L'imprenditore non paga le obbligazioni civili: riabilitato

Viene riabilitato l'imprenditore fallito anche se, a causa della mancanza di fondi dell'azienda, non paga le obbligazioni civili derivanti dal reato.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 20560/11 del 24 maggio, permette la riabilitazione del fallito anche se non adempie alle obbligazioni civili derivanti dal reato perché impossibilitato dal dissesto economico dell'azienda. Stessa situazione economica ma in due fasi differenti. Anche la sentenza n. 20845/11, già pubblicata ieri, riguardava il mancato versamento dei contributi previdenziali. Tuttavia, se in quel caso l'imprenditore sosteneva che lo stato di dissesto dell'azienda aveva causato il mancato versamento dei contributi e la Corte di Cassazione ne rigettava il ricorso, nel caso in esame oggi, la S.C. accoglie il gravame proposto dall'imprenditore fallito che, versando nella stessa situazione di crisi economica, chiede ed ottiene la riabilitazione anche se non risarcisce la parte danneggiata per la mancanza di fondi dell'azienda. Il caso. Un imprenditore proponeva ricorso per cassazione, visto che l'istanza di richiesta di riabilitazione, relativa al decreto penale di condanna per il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali, veniva rigettata dal Tribunale di Sorveglianza di Venezia perché non vi era stato risarcimento a favore delle persone danneggiate. Il ricorrente, in particolare, lamenta la violazione delle disposizioni in materia di riabilitazione art. 179 c.p. , non essendo in grado di adempiere alle obbligazioni risarcitorie civili visto lo stato di dissesto aziendale. L'imputato deve adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle. In pratica, secondo i giudici di legittimità, ai fini della riabilitazione la dichiarazione di fallimento del condannato costituisce prova dell'impossibilità dell'inadempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato. La Corte di Cassazione, quindi, cassa l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza. Sullo stesso argomento, leggi anche Il dissesto economico non giustifica il mancato pagamento, DirittoeGiustizi@, 31 maggio 2011

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 aprile - 24 maggio 2011, n. 20560 Presidente Bardovagni - Relatore Bonito In fatto ed in diritto 1. Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia, con ordinanza del 7 settembre 2010, rigettava l'istanza con la quale Z.G. aveva chiesto di essere riabilitato in relazione al decreto penale di condanna alla pena di giorni 20 di reclusione pena sostituita con la multa e L. 750.000 di multa, pronunciato il 25.9.1997 per il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali, nonché in ordine alla condanna ad un anno di reclusione pronunciata dal GIP della Pretura di Treviso il 24.9.1997 per bancarotta preferenziale e ricorso abusivo al credito. A sostegno della decisione il tribunale osservava che l'interessato non avrebbe fornito prova dell'avvenuto risarcimento del danno in favore delle persone danneggiate ed in favore dell'INPS quanto alla condanna per decreto. Osservava altresì il giudice a quo che l'istante aveva dato prova di buona condotta, costantemente mantenuta successivamente alla consumazione dei reati anzidetti ma ciò non elideva l'ostatività della mancata soddisfazione della condizione di cui all'art. 179 c.p., comma 6, n. 2. 2. Si duole del rigetto il ricorrente, con ricorso al giudice di legittimità personalmente redatto, deducendo la illegittimità della decisione impugnata per violazione di legge e difetto di motivazione. Lamenta in particolare parte ricorrente di non essere in grado di adempiere alle obbligazioni risarcitorie rinvenienti dal fallimento, tutt'ora in corso a riprova della sua indigenza e che, comunque, la bancarotta imputatagli è esclusivamente formale in quanto connessa al mancato reperimento di documentazione aziendale. Tanto integrerebbe, secondo avviso difensivo, violazione dell'art. 179 c.p Lamenta poi il ricorrente di aver esibito, nel corso del procedimento, la necessaria documentazione a riprova della pendenza delle procedure fallimentari iniziate all'epoca delle condanne e, con essa, delle condizioni di fatto e giuridiche necessarie per il buon esito della sua domanda, su ciò fondando poi la censura di grave difetto di motivazione dell'ordinanza impugnata la quale non avrebbe tenuto conto, nè avrebbe considerato la prova documentale prodotta, del tutto ignorata, infatti, dal giudice territoriale il ricorrente ha allegato al ricorso di legittimità la documentazione richiamata in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso . 3. Con motivata requisitoria scritta il P.G. in sede concludeva per l'annullamento della ordinanza impugnata, sul rilievo che, nella ipotesi di impossibilità dell'inadempimento, la riabilitazione può essere concessa anche non ricorrendo il requisito evocato dal giudice di prime cure. 4. Il ricorso è fondato. L'art. 179 c.p., come è noto, nel disciplinare l'istituto della riabilitazione di cui all'articolo precedente, indica condizioni positive, condizioni cioè necessarie per l'utile delibazione della relativa istanza, requisiti temporali, necessari per l'ammissibilità della domanda e cause ostative alla concessione. Tra queste ultime la norma in esame contempla ultimo comma, n. 2 l'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che si dimostri la ricorrenza di situazioni che non ne rendano possibile l'adempimento. Nel caso in esame il tribunale ha ravvisato nella fattispecie giudicata detta causa ostativa, senza per nulla delibare però l'eventuale sussistenza di una condizione di indigenza o comunque di insuperabile difficoltà al risarcimento del danno, peraltro allegata e documentata dall'interessato, soprattutto attraverso la prova della perdurante procedura fallimentare. La motivazione del tribunale si appalesa pertanto del tutto carente su un dato rilevante ai fini dell'applicazione della norma di riferimento e della disciplina ivi contemplata, la cui violazione è stata fondatamente denunciata, là dove è espressamente statuito che la condizione ostativa data dall'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato non opera nella ipotesi in cui venga dimostrata l'impossibilità di adempierle. E' appena il caso di osservare che, diversamente opinando, non considerando cioè la possibile inesigibilità del risarcimento ai fini di escludere la disciplinata causa ostativa alla riabilitazione, si appaleserebbe un netto profilo di incoerenza costituzionale della disciplina ordinaria. Atteso poi la fattispecie dedotta in giudizio, appare utile rammentare l'insegnamento di questa Corte di legittimità, secondo cui per la riabilitazione, la dichiarazione di fallimento del condannato costituisce prova dell'impossibilità di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato con riferimento al periodo di tempo immediatamente contiguo alla chiusura della procedura fallimentare Cass., Sez. 1^, 12/11/2009, n. 47124 Cass., Sez. 1^, 28/01/2009, n. 5649 . 5. Alla stregua delle esposte considerazioni l'ordinanza impugnata va pertanto cassata, con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Venezia per nuovo esame. P.Q.M. la Corte annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Venezia.