Rovina di un edificio: responsabilità penale limitata per l'amministratore

di Alessandro Gallucci

di Alessandro Gallucci * Quella della rovina degli edifici è questione che resta sempre di grande attualità. Se si tratta di stabile condominiale, poi, l'interesse sorge anche in considerazione della ripartizione delle responsabilità civili, penali ed amministrative che a seconda delle circostanze incombono o sull'amministratore o sui condomini. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 16790/11 del 2 maggio, è tornata ad occuparsi della responsabilità penale per rovina di edificio, specificando, in conformità a quello che ormai è il suo consolidato orientamento, che il legale rappresentante del condominio non può essere ritenuto penalmente responsabile delle omissioni se l'assemblea non si sia decisa sul da farsi e se contestualmente manchino i fondi necessari ad ordinare gli interventi. Questo principio va comunque coordinato con un aspetto non secondario di cui si dirà oltre. La disciplina prevede sanzioni amministrative e penali. Prima d'ogni cosa è bene ricordare che l'art. 677 c.p. rubricato omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina si compone di tre commi che contemplano tre diverse fattispecie. Le prime due, ossia quelle concernenti l'omessa manutenzione senza pericolo per le persone e l'omessa rimozione di elementi pericolosi prodotti dalla rovina sono punite con una sanzione amministrativa. Il terzo comma, che ricalca le prime due fattispecie, sanziona penalmente qualora dalla rovina o dalla possibilità di essa sorga pericolo per le persone. Si tratta, in quest'ultimo caso, d'un reato contravvenzionale come tale punibile tanto a titolo di dolo che di colpa , di pericolo non è necessario che le persone restino danneggiate , proprio può essere commesso solamente dal proprietario dell'edificio o da chi per lui è obbligato alla conservazione e vigilanza, ossia anche l'amministratore di condominio , permanente il reato perdura fino alla eliminazione della causa del pericolo ed omissivo il colpevole è sanzionato in quanto non s'è attivato per la rimozione del pericolo . Quanto al concetto di rovina è stato affermato che esso è riferibile non solo il crollo improvviso o lo sfascio dell'edificio o della costruzione nella loro totalità, ma anche il distacco di una parte non trascurabile dell'edificio o della costruzione Cass., sez. penale, n. 6596/2008 . La responsabilità dipende dalla condotta delle parti interessate. L'amministratore non è tenuto a disporre interventi e quindi ordinare spese alle quali non possa fare fronte per mancanza di liquidità. In ragione di ciò egli, nel rispetto della legge e nell'adempimento dei propri doveri, per il caso di situazioni di pericolo dovrà avvisare senza ritardo l'assemblea dello stato dei fatti al fine di giungere nel minor tempo possibile a prendere una decisione risolutiva. Nel silenzio dell'assise nulla potrà essere rimproverato all'amministratore. In sostanza, la responsabilità penale passerà in capo ai comproprietari che con la loro condotta omissiva si sono resi responsabili del permanere della situazione di pericolo. Non affrontare spese per mancanza di liquidità libera il mandatario da ogni colpa? In una precedente decisione della Cassazione è stato evidenziato, infatti, che l'amministratore deve, comunque, al fine di andare esente da responsabilità penale, intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina, ovverosia prevenire la specifica situazione di pericolo prevista dalla norma incriminatrice interdicendo - ove ciò sia possibile - l'accesso o il transito nelle zone pericolanti Cass. n. 21401/2009 . Il caso concreto. Un'amministratrice veniva condannata poiché non adempiva all'intimazione, avanzata dal Comune di Napoli, di rimozione del pericolo proveniente dall'edificio. La stessa si difendeva ricorrendo in Cassazione e lamentando sia l'omessa valutazione di elementi fondamentali emersi nel corso dell'istruttoria dibattimentale ossia la totale inerzia del condomino e la mancanza di fondi per ordinare interventi manutentivi , sia l'erronea interpretazione degli artt. 1135 c.c. e 677 c.c. in quanto, a suo dire, l'amministratore non solo non ha il l'obbligo d'intervenire in caso di mancanza di fondi ma non ha nemmeno il potere d'impegnare il condominio per opere per le quali non v'è liquidità. In ragione di ciò, proseguiva la ricorrente, poiché s'erano verificate tali condizioni e l'assemblea si era disinteressata del pericolo non poteva essergli rivolto alcun rimprovero, tanto meno di natura penale, in quanto, come si direbbe in modo gergale, lei aveva fatto il suo . L'amministratrice, in questo caso, non ha responsabilità. La Cassazione ha accolto queste doglianze, ritenendo il ricorso fondato. Nel fare ciò, richiamando una propria precedente pronuncia, gli ermellini hanno specificato che in caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari a porre rimedio al degrado che da luogo al pericolo, non può essere ipotizzata alcuna responsabilità dell'amministratore per non aver attuato interventi che non era in suo materiale potere adottare e per la realizzazione dei quali non aveva le necessarie provviste, ricadendo in siffatta situazione la responsabilità in capo ai singoli condomini. Si tratta d'una decisione che, sebbene afferma un principio che garantisce l'amministratore per i casi d'assemblea indifferente alle problematiche comuni, pone un problema come coordinare questo principio con il concetto di lavori di manutenzione straordinaria per il caso d'urgenza contemplato dal secondo comma dell'art. 1135 c.c. Il rischio è che per limitare la responsabilità penale dell'amministratore si svuoti di significato una norma civile di fondamentale importanza che legittima il mandatario ad ordinare interventi non deliberati, ma comunque necessari, consentendogli di darne, successivamente, notizia all'assise. Il classico caso della coperta corta a ben vedere, dunque, quanto detto nella pronuncia in esame non può non essere collegato al concetto espresso nella citata pronuncia di Cassazione n. 21401 del 2009 mancanza di fondi e inerzia dell'assemblea non significano, per l'amministratore, automatico esonero da ogni responsabilità ma più semplicemente restringimento del campo d'azione. In sostanza il mandatario non potrà ordinare il rifacimento dell'intero stabile ma in relazione al caso specifico potrà/dovrà sempre disporre quanto necessario a limitare i danni. * Avvocato

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 marzo - 2 maggio 2011, n. 16790 Presidente Giordano - Relatore Caprioglio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del Tribunale di Napoli del 15.1.2010 veniva condannata alla pena di 400 euro di ammenda in quanto, nella sua qualità di amministratrice dello stabile in destinataria di ordinanza sindacale dell'11.4.2006, aveva omesso di provvedere con la dovuta tempestività alla esecuzione di opere necessarie per eliminare uno stato di pericolo, rappresentato da lesioni verticali alla muratura portante esterna dell'immobile derivante dal dissesto delle fondamenta del fabbricato. Nel corso del processo risultava che era stata depositata solo il 13.1.2010 la relazione tecnica di eliminazione dello stato di pericolo, atteso che l'imputata sosteneva a sua difesa che per risalire alla causa dello stato di dissesto si erano rese necessarie lunghe indagini, con conseguente dilatazione dei tempi, in quanto gli accertamenti tecnici riguardavano anche fabbricati adiacenti. Il primo giudice riteneva che l'imputata avrebbe dovuto e potuto adoperarsi immediatamente per eliminare lo stato di pericolo e che le addotte giustificazioni non potevano avere alcun effetto scusante, attesa la contingente gravità della situazione che l'imputata lasciò latente per più di due anni. Di qui l'affermazione di colpevolezza e l'inflizione di pena. 2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione la difesa dell'imputata, per dedurre 2.1 mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in quanto nessuna valutazione sarebbe stata fatta dal giudice di merito sulla consistenza delle opere necessarie allo scopo, coinvolgenti rete fognaria, idrica e muratura in fondazione. L'imputata non avrebbe affatto sottovalutato la portata dell'impegno, poiché, se vero è che l'ordinanza del sindaco venne notificata il 3.5.2006, la stessa fin dal 2.5.2006 aveva depositato la dichiarazione di inizio attività, dopo di che è stata documentata l'intensa attività che seguì in termini di assemblee condominiali, richieste di intervento all'azienda risorse idriche di Napoli, contatti con il comune e quant'altro. In proposito vengono citati arresti giurisprudenziali con cui la severità, quanto ai tempi di intervento, della norma è stata mitigata in sede interpretativa nei casi, come quello di specie, in cui la volontà deve formarsi in sede assembleare e colui che debba affrontare la spesa sia diverso dalla persona destinataria dell'ingiunzione. 2.2 erronea applicazione dell'art. 677 c.p. e dell'art. 1135 c.c., in quanto il richiamo a quest'ultima norma fatto dal giudice sarebbe del tutto improprio, poiché tale norma, nel dare la possibilità all'amministratore di ordinare lavori che rivestono carattere d'urgenza, non obbliga lo stesso, in caso di mancanza di fondi, ad anticipare le somme necessarie per i lavori, né gli conferisce il potere di impegnare economicamente il condominio nei confronti della ditta che dovrà eseguire gli interventi. Ancora, l'interpretazione data all'art. 677 c.p., sarebbe erronea, poiché l'obbligo di rimuovere il pericolo ricade sull'amministrazione, ma risorge in via autonoma, a carico dei singoli, quando per cause accidentali l'amministratore non sia in condizioni di operare. 2.3. erronea applicazione dell'art. 677 c.p. la contestazione fa leva sull'ordinanza del comune di Napoli, dal tenore contraddittorio, atteso che la condizione di pericolo descritta a giustificazione della richiesta di intervento avrebbe dovuto comportare lo sgombero dell'intero fabbricato ad opera del sindaco di Napoli, laddove invece non venne disposto nulla in proposito nessuna attività poteva esser chiesta all'amministratore nell'immediato, se non quella di convocare l'assemblea per iniziare i lavori, non essendo stata possibile alcuna iniziativa per eliminare il pericolo. Viene quindi chiesto di derubricare quanto meno l'ipotesi contestata in quelle depenalizzate di cui all'art. 677 c.p., commi 1 e 2, con conseguente annullamento della sentenza. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e deve essere accolto. Dalla sentenza impugnata non risulta che sia stato dato adeguato peso al fatto che la era semplice amministratrice dello stabile in oggetto e non aveva alcun autonomo potere di spesa. Gli addebiti che pertanto potevano esserle fondatamente mossi dovevano avere riguardo esclusivamente al profilo del ritardo con cui la stessa avesse o meno stimolato la rimozione della situazione di pericolo, sia in termini di informazione dei singoli condomini, che in termini di sollecitazione alla rimozione. Dalla documentazione allegata dalla difesa e già prodotta in giudizio emerge una realtà trascurata dal giudice di merito nel processo formativo del giudizio, in ordine alla conclamata attivazione della stessa nel coordinarsi con il condominio viciniore, interessato ai lavori, con l'Azienda Risorse Idriche di Napoli e con l'ingegnere incaricato di redigere la conclusiva relazione sullo stato di dissesto del fabbricato in oggetto, che certo non brillarono per tempestività. A fronte della manifestata presa in carico del problema che incombeva sul condominio e della attivazione delle procedure necessarie per rimuovere il problema, l'avere ricondotto in capo alla stessa un addebito di ritardo per aver voluto attendere gli accertamenti tecnici e aver voluto rispettare I successivi iter burocratici , come sta scritto nella sentenza, appare conclusione logicamente non consentita, soprattutto in ragione del fatto che la non aveva disponibilità di spesa. Sul punto è bene ricordare un precedente arresto di questa corte con cui è stato stabilito che, in caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari a porre rimedio al degrado che da luogo al pericolo, non può essere ipotizzata alcuna responsabilità dell'amministratore per non aver attuato interventi che non era in suo materiale potere adottare e per la realizzazione dei quali non aveva le necessarie provviste, ricadendo in siffatta situazione la responsabilità in capo ai singoli condomini Cass. sez. prima, 17.1.2008, n. 6596 . In piena condivisione con questa linea interpretativa, la sentenza va annullata senza rinvio perché l'imputata non ha commesso il fatto. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere l'imputata commesso il fatto.