Notaio pieno di debiti col Fisco, mutuo dei figli per aiutarlo. Sequestro della somma da legittimare

Bloccati 250mila euro, stanziati da un istituto di credito. Per i figli sono destinati all'Erario, ma senza il passaggio materiale nella disponibilità dell'indagato, il provvedimento non ha ragione d'essere.

L'accusa, grave, per un notaio è di peculato oltre 300mila euro prelevati da acquirenti di beni immobili. Con l'aggiunta di oltre 150mila euro per omesso versamento dell'Iva. In suo soccorso arrivano moglie e figli, che, almeno sulla carta, gli mettono a disposizione 250mila euro. Su questa cifra, però, scatta il sequestro preventivo. Provvedimento, questo, fortemente contestato. E che, come chiarisce la Cassazione - con sentenza numero 37960/2011, Sezione Sesta Penale, depositata ieri -, deve essere motivato in maniera dettagliata. Altrimenti rischia di venir meno il suo fondamento Pro amministrazione finanziaria. La contesa è di quelle durissime. Perché i crediti vantati dall'amministrazione finanziaria, nei confronti del notaio, sono corposi. E il sequestro della somma messa dai figli a disposizione del notaio, è considerato un provvedimento utilissimo. Non a caso, prima il Giudice per le indagini preliminari e poi il Tribunale confermano l'ordinanza di sequestro. Quei soldi, ecco la sostanza, debbono essere considerati un 'salvagente' per l'amministrazione finanziaria. Mutuo di aiuto. La decisione viene, come detto, duramente contestata. In questa ottica si colloca la decisione della moglie e dei figli del notaio di ricorrere in Cassazione. A sostegno delle loro rimostranze viene portato un elemento è pacifico che la somma di 250mila euro appartiene ai figli, persone estranee al reato, che avevano contratto, successivamente ai fatti, un mutuo bancario per assolvere ai tributi . Di conseguenza, non ricorreva l'ipotesi della confisca per equivalente, non essendo il denaro in alcun modo riconducibile all'indagato , eppoi essi non avevano tratto dal reato alcun profitto e, peraltro, era errata la asserzione che essi, nel richiedere indietro la somma, intendano mutarne la destinazione, giacché la revoca del vincolo è finalizzata all'esatto adempimento fiscale, non ancora eseguito dalla autorità giudiziaria, e quindi a garantire l'Erario . Nella ricostruzione dei ricorrenti, quindi, la somma messa a disposizione del notaio è frutto di un mutuo e ha una destinazione precisa cominciare a ripianare i debiti. Il destino della somma. La visione panoramica è quella relativa alla confiscabilità per equivalente, nel caso in cui i beni costituenti il profitto o il prezzo del reato non siano aggredibili . All'interno di questa visione, però, l'elemento centrale, riferito alla vicenda in esame, è quello della possibilità di uso , da parte del notaio, della somma messa a sua disposizione dai figli. Ebbene, chiariscono i giudici di piazza Cavour, tale presupposto non risulta evidente dalla documentazione in atti . Perché, certo, la somma in questione venne offerta dai figli dell'indagato per l'estinzione del debito tributario, ed in tale prospettiva essa era stata erogata da un istituto bancario , ma tale dichiarazione, sottolineano i giudici, lascia irrisolta la questione se il notaio avesse o meno acquisito, in quel momento, la disponibilità della somma . Senza la certezza della somma nel patrimonio dell'indagato , resta solo la semplice destinazione di scopo del denaro, approntato per la definizione della posizione tributaria . E tale finalità, sottolineano ancora i giudici, manterrebbe anche in caso di dissequestro . Per questo motivo, l'ordinanza di sequestro torna in ballo deve essere accertato il passaggio fondamentale, ovvero l'effettiva disponibilità della somma nelle mani del notaio. Senza, come detto, il sequestro non ha ragione d'essere. E questo compito viene affidato nuovamente al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 29 settembre - 20 ottobre 2011, n. 37960 Presidente Agrò - Relatore Fazio Ritenuto in fatto Ricorrono L. Maria M. N., A.M. e G. avverso la ordinanza emessa in data 7 giugno 2011 dal Tribunale di Chieti, in funzione del giudice del riesame, con la quale è stata rigettata l'appello avverso l'ordinanza di quel Gip, con cui era stata negata la revoca del sequestro preventivo della somma di € 250.000.000 versata dall'indagato C. L. e dai ricorrenti, suoi figli, a soddisfazione dei crediti per tributi evasi vartati dalla amministrazione finanziaria. A C. L., notaio, era, infatti, addebitato ex art. 314 c.p. di essersi impossessato della somma di € 324.277,71, riscossa dagli acquirenti di beni immobili per imposte di registro, ipotecarie e catastali, nonché della somma di € 157.052 per omesso versamento IVA per l'anno 2008. I L. denunciano che il tribunale, in violazione di legge, ha mantenuto ferma la misura, nonostante fosse pacifico che la somma di € 250.000.000 appartenesse ai figli, persone estranee al reato, che avevano contratto, successivamente ai fatti, un mutuo bancario per assolvere ai tributi, come indicati nell'ordinanza cautelare emessa dal GIP di Vasto in data 12 ottobre 2010 e che, quindi, non ricorreva l'ipotesi della confisca per equivalente, non essendo il denaro in alcun modo riconducibile all'indagato. Inoltre essi non avevano tratto dal reato alcun profitto, sicché era palese la violazione dei presupposti dell'applicazione dell'art. 322 ter c.p.p. nei loro confronti. Inoltre era errata la asserzione che essi nel richiedere indietro la somma intendano mutarne la destinazione, giacché la revoca del vincolo è finalizzata all'esatto adempimento fiscale, non ancora eseguito dalla autorità giudiziaria, e quindi a garantire l'Erario. Considerato in diritto 1. La previsione di cui all'art. 322 ter introduce la confiscabilità per equivalente nel caso in cui i beni costituenti il profitto o il prezzo del reato non siano aggredibili per qualsiasi ragione. La norma prevede che la confisca possa riguardare beni dei quali il reo abbia in ogni caso la disponibilità per un valore corrispondente a quello che avrebbe dovuto altrimenti costituire oggetto della confisca. Nel caso in esame, il tribunale distrettuale ha individuato la disponibilità in capo all'indagato, osservando che nel momento in cui i figli diedero al padre la possibilità di uso della somma sopra indicata, costui ne fece effettivo impiego, a nulla rilevando che la provenienza non fosse strettamente collegata alla persona del L., cui il denaro era stato procurato, mediante la volontaria accensione di un mutuo dagli odierni ricorrenti, estranei al reato. Tale ragionamento, che, è in linea con i principi espressi da questa corte in ordine al concetto di disponibilità , che è inteso come relazione di appartenenza e di riferibilità al reo, che subisce la misura per equivalente su beni che non sono il profitto del reato, ma ne hanno un valore corrispondente, al fine evidente di individuare anche le forme di investimento susseguenti al delitto ed idonee ad evitare l'apprensione del maltolto mediante le ordinaria misura ex art. 240 c.p.,poggia tuttavia sul presupposto che non risulta evidente dalla documentazione inatti ed è affrontato nel provvedimento con una mera affermazione assertiva. Risulta, infatti, che la somma in questione venne, con la dichiarazione del 25 ottobre 2010, allegata al deposito g 15 del fascicolo PM trasmesso al Tribunale della libertà , offerta dai tre figli dell'indagato per l'estinzione del debito tributano, ed in tale prospettiva essa era sta erogata da un istituto bancario di Vasto - presso cui era stato acceso un mutuo - mediante accreditamento sul conto corrente N. 560928. Ora, tale dichiarazione lascia del tutto irrisolta la questione se il notaio avesse o meno acquisito in quel momento la disponibilità della somma si tratta invero di denaro conseguito dai figli, mediante una operazione bancaria riferibile solo a loro pertanto, per la operatività della confisca per equivalente occorreva acquisire la ragionevole certezza che tale somma fosse in concreto entrata nel patrimonio dell'indagato. Senza una siffatta dimostrazione, la dichiarazione assume altro valore, ossia quello di una semplice destinazione di scopo del denaro, che, come ribadito dai ricorrenti, è stato approntato per la definizione della posizione tributaria e che tale finalità manterrebbe anche in caso di dissequestro. La impugnata ordinanza è dunque da annullare sul punto, affinché venga accertato lo snodo fondamentale della effettiva disponibilità in capo al notaio L. e gli atti sono, dunque, da rimettere al Tribunale di Chieti per un nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Chieti