte d'Appello, che dovrà riesaminare la questione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 settembre - 2 novembre 2011, n. 39369 Presidente Marasca - Relatore Oldi Motivi della decisione Con ordinanza in data 22 settembre 2010 la Corte d'Appello di Roma ha respinto l'istanza proposta da T. A. al fine di ottenere la restituzione nel termine per impugnare la sentenza di condanna emessa a suo carico dal Tribunale di Velletri il 18 novembre 2008.Ha rilevato quel collegio che il decreto di citazione a giudizio era stato regolarmente notificato all'imputata presso il domicilio, a mani di persona addetta al suo servizio. Ha proposto ricorso per cassazione la A., affidandolo a un solo motivo. Con esso deduce che la consegna dell'atto da notificare a mani della colf non garantisce la sua effettiva conoscenza da parte del destinatario. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Il secondo comma dell'art. 175 c.p.p. prescrive che l'imputato condannato in contumacia sia restituito nel termine per proporre impugnazione, salvo il caso in cui abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire, ovvero a proporre impugnazione. Non vale, pertanto, a privare di fondatezza l'istanza di restituzione il fatto che gli atti siano stati regolarmente notificati nel rispetto delle norme codicistiche, richiedendosi invece la prova che l'imputato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e/o del provvedimento emesso a suo carico prova che, all'evidenza, non può ritenersi acquisita neppure per via indiziaria nel caso in cui la notifica della vocatio in iudicium non abbia raggiunto l'imputato personalmente, ma sia stata effettuata a mani di persona addetta alla casa. Se la conoscenza giuridica prodottasi attraverso la rituale notifica del decreto di citazione a giudizio fosse ipso iure parificabile alla conoscenza effettiva, sarebbe vanificata la disposizione di legge invocata dalla A., il cui presupposto consiste per l'appunto nella formale validità delle notifiche eseguite al riguardo non sarà inutile ricordare che il testo attuale dell'art. 175 comma 2 c.p.p. è stato introdotto dal decreto-legge 21 febbraio 2005 n. 17, convertito con modificazioni nella legge 22 aprile 2005 n. 60, a seguito delle numerose condanne emesse a carico dello Stato italiano dalla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo a motivo dei processi celebrati in absentia, ritenuti in contrasto coi principi canonizzati nell'art. 6 della Convenzione. L'ordinanza impugnata, che non ha tenuto conto dei suesposti principi, deve conseguentemente essere annullata con rinvio alla stessa Corte d'Appello di Roma per il prosiego. P.Q.M. La Corte annulla il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d'Appello di Roma per ulteriore corso.