Fortunato chi parla con giudizio (pena la condanna per aver superato i limiti del diritto di critica)

In tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione va tenuta presente la distinzione tra l'esercizio del diritto di critica con cui si manifesta la propria opinione, la quale non può pertanto pretendersi assolutamente obiettiva e può essere esternata anche con l'uso di un linguaggio colorito e pungente, purché non leda la integrità morale del soggetto e di quello di cronaca che può essere esercitato purché sussista la continenza dei fatti narrati, intesa in senso sostanziale - per cui i fatti debbono corrispondere alla verità, sia pure non assoluta, ma soggettiva - e formale, con l'esposizione dei fatti in modo misurato, ovvero contenuta negli spazi strettamente necessari.

Nel caso di specie il diritto di critica aveva travalicato i confini della continenza e della verità, sia sotto il profilo della finalità di istigazione a manifestazioni di insulti e offese gratuiti, in toni non commisurati alla rilevanza sociale ed economica dell’iniziativa e con l’evidente scopo di arrecare un danno. La vicenda. Il Museo delle Antichità Egizie” di Torino agiva nei confronti di A.C. per l’illecita pubblicazione sul social network Facebook” di un video di protesta contro l’iniziativa Fortunato chi parla arabo”, avviata nel dicembre 2017 e volta ad offrire ai cittadini di lingua araba la possibilità di visitare il museo in due persone al prezzo di un solo biglietto, con lo scopo di avvicinare alle proprie collezioni la comunità araba. L’iniziativa era contestualizzata in una serie di convenzioni volte ad avvicinare le persone al Museo. A.C., per protesta contro questa iniziativa, pubblicava su Facebook un video unitamente a un post che recitava Al Museo Egizio ingressi gratuiti per gli arabi. E gli italiani? Pagano”, e con la dicitura, inserita tra due banner a grandi caratteri, Condividiamo questa vergogna” e Facciamogli sentire cosa ne pensiamo!”. Nel video A.C. fingeva di telefonare in vivavoce al Museo Egizio per ottenere informazioni su eventuali agevolazioni in corso e, alla risposta del finto centralinista, criticava in maniera polemica la promozione a favore degli arabi che avrebbe realizzato una discriminazione a rovescio”. Il video raggiungeva in pochi giorni quasi un milione di visualizzazioni scatenando commenti tramite post, sia sulla bacheca di A.C. che sulla pagina Facebook del Museo, di contenuto razzista, polemico e accusando questi di rubare i soldi degli italiani”. Inoltre, nelle giornate tra il 18 e il 20 gennaio 2018, l’ufficio prenotazioni del Museo riceveva oltre centoquaranta telefonate di insulti, minacce e offese rivolte anche al direttore e alle stesse operatrici per l’iniziativa posta in essere. Il 20 gennaio 2018 il Museo presentava un esposto presso la Questura di Torino affinché l’autorità giudiziaria svolgesse le opportune indagini per verificare l’autenticità del colloquio contenuto nel video. Inoltre, dava incarico per effettuare una perizia che accertava come la telefonata fosse stata creata ad hoc. Su tali presupposti il Museo delle Antichità Egizie di Torino” deduceva il grave danno all’immagine, alla reputazione e al marchio” del museo conseguito alla diffamazione perpetrata dal convenuto che, con evidente travalicamento dei confini del diritto di critica fondava la sua polemica sulla artefatta ricostruzione di una telefonata simulata attribuendo all’attrice dichiarazioni mai emesse da suoi esponenti e affermando falsamente che la stessa riceve contributi statali per lo svolgimento della propria attività. Chiedeva quindi al Tribunale di Torino la condanna di A.C. - al pagamento della somma di € 100.000,00 a titolo di risarcimento danni - la rimozione del video e testi riconducibili ai social di A.C. e altri siti - l’inibizione di A.C. dal proseguire la condotta contestata. Il convenuto A.C. restava contumace. Il Tribunale di Torino accoglieva parzialmente la domanda . Innanzitutto, veniva accertata la falsità della telefonata per mezzo dell’esperimento di una CTU e l’assunzione della prova per testi che confermava come si trattasse di una ricostruzione. Conseguentemente riteneva provata la condotta illecita posta in essere da A.C. per aver dolosamente postato un video sul proprio profilo Facebook falso”, ossia non corrispondente alla realtà dei fatti ma finalizzato a rappresentare una conversazione con un operatore del Museo mai avvenuta o comunque non corrispondente alla realtà, facendola apparire come vera. Il Tribunale valuta poi se, pur in un contesto di un video falso, fossero stati rispettati i requisiti di verità e continenza. Inoltre, se il contenuto del messaggio veicolato avesse una portata diffamatoria o potesse essere ritenuto legittima espressione del diritto di critica. A tal fine il Tribunale richiama il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa , chiarendo come debba essere tenuta ben ferma e presente la distinzione tra l'esercizio del diritto di critica con cui si manifesta la propria opinione, la quale non può pertanto pretendersi assolutamente obiettiva e può essere esternata anche con l'uso di un linguaggio colorito e pungente, purché non leda la integrità morale del soggetto e di quello di cronaca che può essere esercitato purché sussista la continenza dei fatti narrati, intesa in senso sostanziale - per cui i fatti debbono corrispondere alla verità, sia pure non assoluta, ma soggettiva - e formale, con l'esposizione dei fatti in modo misurato, ovvero contenuta negli spazi strettamente necessari cfr. Cass. n. 20608/2011 n. 25/09 n. 28411/08 n. 17172/07 . Inoltre, per valutare il corretto esercizio del diritto di critica è necessario accertare il rispetto dei limiti - della verità oggettiva, o anche soltanto putativa , - della forma civile dell'esposizione dei fatti che non può contenere espressioni infamanti e inutilmente umilianti - della loro valutazione, ovvero una forma non eccedente rispetto allo scopo da conseguire e tale da escludere un deliberato intento denigratorio e dell’interesse della generalità dei soggetti alla notizia o al fatto oggetto di critica cfr. Cass. n. 2357/2018 . Inoltre, il diritto di critica , per quanto graffiante possa essere, non può trascendere in attacchi e aggressioni personali dirette a colpire la figura morale del soggetto criticato cfr. Cass. n. 17180/2007 n. 22527/2006 . La pubblicazione di un messaggio su una bacheca Facebook, che può potenzialmente raggiungere un numero indeterminato di persone, può integrare il delitto di diffamazione aggravata dall'utilizzo di altro mezzo di pubblicità di cui all'art. 595 c.p., comma 3, tale da giustificare il diritto al risarcimento del danno cfr. Cass. pen. n. 4873/2016 Cass. n. 24431/2015 . Pertanto, il Tribunale chiarisce che il requisito della verità dei fatti rappresentati nel video pubblicato non può dirsi rispettato, sotto un duplice profilo non corrisponde alla realtà dei fatti né la telefonata intercorsa tra il convenuto e l’operatore del Museo, né l’affermazione più volte ribadita da A.C. nel corso della stessa e in generale dell’intero video che il Museo Egizio fruisce di finanziamenti pubblici statali, o meglio che i soldi di tutti i cittadini italiani siano stati utilizzati per le agevolazioni sugli ingressi in favore di soggetti di origine o cultura araba. L’unico fatto vero riportato dall’autore del video, che legittimamente avrebbe potuto essere oggetto di critica, è la promozione attivata dal Museo a favore dei cittadini di lingua araba che consentiva, per il limitato periodo temporale di circa tre mesi, l’ingresso al Museo di due persone con il pagamento di un solo biglietto”. Il comportamento sanzionabile è pertanto conseguente della scelta inopportuna di A.C. Il convenuto non si è limitato a esprimere la propria opinione o il proprio giudizio sulla promozione attivata dal Museo Egizio che peraltro era già stata fatta l’anno precedente senza alcuna polemica ma ha realizzato una telefonata fasulla, una vera e propria messa in scena, montando un video e pubblicandolo sul proprio profilo facebook, con lo scopo di arrecare danno al Museo e gettare fango sull’attività svolta dall’ente, ponendo l’accento sull’utilizzo dei soldi dei cittadini italiani per agevolare gli arabi” e così attribuendo al Museo una finalità discriminatoria a danno degli italiani sulla base del falso presupposto dell’uso dei soldi di tutti i contribuenti italiani”. Quindi La condotta lesiva posta in essere da A.C. non sta, difatti, nell’aver espresso il proprio giudizio valutativo sull’iniziativa assunta dalla Fondazione, rientrando ciò nel legittimo esercizio del diritto di critica quale espressione del diritto costituzionalmente garantito di manifestare liberamente la propria opinione art. 21 della Costituzione , quanto nell’aver postato” un video dal contenuto fasullo facendolo apparire come reale e riferibile al Museo ed averlo utilizzato al dichiarato fine di innescare e incentivare il pubblico dei potenziali visualizzatori a inondare l’ufficio prenotazioni del Museo di telefonate finalizzate a manifestare in toni violenti la protesta contro un’iniziativa del tutto legittima, se pur condivisibile o meno e come tale soggetta a possibili critiche”. Veniva confermato poi il nesso causale tra il messaggio lanciato da A.C. e le numerose telefonate e messaggi ricevuti dai toni offensivi e in alcuni casi anche con minacce. Questo era confermato dal dato temporale gli episodi erano stati registrati subito dopo la pubblicazione del video di A.C. e dal fatto che l’anno precedente era stata attivata la stessa agevolazione senza che vi fosse stata conseguenza alcuna. Ritiene, pertanto, questa giudice che la condotta posta in essere da A. C. configuri un illecito aquiliano sia perché il diritto di critica è stato esercitato travalicando i confini della continenza e della verità, sia sotto il profilo della finalità di istigazione a manifestazioni di insulti e offese gratuiti, in toni non commisurati alla rilevanza sociale ed economica dell’iniziativa e con l’evidente scopo di arrecare un danno al Museo.” Sulla quantificazione del danno, considerata certamente l’intensità delle telefonate e messaggi, ma anche del limitato periodo, è stata ritenuta congrua la somma di Euro 15.000,00 di risarcimento, oltre alla rimozione del video con inibizione di ulteriore diffusione, con fissazione di Euro 500,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’obbligo di rimozione o di inosservanza dell’inibitoria.

Tribunale di Torino, sez. IV Civile, sentenza 20 - 21 aprile 2020, n. 1375 Giudice Di Donato Ragioni di fatto e di diritto Con atto di citazione ritualmente notificato la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino”, in persona del legale rappresentante pro tempore, ha evocato in giudizio An. Cr. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti per lesione della propria immagine e reputazione, a seguito dell’illecita pubblicazione sul social network Facebook”, in data 17.1.2018, di un video di protesta contro l’iniziativa Fortunato chi parla arabo”. In particolare, premesso che - la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino” è stata costituita il 6 ottobre 2004 dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, dalla Regione Piemonte, dalla Provincia di Torino, dalla Città di Torino, dalla Compagnia San Paolo e dalla Fondazione CRT e rappresenta il primo esperimento di gestione museale tramite un ente di diritto privato a partecipazione pubblica, con finalità di valorizzazione, promozione e gestione del Museo Egizio di Torino” - con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 aprile 2011 è stata riconosciuta quale ente di ricerca ai sensi dell’art. 1, comma 353, della legge n. 266/2005 - il Museo Egizio è interamente dedicato alla civiltà nilotica ed è considerato il più importante del mondo dopo quello del Cairo e nel 2017 è risultato l’ottavo museo più visitato dell’anno, con circa 85.000 visitatori ha esposto che - agli inizi di dicembre 2017, La Fondazione ha lanciato, per il secondo anno consecutivo, la campagna promozionale denominata Fortunato chi parla arabo”, valida sino al 31 marzo 2018 e volta ad offrire ai cittadini di lingua araba la possibilità di visitare il museo in due persone al prezzo di un solo biglietto, con lo scopo di avvicinare alle proprie collezioni la comunità araba superiore alle 33.000 unità nella sola provincia di Torino - la campagna si inseriva in una serie di iniziative offerte dal Museo Egizio per l’accesso a condizioni agevolate, in occasioni diverse e per un tempo limitato, quali, a titolo esemplificativo Carta Feccia 2x1”, I venerdì d’estate”, Festa della donna”, Festa del papà” - il 17.1.2018 An. Cr., all’epoca capo del Movimento dei Giovani Padani e assistente dell’onorevole Ma. Sa., ha postato sul social network Facebook sia sulla pagina riferibile al proprio profilo personale che su quella riferibile al profilo cd. pubblico o ufficiale un video di protesta contro la suddetta iniziativa accompagnata dal post Al Museo Egizio ingressi gratuiti per gli arabi. E gli italiani? Pagano”, e con la dicitura, inserita tra due banner a grandi caratteri, Condividiamo questa vergogna” e Facciamogli sentire cosa ne pensiamo!” - nel video An. Cr. ha finto di fare una telefonata a vivavoce al Museo Egizio per ottenere informazioni su eventuali agevolazioni in corso e, alla risposta del finto centralinista, ha criticato in maniera polemica la promozione a favore degli arabi che avrebbe realizzato una discriminazione a rovescio” - il video in pochi giorni ha raggiunto la soglia di un milione di visualizzazioni e ha scatenato commenti tramite post, sia sulla bacheca del convenuto che sulla pagina facebook del Museo stesso, di contenuto razzista, polemico e di attacco gratuito contro il Museo Egizio, accusato di rubare i soldi degli italiani” - nelle giornate tra il 18 e il 20 gennaio 2018, l’ufficio prenotazioni del Museo ha ricevuto oltre centoquaranta telefonate di insulti, minacce e offese rivolte alla Fondazione, al direttore e alle stesse operatrici per l’iniziativa posta in essere, fomentate dal video in oggetto - il 19 gennaio 2018 il Museo Egizio ha pubblicato sul proprio sito, nonché sulla propria pagina facebook, un messaggio di avvertimento al pubblico segnalando la dubbia autenticità del video realizzato da An. Cr. che, incurante degli effetti endemici e irreversibili della propria azione dolosa, il medesimo giorno ha rilasciato a un giornalista del quotidiano La Stampa” un’intervista in cui ha ulteriormente denigrato il Museo, confermando la natura veritiera del video pubblicato, in totale mala fede - il 20 gennaio 2018 la Fondazione ha presentato un esposto presso la Questura di Torino affinchè l’autorità giudiziaria svolgesse le opportune indagini per verificare l’autenticità del colloquio telefonico pubblicato e accertasse la sussistenza di eventuali illeciti di natura penale - su incarico della Fondazione, il dr. Pavoni Belli ricercatore presso l’Istituto Nazionale di ricerca metrologica con perizia tecnica del 3 febbraio 2018 ha escluso in maniera categoria l’autenticità della telefonata contenuta nel video, confermando l’avvenuta messa in scena” artatamente posta in essere da An. Cr Ciò premesso la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino” ha dedotto il grave danno all’immagine, alla reputazione e al marchio” del museo conseguito alla diffamazione perpetrata dal convenuto che, con evidente travalicamento dei confini del diritto di critica verità, continenza, interesse pubblico , ha fondato la sua polemica sulla artefatta ricostruzione di una telefonata fasulla, attribuendo alla Fondazione dichiarazioni mai emesse da suoi esponenti e affermando falsamente che la stessa riceve contributi statali per lo svolgimento della propria attività. Ha chiesto, pertanto, oltre alla condanna al pagamento della somma di Euro 100.000,00 a titolo di risarcimento del danno, di ordinare ad An. Cr. la rimozione dei contenuti video e testuali in oggetto da ogni profilo a lui riconducibile presente su Facebook o su altri social network di inibire ad An. Cr. la prosecuzione della condotta illecita contestata, comminando una congrua penalità di mora ex art. 614 – bis c.p.c. per ogni giorno di perdurante violazione dell’ordine di rimozione e/o inibitoria, con vittoria di spese di lite. An. Cr., benchè ritualmente citato, non si è costituito in giudizio, con conseguente declaratoria di contumacia. In via preliminare va dichiarata la competenza territoriale del Tribunale adito, ai sensi dell’art. 20 c.p.c., essendo ubicata la sede della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino” in Torino, in conformità ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in materia, secondo cui per le domande di risarcimento dei danni derivanti da pregiudizi dei diritti della personalità recati da mezzi di comunicazione di massa, la competenza spetta al giudice del luogo di domicilio o della sede della persona giuridica o, in caso sia diverso, al giudice della residenza del danneggiato. cfr. Cass. Sez. Un. n. 21661/2009 Nel merito, la domanda è parzialmente fondata e va accolta nei limiti che seguono. Dal quadro probatorio formatosi in corso di causa devono ritenersi ampiamente dimostrati i fatti illeciti posti a fondamento delle domande formulate. E’ stata, infatti, prodotta in giudizio la trascrizione integrale della telefonata poi risultata simulata apparentemente intercorsa tra An. Cr. e un operatore del Museo Egizio avente ad oggetto la promozione Fortunato chi parla arabo”, lanciata dalla Fondazione per il periodo dal dicembre 2017 al 31 marzo 2018, il cui video è stato pubblicato dal convenuto sul proprio profilo Facebook, sia privato che pubblico, in data 17 gennaio 2018 doc. n. 11 e n. 6 la pagina raffigurata risulta estratta il 6/2/2018 ma la data di pubblicazione del video è del 17.1.2018, come riportata sotto il nome An. Cr.” del profilo . E’ stato, inoltre, acquisito agli atti, nel corso delle operazioni peritali svolte dall’ing. Al. An. per l’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio disposta, il video integrale della telefonata come pubblicato sul citato social network e ancora visibile alla data del 17.6.2019, data in cui il video in oggetto è stato estratto dal link facebook https //www.facebook.com/An.Cr.official/videos/1525689760872454”. Al fine di accertare e valutare l’illiceità della condotta tenuta dal convenuto e l’effettiva portata diffamatoria e denigratoria del video stesso e delle dichiarazioni ivi contenute, appare opportuno riportare i passi salienti della finta” conversazione ed evidenziare sin da ora come la telefonata sia risultata falsa, ossia, più precisamente frutto di un montaggio da parte dell’autore e non riferibile alla Fondazione Museo Egizio. Sotto tale ultimo profilo, va rilevato che dagli elementi probatori acquisiti all’esito dell’istruttoria espletata, la telefonata in oggetto non è riconducibile ad alcun operatore del Museo Egizio e va, pertanto, qualificata come fake” in quanto rappresentante un fatto in realtà mai avvenuto, ma costruito ad arte e pubblicato o meglio postato” con modalità tali da farlo apparire reale. Nel video An. Cr. esordisce dicendo Amici e amiche vi do una news il museo Egizio di Torino offre ingressi omaggio. Ai cittadini italiani? ntz, ntz, ntzoffre ingressi omaggio solo ai cittadini arabi. E adesso io chiamerò l’ufficio visite del Museo e mi farò dare maggiori informazioni”. Dopo un evidente taglio e cambio di inquadratura si vede An. Cr. che schiaccia il tasto viva voce” e si sente una voce femminile Benvenuti al Museo Egizio di Torino, siete in linea con l’ufficio informazioni e prenotazioni Rear, ” viene poi schiacciato un altro tasto sul telefono cellulare e poi ancora il tasto 1” per le informazioni in italiano, con la musica di sottofondo che continua nonostante l’apparente digitazione del tasto 1”, poi si sente nuovamente una voce registrata femminile Le nostre operatrici sono momentaneamente occupate, vi preghiamo di attendere per non perdere la priori”, la frase viene poi interrotta da una voce apparentemente maschile si pronto buonasera museo egizio di Torino, sono ” beep” come posso esserle utile?”. L’intenzione di An. Cr. di far apparire al pubblico dei potenziali visualizzatori che la telefonata al Museo Egizio sia realmente avvenuta con le modalità descritte è palese e non può essere posta in dubbio, in quanto dichiarata esplicitamente dallo stesso autore del video e risultante comunque in maniera inequivoca dal suo contenuto. Inoltre, in un’intervista pubblicata il 20.1.2018 sul sito internet de La Stampa”, all’affermazione dell’autore dell’articolo del sospetto che il video contenga una fake”, An. Cr. risponde E’ tutto vero. e soprattutto sono veri gli sconti agli arabi. Di che cosa stiamo parlando?”, confermando così l’autenticità della telefonata intercorsa con l’operatore del museo doc. n. 9 . Segue, nel video, la conversazione tra An. Cr. e l’apparente operatore dell’ufficio informazioni e prenotazioni che si riporta di seguito - A.C. Salve settimana prossima io e la mia compagna vorremmo venire al Museo Egizio per visitarlo e volevo chiederle se ci sono delle tariffe particolari degli sconti delle agevolazioni, sa dirmi qualcosa?” - Operatore Si si certo abbiamo tariffe agevolate eh per studenti, pensionati, eh arabi” - A.C. Arabi?” - Operatore Bambini, ma non penso sia il caso” - A.C. Cosa vuol dire arabi, mi scusi?” - Operatore E per le persone eh che provengono dai paesi arabi, che parlano la lingua araba, che fanno parte della cultura araba - A.C. E che tipo di sconti fate sugli arabi?” - Operatore E si è previsto che se siete in due a entrare il secondo non paga un ingresso omaggio” - A.C. mentre i cittadini italiani invece devono pagare il biglietto pieno? - Operatore No per i cittadini italiani, a meno che non si tratti di pensionati o studenti, non è prevista nessuna agevolazione” - A.C. Ah quindi per gli arabi è prevista l’agevolazione che il biglietto, uno dei due biglietti è omaggio mentre invece per i cittadini italiani nessuno sconto, a meno che non sei studente o pensionato” - Operatore esatto perché comunque è un mezzo per condividere il patrimonio del museo con le genti di origine del paese di quel patrimonio” - A.C. Ho capito però è discriminante nei confronti dei cittadini italiani. Cosa vuol dire? Se io sono italiano devo pagare se sono arabo posso non pagare?” - Operatore Guardi queste sono scelte che comunque ha preso il direttore del museo che possono essere condivise o no o meno e non spetta a me, né a lei penso” - A.C. oh capinon spetta neanche a lei. Io però forse quel museo lì un po’ lo pago e anche i cittadini italiani danno i loro contributi per pagarvi lo stipendio a voi” - Operatore e ma senza gli arabi non avremmo praticamente il museo, anche questo è da riconoscere” - A.C. Eh, eh. Ma pensa te. Bè ma lei comunque è incredibile eh. Lei mi sta dicendo che è grazie agli arabi che abbiamo il museo? E invece i cittadini italiani i cittadini italiani che entrano in quel museo lì e che pagano il suo stipendio invece non devono essere agevolati?” - Operatore eeh, eh” - A.C. E la saluto e la saluto” Terminata la telefonata An. Cr. dichiara In-cre-di-bi-le, è davvero incredibile. Io non so cosa dirvi sono sconcertato. Questo è il museo egizio di Torino questa è l’Italia. Se sei arabo a gratis se sei italiano paghi” e mima il gesto di sborsare danaro. Per l’intera durata del video appaiono in sovraimpressione due banner a fondo nero con le seguenti diciture a caratteri cubitali CONDIVIDIAMO QUESTA VERGOGNA” FACCIAMOGLI SENTIRE COSA NE PENSIAMO. MUSEO EGIZIO 0114406908”. Prima di entrare nel merito del contenuto della telefonata, dei toni utilizzati e del messaggio veicolato al pubblico, va chiarito che la telefonata in oggetto non è riconducibile ad alcun operatore dell’ufficio prenotazioni del museo e, in generale, alla Fondazione del Museo Egizio. Depongono in tal senso i seguenti elementi probatori - nella telefonata riportata nel video la voce registrata, apparentemente riferibile a personale dell’ufficio prenotazioni del museo egizio, nel mettere in attesa l’utente dice Le nostre operatrici sono momentaneamente occupate, vi preghiamo di attendere per non perdere la priori” l’utilizzo del sostantivo femminile è inequivoca prova del fatto che il personale dell’ufficio contattato e che risponde alle telefonate degli utenti è solo di sesso femminile e non anche maschile, in quanto, diversamente, la registrazione automatica avrebbe fatto riferimento anche ad operatori” o, al più, avrebbe parlato unicamente di nostri operatori”, senza l’uso dell’aggettivo e del sostantivo solo al femminile l’interlocutore del Cr. ha, invece, una voce maschile - la presenza di operatrici di solo sesso femminile nell’ufficio prenotazioni del Museo nel periodo di riferimento, ossia alla data di pubblicazione del video e comunque già dal dicembre 2017, è stata confermata da tutte le testimoni escusse che, in qualità di dipendenti della cooperativa Rear, che si occupa della gestione delle prenotazioni del museo citata anche nel corso della telefonata dalla voce registrata , hanno concordemente e univocamente dichiarato che l’ufficio prenotazioni è formato solo da donne sul capo 1 della memoria ex art. 183 c.p.c. depositata il 6.9.2018 Vero che, almeno sin dal dicembre 2017, gli operatori addetti all’Ufficio Prenotazioni del Museo Egizio di Torino gestito dalla cooperativa Rear” sono esclusivamente di sesso femminile?” cfr. teste Ma. Ro. Ra., dipendente della cooperativa Rear presso il Museo Egizio all’ufficio prenotazioni e biglietteria dal 2003 E’ vero, confermo, all’ufficio prenotazioni siamo tutte donne” teste Ja. Ba. è veroin tutto siamo circa 10” la teste El. Fa. è vero, c’è una turnazione Siamo credo 7/8 persone a occuparci delle prenotazioni, all’incirca” . - ancora, nella mail allegata alla denuncia querela sporta dalla Presidente del Museo Egizio contro Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino” il 20.1.2018 per i fatti in oggetto, il Presidente della Cooperativa Rear, che gestisce l’ufficio prenotazioni del museo, conferma l’assenza di operatori di sesso maschile nell’organico dell’ufficio e precisa che, ove l’utente chiami detto ufficio, solo operatori dell’ufficio stesso possono rispondere alla chiamata, senza possibilità di deviazioni verso altri uffici doc. n. 10 in riferimento al video postato alcuni giorni fa su facebook, confermoche nel nostro organico dell’ufficio prenotazione non sono presenti operatori di sesso maschile e che quindi nessun nostro operatore può essere la persona che nel video in oggetto risponde alla chiamata” . Inoltre, il ctu nominato, ing. Al. An., dopo aver estrapolato i link diretti del video attraverso più sistemi ed aver selezionato un file tecnicamente significativo per le analisi del video e dell’audio, con l’utilizzo di diversi strumenti software per avere un riscontro tecnico indipendente dal software utilizzato, pur non essendo pervenuto a conclusioni assolutamente certe sulla corrispondenza alla realtà di quanto riprodotto nel video, per l’indisponibilità dei materiali girati grezzi utilizzati per il montaggio, ha accertato non solo che il video analizzato è sicuramente tecnicamente frutto di un montaggio, ossia di un’operazione di assemblamento di più flussi video/audio, ma, soprattutto, ha riscontrato una serie di anomalie audio che rafforzano l’impianto probatorio già descritto circa la falsità” della telefonata riprodotta e la sua non riconducibilità al Museo. In particolare, il CTU ha evidenziato che la presenza di un segnale MONO in una registrazione, che viene mostrata come una registrazione in viva voce”, è anomala in quanto il semplice riverbero introdotto dalla stanza avrebbe impedito la perfetta uguaglianza dei due canali. Pur non vedendosi microfoni nella ripresa si può dedurre facilmente dal resto dell’analisi audio che il microfono che registra la voce di Cr. è un apparato stereo.” Ha, pertanto, dedotto che l’audio del risponditore automatico sia stato registrato separatamente per poi essere montato nella traccia audio del video”. Un inserimento tramite MIXAGGIO sovrapposizione di due segnali avrebbe infatti portato con sé la presenza del rumore di ambiente registrato dal microfono che avrebbe reso stereo” il segnale almeno per alcune frequenze”. Ne consegue che, in base ai riportati dati tecnici riscontrati dal ctu, diversamente da quanto appare nel video, la telefonata all’ufficio prenotazioni del Museo non si è svolta esattamente con le modalità proposte bensì con una discontinuità tra l’audio del risponditore automatico che, si ribadisce, si riferisce a operatrici” e l’audio della conversazione che ne è seguita, frutto di un montaggio che, considerati gli altri elementi probatori già riportati, non ne garantisce l’autenticità o meglio la corrispondenza a quanto realmente accaduto. Un’altra anomalia riscontrata dal ctu che corrobora la non autenticità della telefonata come rappresentata nel video è costituita dalla presenza di almeno 2 differenti ampiezze del segnale nel parlato dell’operatore del call center dopo il beep”, rispetto al segnale prima del beep” si rileva un abbassamento di volumeTale anomalia fa presupporre tecnicamente che la parte prima e dopo il beep sia stata montata da due parti dell’audio se pure prelevate dallo stesso flusso audio.”. Infine, il ctu, pur non potendo annoverare con certezza matematica la voce dell’operatore tra quelle maschili, non lo ha escluso, oltre a sottolineare come all’ascolto soggettivo tale voce appaia con una connotazione maschile. La compatibilità della misurazione di circa 180 Hz del campione audio dell’operatore selezionato dal ctu con una voce maschile e la prova dell’assenza di operatori di sesso maschile presso la cooperativa Rear, che all’epoca dei fatti gestiva l’ufficio prenotazioni del Museo, in uno con le riscontrate anomalie audio e con il montaggio dei flussi video e audio, sicuramente eseguito per la rappresentazione della telefonata, costituiscono, a parere di questa giudice, sufficienti elementi di prova per escludere l’autenticità della stessa, la sua corrispondenza alla realtà dei fatti e la riconducibilità di quanto riferito dall’operatore alla Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino”. Ne consegue che, deve ritenersi provata la condotta illecita posta in essere da An. Cr. per aver dolosamente postato un video sul proprio profilo facebook falso”, ossia non corrispondente alla realtà dei fatti ma finalizzato a rappresentare una conversazione con un operatore del Museo mai avvenuta o comunque non corrispondente alla realtà, facendola apparire come vera. Quanto al contenuto del video e al messaggio trasmesso al pubblico dal suo autore, occorre operare una distinzione tra il nucleo essenziale del fatto da cui trae spunto l’aspra critica espressa dal Cr. – ossia la promozione attivata dal Museo che consentiva ai cittadini di lingua araba di fruire di due ingressi pagando un solo biglietto – e l’altro elemento centrale dell’utilizzo da parte del Museo dei finanziamenti pubblici per concedere agevolazioni a soggetti di cultura araba a discapito degli italiani. A riguardo va subito precisato che mentre è sicuramente vera e riportata in maniera corrispondente all’effettiva promozione in atto, sebbene con la pubblicazione di un video fasullo, la notizia della possibilità per i cittadini di lingua araba di fruire delle agevolazioni sugli ingressi pagando un solo biglietto al posto di due, non corrisponde al vero che il Museo fruisce di finanziamenti pubblici statali. Va, dunque, verificato se, pur nel contesto di un video fasullo, da un lato siano stati rispettati i requisiti della verità e della continenza e, dall’altro, se il contenuto del messaggio veicolato abbia effettiva portata diffamatoria ovvero sia legittima espressione del diritto di critica. E’ necessario, a questo punto, richiamare i principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione ai presupposti e ai confini dell’esercizio del diritto di critica, nell’ambito della difficile operazione di bilanciamento tra i diritti costituzionalmente garantiti e tutelati della libertà di espressione e di manifestazione del pensiero da un lato, e della immagine, della reputazione, della dignità e del decoro delle persone fisiche o giuridiche, dall’altro. Va premesso che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, deve essere tenuta ben ferma e presente la distinzione tra l'esercizio del diritto di critica con cui si manifesta la propria opinione, la quale non può pertanto pretendersi assolutamente obiettiva e può essere esternata anche con l'uso di un linguaggio colorito e pungente, purchè non leda la integrità morale del soggetto e di quello di cronaca che può essere esercitato purchè sussista la continenza dei fatti narrati, intesa in senso sostanziale - per cui i fatti debbono corrispondere alla verità, sia pure non assoluta, ma soggettiva - e formale, con l'esposizione dei fatti in modo misurato, ovvero contenuta negli spazi strettamente necessari cfr. Cass. n. 20608/2011 n. 25/09 n. 28411/08 n. 17172/07 . Il diritto di critica si concretizza nella manifestazione di un’opinione e presuppone l'esistenza di un fatto assunto ad oggetto o spunto del discorso critico. Il giudizio valutativo, però, in quanto tale, è diverso dal fatto da cui trae spunto e, per la sua intrinseca natura, non si risolve nella descrizione obiettiva del fatto stesso ma ne propone una rappresentazione e una lettura necessariamente soggettive. La critica postula, insomma, fatti che la giustifichino e cioè, normalmente, un contenuto di veridicità limitato alla oggettiva esistenza dei dati assunti a base delle opinioni e delle valutazioni espresse, ma non può pretendersi che si esaurisca in essi.” cfr. Cass. n. 36045/2014 . Il rispetto della verità del fatto assume, in riferimento all'esercizio del diritto di critica, un rilievo più limitato e necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica. cfr. Cass. n. 25518/2016 . In sintesi, sebbene il diritto di critica abbia confini più ampi del diritto di cronaca, è pur sempre necessario che il giudizio espresso, anche severo e irriverente, resti ancorato a un dato fattuale da cui il criticante prende spunto”, affinchè risulti rispettato il requisito della verità, se pur in misura affievolita, e non si configuri la diffamazione. Cass. 48553/2011 . Per valutare, dunque, il corretto esercizio del diritto di critica è necessario accertare che siano stati rispettati i limiti individuati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, della verità oggettiva, o anche soltanto putativa nei termini su indicati , della forma civile dell'esposizione dei fatti e della loro valutazione, ovvero una forma non eccedente rispetto allo scopo da conseguire e tale da escludere un deliberato intento denigratorio e dell’interesse della generalità dei soggetti alla notizia o al fatto oggetto di critica cfr. Cass. n. 2357/2018 . Con specifico riguardo alla forma, il limite della continenza nel diritto di critica è superato in presenza di espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato cfr. Cass. n. 15060/2011 . Il diritto di critica può essere esercitato anche in modo graffiante, con toni apri e pungenti, ma con il parametro della proporzione tra l'importanza del fatto e la necessità della sua esposizione anche in chiave critica ed i contenuti espressivi con i quali la critica è esercitata, e non deve trascendere in attacchi e aggressioni personali diretti a colpire, sul piano individuale, la figura morale del soggetto criticato cfr. Cass. n. 17180/2007 n. 22527/2006 . Non vi è dubbio, poi, che i social network, pur non avendo la funzione informativa tipica dei giornali o delle trasmissioni televisive d’informazione, siano strumenti di comunicazione di massa e in quanto tali potenzialmente idonei a veicolare messaggi ad un elevato numero di persone, per cui coloro che li utilizzano, quali ad esempio gli utenti di facebook, devono ritenersi soggetti agli stessi limiti elaborati dalla giurisprudenza per l’esercizio dell’attività giornalistica, se pur in forma attenuata in considerazione della tipologia di notizia pubblicata, del soggetto che la pubblica e di altri eventuali fattori. Ne consegue che la pubblicazione di un messaggio o di un video a contenuto lesivo dell'onore e della reputazione di un soggetto sulla bacheca del profilo personale di un utente di un social network - nella specie, appunto, Facebook – può certamente integrare il delitto di diffamazione aggravata dall'utilizzo di altro mezzo di pubblicità di cui all'art. 595 c.p., comma 3, tale da giustificare il diritto al risarcimento del danno cfr. Cass. pen. n. 4873/2016 Cass. n. 24431/2015 anche la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall'utilizzo per questo di una bacheca facebook, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone senza le quali la bacheca facebook non avrebbe senso , sia perché l'utilizzo di facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione. Identificata nei termini detti, la condotta di postare un commento sulla bacheca facebook realizza, pertanto, la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone comunque apprezzabile per composizione numerica, di guisa che, se offensivo tale commento, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dall'art. 595 c.p.p., comma 3” . Ebbene, applicando i su esposti principi alla fattispecie in esame, il requisito della verità dei fatti rappresentati nel video pubblicato non può dirsi rispettato, sotto un duplice profilo non corrisponde alla realtà dei fatti né la telefonata intercorsa tra il convenuto e l’operatore del Museo, né l’affermazione più volte ribadita da An. Cr. nel corso della stessa e in generale dell’intero video che il Museo Egizio fruisce di finanziamenti pubblici statali, o meglio che i soldi di tutti i cittadini italiani siano stati utilizzati per le agevolazioni sugli ingressi in favore di soggetti di origine o cultura araba. L’unico fatto vero riportato dall’autore del video, che legittimamente avrebbe potuto essere oggetto di critica, è la promozione attivata dal Museo a favore dei cittadini di lingua araba che consentiva, per il limitato periodo temporale di circa tre mesi, l’ingresso al Museo di due persone con il pagamento di un solo biglietto. Non corrispondono, invece, alla realtà dei fatti né la telefonata inscenata dal Cr. ma dichiaratamente e inequivocamente presentata come vera, né quanto dichiarato dal finto” operatore dell’ufficio prenotazioni del Museo, né, infine, il fatto che il Museo sia finanziato dai cittadini italiani” che pagherebbero lo stipendio degli operatori, da cui, secondo il criticante, scaturirebbe la palese ingiustizia della promozione che avrebbe determinato una forma di discriminazione verso gli italiani. Sotto tale ultimo profilo, difatti, per quanto emerge dagli atti di causa e segnatamente dallo Statuto della Fondazione e dal bilancio di esercizio del 31.3.2017 la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino” non riceve alcun finanziamento pubblico dallo Stato per lo svolgimento della propria attività, derivando le proprie entrate dai ricavi delle vendite e delle prestazioni, dai contributi annuali dei soci fondatori o da altri proventi finanziari di natura privata doc. n. 1 e 13 . Le erogazioni derivanti dal trasferimento dai Fondi di Ristrutturazione del Comune di Torino, della Regione Piemonte e della Provincia di Torino, difatti, non solo non sono chiaramente riferibili a contributi pubblici statali ma costituiscono contributi provenienti dai suddetti enti nella loro qualità di soci fondatori e, in ogni caso, non provengono da enti statali finanziati da tutti i cittadini italiani. Ne consegue che il messaggio principale veicolato dal Cr. nel video in esame, ossia che il museo è finanziato dai contribuenti cittadini italiani e con i soldi degli italiani si pagano ingressi gratuiti agli arabi, e sul quale viene ripetutamente posto l’accento al fine evidente di scatenare l’indignazione del visualizzatore, non corrisponde alla realtà dei fatti. Senza considerare, peraltro, il fatto che la promozione era riservata ai Nuovi italiani”, cittadini di lingua araba, e in particolare, ai nuovi torinesi” di lingua araba, e rivolta principalmente alle oltre 33.000 persone residenti nella Provincia di Torino, di cui 4.700 egiziani, con la finalità di favorire l’inclusione sociale e l’integrazione nella comunità con cui cittadini di lingua araba hanno scelto di vivere e condividere il futuro” doc. n. 3 l’iniziativa era, dunque, certamente fruibile anche da cittadini italiani se pur di lingua araba che, pertanto, diversamente da quanto affermato dal Cr., sarebbero stati anch’essi contribuenti fiscali, esattamente come i cittadini italiani. Anche sotto tale profilo, dunque, l’informazione pubblicata è distorta. La critica esercitata da An. Cr. ha, pertanto, travalicato il limite della verità non essendo rimasta ancorata al dato fattuale e alla specifica finalità della promozione come pubblicizzata dal Museo ma è stata focalizzata su un dato del tutto falso il finanziamento pubblico statale che ha costituito il leitmotiv della telefonata inscenata e del messaggio veicolato al pubblico, con evidente distorsione della natura e della finalità della promozione. cfr. le già riportate parti della telefonata E che tipo di sconti fate sugli arabi?”Operatore E si è previsto che se siete in due a entrare il secondo non paga un ingresso omaggio”A.C. mentre i cittadini italiani invece devono pagare il biglietto pieno?” A.C. Ah quindi per gli arabi è prevista l’agevolazione che il biglietto, uno dei due biglietti è omaggio mentre invece per i cittadini italiani nessuno scontoHo capito però è discriminante nei confronti dei cittadini italiani. Io però forse quel museo lì un po’ lo pago e anche i cittadini italiani danno i loro contributi per pagarvi lo stipendio a voii cittadini italiani che entrano in quel museo lì e che pagano il suo stipendio invece non devono essere agevolati? .”. Il convenuto non si è limitato a esprimere la propria opinione o il proprio giudizio sulla promozione attivata dal Museo Egizio che peraltro era già stata fatta l’anno precedente senza alcuna polemica ma ha realizzato una telefonata fasulla, una vera e propria messa in scena, montando un video e pubblicandolo sul proprio profilo facebook, con lo scopo di arrecare danno al Museo e gettare fango sull’attività svolta dall’ente, ponendo l’accento sull’utilizzo dei soldi dei cittadini italiani per agevolare gli arabi” e così attribuendo al Museo una finalità discriminatoria a danno degli italiani sulla base del falso presupposto dell’uso dei soldi di tutti i contribuenti italiani. Ciò che emerge in maniera preponderante ed accentuata dall’intero contesto del video, sia nella prima parte che nel corso della telefonata e al termine della stessa, è la discriminazione che il Museo Egizio avrebbe realizzato a danno degli italiani concedendo un biglietto omaggio su due ai cittadini di lingua araba, fondata sul dato falso dei contributi statali al museo. E’ evidente, dunque, come la finalità e lo scopo dell’iniziativa siano stati palesemente travisati e stravolti, allo scopo di gettare discredito sull’immagine del Museo e di attivare la macchina del fango”, esortando e incitando il potenziale pubblico dei social network a cavalcare l’onda d’odio innescata con la finta telefonata e a manifestare in toni sproporzionatamente aggressivi la protesta contro la discriminazione artatamente attribuita dal Cr. al Museo ciò che è puntualmente avvenuto. La condotta lesiva posta in essere da An. Cr. non sta, difatti, nell’aver espresso il proprio giudizio valutativo sull’iniziativa assunta dalla Fondazione, rientrando ciò nel legittimo esercizio del diritto di critica quale espressione del diritto costituzionalmente garantito di manifestare liberamente la propria opinione art. 21 della Costituzione , quanto nell’aver postato” un video dal contenuto fasullo facendolo apparire come reale e riferibile al Museo ed averlo utilizzato al dichiarato fine di innescare e incentivare il pubblico dei potenziali visualizzatori a inondare l’ufficio prenotazioni del Museo di telefonate finalizzate a manifestare in toni violenti la protesta contro un’iniziativa del tutto legittima, se pur condivisibile o meno e come tale soggetta a possibili critiche. Né può dirsi rispettato il requisito della continenza che richiede che le opinioni espresse riguardo ai fatti esposti siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un ragionato dissenso dal comportamento preso di mira e non si risolvano in una aggressione gratuita e distruttiva del soggetto interessato cfr. Cass. n. 1434/2015 n. 4545/2012 n. 12420/2008 . Lo strumento la pubblicazione di un video fasullo montato ad arte e i toni utilizzati di esortazione a condividere la vergogna” appaiono evidentemente eccessivi sia rispetto all’importanza economica dell’iniziativa sia rispetto alla promozione in sé che, per quanto criticabile, non può rientrare tra le azioni illecite o considerate socialmente riprorevoli” o comunque tali da suscitare una così violenta indignazione. In sostanza, il mezzo e i toni utilizzati da An. Cr. per esprimere il proprio legittimo dissenso o anche una aspra critica all’iniziativa intrapresa, hanno trasmodato il limite della continenza, sfociando in una aggressione gratuita nei confronti del Museo, peraltro sproporzionata rispetto alla reale importanze dell’iniziativa e al suo peso economico. Sotto tale profilo, difatti, deve essere evidenziato come la promozione avesse la breve durata di poco più di tre mesi e che l’anno precedente, rispetto al medesimo periodo, si era tradotta in circa 50 ingressi, ossia un numero irrisorio rispetto al numero annuo di visitatori del museo, pari a circa 850.000, nonché al numero di ingressi legati ad altre promozioni in favore di altre categorie di soggetti come risultanti dal doc. n. 12 . Il messaggio che l’autore del video veicola per l’intera durata dello stesso tramite la scritta a caratteri cubitali CONDIVIDIAMO QUESTA VERGOGNA” è proprio quello di incitare il pubblico social a offendere, insultare il Museo attraverso l’invito a contattare direttamente gli uffici del Museo, al numero di telefono indicato in sovraimpressione, cosa che è puntualmente accaduta. Nelle giornate immediatamente successive alla pubblicazione del video, difatti, l’ufficio prenotazioni del Museo Egizio è stato letteralmente inondato da telefonate di privati dai toni aggressivi, infamanti, violenti contro l’iniziativa assunta che hanno intasato i centralini dell’ente, arrecandone un danno alla sua regolare funzionalità. Sul punto le testimoni escusse hanno dichiarato - il Museo aveva fatto questa iniziativa del 2x1 per chi parla arabo e questo ha scatenato di tutto e di più. Abbiamo iniziato a ricevere telefonate abbastanza pesanti. Io personalmente ne ho ricevuta una del seguente tenore bravi per questa iniziativa, lei è proprio una puttana”. A una mia collega hanno detto vi meritate di morire tutti” o dovrebbero mettervi una bomba”, non siete degni di lavorare”. Le telefonate si sono concentrate nel periodo di gennaio Preciso che le telefonate di cui ho riferito sono iniziate dopo la pubblicazione su facebook di un video del sig. Cr. ma l’iniziativa del Museo era già iniziata prima e non c’erano stati problemi. Invece dopo la pubblicazione del video si sono scatenate le telefonate” cfr. dichiarazioni di Ma. Ro. Ra. - C’è stata questa promozione e il primo giorno era passata inosservata, dal secondo giorno hanno iniziato a chiamarci per sapere informazioni e poi partivano con gli insulti. Ci sono stati due o tre giorni in cui si sono scatenate telefonate incredibili tutte con insulti. Le telefonate con contenuto offensivo e con insulti sono iniziate dopo la pubblicazione di un video di questo sig. Cr. che diceva di aver fatto una telefonata e di aver parlato con un operatore di sesso maschile ma ciò era impossibile perché siamo tutte donne. Prima della pubblicazione del video abbiamo ricevuto delle telefonate ma a scopo informativo dell’iniziativa lanciataIo personalmente ho ricevuto parecchie telefonate. Ricordo che c’è stato un pomeriggio in cui avevano chiamato molte persone dicendo vorremmo prenotare, siamo 4/5 mussulmani di m.” o ”vergognatevi, lei deve andare via perché siamo noi italiani che la paghiamo”Queste telefonate offensive e di minaccia così intense sono durate per circa due settimane e sono continuate per circa 30 giorni. Mi è capitato anche presso la biglietteria di subire insulti ma più moderati rispetto alle telefonate perché dal vivo non osano tanto” cfr. dichiarazioni Ja. Ba. - in quei giorni abbiamo ricevuto tantissime chiamate in relazione alla promozionel’elemento comune di queste telefonate era manifestare contrarietà alla promozione attraverso insulti o messaggi del tipo vergognatevi a fare questo tipo di promozioni”, siamo italiani paghiamo le tasse”Le telefonate sono iniziate sicuramente in conseguenza di un video pubblicato sui social nel quale si simulava una conversazione falsa con l’ufficio prenotazioni, fatta da un tale sig. Cr La promozione era leggermente precedente alla pubblicazione del video e le telefonate di questo tenore sono iniziate dopo la pubblicazione del video. L’anno prima era già stata fatta una promozione dello stesso tipo ma senza conseguenze del generePersonalmente ho preso delle telefonate che iniziavano con la richiesta di promozioni attive e poi finiva così noi siamo tre siciliani, c’è qualche promozione”, alla risposta negativa ci fu detto vergognatevi, noi paghiamo le tasse” cfr. dichiarazioni El. Fa. . Non solo, la condotta istigatoria lesiva posta in essere dal Cr. ha generato anche la pubblicazione, sia sul profilo facebook del Cr. che sulla bacheca della pagina facebook del Museo, di migliaia di post a contenuto razzista e gratuitamente offensivo nei confronti del Museo, di seguito riportati testualmente anche con gli evidenti errori di ortografia , a titolo esemplificativo Basta rubare soldi agli italiani” il fatto è che io che sono italiano devo pagare per entrare in un museo italiano invece un’extracomunitario no” sempre più privilegi x gli stranieriche vergogna a casa nostra siamo trattati cosìo si paga tutti o non si paga tutti” questa è la dimostrazione più lampante di una forma di razzismo nei confronti degli italiani” Per me le mummie se le possono portare in Egitto, non sgancerò neanche un Euro per pagare gli stipendi a dei razzisti verso gli italiani” Io al Museo Egizio darei fuoco con tutti i mussulmani egizi arabi dentro” il direttore + tutti i dipendenti del Museo Egizio, i stipendi li pagassero lo stato egiziano + contributi per mantenere aperto il museo” Questo è puro razzismo e ingiustizia contro gli italiani. Vergogna, vergogna e ancora vergogna” Appena chiamato. Chiamate anche voi FINO ALLO SFINIMENTO!Inutile scrivere solo commenti! Alzate la cornetta SFOGATEVI!!!” è una vergogna che gli arabi possano entrare in due e pagare in unofatevi sovvenzionare dai paesi arabimeritereste solo la chiusura” Dovete solo vergognarvi! Spero vi tolgano ogni centesimo di finanziamento italiano” Ma perché non vi vergognate voi e gli arabi di merda? .” Se avete tanto schifo degl’italiani, potete benissimo rinunciare ai vostri lauti stipendi, visto che provengono dalle tasche dei cittadini di questo paese” doc. n. 6 e 7 . Non può essere negato il nesso di causalità sussistente tra il video postato dal Cr. e l’onda d’odio scatenatasi sul web e direttamente nei confronti del Museo Egizio, manifestatasi attraverso la pubblicazione dei messaggi sopra riportati sui profili facebook dell’autore del video e del Museo stesso e la tempesta di telefonate ricevuta dall’ufficio prenotazioni. Ne sono prova molteplici elementi il dato temporale, ossia la stretta conseguenzialità tra la pubblicazione del video e la pubblicazione dei sopra riportati messaggi e l’inizio delle incessanti telefonate all’ufficio prenotazioni nei giorni immediatamente successivi. Ancora, il fatto che l’anno prima era stata attivata la medesima promozione senza alcuna conseguenza analoga a quelle verificatesi a seguito della pubblicazione del video che, evidentemente, ha raggiunto lo scopo dichiarato di arrecare danno al Museo incitando gli utenti a CONDIVIDERE LA VERGOGNA” con una tempesta di telefonate offensive. Infine, il tenore delle telefonate rivolte al centralino del Museo, in gran parte emulative delle modalità utilizzate dal Cr. nel video postato – con una prima richiesta di informazioni su agevolazioni in corso e per poi finire con insulti e offese gratuite alle interlocutrici sulla base della discriminazione contro gli italiani posta in essere dal Museo. Inoltre, sia nel corso delle telefonate, come riferite dalle testimoni escusse, sia nei post viene spesso ripetuta l’espressione Vergogna” utilizzata dal Cr., con specifico riferimento all’uso dei soldi dei contribuenti italiani e alla discriminazione realizzata contro gli stessi. Ritiene, pertanto, questa giudice che la condotta posta in essere da An. Cr. configuri un illecito aquiliano sia perché il diritto di critica è stato esercitato travalicando i confini della continenza e della verità, sia sotto il profilo della finalità di istigazione a manifestazioni di insulti e offese gratuiti, in toni non commisurati alla rilevanza sociale ed economica dell’inziativa e con l’evidente scopo di arrecare un danno al Museo. L’incitamento all’odio hate speech” è un fenomeno connotato da condotte intenzionalmente dirette a spingere all’intolleranza verso singoli, persone o gruppi spesso vulnerabili alle discriminazioni , con modalità tali da propagarsi in modo efficace. La condotta posta in essere dal Cr. è stata chiaramente e dichiaratamente finalizzata a denigrare il Museo per l’iniziativa intrapresa e a provocare reazioni forti nei potenziali visualizzatori del video al fine di indurli a telefonare e a manifestare un sentimento di vergogna”, all’evidente scopo di arrecare un danno all’immagine del museo. Letteralmente il termine fake news” equivale a notizia falsa o bufala” ed è usato per indicare articoli redatti con informazioni inventate, ingannevoli o distorte o che distorcono in maniera esagerata notizie vere” resi pubblici nel deliberato intento di disinformare o arrecare danno a terzi, attraverso mezzi di informazione tradizionali o anche tecnologici, come internet o i social media. L’utilizzo di un video fasullo in cui viene riportata una telefonata con un apparente operatore del Museo, in realtà mai avvenuta o avvenuta in maniera non corrispondente a quanto rappresentato, e in particolare, l’invito rimasto in sovraimpressione per l’intera durata della telefonata e del video CONDIVIDIAMO QUESTA VERGOGNA” con l’esplicito incitamento a telefonare agli uffici del Museo per esprimere il sentimento di vergogna” instillato tra i visualizzatori, integrano condotte che eccedono i confini della legittima manifestazione del pensiero e del diritto di critica per concretarsi in vero e proprio attacco mediatico, in toni ingiustificatamente denigratori e aggressivi, dolosamente preordinato a innescare un’onda d’odio. Tale condotta istigatoria si è, altresì, dimostrata effettivamente lesiva anche della regolare funzionalità della gestione del Museo. L’illiceità del video pubblicato, nei termini su esposti, determina l’accoglimento della domanda di rimozione dello stesso da ogni profilo a lui riconducibile presente su facebook o su altri social network e di inibitoria alla sua ulteriore diffusione. In ordine alla quantificazione del danno, premessa la pacifica risarcibilità dei danni non patrimoniali arrecati anche a soggetti giuridici diversi dalle persone fisiche cfr. Cass. n. 20643/2016 , è necessario ricorrere al criterio equitativo di cui all’art. 1226 cod. civ., stante la natura immateriale dei beni oggetto di lesione cfr. Cass. n. 21932/2017 n. 25739/2014 . Pare superfluo evidenziare, in relazione al soggetto danneggiato, l’indubbia importanza e la fama internazionale della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino” rispetto all’attività di valorizzazione, promozione, ricerca e studio nel settore dell’egittologia che pone il Museo Egizio tra i musei italiani più visitati e tra i più apprezzati in Europa e nel mondo cfr. doc. n. 2 e n. 14 . Ciò premesso, per valutare la reale portata offensiva del video e il danno effettivamente subito dal Museo, gli elementi che devono essere presi in considerazione quali criteri di riferimento sono, sotto il profilo della gravità della condotta, in relazione all’elemento oggettivo, da un lato, l’avvenuta pubblicazione di un video fasullo fake” non riconducibile alla Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino” e che, come tale, rimanda al pubblico un’immagine dell’ente difforme da quella propria dell’ente stesso, dall’altro la sostanziale corrispondenza dei termini della promozione a quella effettivamente attivata dal Museo e, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza della falsità del video e la manifestata intenzione di denigrare il Museo e istigare il pubblico social alla condivisione del sentimento di vergogna”. Sul piano delle conseguenze dannose va considerato che i centralini dell’ufficio del Museo sono stati subissati da centinaia di telefonate di insulti di vario genere, seppure per un tempo limitato, e che i post pubblicati anche sulla bacheca facebook dell’ente sono stati centinaia, anche in ragione della vastissima diffusione raggiunta dal video, pari a oltre 1 milione di visualizzazioni alla data del 6.2.2018 come si evince dal doc. n. 6 , allorquando il video aveva avuto 17.747 condivisioni. Va, però, del pari considerato che il fenomeno mediatico, così come le telefonate e i post pubblicati, hanno avuto breve durata e che il danno lamentato è stato, pertanto, circoscritto a un arco temporale limitato. Alla luce delle su esposte considerazioni, questa giudice ritiene equo liquidare la somma complessiva di Euro 15.000,00. In definitiva An. Cr. va condannato al pagamento in favore della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino” della somma di Euro 15.000,00, oltre interessi legali dalla presente pronuncia al soddisfo, nonché alla rimozione del video in oggetto da ogni profilo a lui riconducibile presente su Facebook o su altri social network, con inibizione alla ulteriore diffusione e condivisione dello stesso. Va, infine, accolta la richiesta formulata ex art. 614 bis c.p.c. La norma in esame, dettata in tema di attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare, consente al giudice di fissare, con il provvedimento di condanna, su istanza di parte e salva l’ipotesi in cui la misura appaia manifestamente iniqua, una somma di danaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento medesimo. Nel caso di specie, tenuto conto della natura dell’illecito e dei diritti tutelati, nonché del presumibile ulteriore danno derivante dal continuato inadempimento, si stima equo fissare l’importo di Euro 500,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’obbligo di rimozione o di inosservanza dell’inibitoria, a decorrere dalla notificazione della presente sentenza. Le spese di lite, incluse quelle di ctu, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo sul valore del decisum Cass. n. 19014/2007 e in base ai parametri medi di cui al D. M. 10 marzo 2014 n. 55. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino”, in persona del legale rappresentante pro tempore, contro An. Cr., ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede - Accoglie parzialmente la domanda e per l’effetto condanna An. Cr. al pagamento in favore della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino”, in persona del legale rappresentante pro tempore, della somma di Euro 15.000,00, oltre interessi legali dalla presente pronuncia al soddisfo. - Condanna An. Cr. alla rimozione del video in oggetto da ogni profilo a lui riconducibile presente su facebook o su altri social network - Inibisce ad An. Cr. la ulteriore diffusione e/o condivisione del video in oggetto. - Condanna An. Cr. a pagare alla Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino”, in persona del legale rappresentante pro tempore, la somma di Euro 500,00 al giorno per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’obbligo di rimozione ovvero per ogni giorno di violazione del divieto di ulteriore pubblicazione e/o condivisione del video in oggetto, a decorrere dalla notificazione della presente sentenza. - Condanna An. Cr. al pagamento in favore della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino”, in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 4.835,00, oltre a Euro 759,00 per contributo unificato, Euro 27,25 per marche, nonché rimborso sulle spese generali nella misura del 15%, Iva e Cpa e successive occorrende. - Pone le spese di ctu definitivamente a carico di An. Cr