Il medico non dispone i necessari approfondimenti diagnostici: è omicidio colposo

di Davide Galasso

di Davide Galasso * Il medico che non dispone l'approfondimento anamnestico del caso clinico sottoposto alla sua attenzione risponde del reato di omicidio colposo, ove alla sua negligenza, imprudenza e/o imperizia professionale consegua la morte del paziente. Lo ha stabilito la Quarta Sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33152/2011, depositata il 6 settembre. Il caso. La pronuncia nasce dal gravame del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Genova avverso la sentenza con la quale la Corte territoriale ligure aveva assolto l'imputata in ordine al reato di omicidio colposo, con la formula il fatto non costituisce reato . Nello specifico, vittima del caso di malasanità era stata una giovane paziente diciannovenne, la quale il 6 giugno del 2005 si era sentita male, mentre stava per partecipare ad un saggio di danza. Portata subito al Pronto Soccorso, veniva dimessa con il consiglio di fare una visita nel reparto di Neurologia del locale Ospedale lì le era però diagnosticata una semplice cefalea . I violenti attacchi di mal di testa proseguivano, più o meno frequentemente, fino al 15 novembre 2005, quando la ragazza veniva sottoposta a visita, presso un centro specializzato, dall'imputata. Quest'ultima si limitava tuttavia ad aderire acriticamente alla diagnosi già effettuata dal collega poi rivelatasi tragicamente errata , senza disporre una TAC che - in base a quanto accertato in sede di consulenza tecnica d'ufficio - avrebbe consentito di riscontrare tempestivamente il rischio di un aneurisma cerebrale, che colpirà fatalmente la giovane il 29 novembre 2005. La verifica controfattuale della sussistenza del nesso di causa e Nella decisione in commento, la Suprema Corte parte dall'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi in materia di causalità omissiva a partire dalla storica sentenza Franzese delle Sezioni Unite Cass. pen., SSUU, n. 30328/2002 , secondo cui, in ipotesi di responsabilità medica, il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica universale o statistica , si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell'evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. la responsabilità del medico per la morte del paziente. La Corte di legittimità non si discosta dal consolidato orientamento giurisprudenziale sopra richiamato. In particolare, la S.C. conferma la sussistenza del nesso causale in tutti i casi in cui, attuando una valutazione ex post del fatto di reato, l'azione doverosa omessa dal medico avrebbe evitato, in base ad una legge generale di copertura, il verificarsi dell'evento lesivo, e l'omissione non possa essere mentalmente eliminata senza che l'evento venga meno. Nel caso di specie, come confermato dai periti nominati dal Tribunale in sede di giudizio di primo grado, qualora la diagnosi di aneurisma cerebrale fosse stata eseguita tempestivamente, cioè in occasione dei primi accessi della paziente in ospedale, ciò avrebbe portato alla esecuzione del trattamento chirurgico o endovascolare in un soggetto in buone condizioni e senza deficit neurologici in atto. In questi casi - sempre secondo i periti d'ufficio - il trattamento avrebbe comportato pressoché nulle possibilità di decesso, basse percentualità di morbilità post-operatoria e di insorgenza di sequele neurologiche, e dunque elevate percentuali di guarigione. * Avvocato in Pescara

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 aprile - 6 settembre 2011, numero 33152 Presidente Brusco - Relatore Casella Ritenuto in fatto Con sentenza in data 7 aprile 2010, la Corte d'appello di Genova, parzialmente riformando la sentenza emessa in data 16 ottobre 2008 dal GIP del Tribunale di Savona, in esito a giudizio abbreviato, assolveva F.A. con la formula perché il fatto non costituisce reato dal delitto di cui all'art. 589 c. p. per aver cagionato in concorso con analoghe omissioni risalenti a M.M., neurologo in servizio all'Ospedale omissis , giudicato separatamente la morte di G.V. - colpita da lesione emorragica frontale sinistra e da aneurisma dell'arteria comunicante anteriore - avendo colposamente omesso, in qualità di neurologo addetto all'ambulatorio del centro cefalee della ASL di , per imprudenza, negligenza ed imperizia e per inosservanza delle regole fondamentali dell'arte medica, di disporre con urgenza approfondimenti diagnostici di laboratorio E.E.G., T.A.C, cranica, angiorisonanza ed angiografia cerebrale. Fatto commesso in omissis morte sopravvenuta in omissis . Il GIP del Tribunale di Savona, in esito a giudizio abbreviato, aveva assolto l'imputata per non aver commesso il fatto ritenendo il difetto di nesso eziologico tra le pur accertate omissioni colpose di ordine diagnostico e terapeutico. Si era accertato che l'imputata aveva sottoposto a visita neurologica ambulatoriale la paziente in data omissis facendo propria la diagnosi di cefalea tensiva acuta formulata dal dr. M. all'atto di dimettere la giovane donna - senza aver effettuato o prescritto alcun accertamento diagnostico di tipo strumentale - dal pronto soccorso dell'Ospedale di ove i genitori l'avevano condotta il omissis , in preda ad un violento attacco di mal di testa, con nausea, in reiterazione di analogo episodio verificatosi il omissis . I periti medico - legali avevano infatti sostenuto che, quand'anche la prevenuta avesse messo in discussione detta diagnosi ed intuito la necessità di far luogo ad ulteriori approfondimenti strumentali, questi, essendo la paziente, in quel momento asintomatica, sarebbero stati effettuati senza urgenza. La corretta diagnosi di aneurisma dalla cui rottura era conseguita emorragia subaracnoidea, causa del decesso alla quale gli esiti degli esami avrebbero condotto, sarebbe comunque intervenuta troppo tardi per poter effettuare, prima del omissis , un intervento chirurgico di urgenza, risolutivo della patologia che le due violente, pregresse cefalee, quali vere e proprie cefalee sentinella, avrebbero dovuto far ragionevolmente sospettare. La Corte d'appello di Genova, respingendo le impugnazioni proposte dal Procuratore della Repubblica di Savona e dal Procuratore Generale di Genova, ha invece ritenuto di mandare assolta l'imputata con la formula perché il fatto non costituisce reato una volta acclarata l'insussistenza di comportamenti omissivi penalmente e prima ancora medicalmente rilevanti ciò alla stregua di quanto concordemente dichiarato sia dai periti d'ufficio che da quello di parte civile. Attese le condizioni cliniche di benessere della paziente, come obiettivamente riscontrate dalla imputata all'atto della visita ambulatoriale eseguita il 15 novembre 2005 a differenza di quelle in cui la giovane donna versava allorché era stata visitata dal dr. M., al pronto soccorso, il omissis ove era giunta d'urgenza, sorretta dal padre, sotto l'attacco di una violenta cefalea non sussisteva alcuna plausibile indicazione per far luogo all'esecuzione di un'angiografia di urgenza che solamente avrebbe consentito di accertare la presenza dell'aneurisma, la cui rottura ebbe a provocarne la morte. Ricorre per cassazione avverso la sentenza, il Procuratore Generale di Genova articolando tre motivi, così di seguito sintetizzati. 1 - violazione od erronea applicazione dell'art. 597 codice di rito. Deduce il ricorrente che oggetto del ricorso poi avvertitosi in appello proposto avverso la sentenza di primo grado era il punto di fatto e di diritto concernente la statuizione di assoluzione cui era pervenuto il Giudice di prime cure che, pur avendo riconosciuto che le due gravi crisi encefaliche acute erano chiara manifestazione del sanguinamento dell'aneurisma cc.dd. cefalee sentinella e che comunque non avrebbero dovuto esser omessi gli approfondimenti diagnostici strumentali, aveva poi ritenuto che detti esami sarebbero stati prenotati senza urgenza e quindi la diagnosi sarebbe giunta troppo tardi per poter eseguire l'intervento chirurgico prima del 30 novembre 2005. La Corte d'appello invece, pronunziando l'assoluzione della imputata, con mutamento della formula sul presupposto del difetto di colpa, ha proceduto, in violazione del principio devolutivo ed in mancanza di una relazione logica di connessione o di dipendenza con il punto della sentenza di primo grado, gravata d'appello, ad una ricostruzione del fatto parzialmente diversa ed alla completa revisione delle valutazioni dei consulenti circa la riconoscibilità dell'aneurisma in atto. 2- contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale sarebbe incorsa in tale vizio nel momento in cui, pur avendo ammesso che l'angiografia d'urgenza avrebbe consentito di accertare la presenza dell'aneurisma, aveva poi affermato, senza approfondite spiegazioni, che lo stesso esame, ove eseguito in occasione della visita della Dott. F., avrebbe dato esito pressoché negativo. I Giudici d'appello avevano quindi confuso la necessità di formulare la tempestiva diagnosi, anche se alternativa o dubitativa, con la tempestiva terapia, fermo restando che solo quest'ultima avrebbe scongiurato l'infausto evento. Per pervenire ad escludere la colpa dell'imputata, la Corte d'appello avrebbe dato rilievo a valutazioni atecniche ed alla prassi circa l'acritico recepimento di diagnosi già preconfezionate, come segnalato dai consulenti di parte, omettendo di sottoporre a verifica tutto il materiale probatorio, come richiesto con l'atto di gravame. 3 - difetto di motivazione travisamento della prova. La Corte d'appello, per escludere la ricorrenza della colpa, aveva altresì ritenuto giustificata la mancanza di approfondimento della diagnosi, anche strumentale, in ragione delle condizioni di benessere che la paziente presentava all'atto della visita ambulatoriale cui era stata sottoposta dalla imputata. In realtà i consulenti avevano chiarito che le cc.dd. cefalee sentinella si alternano a periodi di benessere, tali da non escludere la sussistenza di un aneurisma cerebrale. Per effetto del travisamento delle affermazioni del consulente dr. A. che aveva invece ribadito che integrava profilo di colpa grave l'atteggiamento della Dott. F. che aveva fatto propria supinamente la precedente diagnosi, omettendo di disporre altri esami con urgenza i Giudici d'appello erano pervenuti ad affermare la mancanza della colpa. Conclude ti ricorrente per l'annullamento con rinvio della impugnata sentenza. Considerato in diritto La prima censura proposta è infondata. Non ritiene il Collegio di discostarsi dall'orientamento prevalente e consolidato della giurisprudenza di legittimità fatto proprio anche da questa Sezione con specifico riferimento a fattispecie di reati colposi secondo cui l'effetto devolutivo dell'appello è connesso ai punti della decisione e non alle singole questioni che vi si dibattono. Di talché la nozione punti della decisione di cui all'art. 597 c.p.p., comma 1, va collegata al momento dispositivo della sentenza appellata più che a quello logico e, quindi, deve riferirsi alla decisione del Giudice, e non ad una semplice argomentazione logica cfr. S.U. numero 1/ 2000 Sez. 3 numero 28253/2010 . ^ Pertanto la preclusione derivante dall'effetto devolutivo dell'appello relativa ai punti della decisione che non sono stati oggetto dei motivi di gravame e che acquistano autorità di giudicato, non può riguardare gli argomenti logici. Ne deriva che nel procedimento per reato colposo, quando la sentenza venga impugnata in ordine alla sussistenza della responsabilità, il giudice di appello ha il potere-dovere di indagare su tutti gli elementi di colpa contestati al prevenuto, dovendo considerarsi gli accertamenti relativi ai detti elementi - particolarità della condotta dell'agente e non già distinti requisiti del reato - come notizia di argomentazione logica, e non già quali punti della decisione, oggetto di una manifestazione di volontà del giudice Sez. 4, 9 febbraio 1996, Bonetti, Rv 205265 Sez. 4 numero 47158/2007 . Ne discende, nella concreta fattispecie che, avendo la Procura Generale di Genova proposto, avverso la sentenza di primo grado, ricorso per cassazione poi convertitosi in appello lamentando l'inosservanza od erronea applicazione della legge penale in tema della mancata affermazione della penale responsabilità dell'imputata per il ritenuto difetto di colpa, siffatto gravame ha avuto l'effetto di devolvere alla Corte d'appello la cognizione di tutte le articolazione di tale profilo dell'imputazione implicando necessariamente la verifica della ricorrenza dei presupposti dell'affermazione della responsabilità dell'imputata, la valutazione anche dell'elemento soggettivo contestato. Meritano invece accoglimento le altre doglianze proposte con cui il ricorrente lamenta l'illogicità, la contraddittorietà e la mancanza di motivazione della sentenza impugnata. La Corte distrettuale, disattendendo le impugnazioni proposte dalla Pubblica Accusa avverso la pronunzia assolutoria di primo grado, ha inteso ribadire l'insussistenza di qualsivoglia profilo di colpa connotante le omissioni addebitate all'imputata in veste di neurologo addetto all'ambulatorio del centro cefalee, per non aver tempestivamente diagnosticato alla paziente, facendo luogo all'espletamento degli specifici esami di laboratorio, la presenza di emorragia subaracnoidea frontale sinistra che aveva evidenziato - in uno con il sanguinamento dell'aneurisma - la TAC eseguita all'Ospedale di omissis in occasione del ricovero in data omissis cui aveva fatto seguito l'immediata sottoposizione ad intervento chirurgico, che, purtroppo, a cagione della tardività, non aveva sortito il successo sperato. L'esito favorevole di esso era invece largamente prevedibile, come evidenziato dal Primo Giudice sulla scorta degli accertamenti peritali eseguiti dai Dott.ri T. e B., ove fosse stata posta tempestivamente la diagnosi e, conseguentemente, l'esecuzione del trattamento chirurgico dell'aneurisma. Il che - vale subito anticiparlo - è elemento di non trascurabile rilevanza agli effetti della verifica c.d. controfattuale della sussistenza del nesso di causa, per ciò che concerne il segmento della condotta positiva esigibile dall'imputata quanto agli addebiti omissivi alla stessa ascritti. La Corte d'appello, per giungere ad escludere qualsivoglia profilo di colpa nell'operato della F., ha del tutto omesso di considerare che le due gravi crisi cefaliche acute, con dolore intensissimo, verificatesi il e nella notte tra il omissis quest'ultima sopravvenuta circa quindici giorni prima della visita ambulatoriale cui la vittima era stata sottoposta il omissis in realtà rappresentarono degli episodi di c.d. cefalee sentinella ovvero sintomi del sanguinamento dell'aneurisma, come evidenziato dal Primo Giudice sulla scorta della documentazione acquisita e delle considerazioni dei periti ed avuto riguardo all'occasionalità, all'intensità delle stesse, oltreché, ovviamente all'epilogo tragico della vicenda . Né ha valutato - al fine di affermarne, in termini plausibili, l'eventuale compatibilità logica con la tesi della mancanza di colpa - il fatto che, come rimarcato dal ricorrente sulla base della perizia d'ufficio e delle consulenze di parte, le c.d. cefalee sentinella sono caratterizzate da periodi di benessere, della più diversa durata temporale benessere inteso come assenza di dolore, di guisa che, detto favorevole stato apparente, interponendosi ad episodi cefalgici gravi, non vale ad escludere, ma semmai sottolinea la presenza di un possibile aneurisma cerebrale. Illogici oltreché del tutto insufficienti appaiono, come sostenuto in ricorso, gli ulteriori assunti motivazionali della sentenza impugnata laddove, sempre nell'ottica di escludere la rilevanza colposa dell'omessa tempestiva diagnosi a cagione dell'omessa esecuzione degli specifici esami strumentali, vengono acriticamente sposate le tesi sostenute dai periti prof. T. e prof. A. secondo i quali, all'atto della visita eseguita dall'imputata il omissis , solamente per un lampo di genio o sulla base di una straordinaria intuizione sarebbe stato possibile per un medico anche semplicemente sospettare che la paziente fosse portatrice di un aneurisma cerebrale senza far cenno al fatto che la F. aveva assunto, pacificamente in fatto ed in diritto, la c.d. posizione di garanzia nei confronti della paziente che a lei si era rivolta quale addetta al centro cefalee, anche e proprio circa la bontà della diagnosi e della cura così si precisa in ricorso . Ora non pare possa mettersi in dubbio che abbiano invece rilevanza, sotto il profilo della negligenza,dell'imperizia professionale e della violazione del fondamentali precetti della buona arte medica, l'aver, la prevenuta trascurato l'approfondimento anamnestico del caso clinico in esame, attesoché la negatività dell'esame neurologico cui aveva sottoposto la paziente non vale sempre, come certificato dai periti, ad escludere l'emorragia sub aracnoidea,al fine di poter procedere alla verifica critica della diagnosi di crisi cefaliche formulata dagli altri sanitari, in relazione ai due pregressi episodi, entrambi trattati al pronto soccorso. L'una cartella clinica relativa al omissis enunciava che la paziente non soffre di cefalea. Riferisce di improvvisa cefalea improvvisa insorta circa tre ore fa con l'altra cartella relativa al omissis si certificava che la paziente era sofferente di crisi cefaliche nella fase di rilassamento dopo periodi di stress riferisce di diverse crisi cefaliche in passato . Ineludibile avrebbe dovuto apparire per l'imputata, nel ruolo di medico specialista del centro cefalee alla quale la paziente si era rivolta, l'obbligo di acquisire la maggior parte delle informazioni disponibili onde dirimere la contraddittorietà delle risultanze delle due cartelle cliniche,al fine di esser poi in grado di porre una corretta diagnosi. L'imputata, pur non avendo avuto l'occasione di visitare a caldo la paziente diciannovenne come era invece accaduto ai colleghi del pronto soccorso avrebbe potuto apprendere dalle sue stesse parole particolari rilevanti sui pregressi episodi con specifico riferimento alla grave crisi cefalgica che, nella notte tra il omissis , ne aveva determinato l'ulteriore ricovero all'Ospedale di in preda ad un attacco ancor più violento di mal di testa, tanto che V G. era stata condotta in braccio dal padre, fino all'ingresso del nosocomio. Stante dunque una siffatta condizione clinica della paziente, non poteva non apparire condotta pacificamente e perfettamente esigile dall'imputata, contrariamente alle illogiche e carenti argomentazioni della Corte distrettuale sottoposte a condivisibile critica dal ricorrente, quella di verificare se i due pregressi episodi di cefalea posta la diagnosi, sia pure in forma dubitativa dai colleghi del pronto soccorso, di cefalea tensiva acuta non facessero quantomeno sospettare due casi di vere e proprie cefalee sentinella , con la conseguente logica necessità di procedere ad approfondimendo diagnostico, disponendo con urgenza gli esami strumentali di laboratorio del caso, specificamente elencati nel capo di imputazione ed in particolare l'angiografia d'urgenza che avrebbe consentito, come riconosciuto anche dalla Corte distrettuale, di accertare la presenza dell'aneurisma, non rilevando in contrario, per difetto di logicità e di comprensibilità come lamentato dal ricorrente , l'assunto motivazionale della sentenza impugnata,mutuato dalla deposizione del perito prof. A. che aveva qualificato come pressoché negativo l'esito dell'eventuale angiorisonanza cerebrale. È infine conclusivamente da escludere, in riferimento alla rilevanza causale della condotta doverosa omessa in relazione al giudizio c.d. controfattuale cui sopra si è fatto cenno che l'apparente stato asintomatico della paziente all'atto della visita cui era stata sottoposta dalla imputata, posto il concreto ed evidente sospetto della presenza di un aneurisma cerebrale, avrebbe giustificato una richiesta di effettuare i necessari esami di laboratorio senza urgenza sì da causare l'intempestiva - e quindi fatale - esecuzione dell'intervento chirurgico, ritenuta l'unica terapia risolutiva della patologia o comunque tale da garantire ottime probabilità di successo presso le strutture pubbliche, senza considerare che ben avrebbe potuto la paziente rivolgersi a strutture sanitarie private notoriamente più sollecite, alle quali,ove dotata di assicurazione sanitaria circostanza del tutto inesplorata, in entrambi i gradi del giudizio di merito avrebbe potuto avere accesso anche gratuito. L'impugnata sentenza deve quindi esser annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Genova che procederà al riesame della vicenda processuale, tenuto conto di quanto fin qui premesso. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Genova.