Sì alla confisca per equivalente, anche se non si può quantificare il profitto

di Alessandro Jazzetti

di Alessandro Jazzetti L'ordinanza del Tribunale di Brescia affronta la problematica del sequestro per equivalente introdotto dall'art. 322 ter c.p. Il caso La fattispecie sottoposta all'attenzione del tribunale bresciano concerne un'ipotesi di emissioni di fatture per operazioni inesistenti da parte di una società definita cartiera art. 8 d. lgs. 74/00 ed il loro utilizzo da parte di una serie di imprenditori. Costoro, secondo il Tribunale, devono essere ritenuti concorrenti nel reato de quo unitamente alla società emittente, posto che avevano annotato nella loro contabilità le fatture emesse dalla prima, ponendo così in essere una condotta partecipativa nel reato stesso. Ciò in quanto l'art. 9 d. lgs. n. 74 del 2000, mentre esclude il concorso tra chi ha emesso la fattura e chi l'ha utilizzata nella dichiarazione fiscale ad evitare che la medesima condotta sostanziale sia punita due volte - cfr. Cass. 3 giugno 2003 n. 24167 rv. 225453 , non esclude invece il concorso nell'emissione della fattura o del documento per operazioni inesistenti, secondo le regole ordinarie del concorso di persone nel reato ex art. 110 c.p . Il quadro normativo L'istituto della confisca del prezzo o del profitto del reato, introdotto dall'art. 322 ter c.p. per i reati contro la pubblica amministrazione, è stato esteso ai reati tributari dall'art. 1 comma 143 L. 24.12.2007, secondo il quale, nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 recante Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto , si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'articolo 322-ter del codice penale. Il problema della riferibilità del rinvio operato dal legislatore del 2007 anche al disposto del secondo comma dell'art. 322 ter c.p., che disciplina l'ipotesi della confisca per equivalente nei casi in cui non sia possibile la confisca del profitto, pur diversamente deciso in passato da talune decisioni di merito cfr. in senso affermativo, Tribunale Pisa 4 dicembre 2009, n. 1831/09, R.G. , è stato oggi risolto dalla Suprema Corte in senso positivo da ultimo, Cass. 35807/10, secondo cui In tema di reati tributari, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente , può essere disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato . In motivazione la Corte ha precisato che l'integrale rinvio alle disposizioni di cui all'articolo 322-ter del codice penale , contenuto nell'art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, consente di affermare che, con riferimento ai reati tributari, trova applicazione non solo il primo ma anche il secondo comma della norma codicistica . Le conclusioni del Tribunale Richiamato in punto di diritto l'insegnamento della Suprema Corte sull'ammissibilità della confisca per equivalente del profitto del reato negli illeciti tributari e ravvisata l'esistenza del fumus dei reati sopra citati, presupposto della cautela reale, il Tribunale ha osservato come l'impossibilità di quantificare esattamente il profitto dei reati stessi non si traduce nell'impossibilità della confisca ma implica solo che la quantificazione dello stesso profitto venga fatta dal Giudice della cautela reale, secondo il suo prudente apprezzamento nella specie, tenendo conto delle aliquote vigenti per il prelievo fiscale, il Giudice aveva quantificato nella misura del 25 per cento il vantaggio fiscale derivato dall'utilizzo della false fatture nel relativo esercizio finanziario . Agli organi deputati all'esecuzione del provvedimento di sequestro competerà, invece, la individuazione dei beni da apprendere, nell'ambito del valore per equivalente fissato dal giudice legittima, quindi, è la delega disposta dal GIP alla polizia giudiziaria, incaricata per l'esecuzione, di procedere ad individuare i beni da sottoporre alla misura cautelare. Trattandosi di confisca per equivalente , nessun rilievo assume, secondo i giudici bresciani, il fatto che non vi sia nessun nesso di pertinenzialità tra i beni assoggettati a sequestro a fine di confisca ed i reati fiscali contestati. Ulteriore affermazione dei giudici bresciani è quella secondo cui il sequestro può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato.