Danni per vizi delle opere richiesti dopo un anno dalla chiusura lavori: non c’è urgenza di procedere ad ATP

In tema di ammissibilità del procedimento di accertamento tecnico preventivo, il carattere dell'urgenza ricorre unicamente quando sussiste la possibilità che il trascorrere del tempo modifichi lo stato di luoghi o cose, rendendo impossibile o inefficace un successivo accertamento nel rispetto dei tempi processuali.

Così il Tribunale di Busto Arsizio con l’ordinanza dell’11 ottobre scorso, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto la richiesta di risarcimento danni per i vizi di alcune opere edili realizzate dalle società resistenti in esecuzione dei contratti di appalto stipulati con il ricorrente. Il ricorso per ottenere l’accertamento tecnico preventivo a descrizione dello stato delle opere è stato dichiarato inammissibile, poiché, come si legge nel provvedimento, «appare carente il presupposto primario di utile esperibilità del presente procedimento di istruzione preventiva, costituito ex articolo 696 c.p.c. dal requisito dell'urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose , inteso come pericolo di dispersione delle fonti di prova di fatti rilevanti ai fini della decisione di eventuali cause di merito». Difatti «il carattere dell'urgenza, necessario per l'ammissibilità del procedimento di accertamento tecnico preventivo, ricorre unicamente quando sussista la possibilità che il trascorrere del tempo modifichi lo stato di luoghi o cose, rendendo impossibile o inefficace un successivo accertamento nel rispetto dei tempi processuali». Nel caso di specie, il ricorrente deduce il progressivo degrado della pavimentazione e la necessità di effettuare lavori di ripristino da parte della società committente, ma il fatto che sia decorso ormai un anno dalla chiusura dei lavori viene considerato dal Tribunale sintomo dell’insussistenza del pericolo di dispersione della prova e della carenza di urgenza. In altre parole, «la circostanza che in un anno dalla chiusura del cantiere la parte non abbia instaurato un procedimento ordinario, in cui anche in prima udienza si può richiedere una consulenza tecnica d’ufficio, è la prova che l’urgenza dedotta non è quella richiesta per l’ammissibilità dell’accertamento dall’articolo 696 c.p.c.». In conclusione, «i fatti materiali dedotti a sostegno della proposta richiesta cautelare di istruzione preventiva ed in funzione della promuovenda azione di risarcimento di danni possono infatti essere probatoriamente accertati in ogni momento e nella giusta sede processuale di cognizione ordinaria, senza che il decorso del tempo possa di per sè pregiudicare irreversibilmente la genuinità, la completezza e l'utilità dell'attività istruttoria diretta alla valutazione dell'effettiva sussistenza o meno dei suddetti fatti materiali».

Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 11 ottobre 2020 Giudice Barile Il Giudice, letti gli atti, a scioglimento della riserva assunta all’udienza dell’08.10.2020 osserva quanto segue. Il ricorso è inammissibile in quanto nel caso di specie, non solo non sussistono i requisiti dell’eccezionale urgenza anche indicata da parte ricorrente al fine di radicare la competenza presso il Tribunale di Busto Arsizio ma neanche quelli dell’urgenza previsti dall’articolo 696 c.p.c. Ed infatti non ricorrono le condizioni per disporre il chiesto accertamento tecnico preventivo diretto a descrivere lo stato delle opere realizzate dalle società resistenti in esecuzione dei contratti stipulati con la parte ricorrente oltre che a verificare la presenza o meno dei vizi lamentati dalla committente e determinare il corrispettivo delle opere realizzate, in quanto appare carente il presupposto primario di utile esperibilità del presente procedimento di istruzione preventiva, costituito ex articolo 696 c.p.c. dal requisito dell'urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose , inteso come pericolo di dispersione delle fonti di prova di fatti rilevanti ai fini della decisione di eventuali cause di merito Cass. numero 496/86 . Il carattere dell'urgenza, necessario per l'ammissibilità del procedimento di accertamento tecnico preventivo, ricorre unicamente quando sussista la possibilità che il trascorrere del tempo modifichi lo stato di luoghi o cose, rendendo impossibile o inefficace un successivo accertamento nel rispetto dei tempi processuali. Ebbene nel caso di specie parte ricorrente deduce il progressivo degrado della pavimentazione e a verbale di udienza la necessità della committente di effettuare il ripristino della pavimentazione ma non contesta ciò che è stato dedotto da entrambe le parti resistenti e cioè che i lavori sono conclusi da circa un anno e cioè nel luglio del 2019- pagina 8 della memoria di parte resistente I.P.M. Italia s.r.l. e pagina 2 della memoria di costituzione di Pavimart s.r.l. . E’ evidente che alla luce di tali circostanze non sussista il presupposto richiesto dall’articolo 696 c.p.c. inteso come pericolo di dispersione della prova derivante dal decorso del tempo necessario per assumerla nel corso di un procedimento ordinario, anche in considerazione del tempo trascorso tra la chiusura del cantiere luglio 2019 e il deposito del ricorso agosto 2020 . La circostanza che in un anno dalla chiusura del cantiere la parte non abbia instaurato un procedimento ordinario, in cui anche in prima udienza si può richiedere una consulenza tecnica d’ufficio, è la prova che l’urgenza dedotta non è quella richiesta per l’ammissibilità dell’accertamento dall’articolo 696 c.p.c. I fatti materiali dedotti a sostegno della proposta richiesta cautelare di istruzione preventiva ed in funzione della promuovenda azione di risarcimento di danni possono infatti essere probatoriamente accertati in ogni momento e nella giusta sede processuale di cognizione ordinaria, senza che il decorso del tempo possa di per sè pregiudicare irreversibilmente la genuinità, la completezza e l'utilità dell'attività istruttoria diretta alla valutazione dell'effettiva sussistenza o meno dei suddetti fatti materiali. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese relative alla presente procedura in favore di ciascun parte resistente costituita che si liquidano in dispositivo tenuto conto dell’attività in concreto svolta dalle stesse secondo i criteri e nella misura di cui al D.M. numero 55/14. Osservata la pluralità di parti coinvolte nel presente giudizio, preme evidenziare che la pronuncia di un'unica condanna alle spese di causa, con liquidazione cumulativa delle medesime, è consentita a carico di più' parti soccombenti, secondo la previsione dell'articolo 97 c.p.c., ma non anche in favore di più parti vittoriose, che siano state assistite da difensori diversi. Infatti, la solidarietà attiva non essendo espressamente prevista non si presume, per cui la responsabilità delle parti soccombenti comporta che ciascuna delle controparti, ove abbia presentato distinte comparse e memorie, abbia diritto al proprio rimborso, tanto più se la difesa sia stata espletata da difensori diversi Cass. Sez. 2, Sentenza numero 663 del 25/01/1999 Rv. 522599 . P.T.M. Visto l’articolo 696 cpc -Dichiara il ricorso inammissibile. -condanna Petas s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento, in favore della società I.P.M. Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 1.250,00 oltre rimborso spese generali 15% sul compenso , CPA ed IVA come per legge -condanna Petas s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento, in favore di Pavimart s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 1.250,00 oltre rimborso spese generali 15% sul compenso , CPA ed IVA come per legge. Si comunichi.