Il custode commette reato se utilizza l'auto sequestrata per interessi personali

Si configura il reato di peculato se il custode, non proprietario del mezzo posto sotto sequestro, lo utilizza per propri interessi.

Si configura il reato di peculato se il custode, non proprietario del mezzo posto sotto sequestro, lo utilizza per propri interessi. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 26812/2011, depositata l'8 luglio. Il caso. Il Tribunale di Catania aveva assolto - perché il fatto non è previsto dalla legge come reato - il custode che, al fine di farne uso momentaneo, si appropriava di un'autovettura di proprietà di terza persona, sottoposta a sequestro amministrativo. A proporre ricorso per cassazione è il Procuratore della Repubblica denunciando violazione delle disposizioni in materia di peculato art. 314 c.p. , in relazione alla condotta del custode che si appropri del bene, sottoposto a sequestro, di proprietà altrui. Le Sezioni Unite, recentemente, hanno rilevato un concorso apparente tra sanzione amministrativa e norma penale. La Corte Suprema, richiamando un recente orientamento delle sue Sezioni Unite sent. n. 1963/2011 , afferma che la condotta di chi circola abusivamente con il veicolo sottoposto a sequestro amministrativo integra esclusivamente l'illecito previsto e sanzionato dall'art. 213, comma 4, codice della strada. Infatti, il concorso tra il delitto di sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro, disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa art. 334 c.p. , e la norma amministrativa in questione art. 213 cod. strada , va giudicato solo apparente. La ratio va cercata nella specialità della norma amministrativa rispetto a quella penale, limitatamente, però, alla sola circolazione abusiva. Nel caso di specie, però, il custode è persona terza e ha agito per proprio interesse. Il Collegio sostiene che il principio di diritto insegnato dalle Sezioni unite rileva per il solo caso in cui sussista una relazione in qualche modo personale, diretta o indiretta che sia, tra la titolarità del bene sequestrato, cui si riferisce la violazione, e l'autore della condotta di abusiva circolazione, che per sé realizza con immediatezza la condotta di sottrazione . Il custode che agisce per fini propri non commette il delitto di sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro. La qualifica pubblicistica del custode e la funzione svolta nell'interesse pubblico, determina una fattispecie tipica - l'appropriazione da parte di un soggetto del tutto estraneo ad ogni relazione con il bene sequestrato e in violazione degli obblighi propri dello svolgimento di uno specifico servizio pubblico - che è diversa dalla fattispecie di mera circolazione abusiva di un veicolo sottoposto a sequestro. Si tratta di interferenza di una stessa condotta rispetto a fattispecie tipiche diverse. La norma del codice della strada non ha funzione speciale in assoluto verso qualsiasi norma incriminatrice violata con l'abusiva circolazione di veicolo sottoposto a sequestro. I giudici con l'ermellino, infatti, affermano il principio di diritto secondo cui la fattispecie di impossessamento, consumata dal custode che non sia proprietario del mezzo o che non agisca in suo concorso o nel suo interesse e che si realizzi con la condotta di abusiva circolazione di mezzo sottoposto a sequestro, configura il delitto di peculato . In conclusione, per queste ragioni, viene disposto l'annullamento con rinvio alla Corte d'appello, ferma l'osservanza del principio di diritto affermato. Sullo stesso argomento, leggi anche - Il custode lascia usare ad un terzo il suo veicolo sequestrato sanzione penale od amministrativa?, di Giulia Milizia, DirittoeGiustizi@ 14 luglio 2011 - Le S.U. e il concorso apparente tra sanzione amministrativa e norma penale, di Elisa Ceccarelli, DirittoeGiustizi@ 29 gennaio 2011

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 giugno - 8 luglio 2011, n. 26812 Presidente Garribba - Relatore Citterio Ragioni della decisione 1. Avverso la sentenza 5-11.11.2009 del Tribunale di Catania, che ha assolto L.A. dall'imputazione di cui all'art. 314.2 c.p. - perché in qualità di custode di autovettura di proprietà di terza persona, sottoposto a sequestro amministrativo, se ne appropriava al fine di farne uso momentaneo - perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ai sensi degli artt. 15 c.p. e 213 cod. strada, ricorre per cassazione il locale procuratore della Repubblica, denunciando violazione dell'art. 314 c.p. in relazione alla condotta del custode non proprietario che si appropri del bene, sottoposto a sequestro ed affidato alla sua custodia, ed all'insussistenza del rapporto di specialità tra l'art. 314 c.p. e l'art. 213 cod. strada. 2. Il ricorso è, a giudizio del Collegio, fondato nei termini che seguono. L'art. 334 c.p. prevede due condotte quella di chi agisce rispetto ad un bene sottoposto a sequestro, penale o amministrativo, affidato alla sua custodia ed allo scopo di favorire il proprietario del bene e quella del proprietario custode. La condotta del custode non proprietario e che agisca per fini propri è quindi estranea all'art. 334 c.p. essa è riconducibile al delitto di peculato, eventualmente d'uso Sez.6, sent. 37750 del 23.9-22.10.2010 , del quale presenta tutti i caratteri la qualità personale connessa ad un pubblico servizio, l'alterità della cosa, la ragione di servizio del possesso . L'art. 213 cod. strada prevede che Chiunque, durante il periodo in cui il veicolo è sottoposto al sequestro, circola abusivamente con il veicolo stesso è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 1.886 a Euro 7.546. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da uno a tre mesi . Con la sentenza 1963 del 28.10.2010 - 21.1.2011, successiva alla deliberazione della sentenza impugnata ed al conseguente ricorso, le Sezioni unite di questa Corte suprema hanno affermato il principio di diritto che la condotta di chi circola abusivamente con il veicolo sottoposto a sequestro amministrativo integra esclusivamente l'illecito previsto e sanzionato dal quarto comma dell'art. 213, perché il concorso tra la norma penale di cui all'art. 334 c.p. e quella amministrativa costituita dal medesimo art. 213 cod. strada va giudicato solo apparente, la seconda essendo norma speciale rispetto alla prima, limitatamente, appunto, alla sola circolazione abusiva. Affrontando il punto della differente dizione degli artt. 15 c.p. e 9 legge 689/81, le sezioni unite hanno, tra l'altro, precisato innanzitutto che pure nel caso di concorso tra fattispecie penali e violazioni di natura amministrativa è necessario che il confronto avvenga tra le fattispecie tipiche astratte e non tra le fattispecie concrete, in secondo luogo che occorre distinguere la sovrapponibilità delle fattispecie tipiche dalla mera interferenza che può verificarsi in presenza non di un medesimo fatto ma di una comune condotta. A giudizio di questo Collegio, il principio di diritto insegnato dalle Sezioni unite rileva per il solo caso in cui sussista una relazione in qualche modo personale, diretta o indiretta che sia, tra la titolarità del bene sequestrato, cui si riferisce la violazione, e l'autore della condotta di abusiva circolazione, che per sé realizza con immediatezza la condotta di sottrazione. Ed in effetti la fattispecie giudicata dalle Sezioni unite era appunto relativa a contesto che avrebbe altrimenti sollecitato l'applicazione dell'art. 334 c.p. quindi un contesto dove rileva la condotta o del proprietario o di soggetto, non lui diverso dal proprietario, ma che in qualche modo agisse con il suo consenso o nel suo interesse, sottraendo alla custodia il bene mediante la circolazione abusiva . Del resto, tale relazione necessaria è, sia pure indirettamente, confermata dalla previsione, nell'art. 213 C.d.s., della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che risulta effettivamente congrua a ricollegare anche la stessa fattispecie amministrativa ad una sorta di patologia di una situazione altrimenti fisiologica di circolazione del mezzo e di idoneità alla guida di chi ne ha la legittima disponibilità d'uso. Così non è, invece, nel caso del custode persona terza e che agisca per proprio interesse. La sua qualifica pubblicistica e la funzione conseguentemente svolta, nell'interesse pubblico, determina una fattispecie tipica - l'appropriazione da parte di un soggetto del tutto estraneo ad ogni relazione con il bene sequestrato e in violazione degli obblighi propri dello svolgimento di uno specifico servizio pubblico - che è altra e diversa rispetto alla fattispecie di mera circolazione abusiva di un veicolo sottoposto a sequestro. Si tratta, in definitiva, di un caso non di sovrapposizione di fattispecie tipiche relative ad un medesimo fatto, ma di interferenza di una stessa condotta rispetto a fattispecie tipiche diverse. Proprio le conseguenze invero paradossali ed asistematiche cui condurrebbe la tesi che attribuisse all'art. 213 codice della strada una funzione genericamente e in assoluto speciale verso qualsiasi norma incriminatrice violata attraverso anche la condotta dell'abusiva circolazione di veicolo sottoposto a sequestro si pensi al caso del furto di veicolo sottoposto a sequestro ovvero dell'evasione dagli arresti domiciliari mediante circolazione su veicolo sequestrato, ma anche all'ipotesi del custode professionale - esercente funzione pubblica - che quotidianamente giri con uno dei veicoli a lui affidati costituiscono criterio utile concorrente ad indirizzare verso la interpretazione adottata. Va pertanto affermato il principio di diritto che la fattispecie di impossessamento, consumata dal custode che non sia proprietario del mezzo o che non agisca in suo concorso o nel suo interesse e che si realizzi con la condotta di abusiva circolazione di mezzo sottoposto a sequestro, configura il delitto di peculato. Poiché né dalla contestazione né dalla sentenza impugnata emerge una specifica descrizione della peculiare situazione di fatto, in particolare di eventuale relazione tra il L. ed il proprietario del mezzo e, comunque, delle ragioni della condotta, in accoglimento del ricorso va disposto l'annullamento con rinvio alla Corte d'appello di Catania, ex art. 569.4 c.p.p., ferma l'osservanza, ai sensi dell'art. 627.3 c.p.p., del principio di diritto affermato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Catania.